Per cortesia ripristinate il 3d di mototopo

La scrittura privata con cui documentare all’Agenzia delle Entrate la natura del trasferimento del denaro tra parenti o familiari, se a titolo di prestito (mutuo) o gratuito (donazione).

Attenzione al passaggio di denaro tra parenti e familiari, sia esso a titolo di donazione o di prestito: è necessario sempre, anche a distanza di tempo, saper giustificare, all’Agenzia delle Entrate, le ragioni di tali movimentazioni. Infatti, sebbene nella pratica quotidiana siamo abituati a spostare, con una certa leggerezza, i soldi dal portafogli dei genitori a quello dei figli, a volte tali operazioni possono insospettire il fisco che potrebbe pretendere spiegazioni e, in caso di silenzio del contribuente, provvedere a un accertamento fiscale.

Il problema, però, è molto più complesso di quanto possa apparire in apparenza, e tocca sia il donante che il donatario. Vediamo singolarmente le due situazioni che si vengono a creare se tali donazioni o prestiti di denaro non vengono adeguatamente supportate con una scrittura privata firmata dagli stessi familiari.


I problemi per il donatario

Non capita di rado che il pagamento di una rata dell’affitto o del mutuo, effettuata con denaro ottenuto direttamente dalle mani dei genitori (e non attraverso un bonifico o un assegno), crei più problemi che benefici. Si pensi al caso di Tizio che guadagna 1000 euro al mese, ma acquista un’auto di 20.000 euro con rate da 800 euro l’una. A questo punto, sarebbe inverosimile pensare che Tizio possa vivere con le restanti 200 euro.

Ebbene, tutte le volte in cui il reddito del contribuente sia incompatibile con la spesa da questi sostenuta, scatta il redditometro. Il fisco, cioè, notando l’incompatibilità tra l’uscita di denaro e il reddito dichiarato dal contribuente, potrebbe sospettare che il denaro da quest’ultimo speso sia stato ottenuto tramite attività “in nero”.

Questo rischio si riduce nel caso di persone all’interno dello stesso nucleo familiare, posto che la giurisprudenza ha ormai elaborato il principio per cui il redditometro deve tenere conto del tenore di vita di tutti i soggetti della stessa famiglia e non del singolo soggetto: e ciò per via del fatto che è abitudine che le persone conviventi o, comunque, rientranti nello stesso stato di famiglia, si aiutino l’una con l’altra.

Per evitare, dunque, problemi con l’Agenzia delle Entrate è sempre necessario effettuare i passaggi di denaro con strumenti tracciabili e mai con contanti. E ciò anche perché la normativa sul divieto di uso di denaro in contante sopra la soglia di mille euro si applica anche ai regali tra parenti, amici e familiari. Il padre, così, non potrebbe mai dare mille euro in cash al figlio perché questi acquisti il motorino, ma dovrebbe pagare direttamente il venditore o accreditare l’importo sul conto del ragazzo.

I problemi per il donante: la scrittura privata

Il secondo problema è per il donante e, in questo caso, l’utilizzo di un assegno o di un pagamento con bonifico non è sufficiente a salvare il contribuente. Vediamo perché.

Nel momento in cui il fisco si accorge del trasferimento di una somma dal conto di Tizio a quello di Caio potrebbe presumere, anche se i due sono parenti, che il prestito sia stato concesso a titolo oneroso (mutuo), ossia con obbligo di versare gli interessi. Interessi che, tuttavia, costituendo reddito per il donante, devono essere da questi indicati nella dichiarazione dei redditi per il pagamento delle tasse. Spetterà allora al donante dimostrare che il prestito era a titolo gratuito (ossia senza fruttare interessi) o che si trattava di donazione.

Per evitare questi problemi è sempre più prudente, come suggerito anche da numerosi studi professionali, che le parti – nonostante il rapporto di parentela – firmino una scrittura privata, ossia un atto in cui dichiarano che le somme erogate dall’uno in favore dell’altro sono a titolo di donazione o a titolo di prestito infruttifero di interessi.

