sicuri che sia solo RECESSIONE?

Perché l’improvvisa disponibilità Tedesca all’inflazione non risolve la crisi: una sola parola, Spagna!

Dopo la recente apertura ad un aumento dei salari e dei prezzi in Germania, l'economista Greco Yanis Varoufakis ci spiega perché ormai è "troppo poco e troppo tardi"

14 maggio 2012 , ore 23:41 - 0 Commenti




di Yanis Varoufakis – Così, la Germania sembra essersi scrollata dalle spalle la scimmia della fobia dell’inflazione. Il suo ministro delle finanze ha acconsentito a degli aumenti salariali reali per i lavoratori dell’industria Tedesca, e il capo della Bundesbank ha ammesso la disponibilità a permettere all’inflazione Tedesca di superare quella del resto dell’eurozona. Dopo quindici anni di violazioni degli accordi di Maastricht sull’obiettivo di uno stesso tasso di inflazione (intorno al 2% ), la Germania è ora pronta a compensare il resto della zona euro per il danno causato dalla sua strategia di deflazione dei salari.

E
‘ sicuramente una buona cosa, no? Sì e No.
Sì, in quanto dimostra che c’è qualche speranza che i responsabili politici Tedeschi, finalmente, ‘abbiano capito’ che la competitività è un concetto relativo.
E no, perché permettere ora un’ inflazione al di sopra della media in Germania è disperatamente “troppo poco e troppo tardi” per poter incidere nella crisi in cui ci troviamo. Ironia della sorte, il capo della Bundesbank, Mr Weideman, ha appena pubblicato un articolo sul Financial Times il cui titolo, Monetary Policy is No Panacea for Europe, dà la risposta. Infatti non lo è. E la ragione è … la Spagna. O, per essere più precisi, la Spagna è un ottimo esempio per spiegare perché un ulteriore allentamento della politica monetaria, anche se i salari Tedeschi saranno portati al di sopra delle aspettative inflazionistiche, semplicemente non funzionerà. Perché il marcio ha scavato così profondamente nel tessuto della zona euro che i rimedi macroeconomici non sono possibili, né qui né lì.

Negli ultimi due anni, e in seguito al disastro del 2008 nei mercati finanziari globali, le banche Europee hanno perso la capacità di andare avanti. La loro “zombificazione” non è nulla di nuovo. L’abbiamo già vista in Giappone, così come (in misura minore) negli Stati Uniti, in Gran Bretagna, ecc. La differenza nel nostro caso dell’eurozona è che la zombificazione delle banche è arrivata di pari passo con la continua erosione della capacità degli stati di rifinanziare il proprio debito pubblico. In effetti, almeno cinque paesi (Grecia, Irlanda, Portogallo, Spagna e Italia) hanno assistito ad una zombificazione triangolare che coinvolge una dipendenza delle banche insolventi dagli stati insolventi e un ulteriore affidamento degli stati insolventi verso una banca centrale che non dispone degli strumenti per gestire l’insolvenza degli Stati e delle banche.

Per dirla semplicemente, sì, il ‘successo’ della Germania nel rafforzare la propria competitività mantenendo i salari e l’inflazione dei prezzi ben al di sotto degli obiettivi concordati della zona euro nel corso degli ultimi 15 anni, ha fatto sì che, quando nel 2008 il credit crunch ha colpito, il resto dell’eurozona è rimasto al verde. Tuttavia, questo ammanco è ormai così profondo che il resto della zona euro non può venirne fuori attraverso una inversione della dinamica dell’inflazione all’interno dell’eurozona. Ora, abbiamo bisogno di qualcosa di più drastico.

Di che cosa abbiamo bisogno? La prima cosa di cui paesi come la Spagna hanno un urgente bisogno è una ricapitalizzazione delle sue banche (si veda l’articolo sul FT di Roubini e Greene) che non aumenti il debito pubblico Spagnolo. Ciò potrebbe essere realizzato molto semplicemente se le varie cajas venissero rilevate, e ricapitalizzate, dal EFSF (con la nomina di nuovi consigli di amministrazione da parte dell’EBA). Basta mettere il governo Spagnolo fuori dal ‘gioco bancario’. In questo modo, il meccanismo reciproco di zombificazione che lega le banche e gli Stati membri terminerebbe immediatamente.

