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Oro o cannonate: agire contro il crollo del dollaro

ottobre 27, 2014 2 commenti

Christof Lehmann New Eastern Outlook 27/10/2014
Il crollo dell’economia è inevitabile, ha detto l’ex-capo economista della Banca dei regolamenti internazionali (BRI) William White in risposta alla relazione trimestrale del BRI di settembre 2013. Gli esperti prevedono che il collasso economico globale possa verificarsi all’improvviso tra la fine del 2014 e il 2015. Il fatto che gli interessi privati detengano Federal Reserve, Banca Centrale d’Inghilterra e le istituzioni di Bretton Woods rendono improbabile che i governi di Stati Uniti, Regno Unito e Unione europea possano impedirne il crollo. Le loro politiche sono sostanzialmente invariate dall’inizio del 2013, quando il vicegovernatore della Banca Popolare cinese Yi Gang ha sottolineato che la Cina non prevede una guerra economica, ma che vi si è preparata. Gli Stati dei BRICS da allora capitalizzano la Banca di sviluppo dei BRICS; l’asse Stati Uniti/Regno Unito e Unione europea hanno lanciato la guerra delle sanzioni alla Russia e la guerra civile in Ucraina. Nel 2014, la Cina comincia ad aprire il settore bancario a investimenti e banche esteri su scala inaudita; l’Australia è impantanata tra pressione degli Stati Uniti e tendenza ad utilizzare le attraenti e sicure opportunità cinesi. Thailandia, Malaysia e altre economie sono sempre più incoraggiante dai loro investitori a studiare il mercato cinese. Con il sistema di Bretton Woods sull’orlo del collasso e possibili conflitti incombenti, l’oro e le nuove economie basate sull’oro attraggono, in alcuni casi più in altri casi una meno esitante attenzione dai governi di tutto il mondo. La tendenza è, sebbene a malincuore accettata, impossibile da ignorare. La Cina ha superato gli Stati Uniti come prima economia mondiale per potere d’acquisto, ed è pronta a diventare la No.1 per PIL entro un anno, riporta il FMI.
Evitare la confusione dei principi. Fiat vs oro
Le valute fiat non sono necessariamente più instabili delle valute basate sui beni. Hanno vantaggi e svantaggi. Le materie prime, ad esempio l’oro, hanno un valore intrinseco dovuto alla presenza fisica e al valore del lavoro investito nell’estrazione e raffinazione dell’oro. Un problema con l’oro è che è limitato, come altre materie prime e non è equamente distribuito nel mondo. L’oro, in altre parole, non è una panacea contro la geopolitica e i conflitti per le risorse. Le valute fiat sono, in linea di principio, infinite. Stampare sempre moneta a corso forzoso senza adattarsi a valori come materie prime, merci, forza lavoro o potenziale produttivo, implica che le prime potenze militari possano essere tentate di costringere le altre ad accettare, in linea di principio, una moneta senza valore fiat che potrebbero contraffare. Gli Stati Uniti, con la loro geopolitica militare e il costringere più volte altre nazioni, come l’Iraq, ad accettare il dollaro dei regolamenti internazionali o a subire una guerra, sostanzialmente producono denaro contraffatto per risolvere i propri bilanci; l’uso di eufemismi come quantitative easing per coprire la fallimentare politica della contraffazione, è un buon esempio dei problemi e rischi inerenti le valute fiat. Mentre le valute fiat non sono necessariamente migliori o peggiori dei sistemi basati sull’oro, il maggiore problema dell’utilizzo di valute fiat negli accordi economici tra le nazioni, è piuttosto il fatto che alcune banche nazionali sono di proprietà privata; cioè, i proprietari sono parte delle reti canaglia che hanno in ostaggio il governo di uno Stato. Lo stesso vale per le istituzioni di Bretton Woods, come FMI e Banca Mondiale. Altre economie nazionali funzionano bene con valute a corso forzoso, a condizione che la banca nazionale sia una realtà nazionale e che la moneta non sia creata come debito. L’attuale “corsa” all’oro, in altre parole, non è causato da vantaggi intrinseci e superiori delle economie basate sull’oro, ma piuttosto dalle dinamiche conflittuali dell’attuale politica internazionale.
L’illusione che un mercato sotto pressione possa mantenere liquidità
La relazione trimestrale realisticamente pessimista della Banca dei Regolamenti Internazionali, del settembre 2013, indicò il quantitative easing della Banca centrale europea e della Federal Reserve Bank degli Stati Uniti come uno dei principali fattori che potrebbero causare il collasso economico globale. Gli esperti concordano sul fatto che la Federal Reserve e la Banca centrale europea hanno perso il controllo sul diluvio di denaro e debito che creano. Il rapporto della BRI ha osservato, in tante parole, che è impossibile per Federal Reserve e BCE rimettere il dentifricio nel tubetto, mentre, all’epoca, il governatore della Federal Reserve, Ben Bernanke, continuava a spremere il tubetto. L’ex-capo economista della BIS William White ha avvertito, in modo inequivocabile, che il mondo è diretto verso un inevitabile crollo economico globale. White ha osservato che la bolla del credito globale sta per scoppiare e che la percentuale dei prestiti di rischio estremo è balzata del 45 per cento a metà 2013. Cioè, l’interesse sui prestiti di rischio estremo è il dieci per cento in più dalla comparsa della crisi economica globale nel 2007. Parlando a The Telegraph, White ha aggiunto che la situazione nel 2013 era peggiore di prima del crollo di Lehmann Brothers. Il giornale citava White, “Tutti gli squilibri precedenti sono ancora lì. Il totale dei debiti pubblico e privato è del 30 per cento più elevato nel PIL delle economie avanzate di quanto non fosse allora, aggiungendovi il problema del tutto nuovo delle bolle nei mercati emergenti che intendono inserirsi nel ciclo del boom“. White prevede che il collasso economico possa essere improvviso, aggiungendo il problema che la politica finanziaria degli Stati Uniti è imprevedibile e che sia un’illusione credere che un mercato sotto stress possa mantenere liquidità. I problemi di liquidità degli Stati Uniti sono evidenti dal 2013, quando la Federal Reserve respinse i sindaci tedeschi venuti a controllare le riserve d’oro della Germania negli Stati Uniti. Nel 2013 la Germania, come molti altri, iniziò la copertura contro il crollo economico atteso tentando di rimpatriare la maggior parte delle proprie riserve auree. La banca federale e il governo tedeschi risposero al rifiuto chiedendo il rimpatrio dell’oro tedesco dagli Stati Uniti. Gli Stati Uniti risposero che potevano fornire l’oro a rate entro il 2020. Gli Stati Uniti da allora iniziarono a consegnare le rate, ma dissero alla Banca Federale Tedesca che dovevano fondere i lingotti prima della consegna. I lingotti d’oro che la Germania ha ricevuto, da allora, in altre parole non sarebbero identificabili dai numeri di serie. Il processo di ri-fonditura rimuove anche l’impronta digitale chimica con la quale l’oro potrebbe essere identificato come l’oro che la Germania aveva depositato negli Stati Uniti. In altre parole, potrebbe ricevere l’oro rubato alla Libia nel 2011.
Un articolo ironico, intitolato “L’oro della Germania e la Fed dei fessi” descrive la situazione utilizzando un’allegoria. Un motociclista investe il proprietario di una Ferrari, gli rompe le ossa e quindi gli ruba l’auto dicendogli: “guardi quanto è pericoloso il mondo, mi permetta di prendermi cura della sua bella Ferrari”. Quando il titolare si riprende e chiede di riavere l’auto viene cacciato. Dopo di che riceve il permesso di vedere il motore, senza numero di serie, quindi un volante, e alla fine riottiene i pezzi di ricambio che possono, o non possono, provenire dalla sua auto. Infine le altre parti dell’auto vengono consegnate in sette anni. Inutile dire che gli Stati Uniti comunque mancano di liquidità. Molti analisti notano che gli Stati Uniti hanno venduto la maggior parte dell’oro che avrebbero dovuto detenere per conto di altre nazioni. Il furto potrà essere coperto fin quando sarà possibile mantenere lo status quo del fallimentare sistema di Bretton Woods.
La Cina si prepara alla guerra economica
