SE SIAMO TUTTI D'ACCORDO IO PASSEREI DIRETTAMENTE AL 2022 PER ESSERE PIU' SICURI

Negli ultimi giorni mi è capitato di dialogare a lungo con qualcuno che sui modelli ci lavora,
nel senso che lo fa di mestiere, e con altri interessati al topic.

Parliamo di curva degli infetti in Italia.

In generale pongo il problema "quale curva".

Gompertz sarà anche maneggevole (il fit non richiede elaborazione numerica),
ma è matematica che non include il feedback che governa il fenomeno:

n infetti+n' suscettibili=n+n' infetti .

Cioè l'infetto è sia causa che effetto del processo (chimicamente è sia reagente che prodotto di reazione).


La cosa ha un'immensa importanza concettuale. Ricordo Robert May nel 1989:

Il messaggio che mi parve urgente più di dieci anni fa è ancor più vero oggi:
non solo nella ricerca biologica ma anche nel quotidiano di politica ed economia
le cose sarebbero molto migliori se si comprendesse che semplici sistemi nonlineari

non possiedono necessariamente proprietà dinamiche semplici.


Ok, detto ciò, perché ad aprile - come oggi - chi fitta i dati con una curva a campana ha problemi, diciamo così, di errore vicino alla sommità della curva?

Perché mentre nella prima fase di salita dei contagi i punti stanno precisi sulla curva e poi tendono a disperdersi velocemente?

Semplice, perché il sistema di tracciamento raggiunge la saturazione e salta.

Ok, benissimo.

Allora perché succede la stessa cosa con altri dati , che sono chiaramente funzione degli infetti,
ma che richiedono semplicemente registrazione e trasmissione ?

Pare che anche la capacità di acquisizione di dati relativamente semplici abbia lo stesso problema di saturazione.


La famosa curva pare arrivata a un plateau, se non al massimo.

E un po' prima delle delle due settimane attese per vedere gli effetti delle ultime misure
(in realtà si continuava a parlare di esponenziali quando ormai la curva aveva già piegato).


Ma confido che il laqualunquismo correlativo continuerà a darci grandi soddisfazioni, comunque (correlation is causation, quando pare e piace).
 
Chi ha avuto a che fare con i dipendenti inps, capisce di cosa stiamo parlando.
Però mi domando.
Che strano, se un pensionato percepisce il più del dovuto, non si rivolge all'INPS a chiedere lumi ?
Ma se non riceve l'adeguamento Istat pari a pochi centesimi e pronto a far ricorso!
Mi piacerebbe sapere quanto percepisce al mese il "povero" pensionato che dovrebbe restituire 29.000 € incassate in eccedenza
e perchè li ha incassati.
Non è che stiamo parlando di quei simpatici soggetti che hanno preso la pensione di invalidità senza averne i requisiti ?
Perchè se c'è dolo, quanto percepito furbescamente va restituito.


L'avvocato sta seguendo parecchi ricorsi di diversi pensionati contro l'Inps:

"Queste sviste possono essere di diversa natura:

gli errori materiali che riguardano un importo versato dall’Inps superiore a quanto dovuto nel rateo della pensione,

errore nell’erogazione della pensione di reversibilità del marito defunto,

errori nell’erogazione di una prestazione assistenziale quale l’invalidità.

Sembra strano pensare che l’Inps commetta tali errori considerato che è l’Ente previdenziale stesso
che eroga tali prestazioni sulla base di un’analisi preventiva di tutti i requisiti in possesso.

Eppure accade spesso anche in questo periodo che, accortasi dell’errore, anche a distanza di anni,
l’Inps invii una richiesta di restituzione di un determinato importo creando il panico al povero mal capitato cittadino".

Ma questa procedura è corretta?

L'Inps può davvero chiedere queste cifre indietro?


"La procedura per il recupero è regolata dall'articolo 52 Legge 88/1989 e dall’articolo 13 Legge 412/1991:
Non si fa luogo a recupero delle somme corrisposte, salvo che l’indebita percezione sia dovuta a dolo dell’interessato."