Abbiamo fornito un esempio di tali due modelli di scrittura privata in questo articolo “Prestiti tra famigliari: contro l’accertamento dell’Agenzia delle Entrate, la scrittura da firmare
 

Articolo di Redazione
Lo sai che? Quale causale per il bonifico con la donazione di denaro?

Come evitare l’accertamento fiscale in caso di bonifico di una somma di denaro a titolo di regalo da parte del convivente o dei genitori.

Quale causale si deve utilizzare per un bonifico bancario relativo a una somma di denaro regalataci dal fidanzato, da un parente, da un genitore o dal nostro convivente? E perché mai bisogna fare attenzione proprio alla causale? Partiamo rispondendo a quest’ultima domanda. Quando si ha a che fare con l’Agenzia delle Entrate, bisogna prestare molta attenzione alle presunzioni contrarie al contribuente: se il titolare di un conto corrente non riesce a dimostrare, punto per punto, la ragione degli accrediti sul conto corrente, ricevuti con bonifico da altre persone o anche con propri versamenti di contante, il fisco può anche presumere che si tratti di reddito in nero, ossia corrispettivi per prestazioni non fatturate o, comunque, non riportate in dichiarazione dei redditi. Ecco perché è importante sapere quale causale usare per il bonifico con la donazione di denaro. Del resto, mai come nell’ambito fiscale vale il principio «carta canta», posto il divieto di utilizzo di testimoni nei processi contro l’Agenzia delle Entrate o l’Agente della riscossione (leggi Accertamento fiscale, il testimone non vale). Non resta, insomma, che affidarsi ai documenti.

È proprio di questo che si è occupata una sentenza della Cassazione pubblicata questa mattina [1]: la Corte ha ritenuto illegittimo l’accertamento fiscale, eseguito dall’Agenzia delle Entrate nei confronti di un contribuente, il quale aveva sì acquistato un’auto che non avrebbe potuto permettersi con il proprio stipendio, ma aveva anche dimostrato di aver prima ricevuto un bonifico sul conto corrente da parte del fidanzato con la causale «sussidi e regalie». Causale che, evidentemente, i giudici hanno ritenuto sufficiente per superare l’accertamento da redditometro.

Nullo l’accertamento se l’immobile di lusso è acquistato dopo il bonifico del fidanzato

In caso di omessa presentazione della dichiarazione da parte del contribuente, la legge abilita l’Ufficio delle imposte a servirsi di qualsiasi elemento di prova ai fini dell’accertamento del reddito e, quindi, a determinarlo anche con metodo induttivo ed anche utilizzando, in deroga alla regola generale, presunzioni semplici (non quindi – come regola vuole – «gravi, precise e concordanti»). A fronte delle prove ottenute dall’Agenzia delle Entrate sulla base di tali presunzioni semplici, spetta al contribuente l’onere di difendersi, dimostrando le proprie ragioni. In poche parole è il contribuente a dover fornire la prova contraria. E per la Cassazione il bonifico bancario con tanto di causale «sussidi e regalie» è senz’altro sufficiente ad attestare che la somma è stata ottenuta a titolo di donazione. Tanto basterebbe, dunque, a superare l’accertamento fiscale.

Come la causale del bonifico, è altresì importante la prova circa la tracciabilità della provenienza del denaro: in altre parole, a salvare il contribuente è anche la documentazione bancaria da cui risulta che i soldi provengono da un altro conto corrente, nella specie quello del parente, del coniuge, del convivente, del fidanzato o del genitore. Il legame familiare è infatti prova che si tratta di sostegni rientranti nell’ambito della reciproca assistenza e sostegno che caratterizza i coniugi, i consanguinei o coloro che si apprestano a salire sull’altare. Non quindi retribuzioni.

