Per cortesia ripristinate il 3d di mototopo

Euro crisis novembre 30, 2016 posted by Maurizio Gustinicchi
MEF: SIAMO I PIU’ BRAVI ORDOLIBERISTI DEL CONTINENTE

Grazie all’amico Del Prete, il quale ha gentilmente selezionato le slide, oggi vi propongo la misura dell’ORDOLIBERISMO del MEF.

Le slide sono originali e da loro pubblicate.

Cominciamo con il Deficit:



Siamo nella media UE!



Ma è nell’erogazione dei servizi pubblici che siamo i migliori in assoluto.

Con la scusa delle rubberie e della corruzione siamo arrivati quasi ad un incremento zero!



e siccome da circa 20 anni le tasse sono a livello di soffocamento, ne esce fuori un AVANZO PRIMARIO CHE LETTERALMENTE SURCLASSA GLI AVVERSARI!

Grazie alla truffa del debito pubblico, i nostri uomini Del MEF possono gloriosamente definirsi campioni del risparmio!

Poco importa se i cittadini poi si suicidano e poco importa se si calpestano articolo 1 e 3 della costituzione. Tanto è solo un foglio!

Ad maiora.
 
, useremo la analisi economica del diritto.






























INDICATORI MACROECONOMICI DEGLI EFFETTI DELLA C€SSIONE DI SOVRANITA' SULL'ECONOMIA ITALIANA. [/paste:font]


igd_ac593e182121f470d6f4735a09d6f01a-1024x560.jpg

1. Questi sono i dati macroeconomici e fiscali italiani (che potete estendere andando su questo sito "ufficiale", con il suo ultimo aggiornamento disponibile).
Parrebbe superfluo rilevare - ma ribadirlo non è mai inutile- che il debito pubblico italiano, prima del "divorzio" tesoro-Bankitalia, era al 55% del PIL.
L'aumento successivo al "divorzio" fu oggettivamente effetto combinato con lo SME, in vigore dal 1979, sebbene oggi ci si "dimentichi" sempre di dire che alla fine degli anni '70 si fosse verificata un'effettiva ripresa italiana (su cui Giavazzi e Spaventa ammettevano: "in spite of wage indexation, inflation was an effective policy instrument and disinflation was relatively painless").
Questa ripresa, tuttavia, iniziò a vacillare all'inizio delle politiche deflattive determinate dal divorzio-SME e dalla svolta sindacale anti-scala mobile.
Ne derivarono il contemporanero crescere vertiginoso dell'onere degli interessi sul debito pubblico e la perdita di competitività da "vincolo" sul cambio, nonché la finanziarizzazione della grande industria italiana: ci avrebbero poi spiegato che la deflazione salariale non era stata sufficiente e che pensioni e sanità non ce le potevamo permettere; e ce lo spiegarono in nome di Maastricht.
numeri-debito_pubblico_italiano.png

2. Siamo stati cattivi e poco virtuosi?
In effetti, durante il fascismo, come si vede molto bene qui sotto, eravamo "buoni&virtuosi", secondo il metro di giudizio del sistema bancario creditore anglosassone: De Stefani e, poi, il corporativismo - cioè i tagli d'imperio delle retribuzioni-, garantirono che si portasse la Nazione al "reddito di sussistenza", cui inneggiavano i "liberali" come Einaudi, e infatti, il decantato welfare del regime era, conseguentemente, "di sussistenza", per non guastare la "competitività ai monopoli&oligopoli nazionali...
spesa+percentuale+pil.png

3. Il grafico sottostante è tratto da Goofynomic e distingue ciò che è importante capire; quantomeno, prima di partire in crociate contro la spesapubblicabrutta. E cioè, che, comunque, prima di SME-divorzio, e fino alla metà degli anni '80, ERA LARGAMENTE SOTTO LA MEDIA €UROPEA...
L'incremento, successivo al 1981, della spesa pubblica complessiva, si spiega con l'onere degli interessi sul debito e in parte con il dover, la "politica", fronteggiare gli effetti socialmente destabilizzanti delle politiche deflattive, con l'aumento strutturale della disoccupazione.
Al tempo, per motivi politici, - che furono poi "rimossi" dopo Maastricht e cioè facendo manovrone su manovrone di "sacrifici", per ottemperare ai criteri di convergenza verso l'euro-, esistevano più ampi stabilizzatori automatici e sistemi di pre-pensionamento (che facevano pagare alla collettività, peraltro con l'inizio della grande fase dell'aumento delle tasse, il preteso recupero della competitività entro il nuovo paradigma monetario imposto dal vincolo europeo).
Spes_02.JPG