Parole chiare.

E così anche la Cassazione è intervenuta nel merito con un verdetto del 2017:

"l'ente erogatore, l’Inps, può rettificare in ogni momento le pensioni per via di errori di qualsiasi natura,
ma non può recuperare le somme già corrisposte, a meno che l'indebita prestazione sia dipesa dal dolo dell'interessato”.



E le storie che riguardano questo tipo di restituzioni sono tante.

"È ciò che è capitato di questi tempi ad un signore che si è visto arrivare una richiesta di restituzione importi
per la somma di Euro 29.231,00 per un ricalcolo della pensione non meglio specificato.
Oppure un’altra cittadina, un’ insegnate, ex dipendente pubblica che ha ricevuto la raccomandata
contenente la richiesta di restituzione per l’importo di Euro 8.057,00 per un errore in fase di riliquidazione della pensione di aggiornamento stipendiale".


Ma allora cosa bisogna fare se tra le lettere nella cassetta della posta si trova un avviso di pagamento inviato dall'Inps?

Se il pensionato ha sempre adempiuto agli oneri comunicativi nei confronti dell'ente previdenziale
per esempio, inviando le sue dichiarazioni dei redditi, ovvero ha sempre comunicato ogni variazione di reddito,
con formale comunicazione da inviare all’Inps, non ci dovrebbero essere problemi,
la richiesta si considera illegittima e pertanto impugnabile attraverso un ricorso amministrativo: così scatta l'annullamento.
 
Altro settore, ma i dementi non cambiano, anzi...pupullano.......


Si tratta della peste suina africana (Psa), una malattia che non è in grado di contagiare gli esseri umani ma che è mortale per i suini.

L'infezione non può essere trasmessa agli uomini in nessun modo, neppure attraverso il consumo di carne di animali malati.

Gli effetti della PSA sono tuttavia pesantissimi per gli allevamenti di maiali.

Fatta questa doverosa premessa, è importante evidenziare l'entità del problema.

Anche perché la malattia potrebbe falcidiare migliaia di suini, danneggiando uno dei settori economici più importanti dell'Italia.


L'assessore regionale all'Agricoltura, Alimentazione e Sistemi verdi della Regione Lombardia, Fabio Rolfi,
ha spiegato che la peste suina si può combattere, o per lo meno mitigare, in un unico modo:

abbattendo i cinghiali.

Il problema è che il governo, compreso il ministro Bellanova, sta andando "nella direzione opposta".

"I cinghiali selvatici sono i vettori principali di peste suina.

Le Regioni sono lasciate sole, gli agricoltori abbandonati nonostante le promesse dei ministri competenti e dei loro sostenitori.

A oggi non ci sono misure concrete, le iniziative delle Regioni vengono impugnate dal Governo
ed i piani per contenere la fauna selvatica vengono attaccati dalle associazioni pseudoambientaliste".



Detto altrimenti, l'esecutivo starebbe ignorando un problema.

Il motivo di una simile previsione è semplice: un caso di peste suina è stato rilevato in Germania.

E l'arrivo in Italia di questa malattia comporterebbe un danno incalcolabile all'economia.


"In particolar modo alla Lombardia dove viene allevato il 53% dei suini italiani, alla base delle grandi filiere agroalimentari.
Servono azioni concrete, non chiacchiere".



L'assessore chiede piani di contenimento, nonché semplificazioni all'attività venatoria,
che consente "di contrastare la fauna selvatica", e sostegno alle iniziative delle Regioni.

Con il lockdown imposto dal governo anche l'azione di contenimento della fauna selvatica rischia di risentirne.

Tutto questo "può comportare per i prossimi mesi un drastico aumento dei cinghiali e di conseguenza di incidenti stradali, di danni all'agricoltura e di rischi di peste suina".

