SE SIAMO TUTTI D'ACCORDO IO PASSEREI DIRETTAMENTE AL 2022 PER ESSERE PIU' SICURI

Resto della mia idea.
Stravolgiamo la vita di 53 milioni di abitanti e centinaia di migliaia di attività economiche
con chiusure che ci porteranno sul baratro....ed oltre, per tutelare meno di 7 milioni
di abitanti che dovrebbero essere tutelati - principalmente nelle RSA dove vivono -
con dispositvi obbligatori per la tutela della loro salute, mentre vengono fatti circolare
con mascherine chirurgiche o fatte in casa, che non li tutelano affatto.


Solo poche settimane fa, Giuseppe Conte annunciava trionfante che i vaccini agli italiani sarebbero arrivati già a dicembre.


Il presidente del Consiglio imperversava con comunicati trionfalistici sui tempi di somministrazione,
dando quasi per certo che in primavera ci sarebbero state dosi a sufficienza per vaccinare tutti.

"Capisco l'esigenza di motivare i cittadini nei sacrifici durissimi che sono necessari,
ma non è possibile trattarli come bambini di 5 anni che credono a Babbo Natale".

Un tentativo di debunk agli annunci propagandistici del governo.

Sono passati circa venti giorni e le parole del virologo sono state confermate.


Vaccinare la popolazione non sarà facile, bisogna risolvere i nodi logistici, rispettare le tempistiche
e finché non ci sarà almeno il 70% di italiani vaccinati, l'Italia non potrà dirsi fuori dall'emergenza.

Questa è la soglia minima per raggiungere la tanto agognata immunità di gregge, che riduce al minimo le possibilità di circolazione del virus.

"Ma sarà un'operazione lunga e difficile, perché parliamo di vaccinare almeno 40 milioni di italiani.
E per ottenere una piena immunizzazione per tutti servirà un richiamo a distanza di tre settimane.
Quattro nel caso di Moderna. Solo il vaccino dell'americana Merk Sharp & Dohme richiede una sola somministrazione,
ma non arriverà prima dell'estate prossima",

ha spiegato Nicola Magrini, direttore generale dell'Aifa.

Una vera doccia fredda per Giuseppe Conte, che pare abbia perso la spavalderia tronfia
di quando illudeva i cittadini su tempistiche diverse e ben più brevi per un ritorno alla normalità.


Ora a Palazzo Chigi è caos.

Come riportato da Italia Oggi, nei giorni scorsi il premier si è voluto informare su ogni aspetto dei vaccini,
partendo dalla logistica dell'approvigionamento e le relative problematiche legate alla catena del freddo.

Si è poi informato sulla durata della copertura vaccinale e si è voluto assicurare che, una volta ricevuto il vaccino,
il soggetto non corra il rischio di contrarre il coronavirus.

Giuseppe Conte si è reso conto che non sarà così facile il percorso della vaccinazione
e quindi nei sontuosi corridoi di Palazzo Chigi ora serpeggia la preoccupazione.

Cosa succederà da qui a quando veramente il vaccino potrà essere distribuito alla popolazione?

È un mistero.

Fonti top secret di Palazzo ascoltate da Italia Oggi danno per certo che

"non ci saranno allentamenti particolari nelle misure per i cittadini in vista delle prossime feste natalizie".


E il premier già pensa a come non diventare la personificazione istituzionale del Grinch agli occhi degli italiani.
 
E' evidente e palese che la demenza giovanile è molto piu' grave della demenza senile.
Perdita di principi e di valori. Che brutto futuro si sta costruendo.........
con i soliti dementi di mezzo.........perchè chi gli da 2000 euro a questi rincoglioniti senza lavoro per comprare queste scarpe ?
.........il reddito di cittadinanza ? oppure quello di emergenza ? oppure i genitori fessi ?



Da domenica, e per tutta la giornata di lunedì, i social network sono stati invasi da immagini di scarpe, calze, t-shirt e ciabatte
brandizzate dal noto marchio di supermercati low cost.

In Italia prima dell'apertura c'era già la coda fuori dai punti vendita in tutta Italia e in poche ore tutti gli scaffali e le ceste sono state vuotate.

Si sono visti carrelli colmi di scarpe e di calzini in spugna, come se si trattasse di una svendita dei grandi brand del lusso e non sneakers da meno di 13 euro.


Da dove nasce il fenomeno Lidl?


Dai social, come spesso accade in quest'era digitale.

Va specificato subito che quella Lidl è una linea in edizione limitata, quindi particolarmente ambita dai collezionisti.

