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Abbattiamo la Frode Bancaria e il Signoraggio

18 agostohttps://it-it.facebook.com/pages/Abbattiamo-la-Frode-Bancaria-e-il-Signoraggio/208622872545749#


STATI UNITI D'EUROPA - NUOVO ORDINE MONDIALE

"Dividendo gli elettori attraverso il sistema dei partiti politici, possiamo far spendere le loro energie per lottare su questioni insignificanti. Di conseguenza, con un'azione prudente abbiamo la possibilità di assicurarci quello che è stato pianificato così bene e portato a termine con tanto successo..”

USA Banker's Magazine (Rivista dei banchieri americani), 25 Agosto 1924
 

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MONDO ECONOMICS FORSE È SCIENZA C'ERA UNA VOLTA LA NERA SEI SICURO? EDITORIALI 0 Share on facebook Share on twitter Share on email Share on print Share on gmail Share on stumbleupon More Sharing Services KIEV (CON L'AIUTO NATO) STA METTENDO A FERRO E FUOCO L'EST PERCHE' C'E' IL PIU' GRANDE GIACIMENTO MONDIALE DI GAS SCISTO giovedì 21 agosto 2014 LONDRA - Era chiaro fin dall'inizio che il coinvolgimento di USA e UE nel conflitto ucraino non aveva niente a che fare con l'instaurazione di un regime democratico e solo un'idiota potrebbe pensare il contrario visto i risultati delle guerre umanitarie in medioriente. Ovviamente si sapeva che lo scopo era di indebolire la Russa ma un'altro motivo che viene convenientemente censurato dalla stampa di regime e' dovuto alla presenza di depositi di gas di scisto, che i paesi occidentali dovrebbero apprestarsi a sviluppare e che si trovano sen sud est dell'Ucraina. Secondo fonti del governo Continua KIEV (CON L'AIUTO NATO) STA METTENDO A FERRO E FUOCO L'EST PERCHE' C'E' IL PIU' GRANDE GIACIMENTO MONDIALE DI GAS SCISTO Siamo alle ultime curve prima dell'arrivo: Ue e euro stanno per crollare. Articolo di fondogiovedì 21 agosto 2014 Una settimana fa, Ambrose Evans Pritchard del Telegraph ha scritto un accorato articolo economico con il quale ha consigliato - forse meglio: esortato - Matteo Renzi a trarre la conclusione che l'unica via per salvare l'Italia dal default, che disintegrerebbe tanto la nazione quanto l'Europa, è farla uscire dall'euro e anche dalla UE, cancellando l'assurda gabbia di vincoli e limitazioni che la stanno ammazzando. Ieri, è stata la volta di Jacques Sapir, valente economista francese. Ha scritto un appello direttamente indirizzato a Hollande nel quale
 

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Siamo alle ultime curve prima dell'arrivo: Ue e euro stanno per crollare.