Nella specie, una contribuente, attraverso la produzione della documentazione bancaria, è riuscita a dimostrare di aver acquistato auto e casa grazie al denaro derivante da una rimessa derivante dal futuro marito; ciò sulla base di documentazione bancaria dalla quale si evinceva l’accredito a titolo di regalia in quanto specificava che il motivo dell’introito era un “acquisto immobile” e la causale era costituita da “sussidi e regalie”. In considerazione della natura di estratto di scrittura contabile, detta documentazione forniva anche indicazione sulle date dei movimenti, dai quali si poteva apprezzare la sequenza temporale dell’operazione di accredito e poi di quella di addebito degli assegni circolari utilizzati per l’acquisto.

Per salvare dall’accertamento fiscale non è necessario che la donazione sia fatta dal notaio, elemento quest’ultimo fondamentale solo da un punto di vista civilistico e sempre che non si tratti di donazione di modico valore. Difatti, la donazione nulla perché priva dell’atto pubblico può tutt’al più giustificare l’azione di controinteressati che vogliano recuperare i soldi donati, ma non certo consentire all’Agenzia delle Entrate di ritenere l’operazione illecita da un punto di vista tributario.

note
[1] Cass. sent. n. 7258 del 22.03.17.

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Accertamento fiscale: le donazioni dei parenti sempre da dimostrare
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L’AUTORE: Redazione

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> Lo sai che? Pubblicato il 24 giugno 2014
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Redditometro: anche se l’aiuto economico è consuetudine tra parenti, è sempre meglio conservare i documenti che giustificano la donazione di mamma e papà.

Se anche può sembrarti scontato che mamma e papà ti forniscano i sussidi economici per vivere – poiché il tuo reddito (professionale o da dipendente) è insufficiente – fai comunque molta attenzione. Infatti, qualora il volume delle spese da te sostenute sia particolarmente elevato e “contraddittorio” rispetto a quanto hai dichiarato all’erario, potrebbe scattare l’accertamento fiscale sintetico con il famigerato redditometro.

Pertanto, è sempre opportuno conservare le prove documentali delle elargizioni che hai ricevuto dai parenti, perché, in caso di contestazione con il Fisco, sarai tu – contribuente – a dover fornire al giudice tali dimostrazioni.

A dare questa brutta notizia a chi vive, ancora, sulle spalle dei genitori è la Cassazione con una sentenza di qualche giorno fa [1].

Il contribuente, infatti, che si oppone all’accertamento sintetico, sostenendo che le maggiori spese da questi sostenute sono dovute alle donazioni periodiche ricevute da un genitore, è tenuto a provare in giudizio tale circostanza, servendosi di idonea documentazione.

Ecco perché è sempre conveniente giustificare, con una scrittura avente data certa, ogni donazione o prestito di denaro, anche se avvenuta tra parenti: diversamente, l’Agenzia delle Entrate potrebbe presumere che si tratti di redditi non dichiarati e potrebbe scattare un accertamento fiscale. Di ciò abbiamo parlato in un precedente articolo in cui si potranno trovare suggerimenti pratici (leggi: “Attenzione ai prestiti tra familiari: necessario giustificare all’Agenzia delle entrate il denaro”).

Una consuetudine familiare – come quella di aiutare economicamente un figlio – non può essere automaticamente “presunta” dal giudice (costituendo quello che gli avvocati chiamano “fatto notorio”). Non basta, in altre parole, sostenere in causa che è normale il fatto che un figlio venga aiutato dai parenti quando non ha redditi sufficienti. La semplice affermazione deve essere sorretta da prove concrete. In mancanza di queste, l’accertamento sintetico è valido.

Il “fatto notorio”, ossia quel dato che è ormai noto a una collettività, non può certo essere la circostanza che mamma e papà eroghino contributi mensili a un figlio, per quanto sia una prassi ricorrente. Solo i fatti di “comune esperienza” implicano una deroga all’onere della prova e non richiedono dimostrazione in giudizio. Ma essi sono solo quei fatti acquisiti alle conoscenze della collettività con tale grado di certezza da apparire indubitabili e incontestabili. Non rientrano, dunque, nella nozione di comune esperienza un evento o una situazione soltanto probabile quale, nel caso in esame, la prassi familiare di donazioni da parte dei genitori in favore dei figli.

