Reddito Universale (3 lettori)

Robert Shmadtke

L'estremista
i padroni del vapore non lo vogliono. Punto. Potrebbero essere costretti per un tempo limitato per impedire che collassi l'incubo che hano creato con tanta pazienza e dedizione. Sanno che è necessario, ma stanno valutando come potrebbe essere l'impatto. Ossia se lo fanno le persone imparano che si può fare, quindi poi come lo tolgo? Perderebbero tutto cmq. Stanno valutandocome sfruttare la crisi mondiale a proprio vantaggio, ma potrebbe anche essere così grave da far cadere i loro progetti, quindi valutano suluzioni del genere e loro ricadute.
I casi sono due: o si sveglia qualcuno con un seguito, credibile e non corrotto (senza mandar tutto in vacca dopo pochi anni come abbiam già visto) ribalta i tavoli in UE, o ne esce perché non si ottiene nulla, ne esce con un piano di lungo termine, con una maggioranza forte....etcetc
o lo fanno i veri padroni, l?europa, per paura delle conseguenze che avrebbe per loro la crisi
non vedo ad ora altre strade


Per me sarebbe troppo. 7-800 o anche 1000 euri e ci fai quel cazzo che vuoi...poi soccazzi tua. Inflazione non lo so...

realisticamente ci potrebbe essere una contrazione della domanda, per alcuni sarebbe più di quanto hanno adesso e si fermerebbero (quindi per alcuni aumenterebbe il potere d'acquisto e forse la domanda). Ma andrebbe di pari passo con un calo dell'offerta. Il costo dei beni aumenterebbe? Non è detto ...gli stipendi di chi lavora potrebbero persino calare un pò senza far danni sociali.
La verità è che con queste premesse non esiste più la tolleranza del nero perché le condizioni sono disagiate e compagnia bella: lavoro nero ed evasione diventano pene gravissime e pesantemente punite. Ne conseguirebbero risorse per lo stato, colpo alla criminalità micro e organizzata.

Mi fermo...di idee me ne frullano mille in testa...non basterebbero giorni a metterle in ordine...quindi sparo qualcosa a caso se capita...scusate
Ma soprattutto calerebbe il costo del lavoro: a seconda di quel che si vuol fare non esisterebbero più né inps né versamenti contributivi
 

nagual

mondo patafisico
Ma soprattutto calerebbe il costo del lavoro: a seconda di quel che si vuol fare non esisterebbero più né inps né versamenti contributivi


L'impatto sul sistema pensionistico potrebbe essere oltremodo positivo.

Si può spaziare da una totale cancellazione del sistema a una partecipazione volontaria dei lavoratori a sistemi di previdenza che potrebbero essere anche del tutto di ordine privatistico e non statale.

Avendo tutti un reddito di sussistenza garantito fino alla morte e completamente indipendente dalla storia lavorativa, chi volesse risparmiare per quando non sarà più in grado di lavorare o non ne avrà più voglia potrebbe impiegare parte dei proventi derivati dal lavoro per forme di assicurazione la cui partecipazione sarebbe del tutto volontaria. Lo stato potrebbe fare la sua parte istituendo fondi assicurativi che gestissero il risparmio in forme di investimento utili alla collettività, magari tematici, in modo da dare ad ognuno anche la possibilità di scelta in ordine a priorità politiche o morali personali.

Questo per dire che non si può affibiare una etichetta di "comunista" ad una idea che ha forti connotazioni libertarie.
 

il becero

Forumer attivo
L'impatto sul sistema pensionistico potrebbe essere oltremodo positivo.

Si può spaziare da una totale cancellazione del sistema a una partecipazione volontaria dei lavoratori a sistemi di previdenza che potrebbero essere anche del tutto di ordine privatistico e non statale.

Avendo tutti un reddito di sussistenza garantito fino alla morte e completamente indipendente dalla storia lavorativa, chi volesse risparmiare per quando non sarà più in grado di lavorare o non ne avrà più voglia potrebbe impiegare parte dei proventi derivati dal lavoro per forme di assicurazione la cui partecipazione sarebbe del tutto volontaria. Lo stato potrebbe fare la sua parte istituendo fondi assicurativi che gestissero il risparmio in forme di investimento utili alla collettività, magari tematici, in modo da dare ad ognuno anche la possibilità di scelta in ordine a priorità politiche o morali personali.