giovedì 21 agosto 2014
Una settimana fa, Ambrose Evans Pritchard del Telegraph ha scritto un accorato articolo economico con il quale ha consigliato - forse meglio: esortato - Matteo Renzi a trarre la conclusione che l'unica via per salvare l'Italia dal default, che disintegrerebbe tanto la nazione quanto l'Europa, è farla uscire dall'euro e anche dalla UE, cancellando l'assurda gabbia di vincoli e limitazioni che la stanno ammazzando.
Ieri, è stata la volta di Jacques Sapir, valente economista francese. Ha scritto un appello direttamente indirizzato a Hollande nel quale ha scritto: "Signor Presidente della Repubblica, il nostro paese sta assistendo da diversi anni ad una profonda crisi che non cessa di aggravarsi. Con una crescita dello 0% nel primo semestre dell'anno, la situazione è oggettivamente grave. Questa crisi non scomparirà finché non verranno prese le necessarie decisioni nella direzione giusta. Le cifre che abbiamo visto smentiscono le varie dichiarazioni sue e del suo governo, che si sono susseguite fin dal 2012. Non c'è alcuna inversione di marcia nella curva della disoccupazione, e lei passerà alla storia come l'Hoover francese, che ad ogni bivio si aspetta di vedere la crescita. Dobbiamo riconoscere la verità. La Francia è oggi sull'orlo della deflazione, e quest'ultima causerà una recessione ancora più profonda, con ancora più disoccupazione e più miseria per la popolazione. Signor Presidente, la gravità della situazione esige da parte sua degli atti importanti, degli atti decisivi. Lei deve riconoscere che il governo Valls è un fallimento, e trarne le conseguenze. Lei deve, soprattutto, mettere immediatamente la Germania di fronte alle sue responsabilità. Nessun paese può, all'interno di un'unione economica e monetaria, avere un avanzo strutturale come quello tedesco. Si deve dunque uscire dall'eurozona, e prendere atto che la soluzione più probabile è che alla fine la Francia esca. Non usciremo da soli. Appena sarà dato l'annuncio della nostra uscita, e questo si può fare piuttosto rapidamente, come lei sa bene, anche l'Italia, la Spagna, il Portogallo e il Belgio annunceranno di volerci imitare. La Grecia seguirà rapidamente. La rottura dell'eurozona renderà possibile per la Francia far sentire nuovamente la propria voce. Un accordo di co-fluttuazione dei tassi di cambio potrà essere firmato con alcuni paesi. La svalutazione che seguirà, tanto verso la zona del dollaro quanto verso la Germania, restituirà all'economia francese le forze necessarie per affrontare le sfide del 21° secolo".
Non è un caso se due tra i migliori analisti europei, quali sono Pritchard e Sapir, contemporaneamente esprimano la medesima idea: la fine dell'euro. Non è un caso nemmeno che la Commissione europea sia arenata in attesa d'affondare il 30 agosto - tra pochi giorni - quando l'inconcepibile Juncker dovrà prendere atto che rivalità, ripicche, ricatti e vendette incrociate impediscono la formulazione di una lista di "commissari" in grado d'essere nominati e accettati da tutti. Senza poi parlare della candidatura italiana di Miss Mogherini a ministro degli Esteri UE, la definitiva scemenza di un governo d'arrangiati, inadeguati, dilettanti.
Dico non è un caso perchè l'Unione Europea ha davvero i giorni contati. Tutti i segnali possibili lo indicano: economici, finanziari, politici. Nessuno può sapere al momento come avverrà lo schiantoma dato che al comando della UE c'è l'oligarchia bancaria che fa capo alla Bundesbank e alla BCE, è molto probabile che il tracollo della UE passi attraverso una ingestibile e definitiva crisi sistemica dell'euro.
Il segnale in arrivo dagli Stati Uniti è chiarissimo e somiglia molto a una dichiarazione di guerra: la Fed ha annunciato che interromperà definitivamente le iniezioni di decine di miliardi di dollari al mese che passano sotto il nome di quantitative easing. Seguirà a breve l'aumento dei tassi d'interesse a cui a sua volta farà seguito la fuga - l'esodo di massa - di capitali dalla zona euro verso gli Stati Uniti.
E la BCE non potrà farci proprio niente. Se alzasse il tasso di sconto per rendere appetibile la permanenza dei capitali nella zona euro, la deflazione farebbe un salto in alto da spavento e nel medesimo istante Italia, Portogallo, Grecia e Spagna dichiarerebbero default, dato che anche gli interessi sui rispettivi debiti subirebbero aumenti ingestibili. Se invece lasciasse le cose come stanno, bè, già detto: emorragia mortale e fine di tutto.
Come vedete, molte e diverse cose concorrono alla fine dell'Unione Europea e del suo terrificante veleno, l'euro.
E il tempo corre.
max parisi

 

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Lerner: dopo Renzi arriverà Draghi, il podestà della Troika