È per questa ragione che, nei giorni scorsi, Lombardia e Piemonte hanno chiesto al ministro Bellanova di consentire la caccia anche nelle zone rosse,
dal momento che può essere praticata in totale sicurezza come le altre attività individuali all'aperto.


"Dal Governo è arrivato un no secco, nel silenzio del ministro Bellanova che ha la competenza in materia di caccia oltre che di agricoltura.
Atteggiamento da Ponzio Pilato di cui sarà chiamata a rispondere".



Ricordiamo che i cinghiali infetti possono contagiare gli altri animali presenti negli allevamenti.

La peste suina si diffonde tra i suini e provoca la loro morte nel 90% dei casi.

La sua trasmissione avviene attraverso le zecche o quando gli animali entrano in contatto con superfici contaminate (o altri animali) e cibi infetti.

Da un punto di vista medico, le emorragie provocate dalla malattia uccidono i maiali infetti in pochi giorni.

Al momento non esistono vaccini.
 
Altri tempi. Da segnare nel libro dei ricordi......Casa, Piscina e Centro Sportivo.


Quando la Cementeria era “la mamma”, lui era inevitabilmente “il papà”.

Davvero un’altra epoca quella in cui la Cementeria di Merone è cresciuta fino a occupare 400 dipendenti
ai quali dava una casa e anche un centro sportivo con piscina.

Per questo la scomparsa di Giorgio Montandon, 85 anni, avvenuta a Lugano farà fare agli ex lavoratori della Cementeria un salto indietro di trent’anni.

Montandon è stato l’ultimo della famiglia fondatrice dell’azienda a guidare la Cementeria e a seguire il passaggio di proprietà - a metà degli anni Novanta - al gruppo Holcim

Fu lui come amministratore delegato a guidare negli ultimi quindici anni circa l’azienda e gestire la cessione al gruppo Holcim.

L’ingegnere è morto per un male incurabile aggravato dal Covid per cui è ricoverata anche la moglie.

Con lui finisce un’era, quella della gestione familiare del colosso di Merone.

«Giorgio Montandon era una persona raffinata e di nobili sentimenti – spiega Milly Pozzi, moglie di Giorgio Pozzi, primo cugino dell’ingegnere -
Era gentilissimo e di incredibile disponibilità, non ho mai visto un suo scatto d’ira.
Una persona splendida che ha condotto la cementeria per una quindicina di anni, dagli Ottanta fino al 1996 quando ci fu la cessione ad Holcim».

Il giorno di Pasqua 1950 dall’album di famiglia di Giorgio Montandon (secondo in piedi da sinistra) con  la nonna e i cugini Alberto, Rodoldo, Gabriella, Mariena e Cecilia

Il giorno di Pasqua 1950 dall’album di famiglia di Giorgio Montandon (secondo in piedi da sinistra) con la nonna e i cugini Alberto, Rodoldo, Gabriella, Mariena e Cecilia


Una cementeria, ricorda la signora Pozzi, che era davvero un punto di riferimento per il territorio:

«Erano bei tempi, i proprietari giocavano a tennis con i dipendenti, erano tornei organizzati a scopo ricreativo.
Ma attorno alla cementeria c’era la piscina e il centro sportivo. C’erano anche aiuti ad altre realtà del territorio come l’ospedale e l’asilo.
In molti ormai non si ricordano di quegli anni, ma anche recentemente mi hanno fermata per ricordarmi le cose belle di quel periodo».

«La famiglia si era impegnata in Italia perché era alla ricerca di aree in cui ci fosse il materiale per il cemento prima a Monte Olimpino e poi a Merone.
Nell’azienda lavorava tutta la famiglia, con il cemento Montandon è stato realizzato il traforo del Sempione.
E per il recupero dell’Oasi di Baggero sono stati vinti dei premi a livello continentale».


La Cementeria di Merone è nata nel 1928 proprio dalla famiglia svizzera Montandon che dopo aver creato un cementificio a Monte Olimpino nel 1899,
uno dei primi in Italia con il nome Società fabbrica di cemento Portland Montandon & C, all’esaurirsi del filone ha deciso di spostarsi a Merone ingrandendosi.

