CINA: E' IL GOVERNO CHE DECIDE DI QUANTO DEBBA CRESCERE IL PIL - IL COMMENTO
di Michele Geraci* (Il Sole 24 Ore Radiocor) - Milano, 20 lug - La Cina ha pubblicato, la scorsa settimana, i dati relativi alla crescita economica per il secondo trimestre del 2015, registrando una crescita del Pil, in termini reali, pari al 7%, identica a quella registrata durante il primo trimestre 2015 e, di conseguenza, ha ottenuto una crescita per l'intero semestre Gennaio-Giugno 2015 pari al 7%, leggermente al di sopra delle aspettative. Ma come spesso accade, all'interno di un singolo numero si nascondono svariate dinamiche che vanno attentamente analizzate per poter ben comprendere in modo piu' completo cosa sia realmente accaduto e, ancora piu' importante, per prevedere l'andamento futuro. Imprese Italiane ed Europee che volessero, per esempio, espandere le proprie attivita' di business in Cina non possono esimersi da questa analisi; questa stessa analisi e' necessaria anche per cercare di prevedere quali possano essere le prossime mosse di aziende cinesi per quanto riguarda possibili investimenti in Europa. Fermarsi al 'il Pil e' cresciuto del x%' e' quasi insignificante anche per paesi sviluppati, ma e' particolarmente poco indicativo per un paese con una popolazione pari a quella di Europa, Nord America e Sud America messe insieme. Senza voler entrare nel dibattito filosofico-economico sul significato del Pil per se, nel caso della Cina, il tasso di crescita del Pil e' ancora piu' insignificante anche da un punto di vista strettamente economico. I lettori che sono familiari con le analisi aziendali sanno benissimo che una crescita dei ricavi e, perfino, degli utili di una impresa non e' sempre indicativa di una situazione di benessere: talvolta le aziende 'comprano' profitti attraverso investimenti. Pensiamo ad un'azienda di vendita al dettaglio che passa da 5 a 10 negozi. I ricavi crescerebbero (magari non proprio raddoppiando), e probabilmente anche gli utili (dopo un periodo di start-up), ma a monte di tale crescita c'e' un investimento di capitale che non compare nel calcolo dei ricavi e fa soltanto una modesta comparsa negli utili, attraverso l'ammortamento degli assets. In questo esempio, l'azienda starebbe usando investimenti per 'acquistare' crescita. Un bravo analista finanziario non si ecciterebbe troppo guardando soltanto al tasso di crescita dei ricavi e degli utili, ma guarderebbe al ritorno sugli investimenti (ROI) di tale espansione. Se il ROI e' basso, o addirittura negativo, nonostante un'apparente solida situazione finanziaria (crescita dei ricavi e/o utili) i debiti crescono piu' velocemente dei profitti e l'azienda si potrebbe avviare verso una possibile bancarotta
Ebbene, in Cina sta avvenendo qualcosa di simile. Non che si stia avviando verso una bancarotta, attenzione. Ma il tasso di crescita del Pil non e' generato naturalmente, ma viene 'acquistato' investendo capitale, e tanto. Tant'e' vero che tanti indicatori economici come la money supply (M2), il debito totale, crescono piu'' velocemente del Pil. Il sistema funziona in modo molto semplice; il Pil e' composto dalla somma di tre elementi: consumi, investimenti e bilancio del commercio con l'estero. Fermo restando che il primo ed il terzo elemento sono piu'' complicati da gestire a tavolino (ma si puo' anche fare), l'area dove e' piu'' facile intervenire sono proprio gli investimenti. Quando il governo cinese fissa un obbiettivo di crescita del, diciamo 7%, osserva il valore dei consumi e del commercio, e calcola - in reverse engineering - qual e' il valore degli investimenti necessari per raggiungere l'obbiettivo di crescita deciso in precedenza ed investe proprio quello che serve per tappare il buco. * Head of China Economic Policy Program and Ass't Prof of Finance - Nottingham University Business School China Head of China Program - Global Policy Institute Senior Research Fellow and Adjunct Professor of Finance -
Zhejiang University