Pistorius

a costo di apparire estremamente cinico, ti confesso che l'accaduto mi lascia del tutto indifferente dal punto di vista umano :-o

il fatto è che mi stan pesantemente sulle bàlle coloro che detengono armi da fuoco per scopi personali, a qualsiasi titolo (ricreativo o di difesa) :down:

il mio primo pensiero alla notizia è stato: "se non si è trattato di omicidio volontario, ben gli sta" :-o

Forza Obama, disarma sta massa di imbecilli :up:

e ora massacratemi pure di insulti :-o

Pistorius è Sudafricano, pìrlun :-o
ho dei parenti in sudafrica (bianchi ovviamente)
e vi posso assicurare che non ce n'è uno di loro che non abbia subito una
aggressione , con un coltello alla gola e puntato una pistola, molti sopratutto a Johannesburg hanno le villette con risposta armata
il filo spinato etc... Non si scherza in Sudafrica e ho visto la fame vera!
LA gente disperata è disposta a tutto
 
ho dei parenti in sudafrica (bianchi ovviamente)
e vi posso assicurare che non ce n'è uno di loro che non abbia subito una
aggressione , con un coltello alla gola e puntato una pistola, molti sopratutto a Johannesburg hanno le villette con risposta armata
il filo spinato etc... Non si scherza in Sudafrica e ho visto la fame vera!
LA gente disperata è disposta a tutto


Non lo sapevo.
Però mi insospettiscono i 2 colpi.
 
Lacrime di coccodrillo | il ricciocorno schiattoso

Pistorius era seduto sul sedile posteriore di un’auto della polizia, con la testa coperta da una giacca, ha aggiunto l’agenzia. Entrato in aula, è scoppiato a piangere quando i giudici lo hanno formalmente accusato di omicidio e hanno convalidato l’arresto. (La Repubblica)

Pistorius, davanti al giudice, non ha saputo trattenere le lacrime. (Panorama)

L’atleta paralimpico ha mantenuto la testa bassa per tutta la durata dell’udienza, confortato in modo particolare dal fratello; presenti in aula anche il padre Henke e uno zio. È scoppiato in lacrime più volte, in particolare nel momento in cui il giudice Gerrie Nel ha formalizzato l’accusa di «omicidio premeditato». (Corriere della sera)

Appena il procuratore lo accusa di omicidio scoppia a piangere, poi resta a fissare il vuoto, un fantasma anche se si è rasato e indossa una giacca nera sopra una camicia azzurra, ma il vestito formale non lo aiuta a sembrare più presente. Il padre Henke vedendolo in quello stato si fa largo per raggiungere il banco dell’imputato per appoggiargli una mano sulla schiena. Non serve a niente, il ragazzo continua a singhiozzare davanti a tutte le accuse lette in aula. Il suo avvocato lo definisce: “in uno stato emotivo estremamente turbato e traumatizzato”, ma l’accusa replica e chiede “l’omicidio premeditato” e Pistorius sprofonda con la testa tra le mani. (La Stampa)

Potrei andare avanti. Digitate in un motore di ricerca “Pistorius in lacrime” e troverete una lista infinita di titoli identici.

Questa cosa è vergognosa. Tutti a descrivere le lacrime di Pistorius, tutti a scegliere l’aggettivo adatto per rendere al meglio l’aspetto affranto, abbattuto, sofferente dell’assassino.

Secondo le prime ricostruzioni balistiche, Pistorius avrebbe sparato dalla porta del bagno, il corpo di Reeva è stato trovato steso sul pavimento davanti alla vasca. Tutti e quattro i colpi sparati da Pistorius l’hanno colpita: alla testa, alla mano, al petto e all’inguine.

Pistorius piange, perché è accusato di omicidio, perché “la sua vita è finita”, è “traumatizzato”, “un fantasma non più presente”. Il papà si fa largo per confortarlo.

No, la sua vita non è finita. Lui è ancora vivo.

Un’altra vita è finita, ma quella vita spezzata quanto ci commuove? C’è una altra famiglia distrutta, perché non ha più una persona amata verso la quale farsi largo, una persona che non ha bisogno di sembrare un fantasma, perché è morta.

In tre degli articoli che ho citato il nome Reeva Steenkamp non compare affatto.

I giornalisti dovrebbero vergognarsi.

