Per i ciclisti: Al mio segnale scatenate l'inferno.

aiutooo sono short da 2961, questo non si ferma più, siamo a quasi +6% dai minimi di 20 giorni fa :eek: :sad:

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lo so paolo, purtroppo è sempre la solita storia... appena sembra che finalmente sia arrivato il momento del crollo, appena cominci a leggere in giro che si scende di 15000 punti almeno, appena entri pesante short con tutti i liquidi rimasti, ti fa dei balzi che te li sognavi quando eri invece long... :(
 
leo-kondor ha scritto:
lo so paolo, purtroppo è sempre la solita storia... appena sembra che finalmente sia arrivato il momento del crollo, appena cominci a leggere in giro che si scende di 15000 punti almeno, appena entri pesante short con tutti i liquidi rimasti, ti fa dei balzi che te li sognavi quando eri invece long... :(


Piero è un incubo... :cry:
 
ciao a tutti , ciao mauro sono short quindi dalla parte sbagliata
mi aspettavo la rottura ribassista che non c'e' stata e bastava
un attimo di freddezza (per vederlo e mettersi long) ma ho pensato
ad una finta ovvero bulltrap invece l'hanno fatta a me e ad altri
ma sono sempre del parere che stavolta quando scende
nessuno ci capira' niente perche' e' tutto scorrelato.
non puo salire tutto brent euro azioni oro obblicazioni
commodites disoccupazione(che c'entra direte, secondo me c'entra eccome) quindi penso che quando scendera'
stavolta sara' come ha detto mauro -4% in apertura dove tutti si
aspetteranno il rimbalzo e piano piano chiudera' a -8%
e il giorno dopo a scendere ancora ecco io la penso cosi'
shock finanziario tipo argentina a livello mondiale dove la gente
correra' in banca a vendere tutto.
il panico che non si e' mai visto da anni a questa parte
(non so io non ricordo e' dal '98 che seguo i
mercati).
venerdi ho parlato con un catastrofista americano e secondo lui
lo s&p500 sta facendo un spalla dx (che io non vedo se
qualcuno e' gentile di postare un grafico con questa presunta
figura ) con target minimo a 600 di s&P500 -50% da oggi.
saluti
 
Ciao Frasci, secondo il mio punto di vista la situazione finanaziaria mondiale sul lungo periodo non è sostenibile. Quando poi imploderà il sistema non è dato a sapersi può essere fra un mese o fra vent'anni, sicuramente sarà un fatto esogeno.
Io credo che da qui al 2006/2007 ogni segnale short che si produrrà sugli indici sarà da prendere in seria considerazione.

Ciao Mauro

Allego articoli trovati in rete.

Allarme rosso per il sistema finanziario

Il taglio del rating dei titoli General Motors e Ford, passati dalla categoria "investment" a quella di "spazzatura", che ha investito la montagna del debito delle due grandi case automobilistiche pari a 453 miliardi, non rappresenta soltanto un "disastro nazionale" per gli Stati Uniti, ma rischia di diventare l'innesco di una crisi monetaria e finanziaria sistemica. Questo è il giudizio dato a caldo il 5 maggio da Lyndon LaRouche, prontamente confermato a pochissimi giorni di distanza dal diffondersi della paura di una riedizione del disastro finanziario della Long-Term Capital Investment (LTCM) che portò l'intero sistema mondiale sull'orlo della disintegrazione, nell'autunno del 1998. I mercati azionari e obbligazionari hanno subito gravi perdite il 10 maggio quando diversi traders hanno posto in rilievo le difficoltà in cui sono finiti alcuni grandi hedge funds, come conseguenza diretta della retrocessione di GM e Ford. L'allarme riguarda soprattutto fondi come Highbridge Capital negli USA, GLG Partners a Londra, e due fondi di Singapore: Asam Capital Management e Sovereign Capital. La parola "LTCM" è finita sulle labbra di tutti, mentre le azioni delle grandi banche che strinsero il patto di sangue per salvare allora LTCM sono state svendute in preda al panico. Queste sono soprattutto Citigroup, JP Morgan Chase, Goldman Sachs e Deutsche Bank.
Il taglio del rating alle due case automobilistiche ha raddoppiato di colpo il volume degli investimenti valutati come "spazzatura" negli USA, un fatto le cui conseguenze si fanno sentire in maniera devastante in particolare nelle operazioni finanziarie derivate, di diverso tipo e natura. I primi ad essere colpiti sono stati i titoli denominati obbligazioni collaterali di debito (CDO). Nel periodo recente gli hedge funds hanno notevolmente aumentato la propria esposizione con strumenti finanziari di questo tipo, giacché altri investimenti prospettavano ritorni insufficienti. I CDO sono emessi su un ventaglio di titoli di credito (i bonds sono considerati crediti) di vario tipo e piazzati agli investitori, un po' sul modello della cartolarizzazione. Gli speculatori possono così acquistare ciò che viene denominata la "equity tranche" di un CDO, accollandosi quasi tutto il rischio di insolvenza del debito sottostante. Ovviamente qui i ritorni prospettati sono i più alti. Però, nel caso di insolvenza o di forti tagli del rating del debito sottostante, l'hedge fund deve improntare grosse somme in contante, che in molti casi potrebbero superare persino l'intero capitale del fondo. A quel punto, per sopravvivere, il fondo svende ogni proprietà liquidabile. Ed è proprio questo che sono stati costretti a fare alcuni hedge funds il 10 maggio e nei giorni successivi, riferiscono esperti del settore.