Il vicegovernatore della Banca Popolare cinese, Yi Gang, ha dichiarato all’inizio di quell’anno che la Cina può pienamente affrontare una guerra valutaria, se necessario. L’agenzia cinese Xinhua ha citato Yi Gang dire: “La Cina è pronta nelle politiche monetarie ed altri meccanismi, ad affrontare una possibile guerra valutaria, e la Cina terrà pienamente conto della politica dei quantitative easing condotta dalle banche centrali di certi Paesi“. La Cina da allora, prudentemente, ha iniziato a sbarazzarsi dei dollari USA utilizzandoli per acquisire beni di valore nelle economie occidentali, ampliando la portata delle sue importazioni di risorse strategiche, investendo in partnership per garantirsi le risorse e in partnership di produzione in Europa, Latina America, Africa, Asia e Medio Oriente, e tutto questo su una scala senza precedenti. Mentre Stati Uniti, Regno Unito ed Unione europea continuano la loro “quantitative easing”, una strategia per sfuggire al crollo incombente, in generale creando conflitti per perpetuare ancora un po’ il non-glorioso nuovo secolo americano.
Il piano di Stati Uniti/Regno Unito era impedire la costruzione del gasdotto Iran-Iraq-Siria con l’obiettivo di creare insicurezza sull’invio del gas iraniano all’Europa; un coinvolgimento profondo nella crisi in Ucraina, volta a generare insicurezza sulle fornitura di gas russo all’Europa; tentare di forzare l’Europa alla dipendenza degli Stati Uniti su gas e petrolio di scisto statunitensi mentre arginano Mosca; tutto ciò sono risposte illecite a problemi economici leciti. Risposte pericolose e intrinsecamente inadatte a una prevenzione efficace, o almeno attenuazione della crisi economica globale e alla fine del sistema monetario di Bretton Woods. Anche nel 2013, mentre gli esperti avvertivano che il collasso economico globale è inevitabile e mentre altri già notavano che USA/UK non potendo vincere la guerra alla Siria, già dal luglio 2012, puntavano al conflitto in Ucraina, gli Stati membri dei BRICS s’incontravano a margine del G20 a San Pietroburgo, in Russia, decidendo d’istituire la Banca di sviluppo BRICS come complemento a FMI e Banca mondiale. Nel luglio 2014, la Banca di sviluppo dei BRICS è stata fondata con 100 miliardi di dollari. Inoltre, il conflitto in Ucraina ha avvicinato Russia e Cina nella cooperazione economica, energetica, nonché nella sicurezza.
L’apertura della Cina: far gravitare le nuove economie verso l’oro
La Cina ha risposto alla plausibilità del crollo economico globale con la deregolamentazione relativamente rapida e completa su investimenti esteri e commercio. La Cina è, tuttavia, abbastanza prudente da assicurarsi il controllo dello Stato sull’economia nazionale e la moneta. L’apertura della Cina non è passata inosservata. Nel luglio 2014, l’assistente del Governatore del Gruppo operazioni sui mercati finanziari della Banca di Thailandia (BoT), Chantarvan Sucharitakul, ad esempio, ha tenuto un seminario per investitori e uomini d’affari thailandesi. Chantarvan ha incoraggiato gli investitori tailandesi dicendo che dovrebbero indagare sui vantaggi dell’uso dello yuan nei pagamenti quando trattano con la Cina. Chantarvan ha detto: “Attualmente l’uso dello yuan cinese in Thailandia non è molto diffuso in quanto solo l’1 per cento delle attività commerciali della Thailandia con la Cina avviene utilizzando il renminbi (RNB)… Tuttavia, questo tasso è in rapido aumento e pertanto gli investitori thailandesi dovrebbero imparare ad utilizzare il canale di trading supplementare perché importanza e popolarità dello yuan aumenteranno in futuro, anche se non è ampiamente accettato e completamente libero in questo momento“. Sviluppi analoghi si vedono in Malesia, Indonesia e molti altri Paesi asiatici. Questo sviluppo non avviene senza la rigida resistenza degli Stati Uniti. La Thailandia ha subito una grave crisi nel 2014, quando l’opposizione popolare al governo di Yingluck Shinavatra sfidava il governo sul rigetto dell’amnistia per il fratello Taksin Shinawatra, creando una situazione di stallo prolungato e infine l’intervento della maggioranza sostenuta dai militari in Thailandia. L’ex-premier Taksin Shinawatra, che ha ammesso che governava il Paese dall’estero tramite la sorella Yingluck, era fuggito dalla Thailandia dopo essere stato condannato per corruzione. Tali eventi sarebbero un tentativo fallito d’istigare la guerra civile in Thailandia, sostenuta dalle élite di Wall Street e Londra, e l’imposizione di sanzioni degli Stati Uniti.
Gli Stati Uniti così come le lobby di Wall Street e la City of London, sono più smussati quando si tratta di nazioni come l’Australia. Probabilmente perché percepita come nazione popolata prevalentemente da caucasici, l’Australia subisce un approccio soft-power, mentre Stati Uniti/Regno Unito si ritengono più legittimati nel tentare di sovvertire la Thailandia con la violenza, segno del razzismo radicato osservabile nel Regno Unito e negli Stati Uniti. Soft power o meno, la pressione degli Stati Uniti contro il tentativo dell’Australia di agire nel migliore interesse degli australiani impantana il governo australiano. Nell’ottobre 2014, la giornalista australiana Michelle Grattan riferiva che alti membri del governo australiano sono divisi sulla possibilità che l’Australia debba firmare la banca internazionale per finanziare lo sviluppo delle infrastrutture, che la Cina si appresta a lanciare nel novembre 2014. Grattan ha osservato che: “L’Australia è sotto pressione degli Stati Uniti, affinché non partecipi alla nuova banca. … Il piano cinese rientra nel grande contesto geopolitico internazionale della concorrenza cino-statunitense nella regione. Gli statunitensi, che vedono la banca come possibile via per aumentare l’influenza della Cina nei Paesi dell’Asia sud-est, fanno vive pressioni per tenersene fuori”. La Cina, dal canto suo, ha annunciato che avrebbe offerto fondi ai Paesi in via di sviluppo nella regione per progetti su energia, telecomunicazioni e trasporti. La Cina ha dichiarato che inizialmente finanzierà la banca di sviluppo regionale con 50 miliardi di dollari, non yuan o renminbi. I segnali sono chiari. La Cina è uno dei più grandi possessori di debito e dollari degli Stati Uniti. La Cina si sbarazza del dollaro sempre più velocemente, e fa il massimo per non ribaltare le economie basate sul dollaro già in difficoltà estrema. Ancora più importante, la Cina investe tali dollari nello sviluppo strategico dei partenariati regionali aiutando le economie delle nazioni più deboli come il Laos, aprendo i suoi mercati a investitori e commercianti di Thailandia, Malaysia, Australia, favorendo la cooperazione su energia e sicurezza con la Russia, utilizzando Hong Kong come base per la sua apertura economica. Del 2014 il conflitto sull’autodeterminazione politica di Hong Kong deve essere visto nella prospettiva della prudente, ma rapida, apertura economica della Cina ai capitali stranieri. Non sorprende che la National Endowment for Democracy, l’ala soft power del dipartimento di Stato degli Stati Uniti e della CIA, sostenga il movimento di Hong Kong “Occupy Central“.
La scena è pronta per una transizione, sia che si presenti sotto forma di crollo improvviso o meno. La spinta primaria di tale transizione, probabilmente, non è la debolezza intrinseca di Stati Uniti/Regno Unito e del sistema monetario ed economico basato sul debito dalle istituzioni di Bretton Woods, ma senza dubbio il fatto che i governi di Paesi come Venezuela, Mozambico, Laos, Myanmar ed altri percepiscano l’approccio soft power della Cina assai meno problematico e, soprattutto, assai meno letale e devastante del presunto “Nuovo secolo americano”. E’ come scegliere tra l’oro e le cannonate.
Capisco perchè sia così grande da vedersi dallo spazio

Dr. Christof Lehmann è un consulente politico indipendente su conflitti e risoluzione dei conflitti, fondatore e direttore di Nsnbc, in esclusiva per la rivista online “New Eastern Outlook
 
Anticipazione: Matteo Renzi taglierà gli stipendi del 10% – seguite questo intervento in Senato di Giovanni Endrizzi !!





