Macroeconomia Quale Futuro per le banche?

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Sulla soddisfazione, o meno, della clientela italiana bisognerebbe fare un sondaggio.
Quei pochi con cui ho avuto modo di scambiare quattro chiacchere sull'argomento mi hanno descritto una situazione tipo: "... si paga anche l'aria che si respira".
Forse la piazza ticinese si dovrebbe rinnovare e cogliere l'occasione per un ripensamento generale.
D'altra parte non si può stare fuori dall'Unione Europea per motivi di comodo e sperare di continuare a vivere sempre sulle spalle degli altri.
 
SCUDO FISCALE TRA MINACCE E DIPLOMAZIA

ALFONSO TUOR


Con la pubblicazione alla fine della scorsa settimana di un’apposita circolare dell’Agenzia delle Entrate, lo scudo fiscale italiano è diventato a tutti gli effetti operativo.

Come noto, la sanatoria si perfeziona con il pagamento del 5% del capitale rimpatriato o regolarizzato.

Anche questo scudo è stato corredato da tutta una serie di norme volte a dissipare le paure degli investitori e quindi ad ottenere il maggior numero possibile di adesioni, ma soprattutto è stato preceduto da una impressionante campagna propagandistica di gran parte della stampa italiana, chiaramente orchestrata dal Ministero dell’economia.

Di fronte all’impegno profuso dalle autorità della vicina Penisola, da parte svizzera è, almeno finora, brillata l’assenza di una risposta delle autorità federali e anche dell’Associazione svizzera dei banchieri.

Appare dunque doveroso fare alcune puntualizzazioni.
Innanzitutto non sono uguali i criteri attraverso cui il Governo Berlusconi e la piazza finanziaria ticinese e svizzera valuteranno il successo o l’insuccesso di questo terzo scudo fiscale. Per il ministro Giulio Tremonti, autore dell’iniziativa, il metro di giudizio sarà dato dalla quantità di capitali che verranno regolarizzati e quindi dalle entrate fiscali supplementari che genererà lo scudo.

Tremonti è stato prudente nelle sue previsioni, stimando che lo scudo apporterà entro la data limite del 15 dicembre alle casse dello Stato 3/4 miliardi di euro. Ciò vuol dire che verranno regolarizzati circa 80 miliardi di euro, ossia una quantità di capitali simile alla somma dei due scudi precedenti.

Per la piazza finanziaria ticinese e svizzera il metro di giudizio è completamente diverso: non è rilevante la quantità di capitali che verranno regolarizzati, ma quanti italiani sceglieranno di continuare a mantenere i loro capitali in Svizzera, ricorrendo al «rimpatrio giuridico» attraverso la via della polizza assicurativa o del cosiddetto «rimpallo» tramite una fiduciaria statica italiana. Questa percentuale dipenderà ovviamente dal grado di soddisfazione e soprattutto di fiducia costruito nel corso degli anni dagli operatori finanziari ticinesi e svizzeri con la clientela italiana.

Paradossalmente l’aumento della quota di capitali dichiarati al fisco gestiti in Ticino e in Svizzera potrebbe risultare molto positiva per la nostra piazza finanziaria, poiché creerebbe quelle condizioni di maggiore concorrenza che spronerebbero a migliorare ulteriormente la qualità dei servizi.

Dunque per il Ticino e la Svizzera non è fondamentale l’entità delle regolarizzazioni, ma la percentuale di capitali regolarizzati che continuerà a preferire i servizi della nostra piazza finanziaria.

Queste considerazioni non giustificano l’inazione delle autorità federali di fronte alle iniziative italiane.

L’ultima in ordine di tempo è la decisione dell’amministrazione finanziaria italiana di escludere la Svizzera dalla lista dei Paesi nei quali sarà possibile regolarizzare le attività detenute all’estero senza doverle rimpatriare.

In pratica, la Svizzera viene considerata dal Governo Berlusconi alla stregua di San Marino e del Liechtenstein.

Ma c’è di più. La Svizzera continua a figurare nella lista nera compilata dall’Italia per le questioni fiscali delle società. In merito sarebbe opportuna una decisa azione diplomatica di Berna per modificare questa situazione.

Inoltre le autorità italiane sono recentemente ricorse anche a strumenti di pressione eterodossi, come la registrazione delle targe delle automobili che attraversano la frontiera e anche lo sconfinamento in Ticino di agenti in borghese della Guardia di finanza.

Quindi se, come probabile, non si riuscirà ad ottenere soddisfazione attraverso le normali vie diplomatiche, il nostro Paese non dovrebbe escludere a priori di far valere le proprie ragioni mettendo al centro delle discussioni con Roma altri dossiers che interessano grandemente l’Italia.

Per la verità qualcosa a livello svizzero si comincia a muovere.