Ai fini del redditometro, pertanto, anche il sostentamento parentale deve essere dimostrato con idonea documentazione.

In che modo? Semplice: con pagamenti tracciabili (per esempio, un bonifico bancario, un assegno non trasferibile in fotocopia, ecc.).
 
economica del diritto.






























domenica 26 marzo 2017
I CONFINI "RESILIENT" A CUI L'€UROPA NON RINUNCERA' MAI [/paste:font]

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1. Oggi il nulla inevitabilmente prodotto dal summit "commemorativo" di Roma viene immediatamente rimosso&dissimulato in un'invadente melassa propagandistica a reti unificate.
L'uso del termine "resiliente" (anche) nella versione tradotta in italiano della dichiarazione è poi un altro evidente sintomo della vuotezza di contenuti e di intenti autocorrettivi che caratterizza inevitabilmente una struttura la cui essenza è quella, tipica degli ordinamenti ordoliberisti, di ottenere la "credibilità" attraverso la fissazione di regole inderogabili e di parametri ad applicazione automatica (qui, p.4).
Resilient è un vocabolo inglese che si lega alle caratteristiche di un materiale: significa "elastico, flessibile". Ma non è questo il senso in cui si è riaffermata la volontà €uropeista di "andare avanti". Solo per traslazione, infatti, e in senso ormai indipendente da quello originario, "resilient" viene esteso nel senso di "forte, resistente" riferito all'attitudine di soggetti umani (o creati dall'uomo, cioè delle organizzazioni internazionali che sono pur sempre caratterizzate dalla concreta governance di persone fisiche apparentemente mutevoli, ma in realtà attinte da una ristretta classe dirigente, omogenea e inalterabile nella sua capacità rappresentativa di interessi sociali selezionati e stabiliti una volta per tutte ad esclusione perenne di quelli considerati "non meritevoli").

2. Tutta la "Dichiarazione" è fermissima nel riaffermare i concetti di stabilità (monetaria) e crescita sostenibile (cioè deflazionistica), e la struttura fondamentale di questo nucleo indeclinabile non varia, rendendo pura retorica demagogica il generico riferimento alla "crescita" (in senso generale) e alla "esclusione sociale" (che è la voluta conseguenza delle politiche di svalutazione interna): queste concessioni generiche e incidentali appaiono il consueto (qui, p.1) metodo €uropeista di predicare proposizioni in apparenza complementari ma a realizzazione congiunta (coscientemente) impossibile, in modo che si realizzi solo l'obiettivo ritenuto fondamentale e irrinunciabile.
Dopo anni di applicazione della moneta unica, - i cui aspetti (v.p.1), segnalati come lacunosi, sono l'intenzionale tecnica di accelerazione degli effetti del free-trade (qui, p.6), in modo tale che, come spiega Draghi, sia consentito applicare un "aggiustamento" via svalutazione interna, e quindi tutto a carico della condizione del lavoro (dilatando la disoccupazione e tagliando le quote salari)-, è anzi veramente privo di qualsiasi credibilità parlare di "valori" e di "leale collaborazione" (tra Stati), per descrivere, addirittura come nuova una direzione "riformatrice", una volontà attuale che conserva, resiste e ribadisce la realtà fortemente competitiva tra Stati e orientata a favorire il mercantilismo, orgogliosamente tradotta nelle disposizioni dei trattati e nella loro applicazione.

