Per cortesia ripristinate il 3d di mototopo

Documenti “accuratamente” trapelati: una forma d’arte della CIA
aprile 11, 2016 1 commento

Wayne Madsen Strategic Culture Foundation 08/04/2016
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La Central Intelligence Agency degli Stati Uniti, piuttosto che tentare d’impedire massicce fughe di documenti sensibili, compresi materiali governativi classificati degli Stati Uniti, ha capito che è molto più vantaggioso a “scegliere” determinate informazioni e diffonderle come “notizie importanti” verso media desiderosi e disposti a diffondere ciò che gli viene consegnato. È il caso dei cosiddetti “Panama Papers”. Un cosiddetto ente senza scopo di lucro, il Consorzio Internazionale dei Giornalisti Investigativi (ICIJ), sceglie con attenzione informazioni dalla presunta fuga di 11,5 milioni di documenti della società panamense Mossack Fonseca. A loro volta, le conclusioni di tale consorzio vengono fornite a una rete di oltre 100 partner mediatici, tra cui alcuni dei più grandi giornali del mondo. Ciò che non è stato riportato dai giornali, fin troppo ansiosi di segnalare stenograficamente ciò che gli è stato dato dal consorzio, è che ICIJ è finanziariamente sostenuto da Open Society Foundations di George Soros e Agenzia per lo Sviluppo Internazionale statunitense (USAID), diretto dal Central Intelligence Agency. I grandi media hanno collegato i vari congegni off-shore antifiscali e di riciclaggio di denaro a una serie di leader mondiali. Tuttavia, invece di concentrarsi sui leader con legami diretti con il riciclaggio di denaro e l’evasione fiscale, ad esempio il presidente fascistofilo e neoconservatore argentino Mauricio Macri, l’ICIJ, come suo solito, ha pubblicizzato vaghe “collusioni” di leader specifici. Non a caso, gli obiettivi principali del ICIJ sono i primi due nemici della CIA, il Presidente russo Vladimir Putin e il Presidente cinese Xi Jinping. Come il portavoce del presidente russo Dmitrij Peskov ha detto correttamente, obiettivo della “Putinofobia” di ICIJ, Soros e USAID è Vladimir Putin e non una vecchia conoscenza del presidente russo accuratamente scelto dai documenti per le rivelazioni del ICIJ. Peskov aveva anche giustamente affermato che ICIJ ha legami con il governo degli Stati Uniti. E naturalmente ICIJ, Soros e USAID non potevano evitare di collegare, ancora una volta indirettamente, Mossack Fonseca alle accuse d’impeachment contro la Presidentessa brasiliana Dilma Rousseff e l’indagine sul suo predecessore Luiz Inácio Lula da Silva. Vengono anche esaltate dai cospiratori ICIJ, Soros e USAID le vaghe allusioni indirette al Presidente siriano Bashar al-Assad e al defunto leader libico Muammar Gheddafi nei Panama Papers. C’era anche il tentativo fallito dei selezionatori di coinvolgere l’ex-Presidentessa argentina Cristina Fernandez de Kirchner e suo marito Nestor Kirchner. Una semplice menzione dei nomi degli individui in una lettera d’interrogazione non sono la prova di un illecito. È così, naturalmente, a meno che ciò sia dovuto alla CIA impegnata nelle operazioni di guerra psicologica e d’informazione. Il ICIJ gestisce un’entità chiamata Progetto di relazione su criminalità organizzata e corruzione (OCCRP). L’OCCRP a sua volta è gestito dallo Rete di Sviluppo del Giornalismo (JDN) di Washington DC, con una filiale europea a Bucarest. Non sorprende che OCCRP e JDN impieghino propagandisti, non giornalisti, dal passato presso Radio Free Europe/Radio Liberty/Radio Free Asia finanziate dal governo degli Stati Uniti e dirette da Soros. OCCRP e JDN hanno concentrato i loro sforzi sui leader che minano o non seguono i dettami di Washington. Il ruolo di queste due organizzazioni nel dubbio caso Magnitskij, tentativo stentato di screditare il governo russo, è un esempio calzante. Gli Stati Uniti poterono utilizzare qualche “yellow journalism” prodotto da OCCRP e JDN per sanzionare persone e istituzioni russe. OCCRP e JDN collaborano con entità giornalistiche “indipendenti” nei Balcani collegate a Soros, come in Serbia, Bosnia-Erzegovina, Montenegro, Macedonia, Bulgaria e Romania, e così come Lettonia, Armenia, Ucraina, Repubblica Ceca e Moldavia, tutti Paesi colpiti dagli inconfondibili sotterfugi e dalle losche trame politiche di Soros.
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La troika OCCRP, ICIJ e JDN ora sfrutta i collegamenti con media aziendali per offuscare i leader delle nazioni BRICS: Putin, Xi, Rousseff, il Presidente sudafricano Jacob Zuma e il Primo ministro indiano Narendra Modi. E anche se molto è stato fatto per le dimissioni del primo ministro islandese Sigmundur Gunnlaugsson con le rivelazioni dell’ICIJ sulla moglie che aveva una società off-shore gestita da Mossack Fonseca, fu Gunnlaugsson che imprigionò i banchieri islandesi che portarono la nazione al fallimento. E tali banchieri detenuti facevano offerte, tra gli altri, a George Soros e ai suoi padroni: la famiglia di banchieri Rothschild. Nel 2005, il capo della banca privata svizzera Julius Baer delle Isole Cayman diffuse un compact disc contenente le transazioni dei clienti su ogni deposito effettuato, dal ramo delle Cayman della Baer che si occupava dei trust anonimi. Nel gennaio 2008, WikiLeaks pubblicò i dati dei clienti della Baer, che furono accusati di evasione fiscale e riciclaggio di denaro. I clienti erano residenti negli Stati Uniti, Hong Kong, Germania, Svizzera, Grecia, Spagna e Perù. Il 4 dicembre 2008 Alex Widmer, amministratore delegato della Julius Baer e vedovo con tre figli, fu trovato morto per dubbio suicidio. Widmer aveva scoperto i legami tra le fughe di informazioni della banca sui clienti presso i media, WikiLeaks, Mossad e la rete di Soros. Solo il New York Times riferì della morte di Widmer per suicidio e un rapporto dell’autopsia non fu mai rilasciato. ICIJ ignorò la vicenda della Julius Baer e di come, dopo la fuga delle informazioni sui clienti, perse il 60 per cento del valore delle azioni, divenendo così vulnerabile a una scalata ostile di Soros e Goldman Sachs. Nel 2008, gli stessi media globali che trovano i documenti della Mossack Fonseca degni di nota, a malapena si preoccuparono dei documenti trapelati dalla banca lussemburghese Clearstream, quando divennero pubblici. Quando l’intelligence francese alterò i documenti originali Clearstream, l’intera questione fu accantonata. Il motivo era che Clearstream era un’entità dedita al pagamento delle tangenti a numerosi leader mondiali da CIA e Mossad. Al momento delle rivelazioni su Clearstream, tali leader erano vicini all’amministrazione di George W. Bush e ad Israele. Uno dei presunti destinatari della corruzione era il presidente francese Nicolas Sarkozy, che avrebbe usato gli pseudonimi “Paul de Nagy” e “Stéphane Bosca” per nascondere l’identità nelle transazioni finanziarie della Clearstream. Sarkozy era sospettato di tangenti illegali sulla vendita di sei fregate francesi a Taiwan nel 1991. Banche e società con conti su Clearstream comprendevano la defunta Banca di Credito e Commercio Internazionale (BCCI) legata alla CIA, la Banca Menatep gestita dal criminale oligarca russo Mikhail Khodorkovskij, il Banco Ambrosiano (anche conosciuto come Banca Vaticana), Bahrayn International Bank (collegata a Usama bin Ladin e al-Qaida) e il Carlyle Group collegata alla famiglia Bush. I media aziendali globali non hanno seguito il caso Clearstream perché non colpiva gli avversari degli USA, ma il padre del presidente statunitense. Il banchiere di Clearstream, Ernest Backes, rivelò di esser stato responsabile del trasferimento di 7 milioni di dollari da Citibank e Chase Manhattan all’Iran per la liberazione degli ostaggi diplomatici degli Stati Uniti a Teheran. Il trasferimento avvenne il 16 gennaio 1981, quattro giorni prima che Ronald Reagan giurasse da presidente. L’accordo fu elaborato dal vice-presidente di Reagan e futuro presidente George HW Bush, nell’ambito del tentativo di minare la rielezione del presidente Jimmy Carter. Backes diede i documenti incriminanti all’Assemblea nazionale francese, che non ne fece nulla.
Nel mondo delle enormi “fughe” sui media, gli agenti delle operazioni psicologiche della CIA e dei loro vettori come Soros, e certi giornalisti fasulli, decidono cosa può e non può essere pubblicato. Fu così con Clearstream, i cablo del dipartimento di Stato, la Julius Baer, i documenti NSA di Snowden e ora con la Mossack Fonseca.
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Traduzione di Alessandro Lattanzio – SitoAurora

