IL COMMENTO
CAPITALI CHE RESTANO E CHE VANNO
ALFONSO TUORLe reazioni politiche svizzere alla gestione italiana dello scudo fiscale hanno immediatamente avuto larga eco sulla stampa d’oltre confine.
Ma vi è più di una ragione per dubitare che il «successo mediatico» ottenuto in Italia dalle diverse prese di posizione elvetiche possa incidere in qualche modo sulle decine di migliaia di decisioni individuali degli italiani che detengono i loro capitali in Svizzera.
Eppure saranno loro, e solo loro, a determinare il successo dello scudo ter lanciato dal ministro Giulio Tremonti.
Come già scritto, il successo dello scudo non coincide tuttavia con una sconfitta della piazza finanziaria ticinese ed elvetica.
La tenuta di quest’ultima dipenderà dalla percentuale degli investitori italiani che, dopo aver scelto di sfruttare lo scudo per chiarire la propria posizione con le autorità fiscali italiane, imboccherà la via del cosiddetto rimpatrio giuridico, ossia di continuar a far gestire i propri capitali dagli operatori finanziari del Ticino e della Svizzera.
L’investitore italiano che vuole sfruttare lo scudo per regolarizzare la propria posizione fiscale è chiamato a fare alcune riflessioni sui conti pubblici del proprio Paese.
La crisi economica ha fatto prepotentemente tornare al centro dell’attenzione la situazione precaria delle finanze dello Stato italiano. Secondo la Banca d’Italia, quest’anno il deficit pubblico raggiungerà il 5,3% del PIL e soprattutto alla fine del 2009 il rapporto tra debito pubblico e PIL toccherà il 115,1%
. Lo Stato italiano ha dunque un estremo bisogno di soldi. E anche lo scudo è stato concepito proprio per rispondere a queste necessità.
Anzi, il Governo Berlusconi ha anticipato (almeno temporaneamente) la scadenza dello scudo al 15 dicembre proprio
per raccogliere capitali che potessero coprire i buchi di bilancio di quest’anno fiscale.
È dunque possibile trarre alcune conclusioni. In primo luogo, i proventi dello scudo servono per ridurre, solo in piccola misura, il deficit pubblico del 2009. In secondo luogo, la crisi economica e l’assenza di misure correttive fanno prevedere che la situazione dei conti pubblici non migliorerà l’anno prossimo, anche perché non si ipotizza una ripresa solida e forte.
Quindi è molto probabile che alla fine del 2010 il rapporto tra debito pubblico italiano e PIL superi il 120% e che l’Unione Europea chieda al Governo di Roma di adottare misure di contenimento del disavanzo.
Dato che la ripresa non ci sarà o sarà ancora molto debole e che il Governo Berlusconi è in difficoltà nell’agire sulla spesa pubblica, pare inevitabile un aumento delle tasse.
Ad esempio, a scudo chiuso non è escluso il varo di una patrimoniale secca.
È pure probabile che, se non lo farà Berlusconi, il Governo che gli succederà sia costretto ad alzare l’aliquota del sostituto d’imposta, che oggi è talmente bassa da poter indurre a definire l’Italia un paradiso fiscale per gli investimenti finanziari.
L’investitore italiano deve dunque decidere se aderire allo scudo tenendo in considerazione queste incognite.
Quando l’investitore ha scelto di regolarizzare la propria posizione fiscale ha da fare la seconda scelta, quella più importante per la piazza finanziaria ticinese e svizzera: rimpatriare «tout court» oppure scegliere la via del rimpatrio giuridico attraverso la fiduciaria statica italiana o la polizza assicurativa.
Questa possibilità, che Giulio Tremonti ha cercato di non pubblicizzare parlando solo di rimpatrio, permette all’investitore di essere in regola con le autorità fiscali del proprio Paese e di poter continuare ad usufruire dei servizi della piazza finanziaria ticinese e svizzera.
In tal caso l’investitore ha la possibilità di intrattenere un rapporto alla luce del sole con il proprio consulente attivo in Svizzera, senza preoccuparsi dei controlli operati dalla Guardia di finanza alla frontiera o altrove.
La scelta di continuare ad usufruire dei servizi della piazza finanziaria dipenderà ovviamente dal grado di soddisfazione e soprattutto di fiducia costruito nel corso degli anni con la clientela dagli operatori ticinesi e svizzeri.
Per il Ticino e la Svizzera non è rilevante l’entità delle regolarizzazioni, ma la percentuale dei capitali scudati che continuerà a preferire i servizi della nostra piazza finanziaria.
Ora c’è da interrogarsi se le recenti esternazioni di alcuni politici svizzeri contribuiscano al successo della piazza ticinese e svizzera in questa vicenda.
In merito ci si può interrogare se non siamo caduti nella trappola tesa da Giulio Tremonti.
Una serie di minacce incrociate, per di più enfatizzate dalla stampa italiana, non è destinata a rivelarsi molto efficace, ma rischia al contrario di rendere palese un forte nervosismo da parte svizzera.
Uno Stato avrebbe dovuto muoversi prima e ora dovrebbe reagire in modo diverso: con dichiarazioni ufficiali di consiglieri federali, con incisive azioni diplomatiche ed eventualmente anche con il fermo o l’arresto di agenti in borghese della Guardia della finanza sconfinati in Svizzera.
Questo gioco di dichiarazioni e di minacce, che sono destinate a rimanere tali, sembrano dirette all’opinione pubblica ticinese. Ma non saranno i ticinesi a decidere l’esito di questa partita.
Lo ripetiamo: il metro di giudizio per misurare il successo di questa partita per il nostro territorio sarà determinato unicamente dal numero di italiani che, pur avendo aderito allo scudo, decideranno di continuare ad usufruire dei servizi della piazza finanziaria ticinese.
cdt oggi