Mercoledì prossimo vi sarà un incontro del Governo cantonale con i rappresentanti della piazza finanziaria ticinese; entro la fine di questa settimana ci dovrebbe essere un incontro con le autorità federali.
Sarà dunque importante capire quali iniziative politiche prenderà il nostro Paese grazie anche a queste discussioni.

Tuor non cita l'indagine svizzera riguardante il nostro premier per riciclaggio ... :) non so se la considerano 'iniziativa politica'
 
Tuor non cita l'indagine svizzera riguardante il nostro premier per riciclaggio ... :) non so se la considerano 'iniziativa politica'

stockuccio

smettila con le mani morte

il sequestro è del 2005

la inchiesta è un secondo filone di una di pari tema iniziata nel 2002

riguarda persone che operavano in usa e qui,non lui in prima persona

che connessione ci vedi??
 
Sulla soddisfazione, o meno, della clientela italiana bisognerebbe fare un sondaggio.
Quei pochi con cui ho avuto modo di scambiare quattro chiacchere sull'argomento mi hanno descritto una situazione tipo: "... si paga anche l'aria che si respira".
Forse la piazza ticinese si dovrebbe rinnovare e cogliere l'occasione per un ripensamento generale.
D'altra parte non si può stare fuori dall'Unione Europea per motivi di comodo e sperare di continuare a vivere sempre sulle spalle degli altri.

ti seguo in pieno.....:D:D
a parte la conclusione...su cui qualche distinguo,d`ufficio:p

lo farei
 
L'atmosfera si va scaldando ... :D.

Nel prossimo Gran Consiglio della Repubblica del Ticino la Lega di Bignasca presenterà una mozione in cui si chiede di non versare più all'Italia la quota di tasse pagate in Svizzera dai lavoratori transfrontalieri italiani.
La mozione, probabilmente, verrà sottoscritta anche da altri partiti.

I malumori stanno prendendo piede anche a Berna dove il Ministro delle Finanze Merz ha espresso disagio nei confronti delle autorità italiane.

Ricordo che, al momento attuale, gli Elvetici girano un'imposta sostitutiva pari al 20% (salirà al 35% nel 2011) sui redditi dei non residenti versata poi ai paesi di origine.
Solo che quest'ultima è pari a 89 milioni di euro per l'Italia, 93 per la Germania e 47,5 per la Francia.
Un pò pochini ... visti i "presunti" depositi e la forte "lagnanza" sullo scudo fiscale.
 
L'atmosfera si va scaldando ... :D.

Nel prossimo Gran Consiglio della Repubblica del Ticino la Lega di Bignasca presenterà una mozione in cui si chiede di non versare più all'Italia la quota di tasse pagate in Svizzera dai lavoratori transfrontalieri italiani.
La mozione, probabilmente, verrà sottoscritta anche da altri partiti.

I malumori stanno prendendo piede anche a Berna dove il Ministro delle Finanze Merz ha espresso disagio nei confronti delle autorità italiane.

Ricordo che, al momento attuale, gli Elvetici girano un'imposta sostitutiva pari al 20% (salirà al 35% nel 2011) sui redditi dei non residenti versata poi ai paesi di origine.
Solo che quest'ultima è pari a 89 milioni di euro per l'Italia, 93 per la Germania e 47,5 per la Francia.
Un pò pochini ... visti i "presunti" depositi e la forte "lagnanza" sullo scudo fiscale.

diplomazia elvetica :D
 
IL COMMENTO

NESSUNA BATTAGLIA DI RETROGUARDIA

LUCA SONCINI *La qualità e l’autorevolezza delle analisi dell’ambasciatore Sergio Romano sono note e indiscusse, ma nell’articolo di domenica 18 ottobre sulla prima pagina del «Corriere della Sera» (Svizzera: se ne può parlare male? Sì) mi sembra che sia un po’ scivolato sulle conclusioni. Nulla da eccepire sulla lettura storica, cui farei solo un’aggiunta: la Svizzera e il Ticino hanno beneficiato - come rileva il professor Romano - dello sviluppo economico del dopoguerra di quell’incredibile bacino di produzione di ricchezza che è stato soprattutto il Nord Italia, ma hanno anche rappresentato un rifugio sicuro per persone e patrimoni di quello stesso bacino che, volendo reagire, cercavano di ripararsi da fenomeni quali le continue svalutazioni della lira, la forte inflazione, l’instabilità politica, l’insicurezza giuridica, i terrorismi di vario colore, i rapimenti. Si è, insomma, verificata una classica winwin situation in cui la componente fiscale ha sì giocato un ruolo, ma non determinante.
Ora, se è vero che per tanti svizzeri gli ultimi mesi di ostilità hanno costituito un brusco e amaro risveglio, non si può però concludere, come fa Sergio Romano, che «quando i suoi critici hanno messo in discussione il segreto bancario, la risposta della Confederazione è stata un’ostinata battaglia di retroguardia». In realtà lo stesso concetto di «segreto bancario», seppur ancorato in un articolo della nostra Legge sulle banche che ne chiarisce i contorni penali ove violato, ha conosciuto mutamenti e adeguamenti nel tempo. L’ultimo, di chiara rilevanza internazionale, risale alla fine degli an- ni ‘90, quando la Svizzera, anche su pressioni politiche ed etiche esterne, stabilì che la sua piazza non si sarebbe (più) prestata a qualsivoglia uso da parte di persone e/o organizzazioni che si fossero resi colpevoli di reati di natura penale. Il segreto, da allora, cadde di fronte alle esigenze di inchieste di carattere penale, riconosciute tali per il diritto svizzero. La Svizzera non ha più smesso di lanciare un messaggio forte e chiaro: il nostro Paese, il nostro sistema finanziario, le nostre banche, non si vogliono far utilizzare in alcun modo dalla criminalità, da quella di Stato (caso Marcos, caso Abacha), come da quella individuale.