Questo per dire che non si può affibiare una etichetta di "comunista" ad una idea che ha forti connotazioni libertarie.
Buongiorno,
esatto l'INPS così come è non funziona.
Ogni contribuente si deve "pagare" la sua pensione e non quella di altri.
Pertanto sarebbe cosa giusta e sana tirare una bella riga, fare una riforma; ma non ad cazzum come quella del passaggio dal retributivo al contributivo che ha creato una generazione di serie A e una di serie C.
L'Ente pensionistico dovrebbe avere una forma "tipo" ENI/ENEL e cioè deve essere in grado di stare a mercato ma il peso dello Stato si deve sentire quando serve, nel bene e nel male.
Sulla volontarietà non saprei dire. Secondo me una riforma dell'INPS in cui ognuno riceve almeno quanto versa (con rendita perpetua o in unica soluzione) come se fosse un'assicurazione sulla vita dovrebbe essere fatta a prescindere dal reddito universale. Ed in questo caso dovrebbe essere obbligatoria.
Con il reddito universale cadrebbe la necessità dell'obbligatorietà ma comunque se fossi Stato prevederei delle forme di vantaggio fiscale tale da suggerire quasi spintaneamente :d: l'adesione.
E questo perchè il reddito universale, per non avere effetti troppo distorsivi, non può essere di importo tale da soddisfare le esigenze sanitarie e di assistenza di un anziano e chi non lo è (i giovani) non può capirlo finchè non lo diventa (o lo vive indirettamente sulla propria pelle).
 
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nagual

mondo patafisico
Il tempo della vendetta.
Un'interessantissima intervista a Bifo, Franco Berardi, che ho appena letto. Ne riporto un ampio estratto.

Franco Berardi: umiliazione, paura e volontà di vendetta


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Hai scritto che “Se vogliamo trovare una via d’uscita, dobbiamo guardare la bestia negli occhi”. Cosa c’è nel fondo degli occhi della bestia?
Definiamo la bestia intanto: nel XX secolo a più riprese si è identificato con l’espressione “la bestia” il nazismo, diciamo il nazismo storico. Noi oggi non siamo di fronte a mio parere a una riedizione pura e semplice del fascismo, e neppure a rigore del nazismo storico, per tante ragioni. Ragioni che riguardano soprattutto la qualità soggettiva psichica, e vorrei dire demografica. Il fascismo è un fenomeno giovanile, il trumpismo è un fenomeno senile, il fascismo è un fenomeno di esaltazione della potenza virile, il trumpismo è un effetto della volontà di potenza frustrata, dell’impotenza. Però se guardiamo negli occhi la bestia che cosa vediamo? Vediamo mi pare prima di tutto l’umiliazione. In secondo luogo la paura. In terzo luogo la volontà di vendetta.

Partiamo dall’umiliazione
Umiliazione, paura e volontà di vendetta sono tre categorie che il marxismo non ha frequentato, invece sono decisive per capire quello affrontiamo oggi. Umiliazione: noi abbiamo a che fare con una popolazione che dagli anni ’80 in poi è stata indottrinata con l’idea secondo cui tutti ce la possono fare, a patto che siano disposti ad accettare la regola della competizione e la regola del sacrificio del tempo, della vita. Per farla breve, lavorare alle condizioni che il capitale decide ti permetterà di realizzare il sogno, americano, o italiano.

La famiglia perfetta, la station wagon, il labrador…
Sì, diciamo che accettare quelle regole ti permetterà di vincere. Ecco: 30 anni dopo i poveracci che hanno creduto in questa favola – cioè la grande maggioranza della popolazione occidentale – si sono resi conto che gli avevano fregato la vita. “Io ti ho dato trent’anni e alla fine tu mi prolunghi la pensione, mi dimezzi il salario, mi chiudi l’ospedale, mi privatizzi la scuola e poi mi fai anche una pernacchia?”. A quel punto non ho altra parola per definire la condizione di massa che non sia umiliazione.

Come si passa dall’umiliazione alla paura?
L’umiliazione si accompagna alla percezione terrorizzata che contemporaneamente c’è una massa di poveri – più poveri degli umiliati – che stanno premendo alle frontiere. E quelli fanno figli, mentre io non sono più in grado di farne, per tante ragioni. Benissimo, questa è la seconda condizione: che cosa posso fare?

Vendicarsi alla cieca
La sola cosa che posso fare è vendicarmi.



Ma contro chi mi vendico? Contro il potere finanziario? È imprendibile, è un’astrazione. L’unica figura contro cui me la posso prendere sono quelli che mi hanno venduto al sistema finanziario.



Cioè una lista di nomi che vanno da Tony Blair a Gerhard Schröder, a Massimo d’Alema, a Matteo Renzi, a Hollande. La sinistra. L’élite. Quelli lì.

Quelli che avrebbero dovuto difenderti
In teoria. Invece ci hanno condotto mano nella mano nell’abisso in cui ci troviamo oggi. Questo spiega tutto. A quel punto è inutile che tu gli dici “Guarda Trump, che mascalzone, che puttaniere, che ladro, che assassino” perché ti rispondono “Perfetto! È esattamente quello che mi occorre”. Non voglio un mondo migliore, se so già che non lo avrò mai. Voglio vendicarmi di Hillary Clinton. Se Trump fa piangere Hillary Clinton – e non c’è nessuno migliore di Trump per umiliare la gente – è perfetto. È la vendetta. E la vendetta non vuole sentir ragioni. Non ti importa. Quando tu ti vendichi non vuoi che te ne venga qualcosa, vuoi che il tuo nemico pianga. Basta, tutto qui.