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Bizzarra quanto drammatica notizia quella che arriva dal Giappone, di cui dà conto Metro: una donna di 30 anni è rimasta gravemente ustionata durante un'operazione chirurgica presso il Tokyo Medical University Hospital. La colpa è tutto di un peto, emesso proprio da lei durante l'intervento. Sembra infatti che il gas sprigionato abbia generato una fiamma abbastanza violenta, innescata dal laser che stava operando sulla cervice della paziente. La 30enne ha subito gravi ustioni su gran parte del suo corpo, in particolar modo sui fianchi e le gambe. L'incidente è avvenuto nel mese di aprile all'ospedale di Shinjuku Ward, ma i dettagli sono emersi solo di recente a seguito di un'inchiesta sulla vicenda. Un comitato di esperti ha esaminato il caso e ha pubblicato un rapporto sull'incidente. Sembra che alcuni materiali infiammabili erano in sala operatoria durante l'intervento chirurgico. Elemento che potrebbe mettere nei guai i medici. “Quando i gas intestinali della paziente sono stati dispersi nell’ambiente in cui stava avvenendo l'operazione, l'irradiazione del laser ha innescato la fiammata che ha raggiunto il telo chirurgico e causato l'incendio” si legge nella relazione.



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DRAGHI E LA TRAPPOLA PER SCIMMIE (DELLA HAZARD CIRCULAR) [/paste:font]

Su questi punti la Germania non sembra volerlo seguire: torniamo alle ben note implicazioni mercantilistiche congegnate nei trattati. Alla fine, QE insieme con riforme (definitive) flessibilizzanti del lavoro applicate per "POI arrivare al" e, quindi, "prima del" taglio intensivo della spesa pubblica, ai tedeschi non interessano.
E non perché non abbiano in effetti già raggiunto in gran parte questi obiettivi, cioè pareggio di bilancio e flessibilità dei salari, anzi. Ma perché a loro dell'effetto spiazzamento realizzabile dagli altri partner UEM non interessa nulla; semplicemente perché operano in una situazione di vantaggio da surplus commerciale che gli consente di accumulare risparmio che non si traduce, come risulta dai dati, in una corrispondente elasticità degli investimenti, di cui non sono certo dei campioni. "
3. E, riallacciandoci alla premessa, stiamo parlando dei principi fondativi fondamentalissimi di Maastricht scolpiti nella pietra dell'attuale art.3, par.3 del Trattato UE. Quindi di una scelta istituzionale che, da un lato pretende assertivamente di essere superiore alle odiate Costituzioni del welfare, dall'altro, nel negare con ciò la sovranità degli Stati democratici instauratisi (tendenzialmente) dopo la seconda guerra mondiale, assume come irrinunciabile soluzione la devoluzione ulteriore della residua sovranità (praticamente già oggi un simulacro), agevolata dalla riduzione del Parlamento a "mera assemblea ratificante" delle decisioni assunte dai governi, intesi come sub-holding in nome dell'UEM, la quale, a sua volta, già accentra ogni essenziale determinazione monetaria e fiscale nel quadro dell'intensificata realizzazione di ogni possibile manovra nazionale in vista del pareggio di bilancio.
La questione dell'irrinunciabilità dell'ordine istituzionale, e di "valori", instaurato in UEM, impedisce ogni soluzione alla crisi persino nel momento in cui questa colpisce mortalmente persino il sistema degli interessi bancari, a base nazionale, che ha promosso incondizionatamente l'UEM; tale aspetto è, ovviamente, anche una "questione politica della massima importanza", come sottolineava Kalecky, e ha a che vedere con la concezione arcaica del potere insita nel capitalismo lasciato in mano ai neo-liberisti.
4. Sul punto mi riallaccio a questo stralcio di Bazaar:
"Secondo la "teoria del circuito monetario" (ndr: chiunque la formuli, i suoi effetti strutturali, divengono istituzionalizzabili solo a condizione di negare la sovranità monetaria e statale in genere, accettando la logica normativa dei mercati sovranazionali) lavoratori e famiglie non possono accedere al "credito", altrettanto correttamente inteso come quello "in avvio del circuito": lo può fare solo l'imprenditore; e il credito - in coerenza con il "carattere soggettivo" del valore secondo tradizione reazionaria - dipende dalla "fiducia" che il banchiere concede all'imprenditore. (cfr. JP Morgan al processo sulla "nascita" della Fed)".
Da cui, in risposta, questa ulteriore specificazione (in parte integrata):
Il "circuito monetario" è già idea di una super-etica che pone la creazione di valore, nello svolgimento di qualsiasi attività socio-economica, (in realtà, ormai, anche del mero atto di"consumo") alla mercé di chi ha accumulato, in precedenza e con qualunque mezzo (senza alcuna esclusione, in termini di, pur mutevole, sua liceità) "oro e terra" e tenderà sempre a farne un uso rafforzativo della sua posizione (di "proprietario" allo stato più puro e tradizionale: cioè esattamente il punto di partenza di Hayek di tutto il resto della sua analisi economica e ordinamentale).
Attraverso l'elargizione della fiducia -che contiene in sé sia il concetto di scarsità di risorse (l'accumulo di oro-terra, per quanto enorme è pur sempre un "dato"), che quello di allocazione "efficiente" delle stesse (il fine conservativo è insito nell'equilibrio micro-economico del singolo affare, che diviene parametro unico dell'equilibrio generale dell'economia)-, decisa dal concedente (la fiducia) - si costruisce in profondità, sul piano etico-sociale, il perno morale (praticamente incontestato) di ogni altro valore concepibile (persino la Chiesa vi si è sempre sottomessa e lo stesso rapporto socio-biologico uomo-donna viene posto su questo piano).
La moneta fiduciaria comunitaria (cioè sovrana) è già in sé una leva scardinante questo modello, introiettato automaticamente da "noi", per via di quel controllo culturale totalitario "di tutti i mezzi" (di comunicazione) che predica Hayek: ed è scardinante sia perché ri-disloca nello Stato la titolarità originaria del potere di concedere la fiducia (cioè di avviare ogni processo creativo di ricchezza senza dover perseguire un equilibrio allocativo intrinsecamente conservativo della "data" distribuzione della ricchezza e del potere connesso),, sia perché inevitabilmente abolisce la legittimazione data dal possesso di "oro e terra" rispetto alla titolarità privata ed esclusiva, del potere di concedere la fiducia.
L'effetto naturale di questa soluzione sovrana, e pubblicistica nella sostanza economica, al problema monetario, è la funzionalizzazione pubblica dell'intermediazione bancaria, come prescriverebbe l'art.47 della nostra Costituzione.
I banchieri cercheranno sempre di eliminare, istituzionalmente o fisicamente, chi propugni una simile idea...
Naturalmente: qualsiasi operatore economico che, attraverso la creazione di valore (e dunque attraverso il lavoro-merce), abbia accumulato abbastanza "oro e terra" (e poche cose possono dirsi averne preso il posto pur nell'avanzamento tecnologico), tenderà a trasformarsi in banchiere, se è abbastanza lungimirante.