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Oro o cannonate: agire contro il crollo del dollaro

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Christof Lehmann New Eastern Outlook 27/10/2014
Il crollo dell’economia è inevitabile, ha detto l’ex-capo economista della Banca dei regolamenti internazionali (BRI) William White in risposta alla relazione trimestrale del BRI di settembre 2013. Gli esperti prevedono che il collasso economico globale possa verificarsi all’improvviso tra la fine del 2014 e il 2015. Il fatto che gli interessi privati detengano Federal Reserve, Banca Centrale d’Inghilterra e le istituzioni di Bretton Woods rendono improbabile che i governi di Stati Uniti, Regno Unito e Unione europea possano impedirne il crollo. Le loro politiche sono sostanzialmente invariate dall’inizio del 2013, quando il vicegovernatore della Banca Popolare cinese Yi Gang ha sottolineato che la Cina non prevede una guerra economica, ma che vi si è preparata. Gli Stati dei BRICS da allora capitalizzano la Banca di sviluppo dei BRICS; l’asse Stati Uniti/Regno Unito e Unione europea hanno lanciato la guerra delle sanzioni alla Russia e la guerra civile in Ucraina. Nel 2014, la Cina comincia ad aprire il settore bancario a investimenti e banche esteri su scala inaudita; l’Australia è impantanata tra pressione degli Stati Uniti e tendenza ad utilizzare le attraenti e sicure opportunità cinesi. Thailandia, Malaysia e altre economie sono sempre più incoraggiante dai loro investitori a studiare il mercato cinese. Con il sistema di Bretton Woods sull’orlo del collasso e possibili conflitti incombenti, l’oro e le nuove economie basate sull’oro attraggono, in alcuni casi più in altri casi una meno esitante attenzione dai governi di tutto il mondo. La tendenza è, sebbene a malincuore accettata, impossibile da ignorare. La Cina ha superato gli Stati Uniti come prima economia mondiale per potere d’acquisto, ed è pronta a diventare la No.1 per PIL entro un anno, riporta il FMI.
Evitare la confusione dei principi. Fiat vs oro
Le valute fiat non sono necessariamente più instabili delle valute basate sui beni. Hanno vantaggi e svantaggi. Le materie prime, ad esempio l’oro, hanno un valore intrinseco dovuto alla presenza fisica e al valore del lavoro investito nell’estrazione e raffinazione dell’oro. Un problema con l’oro è che è limitato, come altre materie prime e non è equamente distribuito nel mondo. L’oro, in altre parole, non è una panacea contro la geopolitica e i conflitti per le risorse. Le valute fiat sono, in linea di principio, infinite. Stampare sempre moneta a corso forzoso senza adattarsi a valori come materie prime, merci, forza lavoro o potenziale produttivo, implica che le prime potenze militari possano essere tentate di costringere le altre ad accettare, in linea di principio, una moneta senza valore fiat che potrebbero contraffare. Gli Stati Uniti, con la loro geopolitica militare e il costringere più volte altre nazioni, come l’Iraq, ad accettare il dollaro dei regolamenti internazionali o a subire una guerra, sostanzialmente producono denaro contraffatto per risolvere i propri bilanci; l’uso di eufemismi come quantitative easing per coprire la fallimentare politica della contraffazione, è un buon esempio dei problemi e rischi inerenti le valute fiat. Mentre le valute fiat non sono necessariamente migliori o peggiori dei sistemi basati sull’oro, il maggiore problema dell’utilizzo di valute fiat negli accordi economici tra le nazioni, è piuttosto il fatto che alcune banche nazionali sono di proprietà privata; cioè, i proprietari sono parte delle reti canaglia che hanno in ostaggio il governo di uno Stato. Lo stesso vale per le istituzioni di Bretton Woods, come FMI e Banca Mondiale. Altre economie nazionali funzionano bene con valute a corso forzoso, a condizione che la banca nazionale sia una realtà nazionale e che la moneta non sia creata come debito. L’attuale “corsa” all’oro, in altre parole, non è causato da vantaggi intrinseci e superiori delle economie basate sull’oro, ma piuttosto dalle dinamiche conflittuali dell’attuale politica internazionale.
L’illusione che un mercato sotto pressione possa mantenere liquidità
La relazione trimestrale realisticamente pessimista della Banca dei Regolamenti Internazionali, del settembre 2013, indicò il quantitative easing della Banca centrale europea e della Federal Reserve Bank degli Stati Uniti come uno dei principali fattori che potrebbero causare il collasso economico globale. Gli esperti concordano sul fatto che la Federal Reserve e la Banca centrale europea hanno perso il controllo sul diluvio di denaro e debito che creano. Il rapporto della BRI ha osservato, in tante parole, che è impossibile per Federal Reserve e BCE rimettere il dentifricio nel tubetto, mentre, all’epoca, il governatore della Federal Reserve, Ben Bernanke, continuava a spremere il tubetto. L’ex-capo economista della BIS William White ha avvertito, in modo inequivocabile, che il mondo è diretto verso un inevitabile crollo economico globale. White ha osservato che la bolla del credito globale sta per scoppiare e che la percentuale dei prestiti di rischio estremo è balzata del 45 per cento a metà 2013. Cioè, l’interesse sui prestiti di rischio estremo è il dieci per cento in più dalla comparsa della crisi economica globale nel 2007. Parlando a The Telegraph, White ha aggiunto che la situazione nel 2013 era peggiore di prima del crollo di Lehmann Brothers. Il giornale citava White, “Tutti gli squilibri precedenti sono ancora lì. Il totale dei debiti pubblico e privato è del 30 per cento più elevato nel PIL delle economie avanzate di quanto non fosse allora, aggiungendovi il problema del tutto nuovo delle bolle nei mercati emergenti che intendono inserirsi nel ciclo del boom“. White prevede che il collasso economico possa essere improvviso, aggiungendo il problema che la politica finanziaria degli Stati Uniti è imprevedibile e che sia un’illusione credere che un mercato sotto stress possa mantenere liquidità. I problemi di liquidità degli Stati Uniti sono evidenti dal 2013, quando la Federal Reserve respinse i sindaci tedeschi venuti a controllare le riserve d’oro della Germania negli Stati Uniti. Nel 2013 la Germania, come molti altri, iniziò la copertura contro il crollo economico atteso tentando di rimpatriare la maggior parte delle proprie riserve auree. La banca federale e il governo tedeschi risposero al rifiuto chiedendo il rimpatrio dell’oro tedesco dagli Stati Uniti. Gli Stati Uniti risposero che potevano fornire l’oro a rate entro il 2020. Gli Stati Uniti da allora iniziarono a consegnare le rate, ma dissero alla Banca Federale Tedesca che dovevano fondere i lingotti prima della consegna. I lingotti d’oro che la Germania ha ricevuto, da allora, in altre parole non sarebbero identificabili dai numeri di serie. Il processo di ri-fonditura rimuove anche l’impronta digitale chimica con la quale l’oro potrebbe essere identificato come l’oro che la Germania aveva depositato negli Stati Uniti. In altre parole, potrebbe ricevere l’oro rubato alla Libia nel 2011.
Un articolo ironico, intitolato “L’oro della Germania e la Fed dei fessi” descrive la situazione utilizzando un’allegoria. Un motociclista investe il proprietario di una Ferrari, gli rompe le ossa e quindi gli ruba l’auto dicendogli: “guardi quanto è pericoloso il mondo, mi permetta di prendermi cura della sua bella Ferrari”. Quando il titolare si riprende e chiede di riavere l’auto viene cacciato. Dopo di che riceve il permesso di vedere il motore, senza numero di serie, quindi un volante, e alla fine riottiene i pezzi di ricambio che possono, o non possono, provenire dalla sua auto. Infine le altre parti dell’auto vengono consegnate in sette anni. Inutile dire che gli Stati Uniti comunque mancano di liquidità. Molti analisti notano che gli Stati Uniti hanno venduto la maggior parte dell’oro che avrebbero dovuto detenere per conto di altre nazioni. Il furto potrà essere coperto fin quando sarà possibile mantenere lo status quo del fallimentare sistema di Bretton Woods.