A questo si aggiunge il fatto che i prodotti Lidl sono stati promossi da alcuni degli influencer più in vista del Paese, come Fedez.

Il marito di Chiara Ferragni ha indossato le calzature con i peculiari colori ancora prima che venissero distribuite in Italia.

Ha realizzato foto e video sfoggiando quelle scarpe e ha fatto crescere nel nostro Paese la febbre per possederle, anche solo come feticcio.

Oltre a lui sono stati altri i volti nomi che si sono prestati alla promozione, non solo in Italia ma in tutta Europa.

Quello che può essere ormai definito come "fenomeno Lidl", infatti, non nasce nel nostro Paese,
che per altro è stato uno degli ultimi a distribuire la collezione.
Belgio, Finlandia, Francia, Germania hanno anticipato l'Italia e anche lì si è assistito a scene simili a quelle dei punti vendita in Italia.


Basta unire gli elementi per capire come sia potuto esplodere il "fenomeno Lidl".

Basta mettere in un calderone il fascino dei prodotti in edizione limitata disponibili per un tempo limitato,
la promozione degli influencer "giusti", la percezione che si tratti di un qualcosa di esclusivo e quindi solo per pochi,
il fascino di un qualcosa di bizzarro come linea di abbigliamento di un discount ed ecco la ricetta del successo.

Così si spiega il reselling, che in fondo è alla base delle code nei punti vendita Lidl.

C'è chi ha tempo e voglia di trascorrere le ore in fila per acquistare gli oggetti in tiratura limitata che poi può rivendere online,
a un prezzo talvolta centuplicato, e c'è chi è disposto a spendere cifre folli per avere quei prodotti.

È su quella nicchia di collezionisti pronti a fare carte false pur di implementare il loro tesoretto di feticci, che si basa il fenomeno.

Ecco perché su eBay si trovano le scarpe Lidl in vendita a oltre 2mila euro, quando il loro prezzo (e valore) è di appena 12.99 euro.
 
....e c'è anche chi fa "qualità".


Non si tratta di un semplice olio extra vergine, ma di un olio… Supremo.

A produrlo è l’azienda agricola di Luca Figini, situata a poco meno di 500 metri sul livello del mare sulle colline di Olginate.

In questi giorni Luca sta ritirando le reti stese sotto gli ulivi.

La raccolta delle olive si è appena conclusa e i preziosi frutti sono già stati portati al frantoio di Biosio, nella frazione di Bellano, e trasformati in olio.

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Dalla tenuta Marocco, dove vent'anni fa Figini decise di sostituire viti e meli con i primi alberi di olive,
volgendo lo sguardo a valle si scorge da un lato il lago di Olginate e le colline che sovrastano Calolziocorte,
dall'altro il lago di Garlate e sullo sfondo, maestoso, il Resegone.

E’ la suggestiva cornice che si ammira passeggiando tra i circa settecento alberi di ulivo,
disposti in perfetto ordine, che formano il moderno impianto dell'azienda agricola.

Proprio in questi giorni Figini ha raccolto i frutti di un duro anno di lavoro.

La terra, si sa, ha le sue regole.

Quest'anno, a differenza di quello scorso, le aspettative non sono state tradite.

La stagione infatti è stata ottima, anche se saranno le analisi organolettiche in corso ad avere l'ultima parola.

Nel frattempo Luca ha già assaggiato e valutato l'olio uscito dal frantoio e non ha dubbi:

“Il sapore è ottimo, c'è tanta qualità e le analisi non potranno che confermare le caratteristiche e le sensazioni che ho già provato degustando l'olio.
Anche quest'anno il prodotto è all'altezza del nome che porta, è un olio Supremo”.

Il suo palato non sbaglia…

E’ una scommessa vinta la sua, che ricorda ancora quando nel 1999 mise a dimora le prima piante d'ulivo e c'era chi lo riteneva un pazzo. E invece…

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“Complessivamente abbiamo raccolto oltre sessanta quintali di olive, un quantitativo che ha ripagato le aspettative.
Due anni fa eravamo riusciti a produrne cento quintali, ma era stata un’annata straordinaria.
Il mio obiettivo è sempre stata la qualità più che la quantità.
A giudicare dalla vegetazione degli alberi credo però che ci siano tutte le premesse per bissare il quantitativo del 2018 il prossimo anno”.

Attraverso il sito è già possibile prenotare l'olio che verrà poi consegnato una volta imbottigliato e pronto per essere consumato.

Sono tre i tipi di olio extra vergine Supremo prodotti nella tenuta Marocco, in località La Piana,
situata sopra il lago di Olginate, alle pendici del monte Regina e a poche centinaia di metri in linea d'aria da Consonno.