4. Il soprastante grafico aggiornato al 2010, va però integrato con gli sviluppi fiscali delle politiche super-austere, che stiamo ancora applicando in dosi massicce, solo appena meno "gigantesche" di quanto non pretenda, con minacce e condizionalità, la "governance" €uropea.
Anzitutto, perché va considerato l'avanzo primario di bilancio realizzato dall'Italia, trattandosi di risparmio pubblico che, per definizione, corrisponde a liquidità sottratta al PIL, via tasse e tagli delle prestazioni pubbliche, e dunque determina, di per sè, un sottoutilizzo dei fattori della produzione nazionale che, transitoriamente, è pure talora necessario, ma protratto per decenni, - unici in €uropa!!!- porta all'output-gap, cioè a minor crescita, e a deindustrializzazione strutturale (cioè è anche un risparmio di "squilibrio" macroeconomico: non si converte in investimenti, per sua preordinata funzione essenziale).
Non so a voi ma a me "diverte" sempre vedere i dati della Spagna o della Francia: i principali "modelli" (di...crescita) usati per dirci che siamo cattivi e corrotti. Ma nessuno suggerisce un "facciamocome" relativo ai loro saldi negativi primari, prevalenti, e nel caso della Spagna, crescenti:
CdNxS1RWAAAmglT.jpg:large

Addendum: sulla questione ammontare complessivo dei saldi primari, comparativamente per i vari principali Stati dell'UE, Mauro Gosmin ci fornisce questo eloquente grafico, che consente di raffigurarsi tangibilmente il danno da output gap subito dall'Italia con l'adesione all'eurozona e le politiche fiscali seguite negli ultimi 25 anni:


5. Se dunque lo Stato provvede a creare un risparmio "dannoso", cioè a priori inconvertibile in investimenti, e lo fa tassando di più e erogando prestazioni ridotte (in termini reali, quindi erose dall'inflazione nella migliore delle ipotesi), anche il reddito privato ne risente: e se diminuisce il reddito diminuisce il risparmio privato e, con esso, gli investimenti produttivi.
Piaccia o non piaccia agli "studiosi" di economia industriale, questi sono gli effetti che vincolano la propensione agli investimenti (non la pigrizia degli industriali e la corruzione dei....corruttori).
Notare che la miniripresa di risparmio e investimento che si registra dal 2014, è dovuta, anzitutto, al comportamento difensivo delle famiglie che, in situazione deflattiva e di attese di tagli al bilancio pubblico e di intensificata tassazione, non consuma più e non acquista più abitazioni come prima; ed è dovuta anche al fatto che, toccato un certo punto di caduta, le imprese tendono a riprendere gli investimenti lordi, cioè a sostituire gli impianti per non chiudere, sperando di sopravvivere con l'aumento della domanda estera che si lega a una fase deflattiva; e comunque di precarizzazione del lavoro tale che non si punta tanto a investire in innovazione e tecnologie ma ad assumere lavoratori sottopagati, nonché part-time e a brevissimo termine.

63.jpg


6. Va infatti considerato, - contro lo "spin" ossessivo-maniacale della spesa pubblica "mostruosa", causa della mancata crescita (boiata controintuitiva che gli italiani vivono ormai come un dogma della instaurata teologia ordoliberista)-, che l'incremento italiano della spesa pubblica è il più modesto, dell'eurozona, del post "crisi" finanziaria (USA); è vero che il rapporto debito PIL ri-decolla, come già a seguito del divorzio-SME, ma stavolta non perchè salgano gli oneri degli interessi o la spesa primaria- come invece è accaduto negli altri paesi UEM!-, quanto piuttosto perché il denominatore del rapporto, il PIL, si inabissa. E con esso occupazione e produzione industriale: grazie €uropa della crescita e della pace!.