E non solo per questi brani di articoli. Anche perché sbattono, sulle loro versioni "on line", in pasto ad un pubblico ammiccante, per aumentare i loro click, le foto della ragazza (ormai morta) in pose sensuali.
Macabra sequenza di fotografie.
Anche quando è morta, del corpo di una donna si fa sempre commercio.
:vomito:
 
Non avrei mai creduto che questo ragazzo potesse essere un violento, ma soprattutto non avrei mai creduto che potesse essere un tale irrecuperabile cre.tino... Aveva in casa una mazza da baseball piena di sangue... la povera ragazza aveva il cranio fracassato, le ha sparato attraverso la porta del bagno quattro volte, e lui che cosa si inventa? La storiella piu' vecchia e frusta del mondo, quella di aver scambiato la vittima per un ladro... So che non e' una considerazione molto intelligente la mia, ma non posso fare a meno di dire che e' straziante vedere tanta meravigliosa bellezza e giovinezza distrutta dalla mano di un imb.cille...
 
Ho letto un altro articolo che mi sta facendo riflettere, anche se non mi piace tantissimo, perché infarcito di troppi sentimentalismi e penso che nel dare queste notizie i sentimentalismi dovrebbero essere evitati.

Però è interessante.

Adesso lo cerco e lo linko, magari sottolineandone i passaggi più incisivi.
 
Pistorius: l'ossessione della sconfitta in pista come in amore - pistorius, omicidio, reeva, atleta, sconfitta - Libero Quotidiano

Se la vita fosse quella pista d’atletica su cui Oscar Pistorius ha affondato tante volte le sue gambe artificiali, lui e Reeva, la fidanzata uccisa con quattro colpi di pistola, non si sarebbero mai potuti incontrare sulla stessa linea di partenza. Reeva era nata fortunata. Bella come poche, il suo corpo le aveva regalato un successo facile, costellato da copertine e passerelle. Oscar, appena nato, partiva subito indietro di parecchi giri. A undici mesi il suo corpo finiva già poco più giù del bacino e di sicuro né la madre, né il chirurgo che gli amputò le gambe, potevano immaginare che in quell’assenza, si sarebbero annidati rivalsa e sogni di gloria. Finchè un giorno, dopo le medaglie e i riconoscimenti, Oscar non ha raggiunto Reeva, su quella pista, e l’uomo nato sfortunato e la donna nata fortunata hanno rimescolato le carte del destino, dei privilegi casuali e guadagnati, col finale tragico che conosciamo. Ci sono tante cose dentro questa storia.

Tanto per cominciare, l’eterna confusione che genera quella presunta corrispondenza, a cui a tutti noi piace credere, tra il virtuosismo atletico e la virtù dell’animo. Poi scopriamo che Maradona palleggia un po’ meno bene con la vita, che il cancro non ha reso Armstrong un uomo migliore, che O. J. Simpson era un campione solo con l’erba del campo da football sotto i piedi. E scopriamo non che l’eroe è come noi. Quello sarebbe più facile da accettare. Si scopre che talvolta, quell’eroe, è ben peggiore di noi, che è una faccenda più complessa con cui fare i conti, specie se quello peggiore di noi si chiama Oscar Pistorius. Se ha rappresentato l’idea che tenacia e carattere possano riscattare l’uomo da qualunque ingiustizia. Se è diventato un modello per handicappati, bambini sfortunati e normodotati incapaci di rincorrere una passione come lui, nonostante le gambe e i muscoli attaccati al corpo. Ho amato Oscar Pistorius come si ama tutto quello che nella vita celebra la volontà. Ho tifato per lui, mi sono commossa, ho scritto, solo qualche mese fa, che le sue protesi erano di un materiale più leggero del carbonio: il sogno. Oggi mi sento tradita, come i tanti che l’hanno amato. E lentamente salgono a galla i suoi lati oscuri, si compone il puzzle di un personalità più torbida e complessa di quella che lo sport ci raccontava. C’è l’ex fidanzata che lo definisce “una persona ben diversa dalla sua immagine pubblica”. C’è la sua passione per le armi, la pistola sotto al cuscino, la mitragliatrice sul terrazzo. I precedenti poco rassicuranti di denunce: una da parte di una ragazza che l’accusò di averla aggredita a una festa e poi quella per le minacce rivolte a un tizio che sospettava essere l’amante della sua fidanzata. Ma c’è anche un’attitudine alla vita spericolata, il vizio di bere un po’ troppo, la strana mania di acquistare tigri a pitbull da combattimento, quell’incidente sulla barca che per poco non gli costò la vita poco più di tre anni fa. E infine, c’è l’amica della povera Reeve: «Arrogante e geloso in maniera fuori da ogni logica». Pare fosse geloso di un concorrente del reality a cui Reeve avrebbe partecipato di lì a pochi giorni. Un belloccio di nome Mario Ogle.