C’è il Supremo Special Blend, composto dal 46% di olive Frantoio,
una stessa percentuale di Leccino e l’8 % di Don Carlo.
Pluripremiato, dopo aver ricevuto Due Foglie Gambero Rosso per tre anni, nel 2017 ha ottenuto addirittura il riconoscimento di Tre Foglie.

C'è poi il Gran Cru Don Carlo, prodotto con la spremitura di sole olive Don Carlo,
che nella sua breve storia ha già ottenuto importanti riconoscimenti,
le Tre Foglie Gambero Rosso e con un punteggio di 98/100 ha permesso a Luca Figini
di aggiudicarsi il titolo di migliore produttore italiano al concorso Leone d’oro.

Infine c'è il Monovarietale in purezza (100% Frantoio), che ha ottenuto a sua volta Tre foglie Gambero Rosso.
Le ha conquistate addirittura nel 2015, insieme al Premio Slow Food Grandi Oli.

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Perché lo abbia chiamato con un epiteto tanto impegnativo, “Supremo” appunto, ce lo ha spiegato proprio Luca Figini.

“Quindici anni fa ho scelto di produrre qualcosa di diverso dal solito olio e quindi ho messo a punto una strategia per produrre un olio di alta qualità, un olio… Supremo.
Posso dire che l'obiettivo che mi ero posto è stato decisamente raggiunto, ora quello che manca è la cultura del consumatore.


Un’indagine ha stabilito che il 50% dei consumatori non riconosce un olio rancido,

e addirittura il 70% non distingue un olio con difetto di riscaldo,

che si può generare a seguito di uno stoccaggio errato e prolungato delle olive.

A differenza del vino, la maggior parte dei consumatori non riesce a distinguere

ed apprezzare un olio di qualità rispetto a un prodotto mediocre.

Un olio di scarsa qualità con il passare del tempo si ossida e perde tutte le caratteristiche organolettiche tanto utili al nostro organismo”.



Le analisi chimiche sull’olio Supremo confermano un'acidità bassissima, prossima alla 0,10 gr. X 100 grammi di olio, e un numero di perossidi inferiori a 5 Mcq 02/Kg.

Il ricco contenuto di acido oleico (l'acido grasso più nobile, monoinsaturo, particolarmente stabile, ad alta digeribilità,
che aiuta a mantenere bassi i livelli di colesterolo “cattivo” LDL, ma protegge il colesterolo ”buono” HDL)
di polifenoli (antiossidanti) di vitamine E (l'alfa-tocoferolo è la forma più potente di vitamina E che ha un alto valore biologico e nutritivo)
lo rendono veramente un prodotto nutraceutico.

Ovvero un alimento medicinale, ottimo anche per lo svezzamento del bambino
(vista la sua composizione acidica simile a quella del latte materno)
nella dieta degli sportivi, dei diabetici, degli ipertesi, oltre ad essere un ottimo anti invecchiamento e anti tumorale,
essendo ricco di sostanze ad azione antiossidante e anti cancerogena.

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Ma quali sono gli elementi che contribuiscono alla produzione di un olio… Supremo?

“In questo ambiente peculiare la produttività viene limitata - ci ha spiegato Luca, confermando quanto per lui conti più la qualità della quantità -
ma vengono esaltate alcune caratteristiche qualitative di fondamentale importanza.

L'olio risulta infatti particolarmente ricco di acido oleico e di sostanze fenoliche.

Il clima mite, con notti fresche anche nel periodo estivo, riduce consistentemente in modo naturale la presenza della mosca olearia,
per cui non si è costretti a combatterla chimicamente, ottenendo così un olio assolutamente privo di residui antiparassitari e completamente naturale,
derivato da olive sane che non presentano alcun sintomo di fitopatie”.

La lavorazione dei terreni consente inoltre di valorizzare il territorio, evitando l'abbandono delle colline con il conseguente e inevitabile degrado ambientale.

La promozione di “eccellenze”, tra cui l'olio di oliva ma non solo, contribuisce a far conoscere suggestivi luoghi della provincia di Lecco, favorendo un turismo di qualità.

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La tenuta Marocco si sviluppa su una superficie di cinque ettari, di cui due destinati a coltivazione biologica di castagneti e tre alla coltivazione degli ulivi.

Infine c'è poi una significativa produzione di kiwi, anch'essi biologici.

Mentre il fratello Giovanni produce anche un ottimo miele.

Insomma, un piccolo angolo di Paradiso dove nascono prodotti genuini e un olio… Supremo.
 
