Ebbene ci siamo lasciati alle spalle anche il market mover per eccellenza rappresentato dai Non Farm Payrolls USA, accompagnato da una serie di altri rilevanti dati riguardanti il mercato del lavoro negli Stati Uniti a cominciare proprio dal tasso di disoccupazione che è nuovamente sceso. Ma procediamo per ordine analizzando le reazioni del mercato e quali potranno essere i futuri scenari. Dati in chiaroscuro I nuovi posti di lavoro creati nel mese di Gennaio sono stati 113mila a fronte di attese che oscillavano tra i 175 e i 185mila, mentre il deludente dato pubblicato il mese scorso è stato appena rivisto da 74 a 75mila unità. Il tasso di disoccupazione è invece calato ulteriormente dal 6,7% al 6,6% con la significativa interruzione del trend in discesa del tasso di partecipazione che è invece, anche se di pochissimo, salito da 62,8 al 63%. Come leggere questo aggregato di dati? Beh, in primo luogo ci troviamo ancora di fronte a un insufficiente quantitativo di nuovi posti di lavoro creati tali da sostenere un miglioramento strutturale dell'occupazione negli Stati Uniti e questa affermazione appare abbastanza intuitiva se si pensa alla pochezza del dato in riferimento alla grandezza dell'economia americana e alla numerosità della sua popolazione. Se banalmente sommiamo il dato di dicembre con la proiezione del mese di gennaio, otteniamo infatti un numero complessivo perfino inferiore a quello che viene ritenuto essere come il quantitativo medio ottimale per sostenere un buon ritmo di crescita dell'occupazione in un mese, e cioè 200mila unità. Inoltre la composizione dei nuovi posti di lavoro creati appare ancora una volta sostenuta da settori a bassa specializzazione e molto soggetti a frequenti turnover e quindi determinatezza temporale. Venendo agli aspetti positivi di quanto comunicatoci venerdì dal Labour Department of Statistics, è sufficiente pensare che la stessa release degli NFP di febbraio 2013 ci restituitiva 159mila nuovi posti di lavoro creati (che saranno poi 119mila effettivi con la revisione del mese successivo) ma soprattutto un tasso di disoccupazione del 7,9%, di quindi 1,3 punti percentuali superiore a quella attuale. Inoltre, e non è un elemento trascurabile, il tasso di partecipazione ovvero sia il rapporto tra la forza lavoro e la popolazione presente in età lavorativa è migliorato dopo diversi mesi, nonostante dei livelli che sono riconducibili a oltre 35 anni fa. Questo brevissimo approfondimento numerico ci riconduce naturalmente alla Federal Reserve; sappiamo infatti come l'istituto centrale americano abbia esplicitamente legato la riduzione del Quantitative Easing 3, il famoso tapering, al tasso di disoccupazione oltre che al dato sull'inflazione. Sappiamo inoltre come sia stato il progressivo miglioramento sul primo fronte ad aver condotto già a due round di tapering che hanno così portato la Fed ad immettere 65milardi al mese di iniezioni di liquidità al sistema, rispetto agli 85 originari del piano. Ulteriore e cruciale elemento di analisi è inoltre il fatto che un valore del tasso di disoccupazione del 6,5% sia stato dichiarato sufficiente per dismissioni totali dalle misure straordinarie a sostegno dell'economia. Ma questo è realmente possibile? Beh difficile da credere; se così fosse, vorrebbe dire che ci troveremmo ad un passo dalla fine repentina della droga ai mercati con tutti gli effetti ripercussivi sul valore degli asset finanziari. Scontando concretamente quest'aspettativa, difficilmente dunque il dollaro si sarebbe nuovamente indebolito come ha fatto venerdì e le Borse sarebbero di nuovo prepotentemente risalite (scenario peraltro da noi ben previsto venerdì in cui scrivevamo "Le Borse potrebbero perciò trovarsi nella situazione in cui le probabilità appaiono buone verso la risalita in ogni caso, su dati buoni per ragioni logiche, ma anche su dati meno favorevoli che confermerebbero l'arresto di questi round di tapering.").
Siamo dunque portati a credere che non siamo vicini ad una nuova apocalisse dei mercati finanziari ma che piuttosto potranno essere ridefiniti i parametri che legano tapering e disoccupazione (ed inflazione) e che questo potrà avvenire proprio con l'insediamento a partire da marzo del neogovernatore della Fed Janet Yellen, peraltro tra le più accanite sostenitrici delle manovre di alleggerimento quantitativo.
Autore: FXCM