3. La "crescita sostenibile" rimane dunque il centro di ogni possibile sviluppo concepibile dalla classe dirigente €uropea e cosa ciò significhi ce lo aveva spiegato il prof.Guarino già negli anni '90 commentando il trattato di Maastricht:
Cosa si intende per crescita «sostenibile» e «non inflazionistica» e quali siano le «condizioni» e i «ritmi» previsti dal Trattato è spiegato nel successivo art. 3 A.
Non si tratta di nozioni generiche, bensì di concetti definiti con precisione, legati a principi il cui rispetto è assicurato da una serie di regole sistematicamente coordinate. I principi sono due: la stabilità dei prezzi e una economia di mercato aperta alla libera concorrenza." (pp. 67-68)
"Il livello di attuazione dello Stato sociale, insieme con le potenzialità produttive del sistema paese e con la qualità della vita, costituiva il frutto superbo della politica dei decenni passati. Questo frutto oggi va rinsecchendosi sotto la pressione delle misure di convergenza. [...]
Il Trattato UE non solo limita l'area della politica per il futuro, ma richiede agli Stati di disfare in larga misura quanto di buono la politica aveva realizzato nel passato, e di provvedervi da soli, tempestivamente e rigorosamente
." (pag. 85).
Le citazioni sono tratte da G. Guarino, "Verso l'Europa ovvero la fine della politica", Milano, Mondadori, 1997.

4. Sfido chiunque a trovare, rispetto a questa definizione e puntualizzazione, un solo passaggio incompatibile e innovativo all'interno della dichiarazione di ieri.
Eppure i documentari ispirati all'esaltazione del manistesto di Ventotene che vengono, per l'ennesima volta, passati dalla televisione pubblica, parlano di "un'Europa senza confini", come modello di superamento dei nazionalismi statali che avrebbero causato i conflitti €uropei.
Su questi aspetti, cioè sull'intuizione hayekiana, posta alla base della costruzione europea come espediente "geniale" per disattivare l'intervento dello Stato, nel favorire il temuto pieno impiego e il benessere materiale dei propri cittadini, contando sulla "impossibilità" della solidarietà tra popoli inevitabilmente diversi in un'organizzazione federale "interstatale", abbiamo altrettanto detto molte volte.

5. Ma il fatto è che i confini non sono per definizione da abolire: anzi, sono da ribadire come un connotato essenziale e irrinunciabile, in un'organizzazione internazionale free-trade che istituisca un'area monetaria che scientemente preveda il solo aggiustamento mediante svalutazioni interne (a cui sono funzionali le famigerate "riforme strutturali"): i confini, come ben sa un greco o un italiano, in quanto assoggettato ai diktat sulla stabilità monetaria, sulla riforma permanente del welfare, sul mercato del lavoro, provenienti dall'€uropa, esistono più che mai.
Ogni persona umana, in €uropa, sa ormai che la propria cittadinanza, caratterizzata dall'essere nato entro certi confini, discendendo da genitori a loro volta residenti entro quei confini, caratterizzerà in modo rigidissimo il suo destino: e non solo, ma in applicazione del paradigma di controllo sociale neo-liberista, questo duro e immutabile destino è anche connotato da un altrettanto duro giudizio morale in via di inasprimento implacabile.
L'€uropa del "vincolo €sterno", degli obiettivi intermedi di pareggio di bilancio informati ai crescenti livelli strutturati (irrevocabilmente) di disoccupazione, è anche questo: disegnare confini burocraticamente dotati della massima rigidità per caratterizzare, con l'andamento delle bilance dei pagamenti e il mito della "competitività" sui mercati - in nome della sfida posta da una globalizzazione dei cui effetti l'€uropa stessa è l'acceleratore, mentre finge di volerli mitigare! -, la virtù morale di milioni di persone e condizionare, verso il basso, in una cornice morale durissima (che le istituzioni €uropee chiamano credibilità) la stessa legittimità dei diritti sociali di questi popoli.

6. Diritti dunque, che al di fuori di questa cornice morale, di questa "crescita sostenibile" improntata alla forte competitività, null'altro sono, nella stessa teorizzazione di Hayek e di Einaudi (v.p.8), che odiosi privilegi e indicazione della "corruzione legalizzata" che gli imbelli e inefficienti parlamenti elettivi nazionali praticano come esecrabile demagogia del consenso.
Di fronte a questa rigidità irrinunciabile, anche nel momento di massima crisi di questa istituzione internazionale "credibile", di fronte a questi confini, inevitabilmente statali, tecnocraticamente soggetti a minuziose regole di punizione, e di condanna morale inappellabile, per interi popoli, l'€uropa riunita a Roma ha insistito, senza alcun dubbio o esitazione, ad affermare che i suoi "valori" e i suoi obiettivi sono sempre quelli e che, dunque, non si presentano ragioni sostanziali, nel quadro politico generale, per mutare questo indirizzo fondamentale.