Gli standard compliance e antiriciclaggio introdotti oramai da un decennio in Svizzera hanno fatto scuola, tanto che, gradualmente, sono stati adottati dai principali Paesi (piazze finanziarie off eonshore), tra i quali, solo recentemente, anche l’Italia. L’unica critica che ho sentito in questi anni da alcuni magistrati è stata circa i tempi di evasione delle rogatorie penali, ma è facile rispondere, per chi conosce la puntigliosità elvetica, che il più delle volte si trattava di gestire la sommarietà di talune inchieste svolte all’estero.
Il mondo continua a cambiare e con esso il concetto di segreto bancario.
Nel 2001 l’introduzione delle regole Qualified Intermediary fissate dal fisco USA, nel 2005 l’euroritenuta e poi gli accordi di collaborazione tra autorità di sorveglianza dei mercati. Tanti cambiamenti, qualche errore (come il contenuto e l’applicazione dell’accordo bilaterale Svizzera-UE sulla tassazione del risparmio).
Poi il botto di questi mesi: mutamenti epocali, e può darsi che non tutti gli svizzeri se ne siano accorti (magari i leghisti cui si riferisce Romano), ma non penso che sia in gioco la credibilità di un Paese.
È in gioco certamente il posizionamento della Svizzera nel contesto europeo ed internazionale e per quanto attiene al segreto bancario la decisione è praticamente già presa: il cursore si sposta ancora un pochino e si collaborerà anche nel caso di precise, documentate e specifiche inchieste fiscali. In quei casi, il segreto bancario cadrà. La crisi della finanza, la crisi economica, la grande e nuova sete dei Governi di fondi per finanziare il salvataggio delle banche e la ripresa dell’economia (e che non può certo essere soddisfatta con un aumento delle tasse all’interno) e le pressioni politiche (il G20 del 2 aprile a Londra ha scritto, pare su pressione di Sarkozy, «The era of banking secrecy is over») hanno accelerato un processo che è in corso da oltre 10 anni, guidato dal Global Forum on Transparency and Exchange of Information dell’OCSE, e che inevitabilmente ci costringe (banche, politica, diplomazia) a continui mutamenti per salvaguardare un nostro Business che si vuole caratterizzato dalla discrezione, dalla performance, dalla serietà e dalla solidità. Parlo dell’attività bancaria svizzera, specie la gestione di patrimoni privati e istituzionali, che esiste da oltre 200 anni e vorrà continuare ad esistere.
Non c’è, nei più, nessuna linea Maginot; anzi, c’è una gran voglia di riposizionarsi, di affermarsi in questo grande mercato mondiale dove la componente onshore, perlomeno nei Paesi occidentali, tende a crescere maggiormente.
Non è un caso, al riguardo, che molti dei rimpatri nell’ambito dello scudo ter vogliano continuare ed essere gestiti come prima, dalle stesse persone e istituzioni.
Ma alla luce del sole. È una delle risposte, non di retroguardia, date in queste settimane dalla Svizzera.

Direttore generale PKB Privatbank e docente Banking & Finance all’Università di Lugano
 
Un pò pochini ... visti i "presunti" depositi e la forte "lagnanza" sullo scudo fiscale.

certo,ma ne abbiamo parlato,mi pare

è stata una delle "drittate" alla "svizzera"..quando ci si mette,ci riesce...

ma il dettato degli accordi LO CONSENTE

lo spirito è cosa diversa:D

ma in ch...lo spirito,si sa,difetta:D
 
Mostro, l'argomento è pane per i tuoi denti...

L'ultima furbata della GdF riguarda l'autovelox, ma in versione tecnologicamente evoluta.
Vengono fotografate le targhe di tutti i veicoli in transito attraverso il confine (biciclette escluse), i dati vengono scansiti in tempo reale e incrociati a varie banche dati.
Il bello è che nel frattempo altri "autovelox" sono stati attivati anche sul confine austriaco.
Risultato: molte targhe andavano e venivano tra Svizzera e Italia, le stesse risultavano anche tra Austria e Italia.
Scambi enogastronomici?
 

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