"Più grande di LTCM"
Secondo un analista finanziario con grande esperienza internazionale consultato dall'EIR, la dimensione della crisi che si abbatte in particolare sul settore dei derivati a seguito della crisi GM e Ford, "è di un'ordine di grandezza maggiore di quella di LTCM". Adesso si può esser certi che la Federal Reserve, la squadra di emergenza finanziaria di Bush (nota come President's Commission on Financial Markets) e i relativi organismi delle banche centrali di tutto il mondo sono entrati in uno stato da "allarme rosso". La discussione è partita dalla situazione di Sovereign Capital, l'hedge funds legatissimo alla Lazard Brothers in Inghilterra, particolarmente attivo nei mercati asiatici, il cui dissesto ha messo in moto reazioni di panico tra i banchieri asiatici.
L'esperto ha confermato che Sovereign Capital "è uno di loro", uno degli hedge funds "che sta per scoppiare". Ha poi aggiunto che i rischi per l'Europa sono notevoli, giacché il 50% dei CDO sono denominati in euro (mentre il 44% è denominato in dollari e il resto in altre monete). L'esperto ha poi indicato delle pericolose anomalie che caratterizzano la situazione attuale:
Primo, il divario tra il rating dell'affidabilità creditizia delle imprese e il valore dei titoli azionari continua a crescere. Mentre il rating del debito di GM e Ford è stato declassato a "junk", le loro azioni si sono rivalutate come conseguenza della voce secondo cui lo speculatore Kerkorian fosse in procinto di rastrellare azioni GM. Il divario ha l'effetto di destabilizzare ancora di più la situazione.
Secondo, il dollaro si è rivalutato rispetto all'euro, toccando il massimo in sei mesi. Il motivo è la svendita di titoli stranieri da parte degli hedge funds costretti a liquidare per raccogliere il contante con cui coprire le perdite. Si tratta di un altro fenomeno che rivela come il mondo finanziario reagisca irrazionalmente alla realtà dello sfascio del sistema del dollaro.
Terzo, hedge funds e banche negano pubblicamente che si siano verificati problemi seri nei mercati dei derivati. Infatti, se ammettessero le proprie perdite prima di aver concordato un meccanismo di salvataggio, crollerebbero di colpo. Il fatto che tutti sostengono a spada tratta la propria solvibilità rappresenta un'altra fonte di instabilità.
Non c'è dubbio, ha continuato l'esperto, che la Federal Reserve ed altre banche centrali stiano riversando segretamente nuova liquidità nel sistema. Ma ciò non sarà reso pubblico ancora per qualche settimana, fino a quando le banche centrali non dovranno riferire sull'offerta di denaro.
La situazione ha raggiunto ormai il punto in cui la crisi sfugge dal controllo anche come conseguenza dell'eccesso di fiducia nei meccanismi di controllo dei derivati sul credito, fattore che rappresenta un grande errore di calcolo.
 