Che vergogna.


Nessuno pretende che il sindacalista medio faccia propria la nozione hayekiana di catallassi,
la quale peraltro implicherebbe per costui la prosaica conseguenza di dover trovarsi un lavoro.

C’è una questione umana, però, nemmeno economica, puramente esistenziale, c
he in era pandemica non possono non scorgere nemmeno i capi della Triplice,
la Santa Alleanza Cgil-Cisl-Uil che ha proclamato lo sciopero nazionale dei lavoratori della pubblica amministrazione per il 9 dicembre.

Vale a dire:

gli statali, tecnicamente coloro che hanno lo stipendio garantito a fine mese, protestano,

mentre fuori, nel mondo che non si abbevera alla mammella pubblica, i non garantiti chiudono,

vengono serrati da quello stesso Stato e spesso per questo falliscono, stritolati da tasse, bollette,

spese fisse ineludibili oggi, nell’attesa chimerica di un “ristoro” domani

(odiosa espressione che nella neolingua di Conte-Casalino indica il teoricamente dovuto rimborso a fondo perduto).


È la grottesca lotta di classe contemporanea, dove a sollevarsi sono i privilegiati,

coloro che quantomeno posseggono un paracadute, che nelle crisi sistemiche spesso fa la differenza tra avere il pane a tavola e non averlo,

mentre gli autentici deboli odierni, i commercianti, gli artigiani, le partite Iva, i piccoli imprenditori,

affogano nell’indifferenza generale, con i virologi di regime come Massimo Galli che cianciano

“non vedo morti di fame” (per forza, il suo punto d’osservazione sono i talk televisivi).



Già tutto ciò è abbastanza sgradevole, diremmo umanamente indifendibile.

Aggiungeteci che i lavoratori statali scioperano perché la nuova legge di bilancio prevede sì un aumento dei loro stipendi, ma non abbastanza corposo.


Cioè: non solo il bonifico è garantito, è pure rimpolpato, ma non è comunque abbastanza.


Il governo ha messo nella manovra 400 milioni aggiuntivi, loro ne pretendono altri 600.


Un miliardo di euro in più per la Pa, mentre molti autonomi non hanno visto i 600 euro di maggio, di aprile, perfino di marzo:

è peggio di una provocazione, è uno sfregio dichiarato, la certificazione che ci sono lavoratori di serie A e lavoratori di serie C

(B non rendeva il fossato che si è spalancato tra queste due Italie).
 
Sopra vergogna. Qui schifo.


C’è una vulgata politica secondo la quale molti messaggi dall’alto, specie dal Quirinale, oscillano fra il dire e il non dire,
trattenuti da un istituzionale non possumus, avvolti da quella diplomazia come si compete ai super partes, rispettosi e custodi della Costituzione.

Anche l’ultimo intervento di Sergio Mattarella rientra in questa categoria.

Ma l’essere riservati comporta, negli ascolti degli interessati, una attenzione rispetto alle conseguenze implicite
in una mal giudicata vaghezza assunta da pretesto dal sordo che non vuol sentire.

Con una simile premessa, la lettura dell’ultima esternazione quirinalizia potrebbe essere vagliata fra le righe,
un compito di spettanza soprattutto di certi politici verso i quali non mancano accenni ma dei quali, siamo certi,
faranno finta di non intendere, rinviandoli ad altri quando, invece, parlano di loro stessi.


Ma andiamo con ordine e pensando ai tempi e in presenza di un esecutivo a dir poco traballante,

sommerso da errori clamorosi rivelanti, come in Calabria,

incapacità e sbadataggine degne delle barzellette, e non solo sui social.


Siamo nel pieno di una epidemia che non sarà di breve durata e che deve essere affrontata da una grande consapevolezza da parte,
innanzitutto, dai reggitori della cosa pubblica, il Governo, ma allargando corresponsabilità agli altri, agli uomini della Polis,
ai politici di buona volontà e, in questo senso, l’appello al dialogo del Quirinale è chiaro pur nella sua generalità, escludente tuttavia qualsiasi ombra partitica.

All’invito ad una ampia collaborazione ha subito risposto Silvio Berlusconi che si è dichiarato, e non da oggi,
disponibile non solo al dialogo ma ad un aiuto al Governo, qualora in difficoltà dentro un Parlamento che ne rivela debolezza.

Una risposta che, come ben sappiamo, non può non avere riflessi, conseguenze o veri e propri contraccolpi in un centrodestra
dove sia Matteo Salvini che Giorgia Meloni nutrono totale sfiducia in un premier che, peraltro, li ricambia della stessa moneta.