Perché le autorità resistono a questo? Due motivi: in primo luogo, come ho sostenuto più volte, perché le élite nazionali non sono pronte a rinunciare al loro rapporto comodo e rassicurante con i banchieri.

In secondo luogo, perché l’insolvenza della Spagna (e di Grecia, Italia, ecc) è ancora vista da alcuni responsabili politici Tedeschi come un’occasione d’oro per imporre alla Francia (attraverso la periferia) il loro parere su come le cose dovrebbero essere. Non c’è bisogno di credermi sulla parola. L’ha detto detto Jens Weidemann nel pezzo del FT già citato sopra: “… alleggerire lo stress nei mercati delle obbligazioni sovrane allevia il problema immediato del finanziamento, ma offusca il segnale agli stati sullo stato precario delle finanze pubbliche e sull’urgenza di agire.”
E così, eccoci qui: la Spagna è mandata in malora in modo da, presumibilmente, avvertirla sullo ‘stato precario delle sue finanze pubbliche’. Che sciocchezza! La Spagna nel 2008 aveva un surplus di bilancio e un rapporto debito-PIL inferiore a quello della Germania. Dietro il sotterfugio di Mr Weidmann si nasconde un’insondabile verità: dopo aver esaurito il resto della zona euro per anni, abbattendo l’inflazione dei salari e dei prezzi Tedeschi al di sotto dei limiti concordati, i responsabili politici Tedeschi stanno travisando la causa dei mali della periferia. Piuttosto che riconoscere la necessità di europeizzare la vigilanza bancaria, e una parte del debito pubblico della zona euro, stanno offrendo sciocchezze come un tasso di inflazione al di sopra della media. Perché sciocchezze? Perché, in vista della deflazione che sta arrivando ai paesi in deficit, portare l’inflazione Tedesca di sopra della media è tanto inevitabile quanto inutile.
 
L’austerità è fallita ecco il fallimento del governo Monti: Pil ancora giù, Italia in recessione profonda

da L’austerità è fallita ecco il fallimento del governo Monti: Pil ancora giù, Italia in recessione profondaFinanzaNoStop | FinanzaNoStop
Nel primo trimestre arretra dello 0,8%, record dal 2009.


http://3.bp.blogspot.com/-6HZyLkH3ky8/TxbqDuOBpiI/AAAAAAAAEA0/QulVA7DMIoE/s1600/2128588588_m.jpgIl Pil italiano in negativo per il terzo trimestre consecutivo, su base annua il Prodotto scende dell’1,3%. Cresce il valore aggiunto nell’agricoltura, diminuisce quello dell’industria e dei servizi. Crescita zero nell’Eurozona: meglio del previsto….