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Oggi soprattutto online si dice che la verità non conti più. Ma è mai contata?
Stavo per dirtelo io. È mai esistita? Il discorso pubblico è sempre stato intessuto di flussi di menzogna intenzionale o non intenzionale. E basta ricostruire la storia d’Italia degli anni ’70 ’80 per capire che insomma… le fake news non sono una novità.

A me fa impazzire questa cosa: sembra che ci siamo svegliati adesso ed “Ehi, qualcuno mente!”. Come se negli anni di piombo l’informazione fosse limpida, cristallina
Qualcosa è cambiato. Qualcosa è cambiato eccome, è cambiata la densità, la velocità del discorso pubblico.



Siamo entrati in una condizione nella quale la possibilità di distinguere non il vero dal falso, ma l’utile dal dannoso, ciò che è utile per te da ciò che ti farà del male, ciò che è piacevole da ciò che è spiacevole, non è un problema metafisico di verità, è un problema pragmatico di utilità.



Bene: la capacità di distinguere è svanita. E non è svanita perché il messaggio è cambiato, ma perché la dimensione quantitativa, l’intensità del messaggio – cioè la velocità del flusso informativo – ha superato le capacità di elaborazione cosciente di cui dispone la mente umana. Il ragionamento va spostato dall’infosfera alla psicosfera.

Dici che il vero disastro è lì?
La forma dell’infosfera è determinante, ma il luogo in cui il disastro è accaduto è la mente umana. Occorrerebbe avere il coraggio di ricostruire la capacità critica. Perché la critica non è un dato naturale nella mente umana. La capacità di distinzione tra verità e falsità, tra bontà e cattiveria, tra questo e quello, è qualcosa che si forma particolarmente nell’epoca moderna e si fonda a partire dalla vasta diffusione del testo scritto. Dalla stampa. Noi siamo usciti da quella condizione. Il pensiero critico oggi è appannaggio di una piccolissima minoranza. Quanta gente compra i giornali nel nostro tempo?

Diciamo quasi solo i pensionati
Una minuscola percentuale, una minuscola percentuale di anziani. La critica non significa niente in quella che Byung-Chul Han definisce shitstorm. Nella tempesta di merda non hai tempo di valutare e neanche ti interessa molto decidere quale merda è buona e quale merda è cattiva. È merda, ci sei dentro e non ne puoi venire fuori. E quindi bisogna inventare una facoltà di autodefinizione del discorso che per il momento non è alla nostra portata.

C’è tutto un filone ottimista sull’automazione, poi ci sono quelli che sostengono che il welfare ce lo pagherà Google o Facebook tra 20, 30, 40 anni. Che idea ti sei fatto di questo dibattito?
È un dibattito intanto interessante. Perché tocca la questione vera, essenziale cioè la creazione di una nuova sfera produttiva, che sfugge alle caratteristiche della produzione industriale, ma che sfugge anche alle modalità politiche di governo della modernità. Si tenta di capire come quel mondo produttivo potrà ridefinire i rapporti con la società. Le soluzioni che vedo emergere fino a questo punto però mi paiono molto deboli.

Perché ti sembrano deboli?
Sono soluzioni che passano attraverso la sovranità dello stato nazionale. Vedi il tentativo che l’Unione Europea sta facendo di sottoporre le grandi corporation a una qualche forma di tassazione: ecco, tutto questo non dubito che sia ben intenzionato, ma mi pare inefficace. Per tante ragioni.



La prima ragione è che il potere delle corporation virtuali è totalmente deterritorializzato. Google appartiene agli Stati Uniti? No. Sono gli Stati Uniti ad appartenere a Google. È questa la cosa che bisogna riuscire a comprendere.



È il rapporto tra l’agente regolatore e l’agente che si dovrebbe regolare che è completamente mutato rispetto al passato della modernità.

All’inizio dicevi della possibilità…
La regolazione – anche se è una parola che non mi piace, è una parola debole, passata – sulle agenzie deterritorializzate può avvenire solo dall’interno. E quando dico interno non intendo la cortesia, la bontà d’animo, di Larry Page o di Mark Zuckerberg, penso agli 80mila lavoratori di Google, penso ai milioni di persone che nel mondo partecipano al ciclo di produzione della rete.