Parliamo di conseguenze per un Berlusconi che pur giurando fedeltà ai due, e sia pure in presenza nella sua Forza Italia di differenze,
è ben consapevole che la strada da lui imboccata non è la stessa dei suoi alleati.

E non solo in questo inizio del viaggio, ma nei suoi sviluppi quando si porrà, volente o nolente,
il tema dell’allargamento della maggioranza cui premono Nicola Zingaretti e un Matteo Renzi
alla ricerca di un centro in concorrenza con il nuovo movimento di Emma Bonino, Carlo Calenda e altri,
più coerenti dell’ex premier rimanendo all’opposizione.


Sicché, nella lettura fra le righe del monito di Mattarella è anche possibile trovare l’eventualità di contraccolpi, più o meno vicini,
che l’aspetto sottinteso della esternazione comporta, pur nella felpata sapienza dell’autore che, comunque,
lascia capire come al momento non siano alle viste né rimpasti né governi di solidarietà nazionale ma “convergenza e collaborazione”.

Per ora.

Se le parole del Quirinale sono calate nell’attualità di un dramma dalla portata globale,
nondimeno l’invito pressante ad evitare non solo mancanza di coesione, soffiate sul fuoco
e presuntuose invulnerabilità contenga un monito per una politica – comprendente lo stesso Governo – non del tutto all’altezza dei tempi che corrono.

Un Governo nel quale un M5S incapace persino di svolgere un congresso degno di questo nome,
ha tirato in ballo l’occupante del Colle più alto di Roma mostrandosi, bontà loro, disponibile ad una sua rielezione ma alle proprie condizioni, cioè a termine, per qualche mese.
 
Destinato all'oblio.....


Il verbo sfrattare è stato proprio quello usato da Silvio Berlusconi prima che un fulmine lo colpisse sulla via di Damasco,
anzi a dirla tutta non solo ci fu il cosiddetto “avviso di sfratto” coi risultati delle Regionali,
ma la continua giaculatoria sul Governo più di sinistra della storia.

Per non parlare dei giudizi del Cavaliere sui grillini e sull’ingresso in maggioranza del partito di Laura Boldrini:
insomma, un ritornello di aggettivazioni antagoniste contro l’esecutivo e contro le sinistre,

eppure detto e fatto perché da qualche giorno Silvio si è smarrito e curiosamente convertito.

Per farla breve, Berlusconi e Forza Italia sono passati dall’avviso di sfratto senza discussione,
alla necessità assoluta di sostegno e collaborazione, una roba non solo strana in quanto tale, ma impossibile,
perché tra la maggioranza più di sinistra di sempre e il centrodestra, la differenza di programma e strategia è la cosa più grande che ci sia.

Ma se questo non bastasse, nella maggioranza tra ex Rifondaroli comunisti e grillini,
hanno fatto a gara per accusare di ogni nefandezza Berlusconi come fosse il peggiore male della storia nazionale.

Dunque, pensare di farci accordi e mediazioni genera dubbi, sospetti e suggestioni.

Oltretutto, questo Governo è dall’inizio che non solo se ne buggera dell’opposizione ma l’attacca e la dileggia in continuazione,
ecco il motivo per cui immaginare una possibile collaborazione sa più d’inciucio che di mediazione.


La sua smania di cercare accordi con gli antagonisti ci ha sempre provocato l’orticaria, l’abbiamo detto e scritto direttamente e indirettamente.

Oltretutto, non va dimenticato che il Cavaliere nella sua vicenda politica ha fatto il pieno elettorale sia col bipolarismo
e di più con la famosa scelta di campo, quando chiese agli italiani di schierarsi chiaramente col centrodestra
in quanto forza antagonista al centrosinistra, al comunismo, considerato e giustamente esiziale per il Paese e per la gente.


Tanto è vero che la frana elettorale di Forza Italia è iniziata proprio da quando questa posizione antagonista si è cambiata,

ed è cominciata quella cosiddetta dell’inciucio, insomma a partire dal sostegno incredibile e incomprensibile al Governo di Mario Monti

che defenestrò Silvio Berlusconi con una sorta di golpe, dal patto del Nazareno e dagli elogi al Governo di Paolo Gentiloni,

è iniziato il precipizio dei voti a Berlusconi, dal 30 percento dei momenti migliori al 6 o 7 percento di oggi.



Tutto questo perché, piaccia o meno, la gente e gli elettori vogliono chiarezza, essere rappresentati da chi difenda l’appartenenza
e votano da una parte perché sono contrari all’altra,
votano un programma definito e non una gelatina di scelte miscelate fra centrosinistra e centrodestra che sono un pataracchio.