Anche non essendolo (lungimirante, cioè non mirando a divenire finanziere, cosa sempre più rara), peraltro, finché gli affari prosperano, tenderà a volere il gold-standard e a conquistarsi un monopolio, per sperare di governare il problema dell'obsolescenza tecnologica del suo "valore", in quanto organizzatore.
Mentre il valore del lavoro, paradossalmente permarrà, perché intrinsecamente dotato di maggior, seppure non illimitata, mobilità funzionale e fisica: e ciò conferma che la teoria del valore in senso allocativo e marginalista è un'idea statica, incapace di reggere a qualsiasi formulazione di "equilibrio" fondato su di esso."
5. Possiamo dunque dire che la sovranità è la titolarità, da parte di un ente, esponenziale di una certa comunità, - superiorem non recognoscens, cioè che assume di essere libero da condizionamenti da parte di altre entità più "generali"-, del potere di perseguire i propri fini espressamente enunciati come comunitari, (concetto di Westfalia, che non esclude che titolare dell'istituzione che ne consegue sia un monarca ovvero una serie di istituzioni elettive, essendo comunque, ogni possibile titolare, in astratto, legittimato dal perseguimento di tali interessi comunitari).

Ma l'essenza libera, ed effettivamente superiorem non recognoscens, di tale sovranità, la si raggiunge solo svincolando il "tesoriere" del sovrano, comunque "organizzato" o "entificato", dal condizionamento deteminato dal legame della moneta col precedente accumulo privato di terra o oro: in assenza di questa condizione, la sovranità degli enti territoriali è invariabilmente assoggettata alla condizionalità del creditore privato, come mostrano anche le ancora attuali vicende anteriori alla instaurazione del capitalismo produttivo, laddove il principio è che il debito pubblico, verso i privati, ci "debba" essere (e con ciò la necessità di reinstaurare la banca centrale indipendente).
E per esserci, occorre un gold standard o una soluzione monetaria equivalente.
Da qui l'idea, - che non entra in testa ai filosofi della democrazia, per cui va bene "qualunque" veste e contenuto costituzionale-, che o si ha la sovranità, e questa può esprimersi legittimamente nel perseguire i fini della comunità avendone i mezzi effettivi, o si ha il gold standard, cioè l'euro, e la sovranità popolare (in senso proprio e non pre-moderno) è automaticamente dissolta.
6. Di queste osservazioni, che possono apparire complesse, specie se non si segue il discorso complessivo del blog (che cerco però di riprendere proprio ponendo i links sui vari passaggi), abbiamo una conferma che, come è sempre preferibile, arriva dalla fonte confessoria di chi propugna l'idea proprietaria privata, e strettamente derivante dall'arcaico concetto di detentore di "terra e oro", del privilegio monetario di indirizzare integralmente ogni attività socio-economica e l'assetto che ne consegue (fulcro del potere dell'ancien regime, ma, nella sua evoluzione successiva capitalistica, indifferente, al tramonto della classe feudale-militare come titolare del malloppo delle risorse "date").
Si tratta della famosa (almeno in certi ambiti) Hazard Circular, di cui è agevole accertare l'attendibilità come fonte storicamente attribuibile agli ambienti bancari anglosassoni di fine '800, tanto che il premio di 100 dollari "in oro", attribuibile a chi fosse in grado di attestarne la falsità ideologica e la contraffazione (sulla provenienza), non fu mai riscosso da alcuno.
Ecco cosa afferma, nei suoi passaggi salienti tale "circolare" (che in base alla fonte sopra linkata fu accompagnata anche da una più ufficiale, e riservata, circolare "bancaria" inviata ai banchieri dell'epoca):
"Pare che lo schiavismo sarà abolito in conseguenza della guerra [civile americana], e la schiavitù spazzata via. Io e i miei amici europei siamo in favore di questo sviluppo degli eventi, poiché lo schiavismo altro non è che il possesso del lavoro e porta con sé la cura del lavoratore, mentre il piano europeo, indicato dall'Inghilterra, prevede il controllo del capitale sul lavoro mediante il controllo dei salari. Questo risultato può essere raggiunto avendo il controllo sull['emissione dell]a moneta. Il grosso debito risultante dallo sforzo bellico, la cui contrazione i capitalisti si accerteranno che abbia luogo, deve essere utilizzata quale misura per il controllo del volume di moneta [in circolazione]; per ottenere ciò le obbligazioni devono essere utilizzate in qualità di base bancaria. Stiamo ora aspettando che il Segretario del Tesoro faccia una siffatta raccomandazione al Congresso. Non sarà opportuno consentire che il "greenback" [il dollaro emesso negli anni della Guerra civile dal governo americano, slegato da oro e argento], come è chiamato, resti in circolo un solo secondo di più, giacché non possiamo controllarne l'emissione, ma siamo in grado di controllare l'emissione di obbligazioni, e attraverso queste ultime di risolvere il problema bancario....Se tale criminale politica finanziaria, che ha le sue origine nel Nord America, si consolidasse come una pustola, allora il Governo sarà provvisto di proprio denaro senza alcun costo. Potrà ripagare i debiti e agire senza averne. Avrà tutto il denaro necessario per portare avanti la propria attività economica. Diventerà prospero in un modo senza precedenti nella storia del mondo.Un tale Governo deve essere distrutto, o distruggerà ogni monarchia del globo".
7. A questo punto del discorso parrebbe inutile precisare che la "distruzione di ogni monarchia", siamo nella seconda metà del XIX secolo, è una previsione che riposa sul fatto che la monarchia, come sistema istituzionale, risultava pienamente già controllata, nella sua sovranità, dall'adozione del gold standard, sicché essa è identificata come il sistema di governo che agevolava maggiormente il controllo del sistema bancario-monetario privatizzato su qualsiasi istituzione.
