QUANDO DIO DISTRIBUIVA IL BEL CARATTERE, IO AVEVO GIA' LITIGATO CON TUTTA LA FILA

Si tratta di una sfida a tutto campo, una guerra tecnologica che ha nel controllo dei dati, il “petrolio del XXI secolo”,
la risorsa chiave per il controllo delle nuove tecnologie di frontiera, l’oggetto del contendere.

Con gli Stati Uniti desiderosi di difendere l’egemonia globale che li vede depositari di ultima istanza
del controllo sui traffici dati, sulle informazioni economiche, politiche, militari, securitarie e sociali scambiate su scala planetaria,
grazie a un progressivo incasellamento del big tech nel complesso militare-industriale
e nell’architettura imperiale del potere di Washington, come testimonia il caso Amazon.
Controllo che vuol dire, in prima misura, accesso diretto dei servizi di intelligence ai flussi di dati.

La Cina, per mezzo dei suoi attori principali, Huawei e Zte in testa, cerca di colmare il gap.
Come ha scritto Giorgio Cuscito sul Limes, la Cina ha lanciato la sfida alla supremazia degli Us
a in campo tecnologico proprio nei settori dell'Ai e del 5G:
“La Repubblica Popolare ha ancora qualche lacuna sul piano quantitativo,
ma sta rapidamente colmando il divario con gli Usa grazie al forte sostegno governativo alle aziende tecnologiche nazionali,
alla grande quantità di metadati a disposizione e al fenomeno dell’imprenditoria cinese”,
mobilitando investimenti per 150 miliardi di dollari nel contesto della grande strategia di Xi Jinping.

Per questo motivo, “Washington punta a ostacolare il percorso di crescita tecnologica della Repubblica Popolare,
di cui il progetto Made in China 2025 è la colonna portante” e Huawei un altro pilastro fondamentale
. A costo di scatenare quella che il vicepresidente del Copasir, Adolfo Urso, ha definito
“una nuova guerra fredda che si combatte sulla supremazia tecnologica ed economica”.

Chi sfida Huawei?
Stati Uniti contro Cina, l’Europa in mezzo. “Le bandiere del 5G stanno colorando il planisfero un accordo alla volta”, scrive Il Sole 24 Ore.

“I grandi costruttori di tecnologie di rete stanno lavorando da anni alle sperimentazioni della tecnologia
che farà un salto rispetto al 4G, a fianco degli operatori di telecomunicazioni.
Huawei, Nokia, Ericsson, Cisco e Zte sono i cinque leader: insieme rappresentano il 75% del mercato globale
con Huawei che ne vale da sola il 30% (dati di Dell’Oro Group sui primi 9 mesi del 2018):
due aziende cinesi (Huawei e Zte), due europee (Nokia, che da tre anni ha acquisito Alcatel-Lucent, ed Ericsson), una americana (Cisco).
In questi mesi si stanno depositando tonnellate di cavi e antenne, ma anche collezionando migliaia di pagine di report
da parte delle grandi agenzie di intelligence, a partire da Cia, Fbi e Nsa, e consumando una delle guerre commerciali globali più imponenti degli ultimi decenni”.
 
Uno dei simboli del degrado giovanile.......

Il video pubblicato su Instagram è destinato a far discutere.
Il rapper ha condiviso sulla sua pagina social un video nel quale utilizza banconote per soffiarsi il naso.

Ieri pomeriggio, si è superato e ha postato un video nel quale utilizza banconote da 50 e 100 euro come se fossero fazzoletti di carta.
Il cantante ha utilizzato le banconote, poi, sia per raccogliere dei pezzi della pietanza che stava mangiando,
sia per pulirsi la bocca. Il video è accompagnato da una frase che ha destato tantissime polemiche

"Quando sei ricco non usi i fazzoletti, al posto dei fazzoletti usi questi".
 
Poteva essere una strage.
La verità è dura e scomoda: nonostante avesse un lavoro, questo pazzo ce l’aveva con gli italiani.

Ma i buonisti evitano di parlare di terrorismo.

Repubblica inizia il suo commento citando il caso del suprematista. Come a dire: “pari e patta”…

"Li conosciamo i buonisti. Io saprei come definirli e lo potete immaginare.
Ma sono termini che non si possono utilizzare in quanto poco urbani e pure passibili di denuncia.

Tuttavia credo che la definizione di “buonista” per una sinistra che strepita e manifesta istericamente
solo per i diritti del clandestino (migrante secondo il loro lessico) e contro un immaginario fasciorazzismo,
contenga un implicito riferimento ad un valore positivo, richiama la bontà d’animo,
sentimento che la sinistra ostenta ma dietro il quale si cela l’odio del razzismo etico che la anima.