La Cina si prepara alla guerra economica
Il vicegovernatore della Banca Popolare cinese, Yi Gang, ha dichiarato all’inizio di quell’anno che la Cina può pienamente affrontare una guerra valutaria, se necessario. L’agenzia cinese Xinhua ha citato Yi Gang dire: “La Cina è pronta nelle politiche monetarie ed altri meccanismi, ad affrontare una possibile guerra valutaria, e la Cina terrà pienamente conto della politica dei quantitative easing condotta dalle banche centrali di certi Paesi“. La Cina da allora, prudentemente, ha iniziato a sbarazzarsi dei dollari USA utilizzandoli per acquisire beni di valore nelle economie occidentali, ampliando la portata delle sue importazioni di risorse strategiche, investendo in partnership per garantirsi le risorse e in partnership di produzione in Europa, Latina America, Africa, Asia e Medio Oriente, e tutto questo su una scala senza precedenti. Mentre Stati Uniti, Regno Unito ed Unione europea continuano la loro “quantitative easing”, una strategia per sfuggire al crollo incombente, in generale creando conflitti per perpetuare ancora un po’ il non-glorioso nuovo secolo americano.
Il piano di Stati Uniti/Regno Unito era impedire la costruzione del gasdotto Iran-Iraq-Siria con l’obiettivo di creare insicurezza sull’invio del gas iraniano all’Europa; un coinvolgimento profondo nella crisi in Ucraina, volta a generare insicurezza sulle fornitura di gas russo all’Europa; tentare di forzare l’Europa alla dipendenza degli Stati Uniti su gas e petrolio di scisto statunitensi mentre arginano Mosca; tutto ciò sono risposte illecite a problemi economici leciti. Risposte pericolose e intrinsecamente inadatte a una prevenzione efficace, o almeno attenuazione della crisi economica globale e alla fine del sistema monetario di Bretton Woods. Anche nel 2013, mentre gli esperti avvertivano che il collasso economico globale è inevitabile e mentre altri già notavano che USA/UK non potendo vincere la guerra alla Siria, già dal luglio 2012, puntavano al conflitto in Ucraina, gli Stati membri dei BRICS s’incontravano a margine del G20 a San Pietroburgo, in Russia, decidendo d’istituire la Banca di sviluppo BRICS come complemento a FMI e Banca mondiale. Nel luglio 2014, la Banca di sviluppo dei BRICS è stata fondata con 100 miliardi di dollari. Inoltre, il conflitto in Ucraina ha avvicinato Russia e Cina nella cooperazione economica, energetica, nonché nella sicurezza.
L’apertura della Cina: far gravitare le nuove economie verso l’oro
La Cina ha risposto alla plausibilità del crollo economico globale con la deregolamentazione relativamente rapida e completa su investimenti esteri e commercio. La Cina è, tuttavia, abbastanza prudente da assicurarsi il controllo dello Stato sull’economia nazionale e la moneta. L’apertura della Cina non è passata inosservata. Nel luglio 2014, l’assistente del Governatore del Gruppo operazioni sui mercati finanziari della Banca di Thailandia (BoT), Chantarvan Sucharitakul, ad esempio, ha tenuto un seminario per investitori e uomini d’affari thailandesi. Chantarvan ha incoraggiato gli investitori tailandesi dicendo che dovrebbero indagare sui vantaggi dell’uso dello yuan nei pagamenti quando trattano con la Cina. Chantarvan ha detto: “Attualmente l’uso dello yuan cinese in Thailandia non è molto diffuso in quanto solo l’1 per cento delle attività commerciali della Thailandia con la Cina avviene utilizzando il renminbi (RNB)… Tuttavia, questo tasso è in rapido aumento e pertanto gli investitori thailandesi dovrebbero imparare ad utilizzare il canale di trading supplementare perché importanza e popolarità dello yuan aumenteranno in futuro, anche se non è ampiamente accettato e completamente libero in questo momento“. Sviluppi analoghi si vedono in Malesia, Indonesia e molti altri Paesi asiatici. Questo sviluppo non avviene senza la rigida resistenza degli Stati Uniti. La Thailandia ha subito una grave crisi nel 2014, quando l’opposizione popolare al governo di Yingluck Shinavatra sfidava il governo sul rigetto dell’amnistia per il fratello Taksin Shinawatra, creando una situazione di stallo prolungato e infine l’intervento della maggioranza sostenuta dai militari in Thailandia. L’ex-premier Taksin Shinawatra, che ha ammesso che governava il Paese dall’estero tramite la sorella Yingluck, era fuggito dalla Thailandia dopo essere stato condannato per corruzione. Tali eventi sarebbero un tentativo fallito d’istigare la guerra civile in Thailandia, sostenuta dalle élite di Wall Street e Londra, e l’imposizione di sanzioni degli Stati Uniti.
Gli Stati Uniti così come le lobby di Wall Street e la City of London, sono più smussati quando si tratta di nazioni come l’Australia. Probabilmente perché percepita come nazione popolata prevalentemente da caucasici, l’Australia subisce un approccio soft-power, mentre Stati Uniti/Regno Unito si ritengono più legittimati nel tentare di sovvertire la Thailandia con la violenza, segno del razzismo radicato osservabile nel Regno Unito e negli Stati Uniti. Soft power o meno, la pressione degli Stati Uniti contro il tentativo dell’Australia di agire nel migliore interesse degli australiani impantana il governo australiano. Nell’ottobre 2014, la giornalista australiana Michelle Grattan riferiva che alti membri del governo australiano sono divisi sulla possibilità che l’Australia debba firmare la banca internazionale per finanziare lo sviluppo delle infrastrutture, che la Cina si appresta a lanciare nel novembre 2014. Grattan ha osservato che: “L’Australia è sotto pressione degli Stati Uniti, affinché non partecipi alla nuova banca. … Il piano cinese rientra nel grande contesto geopolitico internazionale della concorrenza cino-statunitense nella regione. Gli statunitensi, che vedono la banca come possibile via per aumentare l’influenza della Cina nei Paesi dell’Asia sud-est, fanno vive pressioni per tenersene fuori”. La Cina, dal canto suo, ha annunciato che avrebbe offerto fondi ai Paesi in via di sviluppo nella regione per progetti su energia, telecomunicazioni e trasporti. La Cina ha dichiarato che inizialmente finanzierà la banca di sviluppo regionale con 50 miliardi di dollari, non yuan o renminbi. I segnali sono chiari. La Cina è uno dei più grandi possessori di debito e dollari degli Stati Uniti. La Cina si sbarazza del dollaro sempre più velocemente, e fa il massimo per non ribaltare le economie basate sul dollaro già in difficoltà estrema. Ancora più importante, la Cina investe tali dollari nello sviluppo strategico dei partenariati regionali aiutando le economie delle nazioni più deboli come il Laos, aprendo i suoi mercati a investitori e commercianti di Thailandia, Malaysia, Australia, favorendo la cooperazione su energia e sicurezza con la Russia, utilizzando Hong Kong come base per la sua apertura economica. Del 2014 il conflitto sull’autodeterminazione politica di Hong Kong deve essere visto nella prospettiva della prudente, ma rapida, apertura economica della Cina ai capitali stranieri. Non sorprende che la National Endowment for Democracy, l’ala soft power del dipartimento di Stato degli Stati Uniti e della CIA, sostenga il movimento di Hong Kong “Occupy Central“.
La scena è pronta per una transizione, sia che si presenti sotto forma di crollo improvviso o meno. La spinta primaria di tale transizione, probabilmente, non è la debolezza intrinseca di Stati Uniti/Regno Unito e del sistema monetario ed economico basato sul debito dalle istituzioni di Bretton Woods, ma senza dubbio il fatto che i governi di Paesi come Venezuela, Mozambico, Laos, Myanmar ed altri percepiscano l’approccio soft power della Cina assai meno problematico e, soprattutto, assai meno letale e devastante del presunto “Nuovo secolo americano”. E’ come scegliere tra l’oro e le cannonate.
Capisco perchè sia così grande da vedersi dallo spazio