Già a Monte Olimpino comunque si era arrivati ad impiegare fino a 300 addetti,
dopo lo spostamento a Merone l’azienda è arrivata ad impegnare circa 400 dipendenti.

E con la scomparsa di Giorgio Montandon finisce anche un’era.
 
Da noi ci sono state e ce n'è ancora una - la Fiocchi - che costruivano case per darle ai dipendenti.
 
Altro che record.

Nei primi nove mesi dell’anno ben 3000 frontalieri hanno perso il posto di lavoro in Ticino,
un numero destinato a salire al 31 dicembre sino a quota 4000.


Lo certifica il sindacato ticinese Ocst in base ai formulari di disoccupazione compilati,
quelli che in gergo si chiamano moduli “Pdu1”, che servono poi per richiedere il versamento
dell’indennità di disoccupazione in uno Stato dell’Unione Europea, in questo caso l’Italia.


Il report


A metà della prima ondata della pandemia da Covid-19 si era parlato di un migliaio di nostri lavoratori in Ticino senza più un’occupazione.

L’Ocst - precisazione doverosa - raccoglie l’80% delle richieste relative ai formulari di disoccupazione.

Dunque, alla fine, il computo totale dei frontalieri che, a causa della pandemia, sono ora disoccupati potrebbe toccare le 5 mila unità.

Il segmento della ristorazione ha trascinato verso il basso il dato dei frontalieri disoccupati,
ma anche il metalmeccanico ha fatto pervenire segnali negativi.

Tiene - e lo si è visto anche nel report trimestrale diffuso ai primi di novembre - l’edilizia,
che dà lavoro ad oggi a 7737 frontalieri, metà dei quali comaschi.

Andrea Puglia, responsabile frontalieri del sindacato ticinese Ocst, spiega che

«c’è grande preoccupazione non solo per il fatto che chiuderemo l’anno con circa 4 mila nostri frontalieri senza più un lavoro,
ma anche e soprattutto perché il 31 dicembre scadono le coperture federali, che sin qui hanno permesso
- attraverso il lavoro ridotto (o disoccupazione) di evitare la scure dei licenziamenti».

Al Canton Ticino, il Governo federale ha fatto pervenire 1 miliardo e 200 milioni di franchi sotto forma di aiuto alle imprese.

Il ministro federale dell’Economia, Guy Parmelin, ha annunciato altri aiuti, ma certo la coperta comincia a diventare corta.


«Sul 1,1% di frontalieri su base trimestrale, ha pesato la presenza degli interinali,
che hanno ottenuto un permesso di lavoro per brevi missioni, molti dei quali sono ancora annoverati tra i frontalieri, pur avendo terminato il periodo di lavoro.
E questo perché non hanno notificato la loro posizione all’Ufficio stranieri - sottolinea Andrea Puglia -.

A livello generale, la seconda ondata, i cui effetti si stanno facendo sentire in maniera importante anche in Ticino, ha ingessato il mercato del lavoro.

La differenza rispetto a marzo è che, senza aiuti federali, le aziende dovranno camminare unicamente con le proprie gambe.

Il Governo federale è intervenuto in modo importante, sostenendo il lavoro ridotto e snellendo in modo importante la burocrazia. Il 31 dicembre è però dietro l’angolo».


C’è poi un altro elemento di criticità, che riguarda soprattutto il settore socio-sanitario.

«Il personale è sotto pressione. La sanità ticinese dà lavoro a 4300 frontalieri. Una presenza di assoluto livello e rilievo - fa notare ancora Andrea Puglia -.
Il tema è che non è facile convivere con lo stress accumulato anche a seguito di questa seconda nuova ondata.
I lavoratori sotto sottoposti a ritmi di lavoro molto importanti, con tutti i rischi che il Covid-19 porta purtroppo in dote».