Scritto il 22/8/14 • nella Categoria: idee



Nuovo primo ministro “tecnico” non appena Renzi sarà rottamato dalla crisi o nuovo presidente, dopo Napolitano, per correggere dal Quirinale il “dilettante” di Firenze? Mario Draghi, che – di fronte all’euro-catastrofe raccomanda ancora più potere a Bruxelles – torna in pole position, sulla scena italiana, come primattore dei poteri forti: fine dellla residua sovranità nazionale, sbaraccamento definitivo dello Stato, estizione storica della democrazia elettorale e parlamentare. Ormai se ne parla apertamente anche in seno al Pd, racconta Gad Lerner, che di recente ha partecipato a un’assemblea dei deputati, raccogliendo anche «istruttuive conversazioni informali» prima dell’incontro. «Per la prima volta – scrive Lerner nel suo blog – in Transatlantico da più parti mi sono pervenuti accenni al “dilettantismo” con cui il governo formula i provvedimenti legislativi e al suo eccesso di improvvisazione». Ma soprattutto, aggiunge, «ho sentito dare per scontato il nome dell’uomo della provvidenza nel caso, ormai apertamente ipotizzato, di un fallimento di Renzi: Mario Draghi».
«È fantapolitica, lo so», premette Lerner. «Di Draghi si parla più realisticamente per la successione di Napolitano al Quirinale, e magari dal colle più alto potrebbe operare la “supervisione” di un governo “dilettantesco”». Poi, però, è giunto da Francoforte l’auspicio a una cessione di sovranità da parte degli Stati nazionali all’Unione Europea anche in materia di riforme. «Un invito tagliato su misura per l’Italia in recessione». E allora, conclude Lerner, «ho pensato che il podestà forestiero necessario a governare la penisola, il sostituto della Troika, in fondo ce l’abbiamo in casa e parla italiano». Durante la breve stagione del governo Letta, Draghi partecipò a una cena con Napolitano a casa di Eugenio Scalfari, a Roma. E’ dall’epoca del “Britannia” – il summit con la finanza anglosassone per la maxi-privatizzazione dell’Italia, all’inizio degli anni ‘90 – che Draghi è il principale crocevia delle vicende italiane. «Il cattivo discepolo», l’ha ribatezzato l’economista italo-danese Bruno Amoroso, compagno di scuola di Draghi all’epoca in cui erano entrambi allievi del professor Federico Caffè, insigne pensatore di scuola keynesiana, misteriosamente scomparso nel nulla il 15 aprile 1987.
A “traviare” Draghi, allontanandolo dalla scuola di economia democratica di Caffè, secondo Amoroso sarebbe stato il trasferimento negli Usa e il reclutamento nella Banca Mondiale. Draghi è stato a lungo direttore generale del Tesoro durante le grandi privatizzazioni degli anni ‘90. Il Tesoro era stato staccato dalla Banca d’Italia su iniziativa di Andreatta e Ciampi: la banca centrale aveva smesso di funzionare da “bancomat” a costo zero per il paese e il debito pubblico – messo all’asta, a beneficio della speculazione finanziaria internazionale – era di colpo raddoppiato, ricorda Nino Galloni, già consulente di Andreotti quando il “divo Giulio” condusse – sottobanco – una disperata battaglia per impedire che l’Italia finisse nella costruenda Eurozona a condizioni di sfavore. In seguito, Draghi lavorò per la sistematica privatizzazione del sistema bancario italiano. Di qui le “promozioni” a catena, prima alla guida di Bankitalia e poi al vertice della Bce. Se Renzi può far sorridere i maggiori leader europei, dalla Merkel a Cameron, secondo Gad Lerner il piano-B è già pronto, per piegare definitivamente l’Italia ai diktat dell’oligarchia finanziaria: «Draghi è il podestà forestiero che parla italiano». A “sistemare” il paese, nel caso, ci penserà lui.