debit-pubblico.jpg

Cdq9rWQXEAA-40A.jpg:large


7. Il dato che dovrebbe preoccuparci di più è la spesa primaria pro-capite, quella che più direttamente misura perché vivete peggio, meno a lungo (ormai) e dimorando in un paese che, nelle sue strade e nelle sue città, nelle sue ex-zone industriali, appare più simile a un territorio bombardato da un aggressore bellico.
perri-realfonzo.jpg


8. Insomma, la spesa pubblica primaria "reale", cioè al netto dell'inflazione, è proprio diminuita, in controtendenza con tutto, ma proprio tutto, il resto del mondo "occidentale", nonostante quello che, insensatamente, continuano a invocare la maggior parte delle forze politiche di governo e di opposizione:
sp-reale-netto.png


Basta guardare (tra i tanti dati che confermano quanto appena detto) agli USA e alle conseguenze, in termini di spesa pubblica e sua tipologia, del bel mercato del lavoro che hanno imposto anche a noi...anche se non riescono ad accorgersene, perché continuano a chiederci di "fare le riforme".
E pensate che ora Trump, in ciò del tutto similmente a quanto prometteva anche la Clinton, ha intenzione di aumentare la spesa in intrastrutture e lavori pubblici:
bg-spending-less-on-national-defense-chart-1-825.ashx

9. Risultatone? Questo è l'andamento comparato della produzione industriale, grosso modo da Maastricht a oggi: ma davvero senza "cedere sovranità" non si può sopravvivere, come diceva Guglielmo Giannini, precursore dei "movimenti" livorosi indifferenti al vero ruolo economico dello Stato democratico voluto dalla Costituzione, già al tempo dell'introduzione della CECA?
Direi piuttosto che tutto evidenzia che "cedendo sovranità" SI MUORE.
Credere il contrario era, ma soprattutto oggi è, qualunquismo.
E dunque, aveva ragione Di Vittorio, e la r€altà successiva lo rende buon profeta:
pr.jpg

10. Poi, naturalmente, quasi tutte queste previsioni di crescita del PIL che trovate sotto, per il 2017, si riveleranno errate: quella che sbaglierà meno è la previsione di Confindustria. Ma sarebbe pur sempre ottimista ove si verificasse lo "sterminio" dei risparmatori italiani e del controllo nazionale del sistema bancario (auto)imposto da coloro che entusiasticamente ci hanno fatto entrare nell'Unione bancaria...
Economic forecasts - European Commission
Documenti di Finanza Pubblica
2016_confronto_graf6.png

11. Dato tutto questo (e sarebbero da aggiungere molti altri dati), COME VOTERESTE A UN REFERENDUM CHE DI CHIEDESSE LA CESSIONE DI ULTERIORE SOVRANITA' (ANZI: DI TUTTA) ' ALL'€UROPA?
Fate un po' voi. Tanto è un'ipotesi teorica...
Nessuno ci ha mai chiesto direttamente nulla sulla cessione della sovranità contenuta nei vari trattati. E intendono continuare a non chiedercelo



Però, se ci riflettete bene, forse un tal genere di referendum potrebbe pure essere attuale, molto attuale. Se ci riflettete...

Pubblicato da Quarantotto a 11:40
 
“Problemi banche italiane irrisolvibili, referendum costituzionale serve per salvarle”