Questa visione implica il controllo istituzionale dell'assetto sociale, proprio dell'economia neo-classica, e muove sempre dall'arcaico presupposto implicito sopra evidenziato (conservativo e allocativo di risorse già "date" e incrementabili solo a danno di altre comunità sociali. mediante l'esportazione netta in regime di vantaggi comparati, teoria inevitabilmente alla base dell'attuale TTIP); di questo controllo istituzionale cerca soltanto una giustificazione attraverso la matematizzazione scientista (che non convinse i nostri Costituenti che rigettarono esplicitamente tale "scienza dell'800"), arrivando a esplicitare l'idea che il controllo sull'emissione della moneta sia più efficace, rispetto al fine di controllare il livello dei salari, cioè dei costi da attribuire al mantenimento in vita della forza lavoro, dello stesso schiavismo (gestito nell'ottica manutentiva del proprietario e non del contraente-datore del contratto di lavoro apparentemente concluso da parti in posizione formale di parità).
8. Senza ulteriormente approfondire il discorso, opera che Bazaar ha in vari post abbondamente compiuto, pare a questo punto comprensibile come Draghi non sia in grado di offrire soluzioni ma solo di denunciare i problemi che derivano da una visione immutabile, alle condizioni politiche attuali.
Esattamente come gli economisti neo-classici nel periodo seguente alla crisi del 1929, che dovevano o affermare che le crisi del sistema dei mercati, determinate da "scarsità della domanda", non possono per definizione determinarsi, o che queste hanno la positiva funzione di costituire un'opportunità di "sano aggiustamento" (accedendosi, esattamente come oggi, nell'idea del pareggio strutturale del bilancio pubblico).
Salvo sbagliare costantemente ogni calcolo e trovarsi di fronte alla stagnazione secolare. E alla seconda guerra mondiale...

 
IL BOOMERANG INCONSAPEVOLE: RESPINTO IL VINCOLO €STERNO, CHI VORREBBE ANCORA LA "GOV€RNABILITA'" E DEVASTARE LA COSTITUZIONE DEL 1948?


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1. Mi hanno "taggato" con questo esilarante (per quanto...crudele) video che può essere assunto come una metafora. Ma non necessariamente soltanto della "politica della sinistra": direi di qualsiasi politica che discenda da un'inerzia esogena, cioè eteroimposta, inconsapevole degli interessi dell'intera comunità sociale. In altri termini, che discenda dalla perduta cultura dell'interesse democratico nazionale.
2. Il tema ovviamente riguarda il problema di come si debba disporre di adeguate premesse culturali, - storiche, economiche e giuridico-istituzionali- per identificare un "nostro" indirizzo politico, prima generale e comunitario, poi svolto in concrete politiche economiche, industriali e fiscali, che siano veramente aderenti agli interessi degli italiani.
Quanto ora detto parrebbe un'ovvietà ma, a questo punto della degenerazione della vicenda della sovranità democratica nazionale, dobbiamo prendere atto, e di conseguenza temere, che non lo sia affatto.
L'argomento, quindi, riguarda specificamente il nostro ordinamento costituzionale, proprio in una fase in cui tra ipotesi di "rinvio" della consultazione referendaria, e tensioni, anzi, "torsioni" riguardanti la tradizionale fedeltà della classe governante in Italia, da almeno 35 anni, all'idea salvifica del "vincolo esterno" e della riforma costituzionale "efficiente" e che privilegi la "governabilità".
Queste parole d'ordine, ripetute da decine da anni e sorte all'indomani della formulazione programmatica del "vincolo esterno", - essendo cioè del tutto evidente il legame antico e attualissimo tra le due cose- sono entrambe il frutto avvelenato della desertificazione culturale eteroimposta alla società italiana dalle forze del mercato sovranazionali, che hanno sostituito la stessa classe politica "autoctona" nella determinazione dell'indirizzo politico e svuotato di senso il processo elettorale.
3. Come ciò agisca, tra trasformazioni sociali deflazioniste e antitetiche alla tutela del lavoro di tutti, cioè al valore di vertice della nostra Costituzione, lo si è visto in una continua progressione di stagnazione della crescita (proprio a partire dall'imposizione del "vincolo esterno"), oscillante tra out-put gap e recessione, che ha disseminato una crescente disoccupazione e la distruzione dei diritti sociali: cioè, precariato e flessibilità nell'occupazione lavorativa (quando c'è), drastica riduzione della previdenza pubblica principalmente pensionistica, del servizio sanitario universale, del livello delle prestazioni della scuola e dell'istruzione pubbliche, e di ogni altra prestazione che la Costituzione aveva affidato allo Stato democratico nazionale.
Insomma, se davvero, un senso di ribellione (se non di crisi di coscienza) verso gli esiti del vincolo esterno, sta pervadendo la gran maggioranza delle forze politiche italiane, - cosa prevedibilissima ma che solo tre o quattro anni fa sarebbe risultata sorprendente per "l'uomo della strada"-, le proposte politiche conseguenti dovrebbero necessariamente essere coerenti e funzionali a questo mutato scenario di riferimento.
Non si può continuare con gli slogan della "governabilità" e della esigenza di rendere più efficiente la nostra Costituzione: sarebbe una continuità di rimedi e di aspirazioni strettamente conseguenti dalle nefaste scelte che, a parole, si vorrebbero criticare e in gran parte rinnegare.