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Stark, ex vicepresidente della Bundesbank : l’attuale sistema economico è pura finzione
22 agosto 2014Di Ticino Live
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L’ottimismo a tutti i costi e il non voler vedere la disastrosa realtà della situazione economica e finaziaria è qualcosa di molto pericoloso, perchè il sistema finanziario mondiale non è mai stato così fragile. I rischi di rottura sono molto concreti, anche se le banche centrali e le autorità politiche continuano a lanciare assurdi messaggi incoraggianti.
Jaime Caruana, General manager della BIS di Basilea (la banca centrale delle banche centrali) teme un nuovo disastro alla “Lehman Brothers”, causato dall’aumento del debito a livello mondiale e dichiara che nella loro caccia al guadagno, gli investitori ignorano la prospettiva di tassi d’interesse più alti.
Maximilian Zimmerer, Chief Investment Officer della compagnia di assicurazione Allianz (la più grande a livello europeo) dichiara che “niente è stato risolto e tutti lo sanno.”
Lo scorso maggio, Jürgen Stark, ex vice presidente della banca centrale tedesca, ha dichiarato che l’attuale sistema economico è pura finzione.
Dichiarazioni di questo genere si contano a centinaia.
Anche se dal crollo di Bretton Woods vi sono stati fallimenti bancari e crisi di Stato, la situazione attuale è unica, perchè :
> mai il mondo finanziario ed economico è stato tanto interdipendente,
> mai il livello globale dell’indebitamento è stato tanto alto,
> mai il “shadow banking” è stato tanto importante,
> mai le nostre economie sono state tanto dipendenti dal gas, dal petrolio e dall’elettricità,
> mai chi detiene il potere economico e finanziario ha basato così tanto le proprie decisioni su modelli matematici inadeguati.
Negli Stati Uniti :
> si osserva un aumento costante della disoccupazione,
> Wall Street raggiunge i massimi perchè le società riacquistano le proprie azioni (e per farlo, alcune si indebitano massicciamente),
> le assicurazioni contro i crash in Borsa diventano sempre più care,
> la classe media riduce anche i consumi a basso prezzo,
> il 70% degli americani pensa che il peggio della crisi deve ancora arrivare,
> la bolla dei prestiti agli studenti continua a espandersi,
> il mercato immobiliare mostra nuovi segni di indebolimento,
> il governo americano se ne infischia del mostruoso debito nazionale (circa 17’660 mila miliardi di dollari),
> una siccità catastrofica mette in ginocchio la costa est del paese,
> lo statuto del dollaro come moneta di riserva internazionale è sempre più minacciato,
> la Federal Reserve si prepara a imporre restrizioni sui prelievi di liquidità da certi fondi obbligazionari, …
In Europa la situazione è molto fragile e ben nota ed è inutile fare la lista dei disastri economici, sociali e finanziari.
Alla fine di ottobre, la Banca centrale europea terminerà l’analisi della qualità degli attivi di 130 banche della Zona euro. Sono attesi risultati deludenti e le misure che verranno prese saranno severe.