Dr. Christof Lehmann è un consulente politico indipendente su conflitti e risoluzione dei conflitti, fondatore e direttore di Nsnbc, in esclusiva per la rivista online “New Eastern Outlook

Prime avvisaglie di crollo in queste ultime ore....ehm
 
Aquile imperiali e terrorismo economico: i fondi avvoltoio sono strumenti della politica estera degli Stati Uniti?

ottobre 30, 2014 Lascia un commento

Mahdi Darius Nazemroaya Global Research, 26 Ottobre 2014
E’ una coincidenza che i fondi avvoltoi facciano sempre più pressione sull’Argentina che si prepara a sviluppare le seconde più grandi riserve di gas di scisto del mondo? Gli avvoltoi sono strumenti della politica estera?Paranoia o attenzione di Buenos Aires?
Ore dopo che l’ambasciata statunitense a Buenos Aires aveva emesso un avviso di allerta ai cittadini statunitensi presenti o in viaggio per il Paese sudamericano, la presidentessa argentina Cristina Fernandez de Kirchner ha accusato gli Stati Uniti di complottare per rovesciarla o ucciderla. Parlando alla trasmissione televisiva dalla Casa de Gobierno, il 30 settembre, ha spiegato che “se succede qualcosa a me, non guardate al Medio Oriente, guardate a nord“, a Washington DC. Ha detto al popolo argentino di non credere a nulla che il governo degli Stati Uniti dice, respingendo la minaccia del SIIL quale spauracchio degli Stati Uniti. Alle Nazioni Unite era già cautamente sprezzante sulle minacce ISIL contro di lei, quando vi ha parlato il 24 settembre. Ora, però, la Presidentessa Kirchner ha collegato i punti tra la situazione diplomatica con Washington e la minaccia del SIIL verso di lei, affermando che “quando li si vede uscire dalle sedi diplomatiche, farebbero meglio a non venire qui per cercare di spacciare qualche racconto sul ISIS che vuole rintracciarmi per uccidermi”. Invece di chiedere ciò che ha portato Fernandez de Kirchner a fare tali accuse al governo degli Stati Uniti, la questione dovrebbe essere cosa ha portato al deterioramento delle relazioni diplomatiche tra Buenos Aires e Washington. Tale deterioramento ha due dimensioni. In superficie è legato al debito sovrano dell’Argentina, alla sua ristrutturazione e agli hedge fund negli Stati Uniti. L’altra è legata alla politica su petrolio e gas di scisto.
Terrorismo economico e finanziario: in linea con il SIIL?
Di fronte alla sessantanovesima sessione dell’Assemblea generale delle Nazioni Unite e alla riunione del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite, presieduta dal presidente statunitense Barack Obama, l’Argentina ha sostenuto che il terrorismo non è solo opera di gruppi violenti con le bombe, ma anche di enti e organizzazioni finanziarie che destabilizzano le economie nazionali e impoveriscono intere società con la speculazione e la manipolazione finanziarie. Secondo Cristina Kirchner, “i terroristi non sono solo quelli che lanciano bombe, ma anche coloro che destabilizzano le economie, causando fame, miseria e povertà“. Affrontando la crescente mitologia e fissazione internazionale concernente il SIIL in Siria e in Iraq, l’Argentina ha sostenuto che il terrorismo ha le sue radici alimentate e nutrite da ingiustizia e disparità nel sistema globale. Gruppi come SIIL e al-Qaida sono solo i sintomi di qualcosa di molto più profondo e grave. Respingendo i metodi militari di Washington come improduttivi e illogici, l’Argentina ha dichiarato che per bloccare il circolo vizioso della violenza il mondo deve affrontare alla radice le cause che creano gruppi come il SIIL e condizioni che fanno disperare i popoli. Kirchner ha anche ricordato a Obama e alla delegazione degli Stati Uniti, che raffigurano i gruppi insorti attuali in Siria, che il mondo condanna, come “combattenti per la libertà”. Il punto cruciale della tesi argentina è semplice: il terrorismo è anche economico e finanziario, e tale forma di terrorismo è molto più letale. La distruzione delle economie e la destituzione delle società aprono le porte a una miscela tossica di rabbia, ignoranza e accuse. Perciò Buenos Aires ha sostenuto che i terroristi economici e finanziari che mirano alle economie nazionali devono essere identificati, combattuti e fermati.
Incontrare gli avvoltoi
Non solo l’Argentina s’era indignata il 24 settembre, ma sfidava alle Nazioni Unite le strutture dominanti del sistema globale. Gli argentini erano sconvolti verso gli Stati Uniti ed altri dieci Paesi che avevano votato contro l’istituzione di una formula giuridica universale per affrontare il debito sovrano, pochi giorni prima, il 9 settembre. La presidentessa Kirchner ha deriso le politiche economiche neoliberiste degli istituti di Bretton Woods Banca Mondiale e Fondo Monetario Internazionale (FMI), essenzialmente il Washington Consensus. Ha spiegato come i precedenti governi argentini avevano seguito ricette e “condizioni” del FMI, dicendo che la medicina economica del FMI ha rovinato economicamente l’Argentina nel 2001. Allora, chi sono i “terroristi economici e finanziari” condannati dall’Argentina? Parte della risposta è già stata menzionata. L’altra parte ha a che fare con gli hedge fund della NML Capital Ltd. Degli Stati Uniti, che ha sede nelle Isole Cayman, e dell’Aurelio Capital Management. Fin dalla crisi economica nel 2001, Buenos Aires ha rinegoziato i debiti, nel 2005 e nel 2010, attraverso nuovi piani di rimborso e la riduzione dei valori nominali del debito del 70 per cento, circa 13 miliardi di dollari, con il 92,4 per cento dei suoi creditori. Il 7 per cento della minoranza degli obbligazionisti, tuttavia, si tiene fuori e respinge le proposte dell’Argentina. Questi sono hedge fund inglobati dai fondi avvoltoio. Come gli avvoltoi reali circuitano e si aggirano sulle carcasse morenti, tali obbligazionisti colpiscono le economie in difficoltà per trarre vantaggio ed enormi profitti dalla crisi fiscale. Tali hedge fund e fondi private equity predatori operano acquistando debito a sconti stracciati e attendendo ristrettezze e fallimenti. La loro strategia è trarre profitto dai default e amplificarlo massimizzando i rendimenti degli interessi su ciò che gli devono i debitori, o sfruttando i contenziosi citando in giudizio i debitori per importi maggiori di quello che riceverebbero se il debito venisse pagato per intero. E’ nel quadro di tale logica che NML Capital Ltd. ed Aurelio Capital Management hanno rifiutato di accettare qualsiasi swap del debito o accordo con Buenos Aires. Hanno cercato di far deragliare gli argentini e impedirgli di pagare i debiti. Questo è il motivo per cui hanno chiesto il pagamento integrale dei debiti dell’Argentina per un valore nominale di circa 1,33 miliardi di dollari. In ultima analisi, ciò costringerebbe l’Argentina al default incrementandone il debito del 70 per cento. Mentre Kirchner parlava alle Nazioni Unite, Buenos Aires era bloccata nella battaglia legale a New York con gli avvoltoi. Utilizzando il sistema legale degli Stati Uniti, i fondi avvoltoio hanno ottenuto nel 2012 da Thomas Griesa, giudice federale del District Court del Southern District di New York, negli Stati Uniti, una sentenza senza precedenti a loro vantaggio. Griesa aveva ordinato all’Argentina di pagare gli avvoltoi per una somma totale ricalcolata ed irrealistica. L’Argentina ha perso l’appello e la Corte Suprema degli Stati Uniti ha rifiutato di ascoltare in appello l’Argentina, a giugno. Griesa ha concesso non soltanto i debiti con oltre il 1600 per cento d’interesse su ciò che era dovuto, in cinque anni, ma ha anche impedito a Buenos Aires di effettuare i pagamenti del debito agli altri obbligazionisti, fin quando non ripaga i fondi avvoltoio della somma totale ricalcolata. Secondo gli argentini, la nuova interpretazione giudiziaria di Griesa implica che un Paese sovrano non possa pagare i creditori che hanno accettato lo scambio, a meno che i debiti dello scambio non siano tutti pagati, concedendo difatti condizioni privilegiate ai creditori. Quindi il pagamento di 539 milioni di dollari è congelato dalla Bank of New York Mellon Corporation, decidendo il ricorso legale degli altri obbligazionisti il 15 agosto.