Tutto ciò che hanno ribadito, in effetti, era già stato enunciato pedissequamente, nel corso di decenni di propaganda mediatizzata, per giustificare la formulazione dei trattati; e si deve presumere che in futuro si debba continuare sempre e solo perseguendo questo indirizzo che non "può" essere sottoposto ad alcuna autocritica.

7. In tal modo, questa classe dirigente europea continuerà ad utilizzare la tecnica degli enunciati complementari a realizzazione congiunta impossibile, che dissimulano il perseguimento dell'unico interesse "efficiente allocativo" delle elites che dominano la governance €uropea, dimensionato su confini statali che, nella realtà istituzional€, vengono così accuratamente conservati, con la riserva mentale che nuovi inasprimenti, - di realizzazione del lavoro-merce, di distruzione del welfare costituzionale-, sono l'unica via di "sviluppo" possibile.
E questa secondo la "dichiarazione" sarebbe sia una "necessità" che una "libera scelta": sul che ci troviamo del tutto concordi, solo con la precisazione che si tratti di una "necessità" moralisticamente posta per le masse dei cittadini comuni, e una "libera scelta" che ad essi viene del tutto preclusa, potendo solo il network dei rappresentanti delle oligarchie esprimere una propria indiscussa e incontrastabile volontà.
E questa volontà convinta di completare il disegno dell'ordine sovranazionale del mercato sarà dunque il presupposto per il "completamento" irrinunciabile del "disegno" originario del federalismo €uropeo.

8. In questa tecnica di governo neo-liberista, sovranazionale dei mercati, ogni ripensamento e ogni senso di colpa è per definizione escluso.
Nel libro "La famiglia Winshaw", Jonathan Coe, fa descrivere a un dei personaggi principali, un politico (ovviamente con forti legami con la finanza e l'industria oligopolistica), convinto assertore del modello thatcheriano, il metodo di governo e di comunicazione che devono caratterizzare l'acquis neo-liberista (pag.301):
"Il trucco è che le carognate bisogna non smetterle di farle. Non dà alcun frutto far passare delle norme scandalose a livello legislativo e dare tutto il tempo di rifletterci su. Bisogna darci dentro, in un crescendo continuo, prima che la gente abbia il tempo di capire che mazzata abbia ricevuto. La coscienza (...delle masse) è fatta a modo suo: ha una coscienza che arriva sì e no alla memoria...diciamo, di un personal computer molto primitivo. Può rammentare solo due o tre cose alla volta".


8.1. E certamente la "dichiarazione" di Roma contiene in sé molta parte di questa concezione, nel suo proiettarsi verso la più intransigente conservazione della "stabilità" e della "crescita sostenibile" antinflazionistica.
Lo schema sottinteso, ma in realtà ben decodificabile dalle previsioni di tutti i trattati, è descritto con esattezza esemplare dalle parole attribuite al recentemente scomparso Alfredo Reichlin in un articolo su "Il Messaggero" dello scorso 22 marzo: "I mercati governano, i tecnici gestiscono, i politici vanno in televisione"
L'€uropa "federalista" è veramente tutta qua: non ci si può attendere che esprima mai qualcosa di diverso.
 
titolare del blog orizzonte 48 , di cui agli articoli sopra...... il giudice costituzionale dott luciano barra caracciolo
 
2017
IL RIDICOLO CALVARIO DELLA MANOVRINA DI APRILE. GLI ULTIMI SUSSULTI DI UNA N€O COLONIA [/paste:font]


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1. Inutile dire che lo spin televisivo pro-€uropa, cioè pro-vincolo-esterno (perchè-è-chiaro-che-non-siamo-capaci-di governarci-da-soli: appena sentito dire in TV da un "politologo" che sa-tutto-di-economia), sta assumendo in queste ore un'accelerazione grottesca in concomitanza con l'attualizzazione in agenda dell'adozione della "manovrina" aggiuntiva.
Quest'ultima, a sua volta, si connette ai saldi fiscali che ne conseguiranno e, dunque, - sebbene gli espertologi (politologi, filosofi, e, ahimé, giuristi di varia estrazione) non abbiano ancora compreso il punto- all'impatto sulla crescita del PIL (o "ripresa" come ormai ridicolmente la si definisce) dell'austerità...espansiva imposta in modo irrevocabile dall'€uropa.