(Fonte : les-crises.fr)
L’articolo Jürgen Stark, ex vicepresidente della Bundesbank : l’attuale sistema economico è pura finzione sembra essere il primo su Ticinolive.


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WASHINGTON POST: ''HANNO FATTO UN DESERTO E LO HANNO CHIAMATO EUROZONA, UNA DELLE PIU' GRANDI CATASTROFI DELLA STORIA''

venerdì 22 agosto 2014
WASHINGTON - E' venuto il tempo di chiamare l'eurozona per ciò che è veramente: una delle più grandi catastrofi della storia economica.
Ce ne sono state parecchie, recentemente. Non si tratta solo della Grande Recessione. È anche il modo in cui ci siamo affannati per recuperare il terreno perduto. Gli Stati Uniti, per dirne una, hanno avuto la ripresa più lenta dal dopoguerra ad oggi. La Gran Bretagna, ugualmente, ha avuto una ripresa molto lenta. Dopo sei anni e mezzo, però, l'Europa si distingue per non aver avuto proprio nessuna ripresa. E sta facendo peggio del peggio degli anni '30.
Il PIL europeo tuttora non è ritornato ai suoi livelli del 2007, e non sembra che riuscirà a tornarci di qui a breve. Infatti già non era chiaro se la sua ultima recessione fosse finita, quando abbiamo visto che nel secondo trimestre l'eurozona aveva nuovamente smesso di crescere. E nemmeno la Germania è rimasta immune: il suo PIL è caduto dello 0,2 percento rispetto al trimestre precedente.
È stato un disastro indotto dalle scelte politiche. Troppa austerità di bilancio e troppo poco stimolo monetario hanno paralizzato la crescita come non era quasi mai accaduto prima. L'Europa sta facendo peggio del Giappone nel suo "decennio perduto", peggio del blocco della sterlina durante la Grande Depressione, e meglio di stretta misura del blocco del gold standard — anche se nemmeno questa nota positiva è veramente tale. Perché, di questo passo, ci vorrà solamente un altro anno perché l'eurozona abbia fatto peggio anche del blocco del gold standard.
Così, com'è che l'Europa riesce a far apparire la Grande Depressione come il buon tempo andato della crescita? Facile: ha ignorato tutto ciò che avevamo appreso da essa.
A quel tempo c'erano due tipi di paesi: quelli che avevano già lasciato il gold standard e quelli che stavano per farlo. Ma quel "stavano per farlo" avrebbe impiegato un po' di tempo. Perché i governi erano sentimentalmente attaccati all'oro, sebbene, come mostrato da Barry Eichengreen, rinunciare avrebbe poi portato alla ripresa. Essi semplicemente equiparavano il gold standard alla civiltà, e pertanto erano disposti a sacrificare le proprie economie per esso. E infatti le sacrificarono, sebbene in extremis sono stati messi dei limiti.
La Gran Bretagna, per esempio, nel 1931 rifiutò di alzare i tassi per difendere il gold standard, perché la disoccupazione era già al 20 percento. Decise invece di svalutare, e il resto del "blocco della sterlina" — Svezia, Finlandia, Norvegia, Danimarca, Portogallo, e Canada — seguirono l'esempio (un risvolto positivo). L'ironia, naturalmente, è che questa debolezza economica li rese più forti. Abbandonare l'oro gli permise di dare quello stimolo fiscale e monetario che spinse una ripresa piuttosto rapida.
Poi c'erano i duri a morire. Paesi che avevano un sacco di oro, come la Francia, potevano effettivamente restare nel gold standard se volevano — e così fecero. Fecero passare delle misure di austerità una dopo l'altra, in sacrificio all'oro onnipotente, e ne pagarono il prezzo economico. Non ebbero un tracollo come gli USA, ma nemmeno riuscirono a riprendersi (linea gialla). Il circolo vizioso dei prezzi in calo, della disoccupazione in aumento e dei crescenti tagli di bilancio li portarono in una recessione infinita. Fino a che, s'intende, la Francia e i restanti paesi del "blocco del gold standard", che al suo picco includeva Belgio, Polonia, Italia, Olanda, e Svizzera, riunciarono finalmente alle loro illusioni da re Mida nell'ottobre del 1936. Seguì la ripresa.
Come ho già detto, l'euro è il gold standard con un'autorità morale. E quest'ultima parte è il problema. Gli europei non pensano che l'euro rappresenti in sé la civiltà, ma piuttosto che ne sia il baluardo a difesa. È un monumento di carta alla pace e alla prosperità, che ha reso quest'ultima impossibile. Pertanto gli eurocrati che hanno speso la loro vita a costruirlo non saranno mai disposti a distruggerlo, nonostante il fatto che, per com'è attualmente, l'euro si frapponga tra loro e la ripresa.
Proprio come negli anni '30, l'Europa è bloccata in un sistema di cambi fissi che non gli permette di stampare, spendere, o svalutare per uscire dalla crisi. Ma, al contrario di allora, si rischia che l'Europa alla fine non si arrenda. È una fedeltà al fallimento che nemmeno il blocco del gold standard avrebbe potuto immaginare. E ciò fa sì che la BCE sia l'unica speranza dell'Europa — il che significa probabilmente una condanna.
Ora, per essere onesti, la BCE guidata da Draghi ha fatto più o meno ciò che poteva, entro i suoi limiti legali e politici. Ma la disoccupazione non si risolve così. E questi limiti non sono destinati a sparire, o almeno non abbastanza, per poter evitare uno o due decenni perduti. Al contrario, la BCE continuerà probabilmente a fare il minimo indispensabile: un po' di tiepido quantitative easing, che finirà non appena la Germania tornerà a crescere un po' di più.
Hanno fatto un deserto e l'hanno chiamato eurozona.
Articolo scritto da Matt O'Brien per il Washington Post e tradotto da Voci dall'estero - che ringraziamo.

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