Ecco perché non si devono fare accordi, con chi non sente ragioni e sta portando il Paese allo sfascio con una politica statalista,
assistenziale e demenziale, un esecutivo che sta polverizzando cifre enormi con provvedimenti antieconomici abnormi,
che sta allargando a dismisura un debito immenso, al punto tale che nel quadro generale c’è rimasta solo la cornice con in mezzo un buco colossale,
che piegherà ogni progetto di risanamento.

Tranne che non si obblighi il Paese alla patrimoniale, perché sia chiaro i giallorossi pensano proprio a questo.

L’esecutivo, l’abbiamo scritto e riscritto, più che sui soldi della Unione europea contano sui patrimoni degli italiani,
apposta se ne buggerano di fare revisione della spesa, di impiegare i soldi per avere resa, di pensare allo sviluppo, al sostegno del settore produttivo.

I giallorossi pensano solo a sperperare, tutelare e ingigantire l’apparato pubblico per avere un ritorno elettorale, sapendo che potranno compensare con una bella patrimoniale.


Ma ci rendiamo conto di quello che succede dalle parti del Governo che è dall’inizio che bruciano risorse,

chiudono l’Italia senza riscontri scientifici oggettivi, bloccano il Paese senza una strategia di salvataggio dell’economia,

finanziano i monopattini e le sedie a rotelle, aumentano i contratti della Pubblica amministrazione

ma non pagano gli arretrati ai fornitori, nominano commissari col risultato della barzelletta vista in Calabria.


Una cosa che, in un Paese normale, avrebbe fatto dimettere in un secondo il ministro competente.



Per non dire che nel mentre aprono i porti all’invasione di illegali che costano una cifra in termini economici e sociali,

aprono le autostrade per l’invasione della Cina che è il nemico commerciale numero uno,

sono riusciti a creare il terrore da Covid così bene che negli ospedali le altre patologie serie sono trascurate col rischio di ulteriori emergenze.



Non riportano a casa i nostri pescatori incarcerati criminalmente dalla Libia,

affidano la gestione del vaccino anti-Covid a Domenico Arcuri che, se dovesse gestirlo come sta gestendo quello dell’influenza,

sarebbe da mettersi l’anima in pace e le mani nei capelli.



Ecco il motivo per cui questo Governo va solo sfrattato, mandato a casa: subito, adesso,

altro che aiutato e sostenuto, caro Berlusconi.



Perché sia chiaro: almeno da queste parti nessuno è fesso.
 
Un Gaetano Pecorella in grande spolvero (ri)apre un confronto purtroppo relegato, causa la pandemia, ai margini del dibattito sul principio di legalità.

L’adesione in parte condizionata al fronte della law in action, che nell’immaginario collettivo si contrappone alla trincea della law in books,
offre una prospettiva di esame del principio di legalità di cui dovremmo discutere.

Mi riferisco al fatto che non è in alcun modo certo che la law in action trovi alloggio nel principio di legalità inteso nella sua accezione tradizionale e condivisa.

Piuttosto – ma, qui, si cambia registro – ci si dovrebbe chiedere quale sia la tenuta di quel principio (così come lo conosciamo)
alle spinte intrusive del diritto giurisprudenziale e della dottrina (sempre ammesso che quest’ultima goda ancora della considerazione che meriterebbe).


Lo scritto di Pecorella, a mio avviso, ci riporta davanti a quel bivio che troppe volte abbiamo inteso evitare.

La contrapposizione è sempre la stessa: kelseniani e naturalisti.

Per questi, i principi si interpretano e si arricchiscono; per noi, invece, si osservano e si delimitano.


Leggete, comunque, Gaetano Pecorella: un gigante in un mondo sempre più povero.
 
Scrive il sito della CNN: “Gran parte di Wall Street considera gli sforzi della campagna di Trump per ribaltare i risultati elettorali
come un evento secondario disperato destinato a fallire.
Ma JPMorgan sta dicendo ai suoi investitori che c'è ancora una possibilità che questo processo precipiti nel caos. È il 2020, dopotutto.”


Michael Cembalest, presidente del mercato e della strategia di investimento presso JPMorgan Asset Management,
ha lanciato mercoledì un monito preciso ai suoi investitori in un rapporto dal titolo
"rischio remoto di una storia dell'orrore americana" e del "caos costituzionale".


"Conclusione: devono accadere MOLTE cose molto poco ortodosse affinché Trump venga rieletto.
Anche così, non escludo nulla", ha scritto Cembalest, aggiungendo che l'armageddon finanziario potrebbe ancora accadere all'inizio di gennaio.


