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e tra un po' salta fuori chi è anche il nipote di suo zio..........:rolleyes::D




Perquisizioni alla sede di “VeDrò”, il think tank del premier Enrico Letta
La Guardia di Finanza, nell'ambito di un'inchiesta sul Consorzio Venezia Nuova, ha perquisito la sede romana della fondazione e l'abitazione a Perugia di Riccardo Capecchi (che però non è indagato), stretto collaboratore del presidente del Consiglio. Sotto indagine le sponsorizzazioni per decine di migliaia di euro ricevute dal Consorzio


Perquisizioni per l’acquisizione di documentazione su alcune sponsorizzazioni ricevute dal Consorzio Venezia Nuova sono state eseguite dalla Guardia di Finanza nei confronti di ‘VeDrò‘, il think tank creato da Enrico Letta, di cui è tesoriere uno dei più stretti collaboratori del premier, Riccardo Capecchi, che non è indagato. La notizia è stata confermata da fonti vicine alla maxiinchiesta che la Procura lagunare sta conducendo sugli appalti del Consorzio veneziano.

I finanzieri, su decreto di perquisizione del pm Paola Tonini, si sono recati nell’abitazione di Capecchi, a Perugia, e nella sede dell’associazione politico-culturale, a Roma. Qui hanno acquisito documenti contabili e fatture sulle sponsorizzazioni che il Consorzio Venezia Nuova ha dato negli anni a “VeDro”, al pari di molte altre società, per l’organizzazione del meeting estivo nella cittadina trentina di Dro. Iniziativa partita nel 2005 e interrottasi quest’anno, con la nomina di Letta a presidente del Consiglio. La verifica su ‘Vedrò” è una delle circa 100 perquisizioni eseguite dai finanzieri, al comando del colonnello Renzo Nisi, nell’ambito dell’inchiesta sulle società che hanno avuto in passato rapporti di natura economica con il Consorzio.

Ammonterebbero a diverse decine di migliaia di euro i finanziamenti che il Consorzio ha dato come sponsorizzazione al think tank fondato da Enrico Letta. Lo si apprende da fonti vicine all’inchiesta. Gli uomini della Gdf stanno ora passando al setaccio conti e fatture per vedere se vi siano o meno irregolarità.
 
:D



Quel che Renzi poteva dire alla Merkel
di Stefano Feltri | 17 luglio 2013



A giudicare dai resoconti che sono filtrati, mentre era in aereo tra Firenze e Berlino, Matteo Renzi si è letto la Gazzetta dello Sport: con Angela Merkel, oltre che del Pd, ha parlato del passaggio di Mario Gomez dal Bayern Monaco alla Fiorentina. Chissà come sarebbe andata se, invece, avesse studiato un paper di cui si parla molto in queste settimane, “A German model for Europe?”, firmato da un economista tedesco che lavora a Berlino, Sebastian Dullien, e pubblicato dallo European Council on Foreign Relations, il più autorevole think tank paneuropeo.

Renzi ci avrebbe trovato più spunti che nelle notizie di calciomercato. Sintesi: il “miracolo” tedesco è costruito sulla Agenda 2010 di riforme approvata nel 2004 da Gerhard Schroeder e che applica la ricetta più vecchia del mondo, abbassare i salari. Fatto 100 il costo nominale di una unità di lavoro nel 1999, quello della Germania oggi è arrivato quasi a 85, l’Italia è sopra 110. Non è aumentata la flessibilità o la facilità di licenziamento in modo apprezzabile (alla faccia dei feticisti dell’abolizione dell’articolo 18), anzi la protezione dei lavoratori è cresciuta. Ma le riforme dell’assistenza sociale e dei servizi per l’impiego hanno ridotto il “salario di riserva”, cioè quello sotto il quale si preferisce restare disoccupati. Risultato: nel 2008, alla vigilia della crisi la Germania aveva una delle percentuali più alte d’Europa di lavoratori a bassi salari (secondo la definizione canonica di inferiori a 9 euro l’ora), ben il 20 per cento degli occupati, sette milioni di persone.

Anche il fenomenale surplus della bilancia commerciale – la misura di quanto le esportazioni superano le importazioni – è dovuto più al calo della domanda interna che agli aumenti di competitività (parola che tanto piace ad Angela Merkel): tra il 1999 e il 2010 perfino la Grecia ha avuto un aumento di competitività maggiore rispetto alla Germania, secondo i calcoli ufficiali Ameco della Commissione europea.
La morale è questa, scrive Dullien nel paper: se tutti seguissero l’approccio tedesco, l’unico risultato sarebbe l’impoverimento dei lavoratori di tutta Europa. Con il brio che gli è proprio Renzi poteva riassumere il punto con una storiella: due campeggiatori sono in tenda e sentono un orso che sta per assalirli. Il primo si prepara a scappare, l’altro cerca le scarpe e comincia a infilarle. “Perché perdi tempo? Tanto l’orso è più veloce”, dice il primo. L’altro replica: “Non devo correre più in fretta dell’orso, mi basta essere più veloce di te”. Se entrambi si mettessero le scarpe, l’unico risultato sarebbe che l’orso mangerebbe entrambi. Che è quello che la Germania ci sta chiedendo.
Il Fatto Quotidiano, 17 Luglio 2013
 

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