4. Quando alcuni anni fa, avevamo sintetizzato le ragioni per le quali dovessimo rivendicare che "La Costituzione del 1948 non si tocca", avevamo delineato un quadro semplificato anticipatore, già allora, della fotografia del confuso presente:
"L'analisi parte dalla Costituzione, per illustrare come il suo modello sia il frutto di 150 anni di lotte sociali e di problematiche che vennero affrontate in un modo che teneva già conto di tutto quanto, nella sua attuale riproposizione ordoliberista, si riaffaccia, con implacabile "ovvietà", sul palcoscenico della Storia umana.
…a quella scelta, operata in un (raro) momento felice comune all'intera Nazione, e al termine di una tragedia, dovremmo saldamente attenerci.
Per evitare "che tutto questo si ripeta".
[Incombe sempre] il pericolo di dare per scontato che occorra "fare le indispensabili riforme", propinando, al corpo sociale stremato, dosi ulteriori della stessa medicina avvelenatrice ordoliberista (o semplicemente spaghetti-liberista); un pericolo sempre presente.
Anzi, radicatissimo e diffuso.
Ci dovremo parare le spalle sia dalle offensive dei diritti cosmetici che dalle pulsioni anti-Stato democratico che attaccano a forbice la sovranità costituzionale.
Questa battaglia è già in sè impervia: simultaneamente dovremo prepararci al collasso dell'euro e al tentativo di rilancio dell'internazionalismo liberoscambista che verrà fortissimamente tentato in preparazione di questo collasso".

5. Una cosa, dunque, si imporrebbe come segno di coerenza con la riscoperta dell'interesse nazionale sovrano da parte dell'attuale classe politica italiana (tranne alcuni giapponesi dediti all'€uropeismo "fuori tempo massimo" della Storia): di abbandonare per la sua dannosa superfluità, l'idea delle riforme costituzionali "adeguatrici" (A COSA?), della "governabilità" (esclusivamente al servizio dei mercati sovranazionali), e delle leggi elettorali asservite a questi obiettivi.
Sulla inanità, figlia della perdita delle "risorse culturali", di queste idee, lasciamo volentieri la parola ai ben consapevoli Padri Costituenti (ringraziando i miei preziosi commentatori).
Ecco l'interpretazione "autentica" di Mortati rispetto alla straordinaria "unità di intenti" che si raggiunse in sede Costituente:
“Del tutto infondato appare, anche al più superficiale esame, attribuire carattere compromissorio a tali proclamazioni [di principio dalle quali è da attingere il criterio di graduazione dei molteplici interessi voluti tutelare], poiché esse risultano, se considerate nel loro nucleo essenziale, espressione univoca e coerente, in ogni loro parte, della volontà della grande maggioranza dell’Assemblea (8)”
Nota 8: “Jemolo, op. cit., p. 15 si è domandato quale classe politica rifletta, e quali aspirazioni di questa classe politica assecondi la Costituzione (con riferimento all’ opinione secondo cui questa si informerebbe al pensiero cristiano-sociale). Esatto quanto ritiene l’ A. che questo pensiero non abbia linee che valgano a dargli una vera fisionomia propria. Ma è vero che sussista tale ispirazione? Se alla concezione cristiana si voglia ricondurre il profondo motivo espresso dalla Costituzione essa deve essere intesa in un largo senso, non collegandola all’origine storica ed all’elaborazione dogmatica, in un senso analogo cioè a quello messo in rilievo da un noto saggio del Croce. Calata nella realtà di oggi quella concezione trova la sua più autentica espressione negli ideali del socialismo. Ed è a questa realtà che la nostra Costituzione ha voluto adeguarsi. (C. Mortati, Considerazioni sui mancati adempimenti costituzionali Aa. Vv., Studi per il ventesimo anniversario dell’Assemblea Costituente, Vol. IV, Vallecchi, Firenze, 1969, pp. 468)".
6. Ed ecco il chiaro pensiero di Mortati sul mito (neo-liberista) della governabilità:
"Mortati, che qualcuno ha avuto la faccia di bronzo di tirare in ballo fra i presunti padri nobili della riforma, afferma, pensate un po', che non c'è bisogno di alcun rafforzamento dei poteri del governo, perché i poteri necessari allo svolgimento delle sue funzioni in Costituzione ci sono già tutti.
Non solo negli artt. 76 e 87, ma anche e soprattutto nell'art. 41: "Efficacia culminante, nel senso espansivo dei poteri di Governo, assumono poi i programmi ed i controlli, non già solo autorizzati ma imposti, secondo la logica del sistema, dall’ ultimo comma dell’ art. 41, che non possono, per la loro stessa natura, se non incentrarsi, entro le linee fissate dalla legge, nel potere esecutivo.” (C. Mortati, Considerazioni sui mancati adempimenti costituzionali in in Aa. Vv., Studi per il ventesimo anniversario dell’Assemblea costituente, Vol. IV, Vallecchi, Firenze, 1969, pp. 478).