© AFP 2016/ GABRIEL BOUYSEconomia12:54 02.12.2016(aggiornato 15:42 02.12.2016) URL abbreviato171195320L'analista finanziario Ernst Wolff afferma sicuro che per la riforma costituzionale italiana alla Germania toccherà mettere mano al portafogli.Domenica in Italia si svolge il referendum sulla riforma della Costituzione. L'esperto finanziario Ernst Wolff parla del pericolo di un capitalismo ancor più selvaggio in Italia se vinceranno i sì. Le banche italiane, secondo l'esperto, sono impossibili da riformare. Il debito italiano alla fine di tutto verrà pagato dalla UE a spese della Germania. "Il sistema italiano ha bisogno di cambiamenti radicali. In altri termini il governo dovrebbe avere l'opportunità di legiferare più velocemente e con meno impicci burocratici. Le leggi che servono riguardano essenzialmente il mercato del lavoro. L'idea è quella di indebolire le tutele dei lavoratori contro i licenziamenti ingiustificati e liberalizzare il mercato del lavoro per rendere l'Italia più competitiva. Si dice che dietro questo piano ci siano tra gli altri J.P. Morgan e Goldman Sachs. E' inoltre di grande importanza per il sistema economico e finanziario italiano. © Foto del blogger PASSATORE"Perché le banche UE sono sull'orlo del crash senza segni di recupero?"Questa cessione di democrazia, dal momento che il governo ottiene l'opportunità di portare avanti le leggi che vuole, non è sostenuta dalla gente. E' una sorta di rafforzamento dell'autorità dello Stato." "Se vinceranno i no, ci saranno gravi difficoltà per le banche italiane, che tuttavia sono in difficoltà a prescindere dal referendum. I problemi delle banche italian sono irrisolvibili. Sono molto esposte e, secondo i dati ufficiali, hanno debiti complessivi da 360 a 400 miliardi di euro. Dati non ufficiali parlano di 600-800 miliardi di euro. Solo la terza più grande banca italiana, Monte dei Paschi, ha 50 miliardi di debiti scaduti. Sono problemi enormi che cercano di risolvere tramite il referendum. La Germania cerca di evitare il salvataggio delle banche italiane con gli aiuti di Stato perchè in qualità di più grande economia dell'Europa dovrebbe pagare più di chiunque altro. Il problema principale dell'Italia è lo stesso come altrove. Dopo la crisi del 2008 il sistema finanziario è di fatto morto. Le sue funzioni vitali vengono mantenute artificialmente, ma le misure per tenere a galla il sistema finanziario non aiutano." "Alla fine l'Unione Europea salverà l'Italia. Bruxelles non può lasciar morire le banche italiane. Le banche italiane sono troppo legate con gli altri istituti di credito di Francia e Germania. Proprio in Germania, non dobbiamo dimenticare che la 4° o 5° banca più grande per capitalizzazione "Hypovereinsbank" è interamente controllata da Unicredit, la più grande banca italiana. Detto in altri termini, se si fa collassare il sistema bancario italiano, ci sarà un effetto domino che si ripercuoterà sulle banche tedesche che porterà al collasso dell'intero sistema bancario della UE e in ultima analisi alla fine del sistema finanziario americano e globale." "Ma il ruolo decisivo sta nel fatto che le probabilità di salvataggio del sistema bancario italiano è piccolo nel lungo termine, così come degli altri sistemi bancari. Possiamo solo prendere misure per stabilizzare il sistema bancario per qualche mese, forse un paio di anni. Ma alla fine il crollo è inevitabile. Questo sistema semplicemente non sta in piedi." "Se vinceranno i sì, sentiranno gli effetti le persone che lavorano, in quanto le condizioni di lavoro diventeranno molto più dure. Ci saranno meno tutele contro i licenziamenti ingiustificati e il precariato, sarà più facile assumere persone con stipendi più bassi, etc. Se vinceranno i no, Renzi se ne andrà via e ci sarà un governo tecnico. Forse verrà guidato dal ministro delle Finanze, come avvenuto con Monti, collaboratore di Goldman Sachs. Detto in altri termini la finanza prenderà le redini della situazion

Leggi tutto: https://it.sputniknews.com/economia/201612023721061-Renzi-UE-Germania-finanza-lavoro/
 
posted by Maurizio Gustinicchi
“MILLENNIALS POVERI”, QUESTA È LA UE, QUESTO È L’EURO

“MILLENNIALS POVERI E NIENTE SANITÀ”, così esordiscono alcuni quotidiani oggi:



Così come l’ANSA:



Ciò è precisa volontà di una UE Calvinista in cui l’austerity la fa da padrona massacrando il PIL:



E, in particolare, dell’Euro per i PIGS, in cui si è verificata l’esplosione della disoccupazione under 25:



Ad maiora.



