Ma cambia il vertice e cambia linea.
Ed eccolo allora, il
Corrierone, il gran giornale liberale, intonare il
peana alle sorti magnifiche e progressive dell’umanità inaugurate da Renzi, e trasformarsi in un giornale di partito o, meglio, in una sorta di
Pravda del governo, bollettino ufficiale delle imprese mirabolanti portate a termine dal premier.
Il canto di lode, va da sé, non può che cominciare con l’elogio delle
misure economiche che hanno consentito all’Italia di «riagganciare l’Europa» grazie a «un’
agenda di riforme intensa e ambiziosa», come vuole il vicepresidente della Commissione europea Valdis Dombrovskis.
Il riferimento è alla crescita del Pil che, per la prima volta, dopo una dozzina di semestri, è tornato a aumentare dello 0,3%.
Poi vai a leggere bene i dati e ti accorgi che in primo luogo l’aumento è relativo
soltanto al mese precedente, mentre su base annua, cioè confrontato al primo trimestre del 2014, quando Renzi era appena entrato in carica,
l’aumento è pari a 0.
Sì, zero.
Leggi ancor meglio i dati e scopri che questa tanto sbandierata crescita dello 0,3% è ben misera cosa rispetto a quello che ci vorrebbe per davvero per venire fuori dalla recessione: cioè una crescita del 2%
come ha fatto ben notare Passera, secondo cui «è scandaloso che avessero previsto una crescita dell’1.3% e ora si accontentino dello zero virgola».
Ma poi, vai a leggere ancora meglio i dati e scopri che l’Italia non ha affatto agganciato l’Europa, in primo luogo perché questa cresce dello 0,4% a differenza dell’Italia che cresce dello 0,3%, ma soprattutto perché, su base annua,
il nostro Pil aumenta molto meno rispetto a Stati davvero malandati: per capirci, se noi cresciamo zero, la Spagna rispetto al primo trimestre 2014 cresce del
2,6%, la Grecia dello 0,3%, la Francia dello 0,7%. Senza considerare la Germania, il cui Pil cresce di un punto percentuale.