La sentenza della Corte degli Stati Uniti ha molte conseguenze. Nel primo caso, l’Argentina non può soddisfare la scandalosa pretesa di pagare i fondi avvoltoio del capitale più il 1600 per cento degli interessi in cinque anni. In secondo luogo, a causa della clausola “diritti sulle offerte future” prevista nei negoziati con gli altri obbligazionisti, che promettevano migliori condizioni, l’Argentina è stata messa in una situazione difficile dal giudice statunitense. Date le circostanze imposte dai fondi avvoltoio tramite il giudice Griesa, gli altri obbligazionisti hanno il diritto di esigere pagamenti superiori, equivalenti a ciò che i fondi avvoltoi pretendono. In altre parole, i negoziati del 2005 e del 2010 sono stati effettivamente annullati da Griesa con una quantità ingestibile di interessi aggiunti agli altri debiti. Se gli altri obbligazionisti evocano la clausola “diritti su offerte future”, ci sarà una grave crisi economica in Argentina. Standard & Poor ha dichiarato l’Argentina in mora il 30 luglio, dopo che a Buenos Aires è stato impedito di effettuare i pagamenti del debito. Non solo gli investitori sono spaventati e v’è un ridotto accesso dell’Argentina al mercato dei capitali globali, ma la minaccia d’inadempienza, alla fine di ottobre 2014, mette ulteriore pressione su economia e peso argentini.
Petro-politica: il gas di scisto argentino e la connessione Gazprom
Sull’altro aspetto della storia, va notato che l’Argentina è in via di ripresa economica dal 2002. Questo recupero include il riacquisto dal governo delle società nazionali privatizzate. La chiave è la rinazionalizzazione degli Yacimientos Petrolíferos Fiscales (YPF) del 3 marzo 2012. La rinazionalizzazione di YPF ha irritato la Spagna, in quanto la compagnia energetica argentina era stata acquistata dal gruppo petrolifero spagnolo Repsol. Riprendere il controllo di YPF è stato importante perché l’Argentina ha le seconde maggiori riserve di gas shale recuperabili nel mondo, dopo quelle cinesi, e Buenos Aires pensa di diventare esportatore di gas naturale sul mercato globale. La petro-politica e la guerra energetica sono parte dell’equazione. Non è un caso che Cristina Kirchner concluse il suo discorso, durante la discussione sul terrorismo al Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, voltandosi verso la delegazione degli Stati Uniti e dicendo che il suo Paese ha vasti giacimenti di idrocarburi che potrebbero finire per divenire una maledizione a causa dei problemi che li accompagnano. Kirchner tacitamente diceva che temeva che Washington s’intrometta in Argentina, come ha fatto altrove, per controllarne le risorse energetiche. Va anche notato che la Russia è partner dell’Argentina nel programma per divenire esportatrice di gas naturale. Prima che Kirchner parlasse alle Nazioni Unite, il presidente russo Vladimir Putin aveva visitato l’Argentina durante il suo tour in America Latina. A Buenos Aires annunciava che l’Argentina è un partner strategico di Mosca. Il 12 luglio Mosca e Buenos Aires firmavano importanti accordi commerciali e su energia, informazione e cooperazione militare. Mesi dopo, tramite teleconferenza, Putin e Kirchner inauguravano la trasmissione di RT in spagnolo o RT Actualidad in Argentina, il 9 ottobre; chiaramente sfidando influenza e interferenze degli USA in Argentina. Alcuni giorni dopo l’intervento di Kirchner alle Nazioni Unite, Argentina e Russia firmavano un importante accordo bilaterale energetico, di cooperazione tra Gazprom e YPF per esplorare e sviluppare i giacimenti di gas naturale dell’Argentina. Gazprom aveva già dei legami con l’Argentina, quando stipulò un contratto per esportare il gas naturale russo in Argentina nel 2013.
Fondi avvoltoio come “aquile imperiali”
Gli argentini hanno gridato allo scandalo. Sono sconvolti dalle dichiarazioni degli Stati Uniti sull’Argentina inadempiente e accusano il sistema legale e il governo federale degli Stati Uniti di complicità nel tentativo di destabilizzare economicamente l’Argentina. Dopo aver rifiutato di sottomettersi alle sentenze dei tribunali, l’Argentina ha cercato di negoziare con i fondi avvoltoio nel luglio 2014. Gli argentini infine respinsero il mediatore nominato dal tribunale, Daniel Pollack, come incompetente e fazioso. La situazione di stallo nei negoziati mediati dalla corte, infine ha portato al crollo quando Pollack ha fatto una dichiarazione contro l’Argentina. L’avvocato del governo argentino, Jonathan Blackman, protestò il 30 luglio per la dichiarazione di Pollack sull’Argentina inadempiente, come “nociva e pregiudizievole verso la Repubblica in relazione al mercato ed altre persone, come i gestori dei credit default swap“. Il 1° agosto, il governo argentino ha detto di aver perso fiducia nella mediazione. Dopodiché, Griesa ha impedito all’Argentina di ripagare gli altri debiti e un’udienza di emergenza si svolse a Manhattan l’8 agosto. Durante tutto questo tempo, Buenos Aires aveva chiesto al governo degli Stati Uniti di chiarire che il suo giudice nazionale non può trattare l’indipendenza argentina da ostaggio. Washington non ha fatto nulla. La settimana prima della comparsa della Presidentessa Kirchner alle Nazioni Unite, il suo governo fu irritato quando un funzionario degli USA disse che l’Argentina era in default. L’Argentina vede nel rifiuto del governo degli Stati Uniti d’intervenire una complicità. Il 7 agosto, Buenos Aires ha anche chiesto alla Corte internazionale di giustizia di ascoltare il suo caso contro Washington che consente al sistema legale degli Stati Uniti di violare la sua indipendenza di Stato sovrano. Quando il Congresso Nazionale argentino ha approvato la legge sul pagamento del debito sovrano, l’11 settembre, bypassando il sistema bancario degli Stati Uniti e iniziando a ripagare i propri debiti localmente o in Francia, il giudice Griesa l’ha dichiarato illegale. Dopo che Griesa ha minacciato l’Argentina di oltraggio alla corte, l’ambasciatrice argentina Cecilia Nahon ha inviato al segretario di Stato USA John Kerry una lettera di avvertimento, secondo cui Washington sarebbe stata ritenuta responsabile da Buenos Aires delle conseguenze delle sentenze della corte degli Stati Uniti. I fondi avvoltoio vengono utilizzati per ricattare Buenos Aires, come strumento di pressione degli Stati Uniti. Ciò fu accennato da Kirchner mentre parlava alle Nazioni Unite. Non c’è da stupirsi che la Kirchner alludesse a Washington come sostenitore del terrorismo economico. Più tardi Cristina Kirchner ha parlato in modo più diretto. “Non sono ingenua, non è la mossa isolata di un vecchio giudice di New York“, Kirchner ha anche dichiarato pubblicamente il fiasco. Secondo Kirchner, tali hedge fund “sembrano delle aquile imperiali” che eseguono gli ordini di Washington. I leader mondiali s’incontrano riguardo tale terrorismo e ricatto economico. Perciò il presidente boliviano Evo Morales s’è riferito alle sanzioni degli Stati Uniti contro la Federazione russa come atto di terrorismo economico. E’ chiaro che un intricato gioco si svolge. Lo contesa dell’Argentina con i fondi avvoltoio è utilizzata per fare pressione su Buenos Aires. Comunque gli avvoltoi si comportano come “aquile dell’impero”.
Mahdi Darius Nazemroaya è sociologo, pluripremiato autore e analista geopolitico.
Copyright © 2014 Global Research
Traduzione di Alessandro Lattanzio – SitoAurora
 