Ti potrebbero interessare anche:
 
IL MUTAMENTO €XTRA ORDIN€M: LA "COSTITUZIONE FINALE" E' GIA' QUI (proprio perché non ve ne accorgete) [/paste:font]


Cl5QMqTWYAEByln.jpg

E Jean Monnet la sapeva lunga: mica era Spinelli...
1. Il punto di partenza è molto semplice (almeno per chi segue questo blog): la sovranità appartiene al popolo, che la esercita nelle forme e nei limiti della Costituzione (art.1, comma 2, Cost.).
La Costituzione si assicurò che questa titolarità non fosse espropriabile, o in qualunque modo "revocabile", fissando di una serie di diritti e principi fondamentali (artt.1-12) che determinano un indirizzo decisionale di vertice, cioè che costituisce un obbligo di attuazione (art.3, comma 2, Cost.), perenne e costante, a carico degli organi di indirizzo politico (parlamento e governo: designati in raccordo con la volontà popolare espressa dal voto, eguale e libero di ciascun cittadino).
Dunque, per garantire la sovranità popolare nella sua "effettività", la Costituzione viene posta al di sopra della "politica", intesa come risultante, nella composizione dei corpi rappresentativi del popolo medesimo, del mutevole esito del processo elettorale.
Questo "indirizzo costituzionale"(su cui il PdR ha, o avrebbe, un potere generale di vigilanza), quindi, si pone al di sopra dell'indirizzo politico in modo tale che il secondo debba essere, nelle circostanze storiche ed economiche, la costante realizzazione concreta del primo: i margini di differenziati indirizzi politici, nel tempo, sono ristretti alla scelta di come realizzare i valori-principi fondamentali posti negli artt.1-12.
Non può, tuttavia, tale indirizzo politico, mettere in discussione il "se" realizzare l'indirizzo costituzionale.

2. Il voto popolare è dunque la prima "forma" di realizzazione della sovranità popolare e, al tempo stesso, è la forma di designazione di coloro che, vincolati dai principi fondamentali inderogabili della Costituzione, sono tenuti a realizzarla.
Il primo di questi principi è il fondamento stesso della Repubblica democratica, cioè il lavoro (art.1, comma 1), inteso come diritto a quella prestazione, dovuta dal plesso governo-parlamento, consistente nell'attuare politiche di "pieno impiego", utilizzando, altrettanto obbligatoriamente, gli strumenti di politica fiscale, industriale e monetaria appositamente previsti nella c.d. "Costituzione economica" (questo è proprio il tema de "La Costituzione nella palude").
3. Ma se la Costituzione viene mutata introducendo l'obbligo degli organi di indirizzo politico di attuare le politiche europee, la funzione di indirizzo costituzionale non è più attuabile perché l'indirizzo politico viene esplicitamente vincolato a realizzare "politiche", (termine che equivale a quello di "indirizzo politico") che sono attuative di trattati, liberoscambisti e fondati non sul lavoro ma sul "libero mercato" e sulla stabilità dei prezzi (e monetaria).
Quindi la prima e più importante forma di manifestazione della sovranità popolare viene resa inoperante e la stessa sovranità del popolo italiano privata di "effettività": i principi fondamentalissimi, imperniati sul lavoro, sono sostituiti da quei diversi e incompatibili valori cardine dei trattati europei che devono essere perseguiti a prescindere da qualsiasi orientamento espresso dal corpo elettorale (sovrano).
Attualmente, non va sottaciuto, le cose stanno già così, essenzialmente perché:
a) da un lato, in sede elettorale, i cittadini non sono stati informati di questi effetti, derivanti dall'applicazione vincolata di principi-valori incompatibili ed opposti a quelli fondamentali della Costituzione, quali quelli €uropei della "economia sociale di mercato";
b) dall'altro, perché la nostra Corte costituzionale ha assunto una posizione di solo astratta, e mai in concreto verificabile, sindacabilità dei trattati alla luce dei principi dell'art.11 Cost. (che rientra, appunto, tra i principi fondamentalissimi ad attuazione obbligatoria).