7. E ancora, la chiarezza di visione dell'interesse democratico generale, si rifletteva nelle più comuni, e autorevoli, interpretazioni della Costituzione che erano proposte PRIMA dell'inoculazione della tossina del "vincolo esterno":
"...l’impostazione keynesiana della Costituzione era un dato tanquillamente riconosciuto dalla dottrina.
Nel commento all’art. 4 del canonico commentario Branca (Commentario della Costituzione a cura di G. Branca, Zanichelli, Bologna, 1975, pag. 220), Federico Mancini, non esattamente un estremista (o magari sì, ma, più tardi, in senso europeista), scriveva: “[…] si potrà osservare che una politica rispettosa del dettato costituzionale avrebbe dovuto articolarsi, da un canto, in una serie di misure intese a realizzare un efficiente servizio di collocamento e a migliorare la formazione professionale della manodopera (v. anche art. 35 2° comma e 38 3° comma); dall’altro, secondo la classica ricetta keynesiana, nell'adozione di programmi di spesa in investimenti sociali idonei a espandere la domanda aggregata.”
Il commento dedica, tra l’altro, un interessante en passant a Prodi e Andreatta (pp. 244 e ss.), accusati, citando Rodotà (!), di “fremiti neoliberisti” per quanto scrivevano in due volumi del ’73:
"«Il congelamento dei posti di lavoro in uno specifico impianto produttivo», «l’impossibilità di licenziare e di organizzare il lavoro all'interno della fabbrica» [questro è Prodi], la «ferrea stabilità d’impiego in quel posto di quel reparto di quella fabbrica di quel comune» [questo è Zappulli sul Corsera] sono il simbolo e insieme il prodotto di una politica che a tutto mira fuorché a promuovere condizioni generali di sviluppo.
E le loro nefaste conseguenze stanno davanti ai nostri occhi: un’economia bloccata che minaccia di adagiarsi nel ristagno, un aumento della disoccupazione soprattutto tra le leve che s'affacciano per la prima volta sul mercato, uno sviluppo pauroso delle forme di lavoro precario; e — ultimo, ma non meno grave — quell’effetto caratteristico del «minor timore» con cui gli occupati guardano alla prospettiva della disoccupazione che è l’« emergere dalla base di piattaforme improbabili» (inquadramento unico, centocinquanta ore, salario garantito ecc.)
[questo è il buon Andreatta]”.
Risponde Mancini: “[…] anche a prescindere da affermazioni impudiche come quella di chi si duole che la diminuita paura della disoccupazione abbia tolto di mezzo un deterrente contro l’emergere di piattaforme « massimalistiche » [ mi auguro non sfugga la ricorrenza della lamentela] — è la loro interpretazione, la filosofìa su di essi costruita che non possono essere accolte; che vanno, anzi, ribaltate.”
“[…] suggerendo il ritorno al licenziamento « facile» — e cioè al requisito fondamentale per il ripristino dello sfruttamento di allora —, gli economisti di cui s'è detto si fanno portavoce di una risposta tra le più miopi che la domanda operaia di benessere e di potere abbia ricevuto negli ultimi due anni; una risposta non meno indicativa del vuoto strategico in cui si dibatte il padronato italiano di quella consistente nel ricorso al lavoro precario che pure essi giudicano una iattura.”
[…]
“D’altra parte, l’ostacolo — una certa rigidità nell’uso della forza-lavoro e le condizioni che l’hanno resa possibile, prime gli art. 13 e 18 dello statuto —- è una conquista della classe operaia da cui l’intera società ha tratto vantaggio in termini di crescita civile. Come tale, non può essere messo in discussione. « Lo spreco di capitale » provocato « dal riposo delle macchine », per dirla col presidente dell’Iri, è senza dubbio un male; lo spreco di uomo, questo « animale diurno che ha un suo ciclo biologico e viene violentato se lo si costringe a lavorare in condizioni troppo lontane da quel ciclo » è il male.
A siffatta gerarchia di valori anche Taylor redivivo non rifiuterebbe il suo piccolo omaggio a fior di labbra. Ma, nell’economia del nostro discorso, il punto centrale è un altro; ed è formulabile dicendo che, lungi dal contraddire in principio le esigenze della lotta alla disoccupazione, la difesa della condizione operaia può agire positivamente su di essa.”
 
IL BOOMERANG INCONSAPEVOLE: RESPINTO IL VINCOLO €STERNO, CHI VORREBBE ANCORA LA "GOV€RNABILITA'" E DEVASTARE LA COSTITUZIONE DEL 1948?


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1.

8. Sulla legge elettorale, in questo quadro di democrazia, che non ha certo mancato di portare alla più grande crescita italiana della sua Storia di unità nazionale, garantendo un quadro di poteri di governo adeguato a questo scopo primario, ci dice Lelio Basso (altro massimo esponente, giuridico ed economico, della visione della Costituente):
“… Oggi non si discute più…quale sia il sistema elettorale più adatto a far nascere un’assemblea che rifletta, come uno specchio, la fisionomia politica del Paese, ma al contrario QUALE SIA IL SISTEMA ELETTORALE CHE MEGLIO CONSENTA DI DEFORMARE QUESTA FISIONOMIA NEL PAESE.
Poiché il partito di maggioranza sa di essersi notevolmente indebolito…esso si preoccupa di trovare un sistema che, falsando la volontà del Paese, gli conservi quella maggioranza di cui non può più disporre. Il problema attorno a cui si arrovellano i cervelli democristiani è ormai soltanto questo: data una determinata situazione politica del Paese, in cui il governo non dispone più della maggioranza dei consensi, trovare la legge elettorale che gli dia egualmente la maggioranza dei seggi.
Come nel 1924, quando la rappresentanza proporzionale fu sostituita con la legge Acerbo, questo capovolgimento di indirizzo significa il CAPOVOLGIMENTO DEI PRINCIPI SU CUI SI FONDA LA DEMOCRAZIA PARLAMENTARE, la quale ha per presupposto appunto l’alternarsi delle maggioranze, cioè la possibilità data alla minoranza di diventare maggioranza, mentre le leggi elettorali basate sui cosiddetti “premi di maggioranza”, del tipo della legge Acerbo…hanno invece lo scopo opposto di perpetuare la maggioranza esistente, di creare UN BLOCCO MASSICCIO DI DEPUTATI NON SORRETTO DA UN’ADEGUATA FORZA NEL PAESE, e perciò stesso di sopprimere la funzione democratica del Parlamento e annullare la vita democratica del Paese.

Nove mesi dopo le elezioni fatte con la legge Acerbo nasceva in Italia la dittatura fascista attraverso il colpo di forza del 3 gennaio, che la Camera, nata a sua volta da una legge antidemocratica, non poteva che avallare. IL CHE IN ALTRE PAROLE VUOL DIRE, OGGI COME IERI, CHE LA SOPPRESSIONE DELLA PROPORZIONALE indica la volontà del governo di PASSARE DALLA FASE DI DEMOCRAZIA PARLAMENTARE A QUELLA DI STATO-REGIME”
[L. BASSO, Proporzionale e democrazia parlamentare, in Il Comune democratico, aprile 1952, n. 4, 101-102].