2. La crescita del PIL, influendo direttamente sul livello delle entrate fiscali effettive (essendo il PIL la misura della base imponibile complessiva), condizionerà infatti il deficit pubblico di fine 2017 e determinerà la misura dell'ulteriore, e ben maggiore, aggiustamento, che dovrà essere progettato fin da settembre (secondo la quantificazione dei dati effettivi in corso d'anno fiscale, operata nella nota di aggiornamento del DEF di aprile) in vista dell'approvazione, da parte dell'€uropa, (perché il passaggio parlamentare è solo uno scontato rito TINA in nome degli "impegni €uropei") della legge di stabilità.
Un aggiustamento che, nella manovrina aggiuntiva, sarà il consueto mix di tasse&tagli a effetto recessivo con un moltiplicatore che supera l'unità, e che nella manovrona di stabilità, (nelle misure attualmente previste inevitabilmente recessiva), amplierà i suoi orizzonti di austerità espansiva su aumenti del carico fiscale e tagli del tutto contraddittori e controproducenti della spesa pubblica (stabilizzando e allargando lo split-payment, aumentando l'IVA, e tagliando drasticamente le detrazioni e deduzioni fiscali, pomposamente dette "fiscal expenditures" per dare in pasto all'opinione di massa l'idea che si tratti di sprechi e di inutili privilegi, mentre si aumenta in sostanza la base imponibile e il prelievo, in omaggio alla tecnica della "illusione finanziaria").

3. Su tutto, naturalmente, pende la minaccia, per maggio rispetto alla manovra aggiuntiva, e per gli inizi del 2018 per la legge di stabilità, dell'apertura della procedura di infrazione che, si dice, comporterebbe la perdita della "credibilità" e il conseguente innalzamento degli spread sul collocamento dei titoli del debito pubblico italiano, specialmente in concomitanza con il tapering (diminuzione progressiva dei volumi d'acquisto), prima, e la cessazione, poi (col 2018), del programma d'acquisto dei titoli da parte della BCE.
Altrettanto ovviamente, la procedura di infrazione ha una versione tutta sua, su misura per l'Italia e gli italiani che-non-sanno-governarsi-da-sé. E questo nonostante lo stesso DEF 2016 tentasse, timidamente, di chiarire qualche dato in proposito, offrendo dei dati comparati che pongono in evidenza che, certamente, fra i paesi maggiori dell'eurozona non siamo certo i fanalini di cosa quanto a "austerità espansiva":
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4. E siccome del debito pubblico non si sono comprese né la mancata correlazione con la crescita, né le ragioni dell'incremento costante (qui, p.1), guardandosi al suo ammontare in assoluto e dimenticandosi (filosofi e politologi), che i tetti €uropei riguardano un rapporto, col PIL come numeratore, mentre si ignorano costantemente i criteri della sua "sostenibilità" (che ha molto a che fare con la crescita del PIL), l'€uropa del "rilancio nell'unità di intenti e bla, bla, bla", ha buon gioco a imporci la consueta ondata di privatizzazioni e l'idea della super-patrimoniale sulla ricchezza residua dei privati cittadini italiani.

Tralasciando, per evidente default di consapevolezza (culturale e mediatica), il non trascurabile punto dell'impatto sulla crescita e sui conti dello Stato di privatizzazioni che investirebbero la stessa "universalità" del servizio postale e di quello ferroviario - in cui le consuete "mani estere" si impadronirebbero degli utili derivanti dalle aumentate partecipazioni azionarie con la scontata contrazione dei livelli occupazionali-, tralasciando l'impatto sullo stesso controllo delle filiere industriali nazionali, proprio in termini di competitività, di una ulteriore privatizzazione/cessione a investitori esteri, sul settore di porti e aeroporti, veniamo alle certezze su quali impegni il governo italiano abbia già assunto verso l'€uropa.