O quantomeno lascia credere che costoro siano dei buoni samaritani, altruisti ma sprovveduti.
Io comincerei a chiamarli non più “buonisti” ma, in ossequio al loro lessico politicamente corretto,
“diversamente buoni” o “diversamente cattivi” .

Chiunque abbia in merito definizioni alternative più incisive e legalmente ineccepibili è pregato di esternarle."
 
"Se ancora qualcuno cerca di derubricare un atto terroristico a tutti gli effetti
significa soltanto che si sta comportando come negli anni ’70 del secolo scorso
quando i soliti noti affermavano che i brigatisti, rossi ovviamente, “erano compagni che sbagliavano”

Pertanto li ritengo fiancheggiatori a tutti gli effetti.
D’altronde cosa possiamo aspettarci da determinati individui dei media che ieri
hanno dipinto questo delinquente come “persona tranquilla” quando era già noto il suo curriculum delinquenziale.

Ciò detto, sono in molti, compresi i vari sindachetti, responsabili imbelli di altre istituzioni locali e vari parlamentari,
che si dovrebbero interrogare se la concessione/regalo della cittadinanza italiana possa considerarsi vera integrazione.

Ma ciò che maggiormente mi indigna della vicenda è l’inaudita violenza psichica e intellettuale subita dai bambini e dagli insegnanti.
Argomento che pare nessuno voglia affrontare
. Ai bambini praticamente è stata tolta l’innocenza e la spensieratezza della loro età anzitempo
e agli insegnanti/accompagnatori è stata imposta la paura per il resto della vita.

Parlo per esperienza personale nel caso degli accompagnati per tre episodi accaduti nel 1978 ai tempi delle brigate rosse.

Occorre essere realistici e affermare che per oltre il 95%, e sono ottimista”,
non esiste possibilità di integrazione e quindi smetterla per sempre con le sciocchezze di coloro
che vengono definiti buonisti quando sono solo dei cretini senza possibilità di recupero."
 
"Non avevamo dubbi sulla levata di scudi in difesa del terrorista.
Quelli che negano l’evidenza sono gli stessi che sono andati a prendere in Africa il criminale
e, inutile nascondercelo, tanti tanti criminali. Quando si diceva che diversi paesi africani e mussulmani
aprivano le porte delle loro carceri ed obbligavano a partire verso l’Europa i loro farabutti,
(mica per niente la maggioranza degli sbarcati sono senza documenti) si veniva derisi e zittiti ,invece di fare controlli.

I buonisti s’ammantano sempre d’aureola e non tollerano d’essere giudicati stupidi idioti irragionevoli "
 
Il giornalista libanese ha dato davvero il meglio di sé.

Lo straniero, secondo il buon Gad, sarebbe stato mosso dall’odio manifestato dagli italiani nei confronti dei migranti.

“La follia criminale del cittadino italiano Ousseynou Sy è l'esito
di una contrapposizione isterica che manifesta ostilità agli immigrati additandoli come privilegiati,
negando le loro sofferenze e la loro umanità”.

Inutile dire che il tenore dei commenti in risposta al post di Lerner è decisamente acceso.

“Mi scusi ma legge quello che scrive? Stai a vedere che adesso la colpa è nostra... Roba da matti”,

“Sembra quasi che a Lerner dispiaccia che l'attentato sia fallito!”, replica amaramente un’altra.

“A uno come lei dovrebbero impedire di andare in televisione ad esprimere la sua opinione folle...il bello è che viene anche pagato”.
 
Questo non è sicuramente uno di quelli che si soffia il naso con i soldi.
Lo si capisce dal rispetto nelle parole.

"Ci minacciano con il coltello. Il prof è davanti, è in ostaggio".

Sono le parole pronunciate da uno dei ragazzini a bordo del bus dirottato e dato alle fiamme.

. "Ma chi è che vi sta tenendo in ostaggio?", chiede l'operatore dopo aver inviato una pattuglia:

"Il guidatore, ha un coltello in mano", replica il ragazzino, "Veloce! Ha rovesciato della benzina, non respiriamo più".

E quando l'operatore chiede altre indicazioni, il giovane sembra più agitato, ma risponde con fermezza:

"Certo, signore. Ma la prego, chiama qualcuno. Non è un film questo... Abbiamo 12 anni, non possiamo perdere la vita così".
 
Eccone un altro. E lo chiama pure "salvataggio". Poverino che pena che fa.

Il sindaco di Palermo Leoluca Orlando Cascio si sfoga ai microfoni dei giornalisti
in occasione della 24esima Giornata della memoria per le vittime delle mafie, tenutasi oggi.

L’argomento principe torna ad essere per l’ennesima volta quello dei migranti,
col primo cittadino che coglie la palla al balzo quando si tocca il tasto dell’inchiesta aperta
dalla procura della Repubblica di Agrigento nei confronti della nave Mare Jonio.
L’imbarcazione Ong battente bandiera italiana, come ricorda con orgoglio Orlando,
fa sventolare anche il vessillo di Palermo, per cui lo stesso sindaco si sente una vittima.