Il Pil cala ancora, l’Italia è in recessione profonda. Il Prodotto Interno Lordo italiano si è contratto dello 0,8% nel primo trimestre dell’anno rispetto ai tre mesi precedenti e dell’1,3% su base annua, confermando lo stato di recessione dell’economia.
Si tratta del terzo trimestre consecutivo in negativo, dopo il -0,2% del terzo trimestre del 2011 e il -0,7% del quarto. Il risultato congiunturale, sintesi di un aumento del valore aggiunto dell’agricoltura e di una diminuzione di quello dell’industria e dei servizi, è il peggiore dal primo trimestre del 2009, quando si registrò un calo del 3,5% sui tre mesi precedenti.
Il primo trimestre del 2012 ha avuto due giornate lavorative in più rispetto sia al trimestre precedente sia al primo trimestre del 2011. La crescita acquisita per il 2012 è pari a -1,3%.
I dati sull’economia reale, molto più importante della finanza di carta per determinare lo stato di salute di un Paese e di chi lo abita, a partire dall’inizio del 2012 sono tutti negativi.
Gli impatti del governo Monti, in carica da novembre 2011, e della manovra salva-italia, licenziata dal parlamento a dicembre, non sono stati dei migliori.
Ecco i veri risultati della politica “sviluppo-salva-italia” del governo Monti:
- Immatricolazioni Automobili (Gen-Feb. 2012 – a/a): -17,8% (UNRAE)
- Movimenti aerei passeg. e cargo (Gen. 2012 – a/a): -6,5% (ASSOAEROPORTI)
- Richieste Mutui (Gen. 2012 – a/a): -44,0% (EURISC)
- Inflazione (Feb. 2012 – a/a): +3,3% (ISTAT)
- Prezzi alla produzione dei prodotti industriali (Gen. 2012 – a/a): +3,3% (ISTAT)
- Prezzi beni energetici (Feb. 2012 – a/a): +15,6% (ISTAT)
- Consumi petroliferi (Gen-Feb. 2012 – a/a): -8,3% (Destag. -10,0%) (M.SV.EC.)
- Consumi gas (Gen. 2012 – a/a): -4,3% (MIN. SVIL. ECON.)
- Consumi En. Elettrica (Gen-Feb. 2012 – a/a): -0,2% (Destag. -2,0%) (TERNA)
- Produzione Industriale (Gen. 2012 – a/a): -2,1% (Destag. -5,0%) (ISTAT)
- Fatturato industriale (Gen. 2012 – a/a): -1,4% (Destag. -4,4%) (ISTAT)
- Ordinativi dell’industria (Gen. 2012 – a/a): -5,6% (ISTAT)
I dati si riferiscono tutti al rapporto anno su anno, ossia il raffronto tra il periodo analizzato nel 2012 (generalmente gennaio, oppure il bimestre gennaio-febbraio) e il medesimo periodo dell’anno precedente.
EUROZONA, MEGLIO DEL PREVISTO – In linea con le aspettitive (o forse anche qualcosa in più) il Pil europeo nel primo trimestre 2012. L’area euro ha fatto registrare ’crescita zero’: secondo la stima preliminare diffusa da Eurostat il Pil totale dell’Unione valutaria non ha mostrato variazioni rispetto ai tre mesi precedenti. Questo significa che l’eurozona ha evitato la recessione tecnica.
Il dato si è rivelato migliore rispetto alle attese: in media gli analisti si attendevano una contrazione dello 0,2 per cento dopo il meno 0,3 per cento subito dal Pil dell’area euro negli ultimi tre mesi del 2011.
Variazione nulla anche nel confronto su base annua. Crescita a zero anche guardando a tutta l’Unione europera a 27 dai tre mesi precedenti, mentre nel confronto annuo il Pil ha segnato un limitato più 0,1 per cento.Source
Il dato generale sembra riflettere una dinamica ben più solida del previsto dal parte della Germania, prima economia dell’area valutaria che nei primi tre mesi dell’anno ha visto il Pil aumentare dello 0,5 per cento dai tre mesi precedenti e dell’1,2 per cento su base annua. La Francia ha invece registrato una crescita a zero dai tre mesi precedenti e un limitato più 0,3 per centro su base annua
Ora non ci resta che aspettare, François Hollande è il settimo presidente della Repubblica Francese. Il leader socialista ha prestato giuramento e ha dichiarato: “Sono qui per risanare il Paese”. Il neo presidente, nel discorso di investitura, ha detto che proporrà ai partner europei un patto che unisca politiche di crescita e riduzione dei deficit.


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Italia: Ocse taglia stima Pil 2012 a -1,7% da -0,5%
Italia: Ocse taglia stima debito/Pil 2012 a 122,7% da 128,1%


Italia: Ocse taglia stima Pil 2013 a -0,4% da +0,5%
Italia: Ocse taglia stima debito/Pil 2013 a 122,1% da 126,6%

Italia: Ocse, molte imprese soffrono per ritardi pagamenti P.A.



