Banche sempre più sofferenti
In Italia debiti inesigibili saliti del 20% a 51,8 miliardi di euro
Paolo BreraLe banche – secondo il Boston Consulting Group – dovranno rinunciare quest’anno a 8 miliardi di utili a causa dei maggiori accantonamenti. I profitti saranno sufficienti per coprire le perdite senza intaccare il capitale
Bollettino, bollettino della Banca d’Italia delle mie brame, a che livello sono le sofferenze del Reame? Forse la domanda non era precisamente questa, ma se Grimilde l’avesse fatta, avrebbe avuto la risposta giusta e non si sarebbe messa nei guai con Biancaneve. La Banca d’Italia dice che le sofferenze bancarie, in Italia, sono esplose: rispetto all’agosto 2008 le sofferenze sono aumentate del 20% a 51,8 miliardi di euro, raggiungendo il livello più elevato dal novembre 2005.
Oltre alle sofferenze conclamate, già alla fine di giugno il sistema creditizio aveva 108 miliardi di crediti deteriorati. Il Sole24Ore ha fatto un giro di telefonate fra gli esperti (analisti, agenzie di rating e società di consulenza) e questi si sono detti convinti che lo scenario sia destinato a peggiorare. Morale: le banche italiane – a quanto stima il Boston Consulting Group – dovranno rinunciare quest’anno a ben 8 miliardi di utili a causa dei maggiori accantonamenti. I profitti saranno sufficienti per coprire le perdite senza intaccare il capitale, ma dopo un dimezzamento nel 2008 si dimezzeranno anche nel 2009. E questa, aggiunge sadicamente l’articolista del quotidiano economico milanese, è solo la buona notizia: quella cattiva è che il peggio – prevedono gli esperti – arriverà nel 2010.
La Banca d’Italia, noblesse oblige, si esprime in modo meno pepato ma altrettanto reciso. Come emerge dal Bollettino economico, la situazione del credito resta critica, visto che «continua a risentire sia di una ridotta domanda di finanziamenti da parte delle imprese, a causa della difficile congiuntura economica, sia di un orientamento ancora restrittivo dei criteri di offerta, seppure con segnali di attenuazione». In agosto la crescita dei finanziamenti concessi dalle banche al settore privato non finanziario è scesa sui dodici mesi al 2,2 per cento. Un anno prima il credito montava a ritmi molto più alti, del 10 per cento circa.
Se le banche fanno meno credito, il motivo è che hanno paura. Non ci sono, in Italia, grossi problemi di in adeguatezza patrimoniale: l’aumento delle sofferenze – a differenza di quello che accadrà in altri Paesi europei – non andrà a erodere il capitale delle banche, visto che per coprirle basteranno gli utili. «Gli accantonamenti, mantenendo i livelli di copertura attuali, saranno coperti dai profitti», spiega un analista del Credit Suisse. Ma sono i prenditori a sembrare sempre meno adeguati. Le industrie si confrontano con ordinativi inferiori di un quinto a quelli dell’anno scorso, la disoccupazione sale e sono sempre più numerose le famiglie che non ce la fanno a tirar fuori la rata del mutuo, gli artigiani devono fare i conti con l’insolvenza di molti clienti. Di credito c’è più bisogno che mai, ma le banche, secondo il vecchio adagio, sono sempre dispostissime a prestare denaro a chiunque possa dimostrare di non averne bisogno.
Nella situazione presente, tuttavia, non gli si può dare del tutto torto. Nel secondo trimestre del 2009 la qualità degli attivi bancari ha continuato a peggiorare. Il flusso di nuove sofferenze rettificate (cioè tenendo conto della posizione del debitore nei confronti dell’intero sistema bancario e non soltanto di un singolo intermediario) in rapporto ai prestiti complessivi, annualizzato e al netto dei fattori stagionali, ha raggiunto l’1,9 per cento (1,6 nel primo trimestre). Migliorano per contro, secondo Bankitalia, i coefficienti patrimoniali dei principali gruppi bancari che, in questi ultimi mesi hanno messo in pratica misure per migliorare la propria situazione di cassa. Esattamente il comportamento che strangola l’economia e provoca nuove sofferenze a bizzeffe.
C’è qualche alternativa? Tutti ripetono che le banche italiane possono andare a Basilea a testa alta, ma c’è anche chi non è d’accordo. Guardando il patrimonio, Renato Panichi di Standard & Poor’s dice: «In media il capitale delle banche è appena sufficiente per far fronte alle perdite inattese». Mentre gli analisti del Credit Suisse si aspettano per i prossimi diciotto mesi un aumento dei crediti dubbi fino al 3,3% degli impieghi totali: questo significa che su 100 milioni di crediti, 3,3 milioni si deterioreranno nell’arco di un anno e mezzo. Il solo gruppo Risanamento, se non terrà fede al suo nome e sarà proclamato fallito, aggiungerebbe al conto 2,9 miliardi di euro. Non fa meraviglia che le maggiori banche italiane stiano cercando in tutti i modi di tenerlo in piedi, a costo di fare la respirazione bocca a bocca a Luigi Zunino.
Prima della Banca d’Italia, l’allarme era venuto dal presidente dell’Abi, Corrado Faissola, nel corso di un’audizione al Senato di Roma sulla Finanziaria 2010. Le sofferenze accumulate dalle banche hanno raggiunto i limiti della sopportabilità. Alle sofferenze si somma anche l’aumento delle perdite: nel primo semestre 2009 le rettifiche di valore netto per deterioramento sono state pari a 8,5 miliardi e potrebbero raddoppiare a fine anno. Secondo le previsioni dell’Abi e degli uffici studi delle principali banche, ha spiegato Faissola, le perdite sui crediti, pari a 5,5 miliardi a fine 2007 e a 9,9 miliardi nel 2008, raggiungeranno i 18 miliardi nel medio periodo.
cdt oggi