5. Ricorriamo naturalmente alla nota di aggiornamento del DEF di settembre, corredata da interessantissime tabelle, sempre rammentando che il DEF è divenuto, in base alle regole attuative del fiscal compact (regolamento CE del Consiglio n.473/2013 del 21 maggio 2013), una "lettera di sottomissione unilaterale" verso le istituzioni dell'eurozona e ha perso ogni connotato di indicazione dell'indirizzo economico-fiscale che il governo presenta all'approvazione parlamentare.
Più sotto riportiamo le obbligazioni "di fare" assunte dal governo, ma conviene prima fare la precisazione che il loro adempimento bypassa ormai ogni libertà di scelta parlamentare e quindi, ogni possibile esito delle elezioni:
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6. E veniamo perciò alle obbligazioni, in tema di privatizzazioni delle partecipazioni pubbliche industriali (e immobiliari), già assunte in nome del rigore fiscale e del contenimento del debito:
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Le previsioni di incasso pluriennale sono contenute dunque nel DEF di aprile, in quanto confermate, e risultano dal rigo "evidenziato" relativo agli "altri incassi in conto capitale": ebbene, per il 2017, guarda caso, gli incassi sono pari proprio allo 0,2% del PIL, misura dell'aggiustamento richiesto dall'€uropa:
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E questi, sempre in base alla nota di aggiornamento del DEF (tutt'ora vincolante), sono i settori investiti dalle privatizzazioni:

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7. Ma le "riforme", e la immancabile corsa alla riduzione del debito che altrimenti raggiungerebbe, con l'aumento degli spread, i livelli di onere degli interessi che non consentirebbero "gli investimenti pubblici per la crescita" (investimenti su cosa? Per assecondare la propensione all'investimento di chi? Tutte risposte che gli stilemi degli spaghetti €uropeisti non sanno dare), possono allargare gli appetiti di "aggiustamento&risanamento", perché si sa, l'unica condizione per il "ritorno alla crescita", è "avere i conti in ordine".
Ecco dunque i settori "riformati" da tenere d'occhio in vista del nuovo DEF prossimo venturo che "scoprirà" la esigenza TINA di tener conto dell'aumento degli spread e della fine del QE e di procedere a cessioni di quote di partecipazione pubblica a "investitori esteri", a prezzi disastrosi, da saldo, e con scontate riduzioni dei livelli occupazionali:

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Insomma, prevedibilmente, anzi scontatamente, i porti, gli aeroporti, aree demaniali urbane (con gli
 
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Insomma, prevedibilmente, anzi scontatamente, i porti, gli aeroporti, aree demaniali urbane (con gli immobili che ci sono sopra, spesso di interesse storico e artistico ma, per mancanza di fondi da "spending review" tanto degradati e da affidare alle solide mani estere di "risanatori"), e trasporto locale nelle sue varie modalità.

8. Una "riforma", moderna e €uropea, sempre attuativa di qualche "condizionalità" tesa a smantellare lo Statobrutto, fonte di corruzione, chissà come mai, finisce sempre, prima o poi, scadenze elettorali permettendo, per arrivare a cessioni di assets pubblici a investitori esteri.
Ma, una volta completata la colonizzazione (cioè il passaggio del potere decisionale effettivo al capitale estero, politicamente strutturale in un ordinamento neo-liberista) tutto questo è scontato: sulla preservazione della proprietà e gestione nell'interesse nazionale di tali (immensi) assets non scommetterei una "lira".
Opporsi, avendo un'idea conforme a Costituzione del ruolo e della gestione dei beni pubblici (non dei "beni comuni", per carità!), sarebbe populismo. O no?

Pubblicato da Quarantotto a 12:11 4 commenti: Link a questo post
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