Italia: Ocse, potrebbero servire ulteriori misure fiscali MILANO (MF-DJ)--L'Italia potrebbe aver bisogno di "ulteriore misure fiscali, data la recessione prevista", anche se "le stime caute del Governo sui ricavi della lotta all'evasione danno un margine di sicurezza".
E' quanto emerge dall'outlook economico dell'Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (Ocse), nel quale si aggiunge che "l'Italia ha introdotto riforme strutturali significative, facendo al contempo progressi sul consolidamento fiscale".
L'Ocse sottolinea che "i tagli alla spesa e gli aumenti delle tasse gia' previsti" dovrebbero "ulteriormente ridurre il deficit a un livello molto basso nel 2013" e "sono in regola per eliminarlo nel 2014". com/dav
(END) Dow Jones Newswires
May 22, 2012 04:03 ET (08:03 GMT)
 
Attualità, Economia Europa, Hot News
Piano in 5 mosse per rilanciare l’economia dell’Eurozona: si può fare!

Cinque proposte per rilanciare l’Eurozona: il temporaneo allentamento dei requisiti patrimoniali delle banche, l’allestimento di un LTRO a favore delle PMI, l’introduzione a livello comunitario una versione europea del «Buy American Act», il varo di incentivi per contrastare la delocalizzazione e l’immediato sbocco dei pagamenti pregressi della PA.

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Per rilanciare le economie dell’Eurozona è necessario che le istituzioni europee attuino una serie di politiche perequative in grado di coniugare rigore di bilancio e crescita.
È pertanto necessario promuovere politiche di risanamento delle finanze pubbliche operando una revisione strategica delle attività statali e, al tempo stesso, attuare misure che incentivino l’iniziativa imprenditoriale dei privati.
Per riavviare la crescita nei settori produttivi è necessario fornire al sistema terziario gli strumenti per coadiuvare il trasferimento della liquidità dal sistema bancario all’economia reale.
Di seguito cinque soluzioni per favorire il rilancio economico dell’Eurozona.

Un LTRO «salva banche» e la temporanea ponderazione allo 0% delle esposizioni sovrane

Ammonta a oltre 500 miliardi di euro l’esposizione complessiva dei principali istituti di credito dell’Eurozona in buoni del tesoro dei GIIPS.
Secondo i dati pubblicati lo scorso dicembre dall’Autorità bancaria europea (Eba), gli istituti maggiormente esposti sono quelli spagnoli (178 miliardi), italiani (162 miliardi), francesi (66 miliardi) e tedeschi (59 miliardi).
Dovessero uno o più membri dell’Eurozona abbandonare la moneta unica e/o ricorrere al taglio del valore nominale delle emissioni sovrane, i principali istituti di credito riporterebbero a bilancio ingenti perdite.
Le perdite risultanti indebolirebbero il patrimonio di vigilanza e, di conseguenza, i coefficienti di adeguatezza patrimoniale.
Al fine di irrobustire tali parametri – calcolati rapportando il patrimonio di base e il patrimonio totale di vigilanza alle attività ponderate per il rischio – è necessario agire sia sul numeratore (rafforzando il patrimonio di primo e di secondo livello) sia sul denominatore (riducendo l’attivo ponderato).
Il rafforzamento delle risorse patrimoniali può essere conseguito attraverso una serie di aumenti di capitale ossia collocando sul mercato nuovi titoli azionari e di debito.
Si tratta, tuttavia, di una strategia che presenta una gamma di costi economici (si pensi ai costi di emissione di azioni e bond) e finanziari (diluizione del price earning).
La Bce potrebbe dunque ovviare a queste problematiche allestendo una nuova operazione di rifinanziamento a lungo termine (LTRO) per fornire a questi istituti le risorse necessarie per mitigare le perdite e, in ultima analisi, irrobustire il capitale di vigilanza.
L’innalzamento dei coefficienti patrimoniali può anche essere conseguito diminuendo il valore delle attività ponderate per il rischio.
Considerato il clima economico corrente è, tuttavia, improbabile che gli istituti di credito optino per la dismissione delle attività più rischiose e meno redditizie.
Si stima, infatti, che solamente il 4% delle attività più rischiose e non performing saranno dismesse nel corso dei prossimi quattro anni.
Una soluzione più percorribile sarebbe quella di conseguire una riduzione del valore delle attività ponderate per il rischio applicando a tutte le esposizioni sovrane dell’area OSCE un coefficiente di ponderazione pari allo 0%.
Una temporanea reintroduzione dei parametri di Basilea 1 consentirebbe alle banche maggiormente esposte in bond sovrani dell’area sudeuropea di sensibilmente ridurre gli accantonamenti a fronte del rischio di credito e, al tempo stesso, irrobustire i coefficienti di adeguatezza patrimoniale (total capital ratio e tier 1 capital ratio).