Altro articolo trovato in rete:

Urgente una tassa sui derivati

Paolo Raimondi, presidente del Movimento Solidarietà

Roma, 19 maggio 2005

Nei giorni passati l’economista e politico democratico americano Lyndon LaRouche ha riproposto con urgenza la necessità di una tassa su tutte le operazioni finanziarie in derivati, così come aveva già proposto all’inizio degli anni Novanta.
Sostengo pienamente questa iniziativa, che deve essere internazionale, ed invito inoltre tutti i politici ed economisti sinceramente preoccupati degli effetti delle bolle speculative sull’economia reale a farsi promotori di azioni concrete a livello di parlamento e di governo.
I derivati rappresentano la forma di speculazione finanziaria più esplosiva e fuori da ogni controllo nell’intero sistema finanziario globale. Contrariamente a chi presenta accademicamente il derivato come una forma di assicurazione su qualche rischio futuro, oggi la bolla di queste scommesse speculative chiamate derivati ha assunto delle dimensioni tali da schiacciare l’economia reale sottostante e anche quel settore creditizio che dovrebbe e vorrebbe svolgere un ruolo produttivo nei programmi economici e di investimento.
Ad esempio, solamente nel settore dei derivati OTC (Over The Counter), cioè quelli che poi non figurano in alcun modo nei bilanci ma della cui esistenza dovrebbero essere informate le banche centrali, si è arrivati alla cifra stratosferica di un valore nozionale (cioè la foto dei contratti aperti in un dato momento) di 220.000 miliardi di dollari alla fine del 2004 (più di 5 volte il PIL mondiale). Questi dati sono forniti dal Comptroller of the Currency americano e dalla Banca dei Regolamenti Internazionali di Basilea che ammettono anche l’esistenza di un tasso di crescita annuo del settore derivati del 24-25%!
Nelle settimane passate molti hedge funds speculativi, che “vivono di derivati”, sono entrati in fibrillazione subendo enormi perdite e anche il ritiro di quote di partecipazione da parte di chi vede il Titanic affondare. Sono soprattutto gli hedge funds che operano sul mercato londinese a subire pesanti perdite, se non addirittura del tracolli. Il Sunday Time di Londra del 15 maggio ammetteva “perdite senza precedenti” di molti fondi, identificati anche per nome, e l’insistenza di voci di “un altro LTCM”, il fondo speculativo che andò a gambe all’aria nel 1998 portando l’intero sistema sull’orlo di una reazione a catena di fallimenti.
Gli hedge funds hanno ricevuto uno scossone mortale anche dall’abbassamento del rating al livello di “spazzatura” (junk) del debito della General Motors e della Ford americane che insieme raggiunge 453 miliardi di dollari. Sono di fatto nel mezzo di una crisi di liquidità senza precedenti.
Nel proporre la tassa sui derivati, LaRouche sottolinea anche che questa misura non risolve la crisi sistemica ma serve a costringere gli hedge funds e le banche ad ammettere pubblicamente la loro reale esposizione in derivati, creando così un grado di trasparenza, prerequisito necessario per far fronte alla crisi e per imporre regole di comportamento degli hedge funds. Anche il presidente Bill Clinton ne parlò al tempo del fallimento del LTCM ma non agì di conseguenza.
 
In relazione della discesa dei due giorni di aprile ho trovato in rete questo articolo:

ECONOMIA: DISASTRO IMMINENTE?
di Maurizio Blondet

La caduta di tutte le Borse asiatiche (a cominciare da Tokio) e di tutte le Borse europee annuncia l'apocalisse del capitalismo finanziario?
Certo è che la fuga dalle azioni denuncia una improvvisa "avversione al rischio", per non dire panico, fra speculatori e investitori. Tale fuga ha provocato persino un incredibile (e temporaneo) rialzo del dollaro rispetto alle valute asiatiche, perché la speculazione ha svenduto azioni in Asia e ha comprato in massa Buoni del Tesoro americani: nell'illusione che siano più sicuri. Illusione a tutti nota, perché nessuno ignora che gli Usa sono il Paese più indebitato della storia, e virtualmente insolvente.
Ma dove mettere al sicuro il denaro rovente della speculazione? Non nell'euro: difatti la domanda di euro è caduta con le Borse asiatiche e non è strano, viste le previsioni di crescita zero per l'Europa, esangue e anemica. Almeno, i Bot del superdebitore mondiale, gli Usa, sono comparativamente più alti dei tisici interessi europei. Ma un indebitato che offre interessi alti rivela che il denaro altrui ormai gli necessita come una droga, e che la sua reputazione è scossa.