Aquile imperiali e terrorismo economico: i fondi avvoltoio sono strumenti della politica estera degli Stati Uniti?

ottobre 30, 2014 Lascia un commento

Mahdi Darius Nazemroaya Global Research, 26 Ottobre 2014
E’ una coincidenza che i fondi avvoltoi facciano sempre più pressione sull’Argentina che si prepara a sviluppare le seconde più grandi riserve di gas di scisto del mondo? Gli avvoltoi sono strumenti della politica estera?Paranoia o attenzione di Buenos Aires?
Ore dopo che l’ambasciata statunitense a Buenos Aires aveva emesso un avviso di allerta ai cittadini statunitensi presenti o in viaggio per il Paese sudamericano, la presidentessa argentina Cristina Fernandez de Kirchner ha accusato gli Stati Uniti di complottare per rovesciarla o ucciderla. Parlando alla trasmissione televisiva dalla Casa de Gobierno, il 30 settembre, ha spiegato che “se succede qualcosa a me, non guardate al Medio Oriente, guardate a nord“, a Washington DC. Ha detto al popolo argentino di non credere a nulla che il governo degli Stati Uniti dice, respingendo la minaccia del SIIL quale spauracchio degli Stati Uniti. Alle Nazioni Unite era già cautamente sprezzante sulle minacce ISIL contro di lei, quando vi ha parlato il 24 settembre. Ora, però, la Presidentessa Kirchner ha collegato i punti tra la situazione diplomatica con Washington e la minaccia del SIIL verso di lei, affermando che “quando li si vede uscire dalle sedi diplomatiche, farebbero meglio a non venire qui per cercare di spacciare qualche racconto sul ISIS che vuole rintracciarmi per uccidermi”. Invece di chiedere ciò che ha portato Fernandez de Kirchner a fare tali accuse al governo degli Stati Uniti, la questione dovrebbe essere cosa ha portato al deterioramento delle relazioni diplomatiche tra Buenos Aires e Washington. Tale deterioramento ha due dimensioni. In superficie è legato al debito sovrano dell’Argentina, alla sua ristrutturazione e agli hedge fund negli Stati Uniti. L’altra è legata alla politica su petrolio e gas di scisto.
Terrorismo economico e finanziario: in linea con il SIIL?
Di fronte alla sessantanovesima sessione dell’Assemblea generale delle Nazioni Unite e alla riunione del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite, presieduta dal presidente statunitense Barack Obama, l’Argentina ha sostenuto che il terrorismo non è solo opera di gruppi violenti con le bombe, ma anche di enti e organizzazioni finanziarie che destabilizzano le economie nazionali e impoveriscono intere società con la speculazione e la manipolazione finanziarie. Secondo Cristina Kirchner, “i terroristi non sono solo quelli che lanciano bombe, ma anche coloro che destabilizzano le economie, causando fame, miseria e povertà“. Affrontando la crescente mitologia e fissazione internazionale concernente il SIIL in Siria e in Iraq, l’Argentina ha sostenuto che il terrorismo ha le sue radici alimentate e nutrite da ingiustizia e disparità nel sistema globale. Gruppi come SIIL e al-Qaida sono solo i sintomi di qualcosa di molto più profondo e grave. Respingendo i metodi militari di Washington come improduttivi e illogici, l’Argentina ha dichiarato che per bloccare il circolo vizioso della violenza il mondo deve affrontare alla radice le cause che creano gruppi come il SIIL e condizioni che fanno disperare i popoli. Kirchner ha anche ricordato a Obama e alla delegazione degli Stati Uniti, che raffigurano i gruppi insorti attuali in Siria, che il mondo condanna, come “combattenti per la libertà”. Il punto cruciale della tesi argentina è semplice: il terrorismo è anche economico e finanziario, e tale forma di terrorismo è molto più letale. La distruzione delle economie e la destituzione delle società aprono le porte a una miscela tossica di rabbia, ignoranza e accuse. Perciò Buenos Aires ha sostenuto che i terroristi economici e finanziari che mirano alle economie nazionali devono essere identificati, combattuti e fermati.
Incontrare gli avvoltoi
Non solo l’Argentina s’era indignata il 24 settembre, ma sfidava alle Nazioni Unite le strutture dominanti del sistema globale. Gli argentini erano sconvolti verso gli Stati Uniti ed altri dieci Paesi che avevano votato contro l’istituzione di una formula giuridica universale per affrontare il debito sovrano, pochi giorni prima, il 9 settembre. La presidentessa Kirchner ha deriso le politiche economiche neoliberiste degli istituti di Bretton Woods Banca Mondiale e Fondo Monetario Internazionale (FMI), essenzialmente il Washington Consensus. Ha spiegato come i precedenti governi argentini avevano seguito ricette e “condizioni” del FMI, dicendo che la medicina economica del FMI ha rovinato economicamente l’Argentina nel 2001. Allora, chi sono i “terroristi economici e finanziari” condannati dall’Argentina? Parte della risposta è già stata menzionata. L’altra parte ha a che fare con gli hedge fund della NML Capital Ltd. Degli Stati Uniti, che ha sede nelle Isole Cayman, e dell’Aurelio Capital Management. Fin dalla crisi economica nel 2001, Buenos Aires ha rinegoziato i debiti, nel 2005 e nel 2010, attraverso nuovi piani di rimborso e la riduzione dei valori nominali del debito del 70 per cento, circa 13 miliardi di dollari, con il 92,4 per cento dei suoi creditori. Il 7 per cento della minoranza degli obbligazionisti, tuttavia, si tiene fuori e respinge le proposte dell’Argentina. Questi sono hedge fund inglobati dai fondi avvoltoio. Come gli avvoltoi reali circuitano e si aggirano sulle carcasse morenti, tali obbligazionisti colpiscono le economie in difficoltà per trarre vantaggio ed enormi profitti dalla crisi fiscale. Tali hedge fund e fondi private equity predatori operano acquistando debito a sconti stracciati e attendendo ristrettezze e fallimenti. La loro strategia è trarre profitto dai default e amplificarlo massimizzando i rendimenti degli interessi su ciò che gli devono i debitori, o sfruttando i contenziosi citando in giudizio i debitori per importi maggiori di quello che riceverebbero se il debito venisse pagato per intero. E’ nel quadro di tale logica che NML Capital Ltd. ed Aurelio Capital Management hanno rifiutato di accettare qualsiasi swap del debito o accordo con Buenos Aires. Hanno cercato di far deragliare gli argentini e impedirgli di pagare i debiti. Questo è il motivo per cui hanno chiesto il pagamento integrale dei debiti dell’Argentina per un valore nominale di circa 1,33 miliardi di dollari. In ultima analisi, ciò costringerebbe l’Argentina al default incrementandone il debito del 70 per cento. Mentre Kirchner parlava alle Nazioni Unite, Buenos Aires era bloccata nella battaglia legale a New York con gli avvoltoi. Utilizzando il sistema legale degli Stati Uniti, i fondi avvoltoio hanno ottenuto nel 2012 da Thomas Griesa, giudice federale del District Court del Southern District di New York, negli Stati Uniti, una sentenza senza precedenti a loro vantaggio. Griesa aveva ordinato all’Argentina di pagare gli avvoltoi per una somma totale ricalcolata ed irrealistica. L’Argentina ha perso l’appello e la Corte Suprema degli Stati Uniti ha rifiutato di ascoltare in appello l’Argentina, a giugno. Griesa ha concesso non soltanto i debiti con oltre il 1600 per cento d’interesse su ciò che era dovuto, in cinque anni, ma ha anche impedito a Buenos Aires di effettuare i pagamenti del debito agli altri obbligazionisti, fin quando non ripaga i fondi avvoltoio della somma totale ricalcolata. Secondo gli argentini, la nuova interpretazione giudiziaria di Griesa implica che un Paese sovrano non possa pagare i creditori che hanno accettato lo scambio, a meno che i debiti dello scambio non siano tutti pagati, concedendo difatti condizioni privilegiate ai creditori. Quindi il pagamento di 539 milioni di dollari è congelato dalla Bank of New York Mellon Corporation, decidendo il ricorso legale degli altri obbligazionisti il 15 agosto.