Un’ultima riflessione riguarda invece il tema del “Prima i nostri!”, slogan sbandierato dai partiti anti-frontalieri.

«In qualche realtà è probabile che si sia dato più spazio ai residenti, ma credo che questa crisi riguardi tutti, ticinesi e frontalieri».
 
Oggi Confcommercio e Confesercenti hanno diffuso le notizie circa l’andamento dei consumi ad ottobre ed il risultato è agghiacciante.

L’accenno al secondo lockdown porta un bel -8,1% dei consumi in generale, con prospettive pessime,
perchè il 40% delle vendite viene fatto nel periodo natalizio ed ora con il lockdown parziale o totale
rischiamo di vedere un autentico massacro dei consumi e del settore del commercio.

Ovviamente ci sono settore devastati come i servizi ricreativi, (-73,4%), alberghi (-60%) e ristoranti (-34%).


Il crollo di consumi porta alla crisi economica ed ad una riduzione ulteriore di redditi e consumi
che rischia di iniziare un ciclo negativo devastante per la nostra economia
.

Gli effetti si stanno già vedendo per il ripetersi di quel “Fenomenale effetto” secondario legato al calo dei redditi
che cercò volontariamente il Senatore Monti nel 2012.

I Redditi cadono, gli acquisti calano, soprattutto di beni importati non essenziali, e, miracolo, la bilancia commerciale cresce:


italy-balance-of-trade-11.png



L’avanzo commerciale dell’Italia è cresciuto a 5,849 miliardi di EUR nel settembre 2020 da 2,686 miliardi di EUR dell’anno precedente,
ben al di sopra delle aspettative di mercato di 3,343 miliardi di EUR.

Le esportazioni sono aumentate del 2,1 percento a 40,135 miliardi di euro guidate dai beni di consumo (+3,6 percento);
beni capitali (6,4 per cento) e beni intermedi (0,9 per cento).

Le vendite nell’Area Euro hanno rappresentato il 50,7% delle esportazioni totali e sono aumentate dell’1,4%,
principalmente le spedizioni in Germania (6%) e Francia (2,3%).

Nel frattempo, le importazioni sono scese del 6,4% a 34,286 miliardi di euro,
principalmente a causa dei beni capitali (-5,8%) e dei beni di consumo non durevoli (-1,8%).

Le importazioni dall’Area Euro sono diminuite dell’1,9 per cento.

Considerando i primi nove mesi dell’anno, le esportazioni sono diminuite dell’11,6 per cento
e le importazioni del 15,3 per cento a causa della crisi del coronavirus.



Vorrei farvi però notare che ad aprile la bilancia commerciale andò, improvvisamente, in negativo,
perchè evidentemente i consumi ed i redditi stavano ancora tenendo.

Quindi l’implosione delle esportazioni non era stata accompagnata da un calo delle importazioni
ed ha mandato brevemente la bilancia commerciale in rosso.

Ora le cose sono diverse: le attività manifatturiere sono attive, ma i consumi crollano ed ecco che abbiamo un record di bilancia commerciale.


Il Governo non dovrebbe dare dei ristori, dovrebbe preoccuparsi di rilanciare i consumi ed i redditi dei cittadini.

I ristori sono, francamente, una presa in giro.

Bisogna pensare a compensare le vendite per impedire alla normale catena dei flussi finanziari, cioè dei pagamenti, di interrompersi.


Altrimenti avremo un’altra catena: ..............di fallimenti.
 
Un'altra che non è la prima volta che "si mette in mostra". Avrà influito su di lei ?

Non c’è bisogno di finire in terapia intensiva, col casco in testa o con l’ossigeno nel naso.

L’ultima rivelazione sul covid riguarda i giovani: anche quelli che non si sono ammalati in maniera pesante,
con sintomi importanti, potrebbero riportare conseguenze a livello celebrale.

Nelle facoltà mentali, ha sottolineato ieri la biologa ospite di Giovanni Floris a DiMartedì, La7 .