Ad avvolare la sua tesi “complottista” anche se considerata “remota”, Cembalest, che gestisce 2,2 trilioni di beni di investitori,
ha sottolineato il licenziamento martedì sera del presidente Donald Trump del massimo funzionario della sicurezza elettorale degli Stati Uniti,
la recente estromissione da parte di Trump del capo della sicurezza informatica Chris Krebs dopo che aveva definito le elezioni sicure,
la decisione del procuratore generale William Barr di autorizzare i pubblici ministeri a indagare su presunte frodi elettorali
ed il caos totale sulla certificazione dei risultati elettorali nella maggiore contea del Michigan.


"Conclusione: devono accadere MOLTE cose poco ortodosse affinché Trump venga rieletto", ha scritto lo stratega di JPMorgan.

"Tuttavia, non escludo nulla."


Il caos post-elettorale ovviamente scuoterebbe i mercati, che notoriamente odiano l'incertezza.

Fino ad oggi Wall Street, con l'S & P 500, ha segnato il suo più grande incremento post-elettorale dal 1932.

Ma se gli investitori non sanno chi sarà a capo della più grande economia del mondo,
potrebbero facilmente vendere prima e porsi domande in seguito.


Scrive sempre Cembalest: "I mercati potrebbero reagire negativamente se gli Stati Uniti, come nazione con valuta di riserva mondiale,
venissero visti scivolare lungo un percorso verso l'illegittimità elettorale a causa delle manovre post-elettorali dei partiti politici".


Come osserva Cembalest, Trump dovrebbe "invertire i risultati in tre stati" per impedire a Joe Biden di raggiungere i 270 voti elettorali richiesti dalla Costituzione.

Anche nella situazione attuale, lo stratega di JPMorgan ha esposto diversi sviluppi che potrebbero mettere in dubbio quel risultato,
incluso il fatto che uno o più stati presentino alla fine liste di grandi elettori in competizione.

Quelle liste concorrenti sarebbero risolte solo il 6 gennaio dal nuovo Congresso attraverso le regole enunciate nell'Electoral Count Act del 1887.


"Lo scenario da incubo per i mercati", secondo Cembalest, sarebbe che i repubblicani del Senato dichiarassero l'ECA incostituzionale,
ribaltassero tre stati a favore di Trump per dargli i 270 voti elettorali richiesti e i democratici si rifiutassero di accettare l’esito”, ha proseguito nel rapporto.


"Tutto ciò crea la prospettiva di inaugurazioni diverse", prosegue Cembalest, osservando che questo risultato fu "scongiurato di poco" nel 1876.


Un altro rischio presentato da Cembalest è che Barr ordini agli investigatori di "sequestrare o requisire i registri elettorali"

per indagare sulla frode degli elettori, rallentando il processo e aumentando l’incertezza.


Al momento, scrive Newsweek, gli investitori sembrano ignorare la guerra di Trump ai risultati delle elezioni.

Ma anche Liz Ann Sonders, capo stratega degli investimenti presso Charles Schwab,

ha affermato sempre alla CNN che sebbene gli esperti della sua azienda non siano molto preoccupati dal rischio di elettori "canaglia",

"potrebbe certamente esserci ancora qualche evento politico da cigno nero".
 
Da un po' di tempo ho un dubbio.

Sono tutti dei gran coglioni, fanno finta, oppure c'è qualcosa di premeditato ?

Esempio.

Giornalai che continuano a battere sul tasto dei 750 decessi.
"abbiamo raggiunto i livelli di marzo". "gli ospedali sono in crisi". "le tarapie intensive fuori controllo".

Livelli di marzo ? Ma fate finta di non capire ? Fate finta di non sapere o c'è dell'altro ?

Perchè siamo a meno della metà dei livelli di marzo.
Perchè a marzo il virus colpiva solo le regioni del nord, massimo l'Emilia
ed in tutto circa 26 milioni di abitanti.

Oggi colpisce tutta l'Italia, pertanto - se arriveremo agli stessi livelli di marzo -
i decessi arriveranno a 1750, altro che 750.

Ma andiamo oltre.


Questa ve la devo raccontare. Toccata con mano.
Serve a capire il livello di organizzazione e prevenzione.

C'è una signora anziana che verso la metà di ottobre è stata operata al cuore.
Quando vieni operato al cuore, vai per un paio di giorni in terapia intensiva e per
un paio ancora nella sub-intensiva.

Morale, questa torna in reparto, ci sta una 15ina di giorni e poi viene dimessa.