Un LTRO a favore delle PMI per rilanciare l’economia reale

In seguito all’introduzione di una deroga temporanea alla ponderazione delle esposizioni sovrane e successivamente al varo di una nuova operazione LTRO «salva banche», la Bce potrebbe allestire una campagna di rifinanziamento a lungo termine « ad hoc» per sostenere l’economia reale.
In teoria spetterebbe alla Banca europea per gli investimenti (BEI) il compito di sostenere le piccole e medie imprese (PMI).
Tuttavia, non è un mistero che nell’ultimo biennio la BEI abbia usato grande parte delle proprie risorse per acquistare sul mercato secondario i titoli sovrani italiani (1.385 miliardi nel 2010 e 2.547 miliardi nel 2011) e spagnoli (984 miliardi nel 2010 e ben 2.905 miliardi nel 2011).
Spetta dunque alla Bce il compito di fare le veci della BEI e rompere il salvadanaio delle banche comunitarie.
La Bce potrebbe pertanto prestare liquidità agli istituti di credito dell’Eurozona ponendo una condizione vincolante: ogni euro ricevuto da Francoforte attraverso l’LTRO «salva economia reale» deve essere impiegato per aprire linee di credito a lungo termine (a 5 e a 10 anni) a favore delle piccole e medie imprese (PMI) a tassi d’interesse marginalmente al di sotto del costo del denaro.

Un «Buy European Act» per tutelare «Made in Europe»

Nel 1933, all’apice della Grande Depressione, il Congresso statunitense emanò il Buy American Act allo scopo di proteggere le imprese manifatturiere nazionali e limitare l’acquisto di prodotti finiti stranieri per commesse pubbliche all’interno del territorio nazionale.
Un prodotto è dichiarato un prodotto interno finito in quei casi in cui il costo delle parti che sono state estratte, prodotte o realizzate negli Stati Uniti sia superiore al 50% del costo totale; altrimenti il prodotto viene considerato un prodotto finito straniero.
Un prodotto finito straniero può essere, tuttavia, acquistato qualora non si ritenga ragionevole il prezzo minimo di un prodotto nazionale.
Tale norma – tuttora in vigore negli Stati Uniti – potrebbe essere introdotta in Europa al fine di tutelare la produzione industriale del Vecchio Continente, disincentivare l’importazione di prodotti finiti dai Paesi extracomunitari e, di conseguenza, limitare le azioni di dumping commerciale dei Paesi emergenti.

Incentivi per contrastare la delocalizzazione

Sempre più aziende delocalizzano le proprie attività produttive fuori dall’Europa alla ricerca di minori costi di produzione.
Per invertire il trend e tutelare l’occupazione locale, i governi nazionali e le istituzioni europee competenti devono incentivare la produzione domestica offrendo sostegni fiscali (riduzione delle aliquote fiscali e concessioni sulle accise energetiche).
Tali sostegni devono essere elargiti alle sole aziende che hanno la sede legale della capogruppo nel Paese d’origine (e non presso i paradisi fiscali) e a fronte dell’impegno vincolante di non trasferire le proprie attività fuori dal territorio nazionale per i prossimi 25 anni.