8.1. E tutto questo può risultare chiaro e fondamentale, purché sia chiara la ragion d'essere del sistema proporzionale, una volta calato dentro il sistema di poteri, certamente "governabili" (e in effetti "governati" con successo), della nostra Costituzione del 1948:
"Oggi invece ogni Costituzione moderna, che risponda alle esigenze della vita moderna, considera che IL FULCRO DELLA VIA COSTITUZIONALE, IL CENTRO, IL PUNTO DI EQUILIBRIO DELLA VITA COSTITUZIONALE, NON È PIÙ QUESTO EQUILIBRIO FRA L'ESECUTIVO E IL LEGISLATIVO, inteso il legislatore come rappresentante della volontà indistinta di tutto il popolo, ma è viceversa L'EQUILIBRIO FRA MAGGIORANZA E MINORANZA, fra una parte del popolo e un'altra parte del popolo; diremmo, se volessimo introdurre il concetto in termini nostri, marxisti, FRA CLASSI DOMINANTI E CLASSI DOMINATE E OPPRESSE.
Ma se non vogliamo tradurlo in termini marxisti, fra maggioranza parlamentare da cui si esprime il governo, che è quindi un tutt'uno con il governo, con coloro cioè che presiedono alla funzione esecutiva, e la minoranza che ha viceversa una funzione costituzionale di stimolo e di freno, a seconda dei casi, e di controllo dell'attività della maggioranza.
Non vi è, dicevo, nessun dubbio, che la dottrina costituzionalista moderna ha posto a fondamento della vita costituzionale di uno stato democratico non più semplicemente il rapporto fra esecutivo e legislativo e non più semplicemente l’affermazione del principio maggioritario come espressione della volontà di tutto il popolo, ma un principio maggioritario e minoritario, cioè di un certo equilibrio che deve essere tenuto fra maggioranza e minoranza, equilibrio per cui la maggioranza legiferi con il rispetto della minoranza, con il rispetto dei diritti fondamentali che le Costituzioni moderne riconoscono alle minoranze…
Lo scopo delle elezioni non [è] quello di indicare una maggioranza e di darle un largo margine perché essa possa meglio governare secondo i propri principi, ma [è] invece quello di INDIVIDUARE LE DIVERSE CORRENTI POLITICHE E DI ATTRIBUIRE A CIASCUNA IL SUO REALE PESO, IN MODO CHE IL GOVERNO POSSA POI TENERE CONTO DELLE DIVERSE ESIGENZE, E NEI LIMITI DEL POSSIBILE, CONTEMPERARLE.
… se la presenza e la funzione della minoranza è di rilievo costituzionale (e, ripeto, non v'è dubbio che sia di rilievo costituzionale, talché la nostra Costituzione attribuisce diritti alle minoranze, e fra l'altro appunto quello di far convocare il Parlamento ai sensi dell’art. 62), essa minoranza deve essere presente con il suo peso effettivo.
Se il rapporto minoranza-maggioranza, che è un rapporto fondamentale, basilare nella vita dello stato moderno è artificiosamente alterato, è artificiosamente alterata la base e la vita dello stato moderno. La minoranza viene privata delle possibilità, delle podestà, dei diritti, delle garanzie che la Costituzione le offre; LA TUTELA COSTITUZIONALE È PRATICAMENTE ANNULLATA…”.
[L. BASSO, La violazione dei diritti del corpo elettorale, in Mondo Operaio, 20 dicembre 1952, n. 24, 7-10].

9. Che questo insieme di principi democratici "sostanziali" abbia contribuito alla crescita ed alla prosperità della Nazione, come attestano le serie storiche degli indicatori italiani nei primi 25-30 anni del dopoguerra, ha una ragion d'essere che, sul piano del modello economico, consapevolmente adottato, dovrebbe essere ben presente a tutta la nostra attuale classe politica. E senza indulgere in equivoci che sono quelli che hanno portato alla de-sovranizzazione dell'indirizzo politico-economico italiano e allo svuotamento del senso delle elezioni.
Questa consapevolezza è, nella prospettiva della "liberazione" dal vincolo €sterno, essenzialissima:
"E pensare che basta una lettura dei documenti dell'epoca per chiarire l'"equivoco".
Per esempio sulla relazione della Presidenza della Commissione per lo studio dei problemi del lavoro del Ministero per la Costituente, un documento ripetutamente citato nei lavori dell'Assemblea, leggiamo:
“Fu esattamente detto che ad ogni forma di economia corrisponde un regime. E tutte le Sottocommissioni sono state unanimi, perciò, nell’auspicare che la nuova Carta costituzionale contenga almeno quei primi principii che, riconosciuto il lavoro come elemento della organizzazione sociale del popolo italiano, traccino le direttive della legislazione futura in materia di lavoro, in guisa tale che la dignità della sua funzione, la sua più ampia tutela ed ogni possibilità futura di sviluppo della sua posizione nell’ordinamento sociale siano assicurate.

Si è già rilevato che la Commissione ha considerato il lavoro come uno degli elementi ma non come il solo elemento rilevante della organizzazione economica e sociale. Da ciò bisogna dedurre il riconoscimento della proprietà privata dei mezzi di produzione, e quindi una tuttora persistente funzione del capitale privato nel processo produttivo.

La Commissione, nel suo complesso, tenuto anche conto delle risposte al questionario e degli interrogatorii, si è orientata verso un sistema eclettico che comprende così il principio della «sicurezza sociale» come quello del «pieno impiego», recentemente affermatisi in America ed in Inghilterra, con decisiva tendenza verso ogni forma di benintesa cooperazione.

La possibilità di occupazione nella attuale situazione non può essere creata che da una politica di spesa pubblica e da una politica di lavori pubblici.
L’orientamento teorico della Commissione, come risulta anche dalla relazione della Sottocommissione economica, è volto verso le teorie della piena occupazione, in quanto essa risulti attuabile nel nostro sistema di produzione, teorie che stanno alla base dei piani Beveridge e consimili. La relazione rappresenta perciò una indicazione di politica economica che corrisponda alla realizzazione del principio giuridico del diritto al lavoro."


11. Se veramente si vogliono la ripresa della crescita, la soluzione del problema della disoccupazione ed il superamento del sistema ordoliberista dei trattati, incentrato sulla competizione tra Stati anticooperativa,non si possono ignorare queste risorse, già pronte e disponibili, poste come principi legali supremi dall'attuale Costituzione.
Perché "cambiare per cambiare", senza averne piena coscienza e memoria storica?
Perché piegarsi anche nell'attimo fondamentale di "rigetto" del vincolo €sterno e di rivendicazione della sovranità, al linguaggio e agli interessi di coloro che questo vincolo ci hanno crudelmente e cinicamente imposto?
La risposta a queste domande fa tutta la differenza.
Tra un'agonia insensata, e senza fine, e il riconoscersi in una nuova unità nazionale volta alla prosperità condivisa di tutta la comunità italiana, ritrovata nella solidarietà e fratellanza.

Questo, e non altro, è il momento in cui la Storia ci impone di ritrovare le risorse culturali per uscire dalla crisi.

Pubblicato da Quarantotto a 11:55
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30 commenti:
  1. zFdxGE77vvD2w5xHy6jkVuElKv-U9_9qLkRYK8OnbDeJPtjSZ82UPq5w6hJ-SA=s35

    Bazaar3 novembre 2016 17:29
 
Mitt Dolcino x scenari economici
Trump in testa di 4 punti. E, sorpresa, i mercati associano alla sua elezione una riduzione del rischio paese USA!



Verrebbe da dire, Trump fa aumentare il rischio paese degli USA. Ed invece no, il contrario: i mercati ci dicono che è l’elezione di Hillary Clinton a preoccupare di più i mercati quanto meno in termini di rischio default ossia in termini di resilienza economica statunitense. Vi sembra strano? Fatevene una ragione: è la triste realtà!



La fonte del grafico del debito presidenziale sopra esposto è la californiana Calpers, ipoteticamente filo Dem.

Obama ha infatti rubato il futuro alle prossime generazioni accumulando negli scorsi 8 anni più debito di ogni altro presidente americano in tempi di pace. Ossia quasi il 50% su PIL in debito esplicito USA; eppure la ripresa americana si trasformerà comunque in recessione nell’arco di pochi mesi, tempo di far passare le elezioni più polarizzate dalla guerra civile, aspettare per credere.