PUNTO PRIMO.
E' stata in terapia intensiva ed un sub-intensiva con - vicino o lontano - ma nella stessa
stanza, i ricoverati covid.

NON LE FAI UN TAMPONE dopo 15 giorni ? NO

NON LE FAI UN TAMPONE prima di dimetterla ? NO


Viene dimessa. E' a casa. Sta a letto. Viene accudita da figlie e nipoti.
Salta fuori che ha la febbre. Altri problemi. Viene chiamato il medico di base.
Senza fare alcun esame, "probabile covid" la sentenza. Neppure un tampone rapido.
Ieri viene ricoverata in ospedale.

Le fanno il tampone ? NO

Glielo fanno oggi ? NO

Domani.

Figlie e nipoti sono state a contatto.

Fanno anche a loro il tampone ? NO

Glielo faranno ? NON SI SA.
Attndono l'esito del primo tampone, che faranno domani
ed il cui esito si saprà - ad andar bene - sabato.

Nel frattempo figlie e nipoti vanno e vengono dalle rispettive famiglie,
vanno e vengono dal luogo di lavoro. I rispettivi mariti vanno a vengono
dal luogo di lavoro.

Pensate che qualcuno di questi abbia informato i rispettivi datori di lavoro
della possibile evetualità di essere stati a contatto con un parente covid ? NESSUNO

Ditemi Voi dove sta "l'organizzazione" ?

Di sicuro abbiamo 1 paziente, che può averne contagiati altri 3 , che possono aver contagiato
altri 3 congiunti, e tutti e 6 possono aver contagiato i compagni di lavoro, che in forma esponenziale
possono aver contagiato o stanno contagiando altri loro parenti.


Sarebbero le comiche.....purtroppo è la realtà.
 
L’audizione del Capo di Stato Maggiore della Difesa, Generale Enzo Vecciarelli,
che si è svolta lo scorso mercoledì nelle Commissioni Riunioni Difesa di Camera e Senato,
ha messo in evidenza la mancanza di una visione strategica del nostro Paese in una prospettiva geopolitica globale.

Il Generale Vecciarelli, seppure con il garbo istituzionale che compete ad un rappresentante delle Forze Armate,
ha detto chiaramente ai parlamentari delle Commissioni Difesa di Camera e Senato che,
se non ci sarà il cambio di paradigma da parte della politica, ci aspettano scenari potenzialmente disastrosi.


“La prossima crisi potrebbe non essere una pandemia.” – ha avvertito il Capo di Stato Maggiore della Difesa –

“Non viviamo più in un mare calmo e ciò che sta accadendo nei Balcani, in Medio Oriente e in Africa

è totalmente diverso dallo scenario con cui ci siamo confrontati soltanto qualche anno fa”.


Il Mediterraneo è diventato “un’area multivettoriale a complessità crescente, dove è sempre più marcata la competizione tra gli Stati”.


In particolare, nel Medio Oriente competitor internazionali “spregiudicati” hanno recuperato posizioni e ruoli,

ribaltando la situazione precedente che vedeva l’Italia in vantaggio nei rapporti bilaterali.


Questa competizione – ha affermato il Generale Vecciarelli – “sta minando le basi della valenza nazionale

presso numerosi interlocutori di primo piano per l’italia, destando forti preoccuazioni”.



La conseguenza di questa incapacità strutturale – spiega il Generale Vecciarelli –
è quella di dovere assumere delle “scelte dolorose, di salvataggio selettivo”
.

Le minacce, però, sono incombenti.

Siamo vulnerabili per quanto riguarda le nuove tecnologie digitali, il ciber e lo spazio
e, senza un’inversione di questo trend, si potrebbero aprire scenari tragici.



Uno di questi scenari, potrebbe essere l’eventuale sospensione di servizi essenziali, di cui il Paese non ha il controllo e la piena sovranità di alcune funzioni.

C’è poi la questione delle operazioni spaziali, settore che sarà sempre più cruciale negli equilibri internazionali,
tant’è che nei prossimi anni – spiega il Generale Vecciarelli – ci saranno migliaia di satelliti che gireranno attorno alla Terra.

Gli USA hanno appena investito 20 miliardi di dollari in questo settore; la Francia di recente ha stanziato 4 miliardi;

l’Italia ha aperto un Comando per le operazioni spaziali: il budget attuale è di 0,00 euro.



Occorre che queste notizie siano conosciute dai cittadini, ignari delle scelte poco avvenute del decisore politico.

Stiamo perdendo di vista il futuro del Paese.

Quel che è peggio, è che lo stiamo negando alle giovani generazioni.
 

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