Sbloccare con effetto immediato i pagamenti pregressi delle pubbliche amministrazioni

Le pubbliche amministrazioni dei 27 membri dell’Unione Europea devono a imprese fornitrici circa 180 miliardi di euro.
Di questa cifra, quasi la metà è dovuta dallo Stato italiano o dalle sue amministrazioni.
Non sorprende quindi che la scorsa estate l’Unione Europea abbia emanato una direttiva comunitaria sui ritardi nei pagamenti della Pubblica Amministrazione nelle transazioni commerciali.
La direttiva europea – che dovrà essere attuata dagli Stati Membri entro il 6 marzo 2013 – impone l’obbligo per tutti gli enti pubblici di pagare i fornitori entro 30 giorni, salvo limitate eccezioni a 60 (per forniture sanitarie e per imprese a capitale pubblico).
È, tuttavia, auspicabile che gli Stati membri recepiscano tale disposizione con effetto immediato al fine di rimettere in circolo circa 180 miliardi di liquidi, fondamentali per il rilancio imprenditoriale (e occupazionale) delle imprese.
 
Appuntamenti Macro, Macroeconomia
Italiani senza fiducia nel futuro: un popolo smarrito

Crolla ai minimi storici l'indice sulla fiducia dei consumatori. Del resto in cosa bisognerebbe avere fiducia?

Oggi, ore 12:19 - 0 Commenti
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La Borsa di Milano ha subito una ulteriore accelerazione al ribasso, dopo la diffusione del pessimo dato macro sulla fiducia dei consumatori italiani che nel mese di aprile è scesa ai minimi storici. Secondo gli analisti il drastico calo dell’fiducia dei consumatori in Italia potrebbe aprire la strada a una ulteriore riduzione del Pil. Del resto non occorre essere degli economisti per capire che senza fiducia nel futuro non ci può assolutamente essere crescita economica. Venendo ai numeri nel mese di aprile la fiducia dei consumatori è scesa a 86,5 punti contro gli 89,5 punti attesi dagli analisti.

Che gli italiani non hanno più fiducia nel benessere economico è del resto evidente dalla progressiva disaffezione che gli elettori italiani hanno manifestato alle recenti elezioni amministrative. L’impressione è che l’assenza di prospettive economiche da un lato e l’assenza di speranze di cambiamento dall’altro stiamo facendo ripiegare su se stesso un intero popolo.
 
Asse Monti-Colle: i partiti accelerino su tutte le riforme

Lina PalmeriniCronologia articolo23 maggio 2012

ROMA
Nessuno osa dirlo – non ancora – ma le preoccupazioni che corrono dagli ambienti di Palazzo Chigi fino al Colle sono di un rischio Grecia che questa volta ha poco a che fare con l'economia e molto con la politica. L'analisi che è seguita ai ballottaggi di lunedì, in fondo, non è poi diversa da quella del primo turno quando il capo dello Stato aveva di nuovo sollecitato i partiti alle riforme. E di nuovo l'appello era caduto nel vuoto tant'è che proprio la riforma più attesa – quella sul finanziamento pubblico ai partiti – aveva subìto un nuovo rinvio a dopo le elezioni. Insomma, un autolesionismo che è stato ben ripagato con le astensioni, con la vittoria del movimento di Grillo a Parma, con la sconfitta totale della Lega, lo sbriciolamento del Pdl e le fatiche del Pd. Un quadro affatto stabile su cui il Colle aveva ragionato indicando ai partiti la soluzione delle riforme per "riappacificarsi" con i cittadini. E del resto l'obiettivo di una "pacificazione" è stato sin dall'inizio quello che sottintendeva anche il compito a cui il Quirinale aveva destinato Mario Monti: fare il risanamento per dare il tempo alle forze politiche di trovare intese. Intese sulla legge elettorale, sulle riforme istituzionali e, dopo l'ondata di scandali, sui rimborsi elettorali.
«Meglio poche cose che un altro rinvio», così parlava Giorgio Napolitano proprio 10 giorni fa, prima che questo secondo turno confermasse i timori di uno scenario di grande fibrillazione tra la politica e i cittadini. E ieri a parlare è stato Mario Monti che citando proprio il presidente della Repubblica ha di nuovo mandato un segnale ai partiti. È stato fatto con la dovuta forma ma in sostanza dice così: fate le riforme istituzionali e la legge elettorale altrimenti la «politica normale» non potrà garantire la governabilità al Paese dopo le elezioni del 2013. Insomma, il rischio è di vedersi costretti a nuove elezioni nel giro di un mese come in Grecia o a una nuova "parentesi" tecnica. Naturalmente il premier l'ha detto con la cautela e l'accortezza necessarie e le sue parole sono state queste: «Come il presidente Napolitano non si stanca di ricordare, i politici devono – e mi pare che lo stiano facendo – accelerare mettendo subito in campo quelle riforme politico-istituzionali che consentano all'Italia di essere governata più efficacemente da una politica normale, senza bisogno di parentesi come quella di cui io mi sto occupando».
Insomma, sotto traccia si legge la preoccupazione che ancora del tempo possa essere buttato dai partiti. E che l'ora delle riforme non arrivi in tempo utile prima del marzo 2013, data probabile delle elezioni. Senza contare che un caos alle urne cadrebbe in un momento istituzionale delicato vista la scadenza del settennato di Giorgio Napolitano di lì a qualche settimana. Il passaggio è stretto per i partiti che si sentono a fine "regime" e continuano a rinviare l'ora delle riforme e del "repulisti". Già perché la riforma istituzionale in discussione vuol dire riduzione dei parlamentari (quindi di se stessi) e nuovo sistema elettorale vuol dire farsi scegliere dai cittadini e non, più comodamente, dal segretario di partito. Ma per la legge elettorale – che viene tenuta ancora in stand by (ieri c'è stato un nuovo rinvio) – c'è un problema in più: i partiti non sanno bene da che parte andare, quali alleanze fare. Non sanno, in sostanza, cosa gli può convenire di più. Inoltre la vittoria a Parma ha dato un elemento di preoccupazione in più: come impedire al Movimento di Grillo di massimizzare i consensi e pesare in Parlamento.Problema che si pone più il Pd che il centro-destra.
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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Italia: consumatore mai così depresso
Scritto il 23 maggio 2012 alle 11:05 da Dream Theater
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Italian Consumer Confidence: mai così male dal 1993