“Il Covid può influire sulle nostre capacità mentali a medio e lungo termine.
Questi sintomi sembra che riguardino una persona su venti. E si tratta di individui giovani, tra i 18 e i 49 anni”.
 
Mah.....!!!!!!!! Dilettanti allo sbaraglio e suonatori di chitarra ?


Mentre il governo sta ipotizzando un decreto Ristori Ter, i tecnici del servizio Bilancio del Senato hanno studiato i primi due provvedimenti.


Ecco critiche, cose da chiarire e limiti dei decreti, secondo i tecnici.


Partiamo da quello che dovrebbe essere chiarito, secondo dei funzionari del servizio Bilancio del Senato.

“Appare utile chiarire” se la compensazione degli effetti dei Dl ristori (che determinano un saldo complessivo negativo per 4.974,9 milioni nel 2020),

“sia integralmente a valere su risparmi derivanti da misure (recate dai cosiddetti ‘decreti Covid-19’ e finanziate con le risorse indicate
nelle Relazioni al Parlamento riferite ai primi tre scostamenti di bilancio) ovvero in parte anche a valere sul più generale miglioramento
del quadro di finanza pubblica per l’esercizio in corso che emerge nel Dpb 2021 rispetto alla Nadef 2021”,

scrivono i tecnici del servizio Bilancio del Senato nel dossier sui due provvedimenti, come riportato dal Sole 24 Ore Radiocor.


I tecnici fanno anche qualche conto: gli effetti cumulati dei due decreti legge ‘ristori’ determinano per il 2020,
un peggioramento dei saldi pari a circa 3,7 miliardi in termini di fabbisogno e 5 miliardi in termini di indebitamento netto”.


Questi effetti trovano, spiegano i tecnici, compensazione nel

“miglioramento di 0,3 punti percentuali di Pil, pari a circa 5 miliardi che corrisponde alla differenza tra il valore deficit/Pil indicato dalla Nadef 2020 del 10,8%
e il successivo valore in miglioramento del 10,5% contenuta nel Documento programmatico di bilancio per il 2021”,

riporta Radiocor, aggiungendo che “consegue un peggioramento delle previsioni tendenziali rispetto all’ultima stima contenuta nel Documento programmatico di bilancio (Dpb) per il 2021”.


Entrando nello specifico dei costi e delle misure, i tecnici sostengono che

“la relazione tecnica allegata al primo decreto ‘ristori’ (Dl 137/2020) precisa che il provvedimento,
rimanendo entro i limiti di indebitamento autorizzati per il 2020, si avvale degli spazi che si sono resi disponibili
a seguito del minore utilizzo rilevato di alcune misure disposte dagli interventi adottati in maggio ed agosto,
‘in particolare per quanto riguarda diversi crediti di imposta, fra cui quelli relativi alla fiscalità differita attiva (Dta),
ai canoni di locazione degli immobili non residenziali, all’acquisto di veicoli a bassa emissione,
il bonus per i lavoratori presenti in azienda nel mese di marzo”.

Alle misure contribuiscono anche i 3 miliardi ‘risparmiati’ dalle misure di integrazione salariale.


Non solo: “Tra tali risparmi appare rientrare l’importo di 730 milioni relativi a Dta”.


E per la voce risparmi, sostengono i tecnici,

“sarebbe utile conoscere gli importi relativi alle ulteriori voci di risparmio e/o di maggiore entrata menzionate dalla relazione tecnica,
precisando se tali effetti positivi siano stati già incorporati nelle previsioni della Nadef ovvero rientrino nei 2 miliardi di maggior risparmio stimati
(in aggiunta ai 3 miliardi per misure di integrazione salariale) dal Dpb 2021”.


I provvedimenti, spiegano ancora i tecnici, secondo quanto riportato da Radiocor,

“recano minori entrate e maggiori spese (impieghi o interventi) per circa
7,8 miliardi nel 2020,
2,1 miliardi nel 2021
e 0,4 miliardi nel 2022.