“Chiedo a chi sta indagando se non ritenga opportuno estendere anche a me questa indagine
perché io mi sento assolutamente complice di questa iniziativa”.

Queste le sue parole, riportate su “AdnKronos”, per esprimere solidarietà ai 49 stranieri sbarcati ed ai membri dell’equipaggio.
“Siamo tutti complici di salvataggio di vite umane”.

Non poteva, ovviamente, mancare un affondo nei confronti del vicepremier Matteo Salvini,
che ha definito “Mare Jonio” come la “nave dei centri sociali”.

“Salvini continua ad avvalersi dell’immunità parlamentare. Farebbe bene a fare il ministro dell’Interno,
invece di essere il promotore di una cultura criminogena e disumana”.
 
Ma dai. Penosi.

L'ultima moda dei buonisti?
Indossare il giubbotto di salvataggio che spesso viene usato in mare quando vengono salvati dei migranti.

Una "moda" social subito sposata da diversi esponenti del mondo buonista di casa nostra.
Sindaci, giornalisti e attivisti delle ong. L'intento di "Orange Vest Movement" è uno solo: "Evitare la criminalizzazione delle Ong".

Tra i "testimonial" di questa nuova iniziativa pro-migranti ci sono alcuni cronisti come ad esempio Abbate e Ruotolo.

Lirio Abbate postando la foto sui social ha affermato: "Indosso Orange Vest perché davanti alle tragedie in mare
non si può restare fermi e in silenzio. Occorre lanciarsi e scuotere tutto ciò che ci circonda
per salvare bambini donne e uomini che tendono la mano in cerca di aiuto. Lo facciamo perché siamo umani... Indossatelo anche voi".

Ma il capofila è certamente il sindaco di Palermo, Leoluca Orlando: "Indosso Orange Vest per restare umani.
Questo lo splendido, semplice invito rivolto a tutti noi da Vittorio Arrigoni e fatto proprio da migliaia di uomini e donne
che di fronte alla violenza e all'indifferenza hanno scelto di essere e restare umani.
E questi giubbotti che salvano vite, salvano anche noi, la nostra umanità, la nostra possibilità di restare umani".

E Orange Vest Moviment sostiene proprio l'Ong Mediterranea Saving Humans ............
 
A scherzare con il fuoco ....ci si brucia.

Ha preso il via ufficialmente ieri la Nato – Geo Exercise 2019 - un’esercitazione congiunta della Nato in Georgia
che prevede la presenza di 24 Paesi membri dell’alleanza e altri partner con lo scopo di migliorare il coordinamento
interforze della capacità di comando e controllo nel corso di un programma di valutazione e test che si protrarrà sino al prossimo 29 marzo.

L’esercitazione, oltre ad essere volta a migliorare la capacità di coordinazione tra le diverse forze della Nato,
è intesa a “educare le Forze Armate Georgiane agli standard Nato che riguardano l’addestramento collettivo”
e viene effettuata in uno scenario, come riporta il comunicato ufficiale, “non da articolo 5”.

Sebbene, rispetto alle passate esercitazioni che ormai dal 2015 si tengono annualmente
nella repubblica caucasica facente parte della sfera di influenza russa,
Nato-Geo Exercise 2019 sia, per uomini e mezzi, del tutto secondaria (solo 350 militari da 24 Paesi),
non lo è affatto dal punto di vista politico.

Questa esercitazione, la prima di questo tipo che si tiene in Georgia, è anche
la prima in assoluto ad essere svolta sotto l’esclusivo ed unico comando georgiano.

A sottolineare l’importanza di questa scelta ci sono le parole del Ministro della Difesa di Tbilisi, Levan Izoria,
che già a gennaio aveva affermato che “le relazioni tra la Georgia e la Nato passano ad un livello superiore quest’anno
e vedremo più Nato in Georgia” ed in particolare la visita del Segretario Generale dell’Alleanza Jens Stoltenberg che avverrà il prossimo 25 marzo.

“La visita (di Stoltenberg n.d.a.) conferma la stretta partnership tra la Georgia e la Nato”
ha infine aggiunto il Ministro Izoria sottolineando come la scelta di affidare il comando a Tbilisi
certifichi la fiducia che ripone l’Alleanza nella Georgia.

Dal fronte Nato sono state le stesse parole del Segretario a ribadire che le porte dell’Alleanza
sono aperte per la Georgia e che Tbilisi ha il diritto sovrano di decidere con chi vuole cooperare in ambito militare,
sottolineando, in modo implicito ma oltremodo chiaro, che questo diritto non dipende da nessun altro Paese straniero.

Il riferimento alla Russia, qui, è chiaro.
 

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