Possiamo definirla profonda depressione per il consumatore italiano. I dati appena usciti sull’indice Italian Consumer Confidence illustrano in modo inequivocabile lo stato di grande difficoltà dell’economia italiana e soprattutto la crisi del consumatore. Siamo ai minimi dal 1993.
Inutile dire che occorre intervenire subito , proprio per evitare che la situazione si deteriori ulteriormente ed in modo completamente irreversibile, portando il nostro paese non solo in recessione ma in profonda depressione finanziaria.
italian consumer confidence | Source: Markit Economics - twitpic.com/9o9g7u
 
Monti ammette: senza la crescita i conti sono a rischio

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"Senza la crescita anche la disciplina del bilancio non è durevole." E' così che il Premier italiano Mario Monti, ieri al TG2, ha ammesso che senza crescita i conti sono a rischio.

"Sono convinto - ha spiegato Monti - che gli italiani si rendano conto che senza questa fase di risanamento il Paese era sull'orlo del precipizio... Del resto non ci si sarebbe rivolti ad un governo come questo se così non fosse stato, ma voglio che gli italiani sappiano che
non appena è possibile vedere degli spiragli interverremo." a favore della crescita.

Il Premier ha sottolineato che "quello che l'Italia sta facendo viene anche apprezzato a livello europeo e internazionale". Questo consente al Bel Paese di porsi in maniera più "autorevole e rispettata" e chiedere all'insieme dell'Europa una politica economica più rivolta alla crescita".

Monti ha usato più volte, durante l'intervista la parola "crescita" una parola chiave che sembra riassumere quello di cui necessita il Paese.

Non è un caso che l'Economic Outlook dell'OCSE pubblicato ieri, l'Organizzazione vede l'economia italiana "nuovamente in recessione a causa delle difficoltà dei paesi europei più deboli e a causa delle conseguenze di breve periodo delle misure fiscali" del Governo.

L'Organizzazione evidenzia che l'economia dovrebbe ancora rallentare nella prima parte del 2013 per poi riprendersi alla fine del prossimo anno ... con una riduzione del deficit che verrà eliminato nel 2014".

 

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