La sentenza della Corte degli Stati Uniti ha molte conseguenze. Nel primo caso, l’Argentina non può soddisfare la scandalosa pretesa di pagare i fondi avvoltoio del capitale più il 1600 per cento degli interessi in cinque anni. In secondo luogo, a causa della clausola “diritti sulle offerte future” prevista nei negoziati con gli altri obbligazionisti, che promettevano migliori condizioni, l’Argentina è stata messa in una situazione difficile dal giudice statunitense. Date le circostanze imposte dai fondi avvoltoio tramite il giudice Griesa, gli altri obbligazionisti hanno il diritto di esigere pagamenti superiori, equivalenti a ciò che i fondi avvoltoi pretendono. In altre parole, i negoziati del 2005 e del 2010 sono stati effettivamente annullati da Griesa con una quantità ingestibile di interessi aggiunti agli altri debiti. Se gli altri obbligazionisti evocano la clausola “diritti su offerte future”, ci sarà una grave crisi economica in Argentina. Standard & Poor ha dichiarato l’Argentina in mora il 30 luglio, dopo che a Buenos Aires è stato impedito di effettuare i pagamenti del debito. Non solo gli investitori sono spaventati e v’è un ridotto accesso dell’Argentina al mercato dei capitali globali, ma la minaccia d’inadempienza, alla fine di ottobre 2014, mette ulteriore pressione su economia e peso argentini.
Petro-politica: il gas di scisto argentino e la connessione Gazprom
Sull’altro aspetto della storia, va notato che l’Argentina è in via di ripresa economica dal 2002. Questo recupero include il riacquisto dal governo delle società nazionali privatizzate. La chiave è la rinazionalizzazione degli Yacimientos Petrolíferos Fiscales (YPF) del 3 marzo 2012. La rinazionalizzazione di YPF ha irritato la Spagna, in quanto la compagnia energetica argentina era stata acquistata dal gruppo petrolifero spagnolo Repsol. Riprendere il controllo di YPF è stato importante perché l’Argentina ha le seconde maggiori riserve di gas shale recuperabili nel mondo, dopo quelle cinesi, e Buenos Aires pensa di diventare esportatore di gas naturale sul mercato globale. La petro-politica e la guerra energetica sono parte dell’equazione. Non è un caso che Cristina Kirchner concluse il suo discorso, durante la discussione sul terrorismo al Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, voltandosi verso la delegazione degli Stati Uniti e dicendo che il suo Paese ha vasti giacimenti di idrocarburi che potrebbero finire per divenire una maledizione a causa dei problemi che li accompagnano. Kirchner tacitamente diceva che temeva che Washington s’intrometta in Argentina, come ha fatto altrove, per controllarne le risorse energetiche. Va anche notato che la Russia è partner dell’Argentina nel programma per divenire esportatrice di gas naturale. Prima che Kirchner parlasse alle Nazioni Unite, il presidente russo Vladimir Putin aveva visitato l’Argentina durante il suo tour in America Latina. A Buenos Aires annunciava che l’Argentina è un partner strategico di Mosca. Il 12 luglio Mosca e Buenos Aires firmavano importanti accordi commerciali e su energia, informazione e cooperazione militare. Mesi dopo, tramite teleconferenza, Putin e Kirchner inauguravano la trasmissione di RT in spagnolo o RT Actualidad in Argentina, il 9 ottobre; chiaramente sfidando influenza e interferenze degli USA in Argentina. Alcuni giorni dopo l’intervento di Kirchner alle Nazioni Unite, Argentina e Russia firmavano un importante accordo bilaterale energetico, di cooperazione tra Gazprom e YPF per esplorare e sviluppare i giacimenti di gas naturale dell’Argentina. Gazprom aveva già dei legami con l’Argentina, quando stipulò un contratto per esportare il gas naturale russo in Argentina nel 2013.
Fondi avvoltoio come “aquile imperiali”
Gli argentini hanno gridato allo scandalo. Sono sconvolti dalle dichiarazioni degli Stati Uniti sull’Argentina inadempiente e accusano il sistema legale e il governo federale degli Stati Uniti di complicità nel tentativo di destabilizzare economicamente l’Argentina. Dopo aver rifiutato di sottomettersi alle sentenze dei tribunali, l’Argentina ha cercato di negoziare con i fondi avvoltoio nel luglio 2014. Gli argentini infine respinsero il mediatore nominato dal tribunale, Daniel Pollack, come incompetente e fazioso. La situazione di stallo nei negoziati mediati dalla corte, infine ha portato al crollo quando Pollack ha fatto una dichiarazione contro l’Argentina. L’avvocato del governo argentino, Jonathan Blackman, protestò il 30 luglio per la dichiarazione di Pollack sull’Argentina inadempiente, come “nociva e pregiudizievole verso la Repubblica in relazione al mercato ed altre persone, come i gestori dei credit default swap“. Il 1° agosto, il governo argentino ha detto di aver perso fiducia nella mediazione. Dopodiché, Griesa ha impedito all’Argentina di ripagare gli altri debiti e un’udienza di emergenza si svolse a Manhattan l’8 agosto. Durante tutto questo tempo, Buenos Aires aveva chiesto al governo degli Stati Uniti di chiarire che il suo giudice nazionale non può trattare l’indipendenza argentina da ostaggio. Washington non ha fatto nulla. La settimana prima della comparsa della Presidentessa Kirchner alle Nazioni Unite, il suo governo fu irritato quando un funzionario degli USA disse che l’Argentina era in default. L’Argentina vede nel rifiuto del governo degli Stati Uniti d’intervenire una complicità. Il 7 agosto, Buenos Aires ha anche chiesto alla Corte internazionale di giustizia di ascoltare il suo caso contro Washington che consente al sistema legale degli Stati Uniti di violare la sua indipendenza di Stato sovrano. Quando il Congresso Nazionale argentino ha approvato la legge sul pagamento del debito sovrano, l’11 settembre, bypassando il sistema bancario degli Stati Uniti e iniziando a ripagare i propri debiti localmente o in Francia, il giudice Griesa l’ha dichiarato illegale. Dopo che Griesa ha minacciato l’Argentina di oltraggio alla corte, l’ambasciatrice argentina Cecilia Nahon ha inviato al segretario di Stato USA John Kerry una lettera di avvertimento, secondo cui Washington sarebbe stata ritenuta responsabile da Buenos Aires delle conseguenze delle sentenze della corte degli Stati Uniti. I fondi avvoltoio vengono utilizzati per ricattare Buenos Aires, come strumento di pressione degli Stati Uniti. Ciò fu accennato da Kirchner mentre parlava alle Nazioni Unite. Non c’è da stupirsi che la Kirchner alludesse a Washington come sostenitore del terrorismo economico. Più tardi Cristina Kirchner ha parlato in modo più diretto. “Non sono ingenua, non è la mossa isolata di un vecchio giudice di New York“, Kirchner ha anche dichiarato pubblicamente il fiasco. Secondo Kirchner, tali hedge fund “sembrano delle aquile imperiali” che eseguono gli ordini di Washington. I leader mondiali s’incontrano riguardo tale terrorismo e ricatto economico. Perciò il presidente boliviano Evo Morales s’è riferito alle sanzioni degli Stati Uniti contro la Federazione russa come atto di terrorismo economico. E’ chiaro che un intricato gioco si svolge. Lo contesa dell’Argentina con i fondi avvoltoio è utilizzata per fare pressione su Buenos Aires. Comunque gli avvoltoi si comportano come “aquile dell’impero”.
Mahdi Darius Nazemroaya è sociologo, pluripremiato autore e analista geopolitico.
Copyright © 2014 Global Research
Traduzione di Alessandro Lattanzio – SitoAurora
 

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