La grande finanza globale si trova di colpo a barcollare senza appigli, senza punti fermi. Il fatto che si rifugi nei dollari è solo l'indice paradossale del suo terrore.
E non è il solo paradosso, in questa imminente resa dei conti.
A Tokio, sono cadute tragicamente proprio le azioni di tutte le imprese di navigazione, acciaio, trasporti e viaggi che stanno avvantaggiandosi dell'impetuoso boom economico della Cina. Nippon Steel è caduta del 3,9%, Toyota del 2,8 %, Sony del 5%; Kinki Nippon Tourist (grande agenzia di viaggi) è scesa del 6.3 %, la Taiyo Yuden Co. (componenti elettronici) del 5,2%, e via precipitando.
Ma perché se queste imprese vanno bene, e se il loro cliente, la Cina, chiede sempre più materie prime, componenti semilavorati, trasporti, servizi, merci finite?
Il fatto è che la Cina prospera, perché vende soprattutto le sue carabattole agli Stati Uniti. E finché riuscirà a rifilargliele. Ma il deficit commerciale americano, ormai al ritmo di 60 miliardi di dollari al mese, ha toccato record mai visti.
Gli Usa comprano a credito, perché gli americani non hanno soldi da parte. E chi glieli presta? La Cina, acquistando Bot americani col suo surplus di dollari. La Cina ha un avanzo commerciale verso gli Usa che tocca 167 miliardi di dollari.
L‚America un deficit commerciale che tocca ormai i 720 miliardi di dollari.
"La più ineguale relazione commerciale della storia umana", dice un esperto di commercio estero, Charles McMillion. Non può durare.
E infatti, è bastato un rallentamento dei consumi americani a scatenare il panico, la fuga folle dalle azioni di aziende di successo. Perché ormai, nella patologica economia Usa, sono i consumi delle famiglie americane a contare per i due terzi del prodotto interno lordo. Non la produzione di merci e servizi, non l‚esportazione, la vendita, la manifattura: il puro e semplice consumo. L'America non fabbrica nulla e importa tutto, persino le scarpe dei soldati che spedisce nelle sue guerre nel mondo sono Made in Cina. A credito, per di più.

E‚ il capolinea dell‚ideologia del libero mercato planetario, delle frontiere aperte a capitali e merci, dell‚abolizione dei dazi in tutto il mondo, del calcolo dei profitti in termini puramente monetari, la "finanziarizzazione" dell'economia.
La dottrina di Adam Smith (Anziché produrre le proprie merci, acquistatele dai paesi che le producono a prezzo inferiore) rivela la sua faccia feroce: la rovina globale dietro l'angolo, l'alluvione di merci destinate a Paesi il cui potere d‚acquisto cala, per cui finiranno per restare invendute.

Che l‚assenza di dazi crei prosperità si sta rivelando il grande falso del secolo.
L'America crebbe del 4% l‚anno per 50 anni continui quando, sotto le presidenze da Lincoln a Teddy Roosevelt, imponeva dazi medi del 40% sulle merci importate dall‚estero; oggi l'America declina in regime di commercio ultralibero.
La Germania dal 1870 al 1914 è cresciuta sana e forte in regime protezionista, così come il Giappone dal 1950 al 1990.
Non a torto, oggi Hillary Clinton propone dazi del 27 % sulle merci cinesi. L'ortodossia ideologica liberista sta per essere rovesciata. Come accade nella grandi rovinose crisi, si cambia binario: ma dopo aver pagato il prezzo del disastro.
Chi e come lo pagherà?
In teoria, ciò che ci attende dovrebbe essere la deflazione: prezzi in calo di tutto, perché le merci cinesi sono troppo abbondanti per il nostro potere d‚acquisto di occidentali, in calo epocale.
Ma in questi anni e ancor più negli ultimi mesi e giorni, la Banca Centrale Usa ha stampato trilioni di dollari per pagare i debiti americani: carta svalutata, la gigantesca molla di una inflazione esplosiva.
Da una parte, il rischio di un oceano di merci invendute. Dall'altra, il pericolo di un'alluvione di dollari, oggi in mano a cinesi e paesi petroliferi, che possono (al minimo accenno di calo) proiettarsi in Usa per fare man bassa, a qualsiasi prezzo, di qualsiasi merce disponibile, perché ogni merce è più sicura di pacchi di dollari-carta senza valore.
Rischio di deflazione estrema, o di estrema inflazione. Impossibile dire quale prevarrà, perché è la prima volta che una simile patologia si presenta nella storia, grazie al "libero mercato globale" e alla sottrazione di ogni aggancio reale (oro) alle valute. I due fenomeni, concettualmente opposti, potrebbero persino sommarsi e presentarsi assieme. In fondo è già quello che avviene: la benzina e il cibo rincarano, i telefonini e computer calano di prezzo.