A fronte di tali impieghi, le risorse (o coperture), in termini di maggiori entrate e di risparmi di spesa, risultano complessivamente pari a circa

2,9 miliardi nel 2020,
2,1 miliardi nel 2021
e 0,4 miliardi nel 2022”.


Questo porterebbe, dunque, ad un peggioramento del deficit per circa 5 miliardi, mentre “nel 2021 si registra un miglioramento per 7,8 miliardi”.


Guardando agli interventi,

“nel 2020 prevalgono le maggiori spese, che raggiungono l’importo di 6 miliardi circa,
quasi integralmente riferibili alla parte corrente (5,9 miliardi), a fronte di minori entrate per circa 1,9 miliardi.
Anche nel 2021 si registra la prevalenza delle maggiori spese (1,7 miliardi tutte riferibili alla parte corrente)
rispetto alle minori entrate (0,4 miliardi circa).
Nel 2022 tra gli impieghi si registrano maggiori spese correnti 0,1 miliardi e minori entrate per 0,3 miliardi circa”.


Le coperture ‘interne’ ai due provvedimenti “nel 2020 sono quasi integralmente riferibili a risparmi di spesa corrente (circa 2,8 miliardi)
mentre nel 2021 prevalgono le maggiori entrate (circa 1,8 miliardi) rispetto a risparmi di spesa corrente per 0,3 miliardi circa.
Nel 2022 le risorse sono rappresentate integralmente da risparmi di spesa (0,4 miliardi, di cui circa 0,3 circa di parte corrente)”.


La manovra netta sulla spesa porterebbe ad un “aumento delle erogazioni per circa 3,2 miliardi nel 2020 e 1,4 miliardi nel 2021.
Nel 2022 si registra invece una riduzione netta delle spese per circa 0,3 miliardi, che compensa la riduzione netta di pari importo delle entrate”.


Numeri, spese e conti a parte, però, quello che risalta maggiormente all’occhio sono i dubbi di costituzionalità.

Gli esperti servizio Bilancio del Senato sostengono che l’articolo 8 del Dl ristori bis che rinvia ad ordinanze del ministero della Salute
per la classificazione e aggiornamento delle aree maggiormente interessate dall’emergenza Covid potrebbe porre dubbi di costituzionalità.



Proviamo a spiegare: per gli oneri derivanti dalla estensione a quelle zone delle misure di aiuto previste dal decreto
(contributi a fondo perduto, sospensioni di versamenti tributari e previdenziali, congedo parentale, bonus baby-sitting)
viene previsto un tetto di spesa di 340 milioni per il 2020 e di 70 milioni per il 2021.

Tali oneri, però, non sarebbero “caratterizzati da modulabilità stabilendo benefici in base a parametri fissi”.


“Appare problematica l’estensione di tali interventi per successive ordinanze del Ministero della salute
volte ad estendere le zone ad alto rischio altre regioni o ambiti territoriali, nei limiti del fondo in questione”,

spiegano i tecnici nel dossier, aggiungendo che

“andrebbe chiarito il criterio con cui verrà fatto rispettare il limite di spesa se ad esempio accettando le domande su base cronologica
(l’alternativa di riproporzionare l’ammontare dei benefici sulla base del numero di domande non sembra praticabile visto che come detto i benefici non sono modulabili)”.


I problemi di costituzionalità deriverebbero dal mancato rispetto del principio di uguaglianza: per

“le Regioni individuate con ordinanza del 4 novembre 2020 non sono previsti limiti di spesa
mentre invece per le Regioni individuate successivamente l’articolo in esame prevede un limite di spesa
che potrebbe determinare un beneficio minore o distribuito soltanto ad una parte degli aventi diritto.
Il rischio di contenziosi per violazione non ragionevole del canone costituzionale di eguaglianza appare alto, con i possibili, conseguenti riflessi finanziari”.
 

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