3.1. E la Corte lo ha fatto ragionando, per antica inerzia, sulla base di una inconfigurabile estraneità, o "neutralità", dell'applicazione di trattati economici e neo(ordo)liberisti, rispetto ai rapporti sociali ed a quelli politici: come se il conflitto distributivo, insito nell'economia di mercato e nell'ossessione deflattiva, non influisse sul livello dell'occupazione (art.4 Cost.) e della tutela del lavoro (artt.35 e 36 Cost.), nonché sulla capacità fiscale dello Stato di erogare prestazioni di welfare tali da risultare dignitose per la persona umana (artt.32, 34 e 38 Cost., su tutti).
Questo stato di cose, è stato evindenziato, in particolare con riferimento alla introduzione, nel 2012, della norma costituzionale relativa al pareggio di bilancio (su imposizione di un trattato europeo diretto a salvare l'eurozona), come una forma di "disattivazione" o "messa in sospensione" dell'essenza inderogabile della nostra Costituzione, fino al punto di svuotarla.
4. Protraendosi questo stato di sospensione e di svuotamento della Costituzione, per via del crescente e quasi totale assorbimento di ogni indirizzo politico (costituzionalmente conforme) nelle politiche economico-fiscali dettate dall'appartenenza alla moneta unica, si è ora deciso, essenzialmente in sede €uropea, un "adeguamento" della Costituzione stessa, appunto per conformarla all'evoluzione della governance €uropea e ratificare che l'indirizzo politico non discenda più da quello costituzionale e dal voto del popolo sovrano.

In modo implicito, ma obliquamente palese, si afferma, piuttosto, che questo indirizzo politico eteronomo proceda, in modo praticamente esclusivo - dati i settori socio-economici preponderanti su cui incidono le "politiche europee"- dalle decisioni vincolanti delle c.d. "istituzioni europee", per la realizzazione del modello socio-economico dei trattati.
E questi ultimi attribuiscono la titolarità della sovranità (che reclamano in erosione di quella popolare degli Stati democratici) a organi decidenti in nome dei "mercati": quindi in nome della competizione economica tra Stati e della stabilità dei prezzi, cui è obiettivamente subordinata la piena occupazione (in senso neo-classico, p.5), come obiettivo secondario (o mero corollario), dell'economia sociale di mercato (si tratta di un livello di disoccupazione ritenuto "naturale": cioè QUALUNQUE livello compatibile col livello di inflazione desiderato; v.qui, p.3).

5. In conclusione di questa panoramica riassuntiva, possiamo affermare che:
a) la sospensione de facto della Costituzione è un mutamento costituzionale extraordinem (di natura eversiva), già in corso da decenni, attribuibile al "vincolo esterno" dei trattati in quanto mai sottoposti (qui, p.5.1.) a un vaglio, accurato e consapevole, di costituzionalità;
b) tuttavia, ciò porta irresistibilmente a voler "sanare" questa situazione di fatto, a fini conservativi di uno status quo illegittimo, formalizzando l'Unione europea e le sue politiche tra le norme della Costituzione relative alle fonti di determinazione dell'indirizzo politico, e quindi mutando in via indiretta lo stesso art.1 della Costituzione circa l'appartenenza al popolo della sovranità;
c) questo processo di formalizzazione normativa del mutamento radicale della sovranità, è solo agli inizi delle sue spinte "riformatrici", dovendo proseguire, come abbiamo visto nell'introduzione a questo post, almeno finché non saranno espunti dall'ordinamento italiano, tutti i principi e diritti sanciti dalla Costituzione del 1948 ritenuti in contrasto con i principi ordoliberisti dei trattati;
d) la formalizzazione normativa a livello costituzionale, a rigore, non vale a sanare la contrarietà ai principi fondamentali della Costituzione(artt.1-12), ma tende a conservare i rapporti di forza socio-economici affermatisi coi trattati, al fine di mutare definitivamente il sistema di valori costituzionale e rendere accettabile la successiva restaurazione di principi fondanti storicamente anteriori alla Costituzione del 1948.
5.1. In conseguenza di questa analisi, vorrei offrirvi la visione, reale e senza finzioni, sia del quadro (fattuale) effettivo di sovranità a cui siamo sottoposti, sia del punto di arrivo dell'adeguamento riformatore che dobbiamo inevitabilmente aspettarci.
Ho tratto dunque, da questo arguto e perspicuo commento di "Filippo" sul blog "Il Pedante", i principi e diritti fondamentali della €uro-Costituzione de facto (nel senso di occulta, ma non perciò meno dotata di effettività, già operativa), che discende dall'appartenenza dell'Italia all'Unione €uropea e dall'attuazione delle sue "politiche".
Risulta tragicamente comico, ma è terribilmente "reale".

Art. 1.
La Provincia italiana dell'Unione europea è una Plutocrazia oligarchica, fondata sul profitto. La sovranità appartiene al mercato, che la esercita attraverso l'oligarchia alla luce dei progressivi limiti di accettazione dell'opinione pubblica.

