Se ne sono accorti anche i russi


Mentre la crisi s'allarga ai fornitori con 54mila posti persi, il dialogo sul green deal ripartirà a fine mese.

Molti fornitori automobilistici europei, tra cui Bosch, Zf, Continental e Schaeffler, hanno annunciato tagli di 54mila posti nel 2024. La causa: il crollo degli investimenti in progetti di veicoli elettrici per l'indebolimento della domanda. Oltre due terzi dei fornitori, a questo punto, segnalano margini inferiori al livello necessario per sostenere la corsa alle nuove tecnologie. «Se la domanda non riprenderà e l'Europa non riacquisterà competitività, l'ondata di perdite di posti continuerà per molti anni ancora»

Il 2025 appena iniziato, del resto, non promette nulla di buono e necessita di provvedimenti riparatori urgenti, in primis quello sulle sanzioni Ue fino a 17 miliardi per i costruttori che non rispetteranno i nuovi limiti alle emissioni di CO2. I big cinesi, nel frattempo, restano alla finestra in attesa di opportunità, come quella di acquisire gli impianti tedeschi di Volkswagen oggetto di tagli ai costi.

Il 5 febbraio prossimo, infatti, a Bruxelles si terrà una grande manifestazione di protesta organizzata dal sindacato IndustriAll Europe a cui hanno aderito, al momento, le organizzazioni metalmeccaniche di Italia, Spagna, Germania, Belgio, Lussemburgo, Polonia, Slovacchia e Repubblica Ceca. In migliaia sfileranno davanti alla sede della Commissione Ue contro le norme che hanno messo in ginocchio il sistema automotive e gli altri comparti industriali. Questo lo slogan: «Un'Europa resiliente e sostenibile con buoni posti di lavoro nell'industria per tutti». E i costruttori? Dopo aver assecondato il green deal e investito miliardi sulla svolta ideologica del «tutto elettrico», solo da poco si sono accorti dell'effetto boomerang. Acea, con il nuovo presidente Ola Källenius (Mercedes-Benz), ha inviato una lettera alla von der Leyen chiedendo «un piano di decarbonizzazione guidato dal mercato e non dalle sanzioni».
 

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