Oggi l’autorevole – e profondamente Dem – LA Times vede Trump avanti di 4 punti percentuali.

In ogni caso chiunque vinca si troverà una situazione economicamente disastrata, con l’economia sostenuta dai QE e destinata a creare inevitabile futura inflazione ma senza una vera ripresa, l’occupazione è cresciuta solo grazie agli impieghi di bassissimo livello (camerieri, baristi ecc.; un po’ come in Italia – le ricette sono le stesse al netto degli immigrati – dove si è nascosta la disoccupazione dietro ai voucher, quando verrà tolta la sordina fatta di mille manipolazioni statistiche – e fine dei soldi a disposizione – sarà un vero disastro). Ecco perché serve un cambiamento di rotta deciso, importante. Ecco perché oggi Trump è necessario per l’America, al di fuori dei suoi eccessi verbali. Anche perché senza un vero cambiamento nelle politiche USA il debito esploderebbe continuando con il metodo Dem, vedasi il grafico seguente (un po’ come fu per Nixon che di fatto fu colui che fermo’ la guerra in Vietnam iniziata – come accade oggi in medio oriente ed Ucraina – da un Dem e per ragioni che veramente sfuggono ai più, ndr):


Anche perché la situazione attuale è letteralmente insostenibile, ad esempio il dollaro forte porterà ad una pesante recessione negli States, ma un dollaro basso romperebbe euro ed EU e si sa quanti soldi le aziende sistemiche ed esportatrici tedesche abbiano investito nella fondazione Clinton. Come è insostenibile che ormai le borse siano tenute artificialmente alte grazie agli acquisti delle banche centrali dove, in certi paesi apripista (Giappone), sono addirittura diventate il primo azionista borsistico. Ossia il primo passo verso il socialismo finanziario, sembrerebbe quasi che il primo presidente nero degli USA non apprezzi affatto il capitalismo e dunque abbia fatto quanto nelle sue possibilità per distruggerlo…



Ecco perché una futura amministrazione Dem americana avrebbe solo una possibilità per nascondere i danni fatti negli ultimi 8 anni, meglio ancora se la fondazione che co-rappresenterà il futuro presidente avrà anche interessi in questo senso: portare l’attenzione pubblica su un problema più grande, ad esempio una grande guerra. Come fece Roosevelt – Dem anche lui – con l’attacco di Pearl Harbour per risolvere la depressione ai tempi ancora irrisolta nonostante svariati New Deals (l’attacco nipponico fu frutto di provocazioni geostrategiche al Giappone durate anni).

E possibilmente se guerra deve essere che sia la più lontana possibile dal suolo americano, agli antipodi. Ecco perché i cds con Trump presidente scenderebbero… ecco spiegato il comportamento dei cds-credit default swap americani.

A proposito, sapete chi sta agli antipodi degli USA? la Syria….

PS: a giudicare dai commenti non solo di parte ma direi speso offensivi profusi contro il candidato repubblicano, mi sa che tre quarti dei giornalisti italiani dovranno cambiare lavori se verrà eletto Donald Trump

Mitt Dolcino
 
Hillary, Trump e il Governo Invisibile
novembre 4, 2016 Lascia un commento

Alessandro Lattanzio

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E’ in corso una lotta interna nel governo invisibile degli USA, dove il traffico su armamenti ed influneza politica della famiglia Clinton con le petromonarchie è secondario, essendo ciò funzionale al rapporto simbiotico tra petrolio e dollaro.
La fazione islamista-imperialista statunitense (il capo della CIA Brennan, ad esempio, di certo è un wahhabita), capeggiata dai Clinton, vuole disperatamente assumere il potere, per evitare la frattura imminente tra Washington e Ryadh, che spingerebbe i sauditi verso l’alleanza Russia-Iran-Cina, da ciò ogni forma ci concessione, ripugnante, ai parassiti wahhabiti dei Saud: aggressione allo Yemen, cessione della presidenza del consiglio sui diritti umani dell’ONU, libertà nel finanzire il terrorismo internazionale, ecc.
Di sicuro, le varie voci su hackeraggio dei voti alle presidenziali degli USA; l’attacco informatico di qualche giorno fa, le minacce di attentati terroristici negli USA, e affini, rientrino nel vero piano B di Obama/Clinton, sovvertire le elezioni nel caso vincesse Donald Trump, e a Washington sanno che le vincerà, perciò i vertici dello Stato Invisbile a Washington sproloquiano di agenti russi che deviano i risultati del voto et similia; accuse oniriche ripetute a pappagallo dai miserabili media occidentali.
Lo Stato invisibile e i suoi alleati bankster ne sono terrorizzati.




Una scia di morte: oltre 100 persone vicine ai Clinton morte in modo sospetto (Aggiornato)
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L'AMERICA CHE ELEGGERA' LA MOGLIE DI CLINTON

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Hitting Rock Bottom

è un'analisi spietata di come si vive davvero in USA oggi

cosa succede quando si è malati e si ha bisogno di cure

questa è la parte più impressionante

"And I will make it personal: My wife died 10 years ago from brain cancer. Doctors couldn’t save her and there is nobody to blame, it is a nasty disease. In our case: We had good health insurance, but still I was left with huge out of pocket expenses thanks to co-payments, deductibles, etc. My bills amounted into the tens of thousands of dollars. Her entire medical treatments amounted to over $500K. “Sorry your wife is dead, but you still owe us $50K, pay up or we sue you”. Nice. Europeans are horrified when they hear stories such as this.

And just as insane: Medical bills continue to be the largest source of bankruptcies in the US.

Fast forward 10 years. Obamacare was supposed to help on many fronts, but it really hasn’t. Not because the intentions weren’t there, but because Americans seem stuck with a political system that can’t develop good, practical solutions for society at large. Rather, at its best, it produces solutions focused on symptoms, but not root causes. Instead we get patch up solutions for public political consumption, but nothing that solves the substance of a problem.

Case in point: About 2 months ago I saw a Facebook post done on behalf of a friend of mine. Gofundme was the plea. Her insurance wouldn’t cover her treatment for a recurring breast cancer and doctors wouldn’t start the treatment unless the full payment was secured in a advance. Really? Really. She was gainfully employed, had a full time, well paying job. But guess what? It wasn’t enough although hundreds of people donated.

This last week she died. She was 38 years old. She died not getting access to a treatment that may or may not have saved her life. She died having to hustle folks for funds to just have a chance to get access to another treatment option and she died while worrying about being financially ruined by her illness. Just horrid.

Is this the society we want? People forced to beg friends on gofundme for help so they can get access to medical treatment? Is this the society we are? Is this truly the best we can do?

America has some of the most brilliant medical doctors and hospitals, but it has the financially crappiest “health care” system of the developed world. It’s awful. And frankly it is embarrassing and all Americans should demand better solutions from the people wanting the jobs of “leaders”.
 

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