Art. 2.
La Plutocrazia disconosce l'esistenza di diritti inviolabili dell'individuo, sia come singolo, sia nelle reti sociali ove si palesa la sua specificità, e richiede l'adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà cosmetica, egoismo economico, e autismo sociale.

Art. 3.
Tutti gli attori del mercato hanno dignità in misura proporzionale alla loro capacità di spesa, e sono diversi davanti alla legge, dovendosi considerare il sesso, l'orientamento sessuale, la razza, la lingua, la religione, i pregiudizi politici, le condizioni personali e sociali.
E' compito della Plutocrazia rimuovere gli ostacoli di ordine etico ed ed i retaggi ideologici, che, limitando di fatto la concorrenza e la meritocrazia, impediscono il pieno sviluppo del mercato, e l'effettiva reificazione di tutti gli individui nell'organizzazione tecnocratica, economicistica e postumana della Provincia.

Art. 4.
La Plutocrazia riconosce l'immutabilità delle leggi economiche, e la necessità di una quota fisiologica di disoccupazione determinata dal ciclo economico. Ogni individuo è libero di svolgere una attività o una funzione che massimizzi la sua ricchezza materiale o la sua popolarità.

Art. 5.
La Plutocrazia, espressione dell'Unione europea, indebolisce progressivamente le autonomie locali; attua nei servizi che da essa dipendono, la massima centralizzazione amministrativa; adegua i metodi della sua legislazione alle esigenze dell'Unione e dell'oligarchia.

Art. 6.
La Plutocrazia tutela con apposite buone pratiche le minoranze linguistiche della Provincia, con particolare riguardo per quella italiana.

Art. 7.
La Plutocrazia e la Chiesa cattolica sono, ciascuno nel proprio ordine, indipendenti e sovrani. I loro rapporti sono regolati alla luce della pubblica opinione. Le modificazioni dei rapporti, accettate dalle due parti, non richiedono procedimento di revisione formale delle norme.

Art. 8.
Tutte le confessioni religiose sono egualmente deprecabili e superate. Le teorie economiche diverse dal liberismo sono da considerarsi infondate ed utopiche nella misura in cui contrastino con l'ordinamento economico e giuridico della Provincia. I loro rapporti con l'Eurocrazia sono regolati attraverso la creazione di apposite categorie nel dibattito pubblico.

Art. 9.
La Tecnocrazia promuove lo sviluppo della cultura delimitandone con precisione gli ambiti e la ricerca scientifica e tecnica orientate alle esigenze del mercato e della competizione globale. E' indifferente al paesaggio e negligente verso il retaggio storico e artistico della Provincia quando essi non siano monetizzabili.

Art. 10.
L'ordinamento giuridico della Provincia si conforma alle norme del diritto europeo ed internazionale generalmente riconosciute. La condizione giuridica del migrante è regolata dalla legge in conformità delle norme e dei trattati internazionali. Il migrante, al quale sia impedito nel suo paese l'effettivo esercizio delle libertà economiche garantite dalla Costituzione della Provincia italiana, ha diritto d'asilo nel territorio della Tecnocrazia, secondo le legittime necessità di deflazione salariale dei padroni. Non è ammessa l'espulsione del migrante per formalità giuridiche.

Art. 11.
La Provincia italiana riconosce la guerra come strumento di salvaguardia dei propri interessi e di quelli dei suoi alleati e come mezzo didattico verso i popoli non democratici; si adegua alle scelte europee e transatlantiche per assicurare l'espansione del blocco occidentale che assicuri la stabilità della propria influenza; promuove interventi unilaterali nelle aree contese.

Art. 12.
La bandiera della Plutocrazia è il tricolore italiano: verde, bianco e rosso, a tre bande verticali di eguali dimensioni. Può essere utilizzata esclusivamente insieme alla bandiera dell'Unione europea, rispettando il parametro numerico massimo di una a dieci.

Pubblicato da Quarantotto a 08:11 25 commenti: Link a questo post
Invia tramite emailPostalo sul blogCondividi su TwitterCondividi su FacebookCondividi su Pinterest
 

Users who are viewing this thread

Back
Alto