E questo, probabilmente, è il nodo centrale della vicenda. Non erano le gambe di Oscar Pistorius a essere artificiali. Lo era la sua vita. Come la è quella di tutti gli uomini convinti che le donne, non due gambe fatte di viti e carbonio, siano delle protesi, un prolungamento del proprio essere, degli oggetti che senza di loro non hanno vita e dignità e senza i quali si sentono monchi. Amputati nel loro orgoglio e nella loro virilità. Pistorius ha fatto della sua ossessione di non voler essere un perdente, della sua paura di essere compatito, la sua fortuna. Ma forse, c’era qualcosa di patologico, nella feroce aspirazione alla normalità. Forse non c’era solo la paura di perdere, ma anche l’incapacità di accettare l’idea della sconfitta. Che può consumarsi su una pista d’atletica così come in un rapporto d’amore. Forse c’era quello che c’è in tutti gli uomini violenti: la non accettazione del rifiuto, del no a cui ci si deve arrendere. Aveva avuto medaglie e onori, Pistorius, aveva piegato la natura e le sue regole inflessibili spostando più in là l’asticella dei limiti umani e c’era una Reeva qualunque che magari gli diceva no, quella sera. Che ridimensionava il suo senso d’onnipotenza e gli ricordava che di fronte a una donna che non ti vuole o non vuole essere quello che tu le chiedi di essere, non ci sono superuomini. Non ci sono protesi e artifizi. C’è la sconfitta, nuda e cruda. E poco importa che Reeva fosse bellissima, lo amasse, gli avesse regalato le loro foto incorniciate per San Valentino. Infine, il paradosso. Probabilmente i legali di Pistorius invocheranno l’incompatibilità del regime carcerario con l’invalidità del loro assistito.



Ovvero: Pistorius non è un uomo come gli altri, è un handicappato. Non può andare in carcere. L’uomo che ha dedicato la sua esistenza a rivendicare il diritto di correre coi normodotati su una pista d’atletica, chiederà quella compassione da cui è sempre fuggito, per non scontare la sua pena come i normodotati. Quelle protesi erano la sua gloria, oggi potrebbero essere il suo alibi. Forse il giochino gli riuscirà anche, ma una cosa è certa: la polvere che “la cosa più veloce senza gambe” alzava sulla pista, ora è quella in cui è finito per sempre quell’uomo che aspirava alla normalità e invece era solo uno dei tanti omuncoli che con la normalità della sconfitta, del rifiuto di una donna, non sanno misurarsi. E sì, non ha mentito quando ha detto che ha sparato a Reeva perchè l’aveva scambiata per qualcun altro. In effetti, era la sua fidanzata. Lui l’aveva scambiata per una proprietà.
 
Eh, si', la cosa veramente dura da digerire e' che l'eroe, l'uomo capace di superare con la forza della mente e della volonta' gli handicap del corpo, sia in realta' una mer.dina senza pal.le come tanti, uno degli innumerevoli tes.ta di caz.zo deboli e senza amor proprio che scambiano un no reale o immaginario di una donna o chi per essa per un attentato alla loro identita', solo perche' non conoscono altra identita' all'infuori della propria, e vedono nel prossimo unicamente un accessorio della loro esistenza che non ha il diritto di allontanarsi quando a loro serve ancora. Non e' mica soltanto una questione di genere, questi qua spesso se la prendono con le donne perche' sono fisicamente piu' deboli, ma e' solo un corollario, e ci sono in giro anche tante donne cosi', che usano altri mezzi per ottenere lo stesso risultato, tipo ad esempio mettere i figli contro il marito o sfruttare la legge per mettere l'ex in mezzo a una strada, senza soldi e senza tetto... Gentaglia egoista, parassita dei sentimenti, che non vale lo sch.izzo di sperma maleodorante da cui e' nata...
 

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