La sola cosa certa è che il punto di rottura è imminente.
In Italia, l'occhio esercitato coglie già le prime fratture.
Solo due dati: gli ingenui neoricchi brianzoli e del nord-est, che sono corsi a comprarsi i SUV (sport utility vehicle) tipicamente la Porsche Cayenne da 110 mila euro stanno rivendendoli al concessionario Bepi Koelliker, perché non ce la fanno a mantenerli (bollo, benzina, assicurazione).
Koelliker ricompra le Porsche Cayenne a 35 mila euro e non ci fa un affare, perché è dubbio che troverà altri fessi cui rivenderla. Secondo dato: un numero enorme di mutui-casa, si dice il 60% di quelli accesi in Italia, è in ritardo di pagamenti. In teoria, le banche possono rivalersi reclamando la proprietà della
casa del debitore insolvente, ipotecata dal mutuo.
Esitano a farlo, perché dovrebbero poi mettere in vendita quelle case (decine di migliaia) facendo crollare il mercato immobiliare oggi fantasticamente inflazionato. Così, prolungano il credito ai poveri insolventi, sperando che rientrino.
Ma molti non rientreranno: stiamo tutti sperimentando il calo di potere d'acquisto. Fra poco, molte case pignorate saranno messe in vendita, a prezzi più che convenienti. Troveranno compratori?
Sono segni premonitori di deflazione. Sono segni di apocalisse imminente.
 
Spero che l'interessato non si offenda se posto il suo studio ciclico sul dax

L’ANALISI CICLICA del DAX di Roberto Ventimiglia
ANALISI CICLICA
La posizione ciclica corrente dovrebbe essere la seguente
ANNUALE partito il 16 agosto da 3618.58, allo stato così articolato:
1° TRIMESTRALE partito il 16 agosto/04
massimo il 5 ottobre/04 a 4078.50
concluso il 25 ottobre/04 a 3838.98
articolato in:
37 giorni di rialzo per un totale di 460 pp
14 giorni di ribasso per un totale di 240 pp
2° TRIMESTRALE partito il 25 ottobre/04 da 3838
massimo il 7 gennaio/05 a 4325
concluso il 24 gennaio/05 a 4160.83
articolato in:
52 giorni di rialzo per un totale di 487 pp
11 giorni di ribasso per un totale di 134 pp
3° TRIMESTRALE partito il 24 gennaio/05 da 4160.83
massimo il 7 marzo/05 a 4435.31
concluso il 27 aprile/05 a 4157.51
articolato in:
30 giorni di rialzo per un totale di 274 pp
35 giorni di ribasso per un totale di 278 pp
4° TRIMESTRALE partito il 27 aprile/05 da 4157.51
attualmente in corso:
massimo il 20 maggio/05 a 4379.57
17 giorni di rialzo per un totale di 222 pp
Venerdì in chiusura a quota 4360.68 dovrebbe essersi concluso il 4° daily del 2°
t+1 (15gg), partito il giorno 17 maggio da 4232.67.
Inaspettatamente il 1° 15 gg si è concluso martedì 17 con un giorno di anticipo
rispetto alle attese e su un livello davvero alto (4232.67) per segnare la
conclusione di un t+1, costringendoci così a stoppare le posizioni short.
Sapevamo che un trimestrale nella sua prima ventina di giorni non avrebbe dato
seri segnali di cedimento, ma da qui ad aspettarci questa forza ce ne passa, in
quanto dovremo già trovarci sulla parte ribassista dell’annuale.
Ma tant’è questo passa il convento e noi cercheremo di adeguarci.
Allora se l’ipotesi fosse corretta nella giornata di giovedì dovremo battere il
minimo del tracy offrendoci così un’occasione di acquisto di breve periodo.
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Ciao Lina penso che questo sia un mercato sfacciatamente truccato. Parola d'ordine non deve scendere, per questo non dobbiamo anticiparlo, altrimenti ci fanno male.
Ciao Mauro.
 

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