Si ripartirà da lì?
Quelli lì sono la soggettività che può qualcosa. Il futuro. A me interessano coloro che in quanto programmatori, in quanto designer, determinano i mutamenti dell’infrastruttura. Ecco: se noi riuscissimo a individuare e attivare politicamente questi milioni di persone inizieremmo un processo di liberazione dal semiocapitalismo, e di auto organizzazione dell’intero lavoro. Ci tengo moltissimo a dire che la capacità non è cancellata, esiste, ma per giungere a quella possibilità dobbiamo attivare una potenza: solidarietà, empatia. Non ci manca la possibilità, ma la potenza: come si attiva quella potenza? Questo è il campo sul quale indagare.
 

nagual

mondo patafisico
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"Nella tempesta di merda non hai tempo di valutare e neanche ti interessa molto decidere quale merda è buona e quale merda è cattiva. È merda, ci sei dentro e non ne puoi venire fuori. E quindi bisogna inventare una facoltà di autodefinizione del discorso che per il momento non è alla nostra portata."
 

nagual

mondo patafisico
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17 marzo

Il crollo delle borse è talmente grave e persistente che non fa più notizia.

Il sistema borsistico è diventato la rappresentazione di una realtà scomparsa: l’economia dell’offerta e quella della domanda sono sconvolte e rimarranno a lungo indifferenti alla quantità di denaro virtuale che circola nel sistema finanziario. Ma ciò vuol dire che il sistema finanziario sta perdendo la sua presa: nel passato le fluttuazioni matematiche determinavano la quantità di ricchezza cui ciascuno poteva avere accesso. Ora non determinano più niente.

Ora la ricchezza non dipende più dal denaro di cui disponiamo, ma da quello che appartiene alla nostra vita mentale.

Dobbiamo ragionare su questa sospensione del funzionamento del denaro, perché forse qui sta la chiave di volta per uscire dalla forma capitalistica: rompere definitivamente il rapporto tra lavoro, denaro e accesso alle risorse.

Affermare una diversa concezione della ricchezza: ricchezza non è la quantità di equivalente monetario di cui dispongo, ma la qualità di vita che posso esperire.

L’economia entra in una fase recessiva, ma questa volta non servono a molto le politiche di sostegno all’offerta, e neppure quelle di sostegno alla domanda. Se la gente ha paura di andare a lavorare, se la gente muore, non si può rilanciare nessuna offerta. E se stiamo chiusi in casa non si può rilanciare nessuna domanda.

Un mese, due mesi, tre mesi… Bastano per bloccare la macchina, e questo blocco avrà effetti irreversibili. Chi parla di ritorno alla normalità, chi pensa di poter riattivare la macchina come se niente fosse accaduto non ha capito bene cosa sta succedendo.

Si tratterà di inventare tutto da capo, perché la macchina riprenda a funzionare. E noi dobbiamo essere là, pronti a impedire che riprenda a funzionare come ha funzionato negli ultimi trent’anni: la religione del mercato e il liberismo privatista sono da considerare come crimini ideologici. Gli economisti che da trent’anni ci promettono che la cura per ogni malattia sociale è il taglio della spesa pubblica e la privatizzazione andranno socialmente isolati; se provano ad aprire nuovamente bocca, andranno trattati per quello che sono: degli idioti pericolosi."

Reset | Not | NERO
 

nagual

mondo patafisico
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Ma la realtà è molto più radicale delle ipotesi più radicali: la finanza ha già chiuso, anche se le borse rimangono aperte, e gli speculatori guadagnano i loro sporchi dollari scommettendo sul fallimento e la catastrofe, come hanno fatto i senatori repubblicani Barr e Lindsay.

La crisi che verrà non ha niente a che fare con quella del 2008, quando il problema era generato dagli squilibri della matematica finanziaria. La depressione a venire dipende dall’intollerabilità del capitalismo per il corpo umano e per la mente umana.

La crisi in corso non è una crisi. È un Reset. Si tratta di spegnere la macchina e di riaccenderla dopo un po’. Ma quando la riaccendiamo possiamo decidere di far sì che funzioni come prima, con la conseguenza di ritrovarci da capo dentro nuovi incubi. Oppure possiamo decidere di riprogrammarla, secondo scienza coscienza e sensibilità.

Quando questa storia finirà (e non finirà mai in un certo senso, perché il virus potrà recedere ma non scomparire, e potremo inventare vaccini, ma i virus muteranno) entreremo comunque in un periodo di depressione straordinaria. Se pretenderemo di tornare alla normalità avremo violenze, totalitarismo, stragi, e l’estinzione della razza umana entro la fine del secolo.

Quella normalità non deve ritornare.

Non dovremo chiederci cosa va bene alle borse, all’economia del debito e del profitto. La finanza è andata a fare in culo, non ne vogliamo più sentir parlare. Dovremo chiederci cosa è utile. La parola «utile» dovrà essere l’alfa e l’omega della produzione, della tecnologia e dell’attività.

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