SIRIA: La Cia continua ad armare Daesh

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I soliti noti offrono a Trump un’idea nuova: combattere i russi in Siria.
Di Maurizio Blondet , il 24 gennaio 2017 34 Comment
I soliti noti offrono a Trump un’idea nuova: combattere i russi in Siria. - Rischio Calcolato

Trump vuol disimpegnarsi dalla Siria? Invece, le stesse forze ‘americane’ che sono dietro il programma di Obama sul “regime change”, il rovesciamento di Assad e l’instaurazione di un territorio wahabita, cercano di “vendere” lo stesso programma a Trump. Semnbra incredibile? Si tratta di tre think-tank che, in previsione di una vittoria di Hillary, hanno costituito a luglio un “ “Combating al-Qaeda in Syria Strategy Group” , perché naturalmente, come prima, si progetta un intervento armato americano contro Assad presentandolo come “combattere Al Qaeda”, in realtà armano i “ribelli moderati”. La vecchia proposta di “no fly zone”(interdizione dello spazio aereo all’aviazione siriana e russa) è stata riconfezionata come “no bombing zone”, insomma il ‘santuario’ per proteggere e rafforzare la cosiddetta “opposizione” nutrita e armata dalla Cia.

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Il progetto è presentato dai promotori al nuovo governo come “una politica olistica e preventiva per mettere in condizioni i siriani moderati di prevalere sugli estremisti in Siria” – eh sì, perché Al Qaeda, dicono, sta riguadagnando terreno nelle aeree oggi controllate dalle forze “moderate” onde instaurare “un durevole ordine estremista sunnita in Siria”, che l’America ha il dovere morale di impedire.

Forse al lettore sembrerà di avere un incubo, uno spettrale déjà vu. Eppure il programma è stato pubblicato. Titolo: “Combating Al Qaeda in Syria: a Strategy for the Next Administration”

https://timep.org/wp-content/uploads/2016/01/Combating-al-Qaeda-in-Syria.pdf

Già il titolo ricorda sinistramente il programma “Rebuilding America’s Defenses” che un altro famigerato think tank, il Project for a New American Century, stilò nel 1998 consigliando “the next administration” di operare il “regime change in Irak” e i 15 anni di guerre per Sion che il Medio Oriente ha subito ; riarmo che avrebbe richiesto, per convincere lopinione pubblica, “una nuova Pearl Harbor”, evento auspicato che avvenne l’11 Settembre. I nomi dei promotori, allora, suonavano “Bill Kristol., Robert Kagan, Richard Perle, Paul Wolfowitz, R. James Woolsey, Elliot Abrams, Donald Rumsfeld, Robert Zoellick, John Bolton (il lettore ne cerchi il passato su Wikipedia) .

Adesso il think tank promotore non si chiama più “Project for a new American Century”, ma – più modestamente – “ Center for a New American Security (CNAS): non è zuppa è pan bagnato. Esso si è unito con il Middle East Institute, che pare ossessivamente determinato ad abolire l’Iran, pericolo esistenziale per Sion (Middle East Institute) e lo Institute for the Study of War, (Institute for the Study of War) che si dichiara “l’avanguardia del pensiero militare”. Come nell’altro storico precedente, anche qui fra i membri spesseggiano i nomi ebraici, Kristol, Kagan, Weinberger (forse figli o nipoti di celebri neocon), e ancora Kaplan, Rosenberg, Klein, Goldenberg per il CNAS (insomma ci siamo capiti) ma mescolati a nomi siriani o libanesi o comunque sunniti, per bella mostra di oppositori evoluti del mostro Assad.

Basti dire che l’esponente principale del Middle East Institute, di nome Charles Lister, e Jennifer Caffarella, la stratega dello Institute for the Study of War, al tempo di Obama hanno spinto per l’intervento militare americano diretto in Siria in appoggio ai terroristi moderati per rovesciare Assad; Lister si è prodotto in vocali richieste di armare i ribelli siriani con missili anti-aerei a spalla per eliminare il pericolo dell’aviazione russa. La direttrice-fondatrice del Center for a New American Security, Michéle Flourney, è stata numero 3 del Pentagono e probabilmente Hillary, se avesse vinto, l’avrebbe nominata sua ministra della Difesa. Nel giugno scorso, in una rabbiosa intervista, voleva che il governo Obama intimasse alla Russia: “se tu bombardi quelli che noi sosteniamo, noi rispondiamo dente per dente distruggendo le forze alleate (russe) e i beni siriani”.

La Cia continua ad armare Daesh
Gareth Porter, che è la fonte di queste notizie, pensa che costoro hanno ben poche possibilità di far accettare la loro strategia ad un presidente Trump che, nel discorso inaugurale, ha annunciato una cooperazione con Mosca per sradicare il terrorismo islamico. Ma attenzione: in realtà, operazioni di mano americana a sostegno dei terroristi sono tuttora in corso in Siria; Daesh ha di nuovo devastato Palmira (sabotaggio dei “beni siriani”, come consiglia Flournoy), ed ha inflitto pesanti perdite – si dice, 14 carri armati – alle truppe turche (oggi alleate di Putin) in Siria, ad Al Bab sul confine turco-siriano, grazie all’uso di missili anticarro tipo TOW – ed è facile indovinare che continuano a venir riforniti, armati, e guidata strategicamente da esperti che possiamo ipotizzare essere della Cia. Non dimentichiamo che, come ha scritto Craig Roberst, “grazie a suoi fiorenti business, la Cia dispone di mezzi propri, indipendenti dal bilancio statale”, con cui può condurre operazioni senza il permesso della Casa Bianca e persino “all’insaputa del suo direttore”.

Daesh “segue un piano prestabilito con l’obbiettivo di impadronirsi di DerEzzor e di tutta la sua provincia. Vogliono costringere le forze siriane ad evacuare l’est della Siria, ciò che permetterà loro di impadronirsene. Una volta Daesh ben trincerato, gli Usa faranno entrare il loro contingente ‘kurdo’, altresì detto ‘forze democratiche siriane’, a riprendere Der EzZor”: è la valutazione dei comandi iraniani nella zona. E’ contro questi che l’aviazione turca (della NATO!) e quella di Mosca si oppongono con i bombardamenti di questi giorni. La firma è Cia, che ha rifornito di razzi anticarro bulgari via Arabia Saudita.

Tutti complici al Congresso
Inoltre, non solo la burocrazia di sicurezza e il complesso militare industriale, ma anche i due partiti al Congresso sono paranoicamente contrari ad una intesa con Putin sulla Siria (o altrove). Trump non può certo contare sul “suo” partito repubblicano . Nell’interrogatorio senatoriale dei ministri scelti dal presidente, si è visto Marco Rubio, stentoreo, chiedere al possibile segretario di Stato, Rex Tillerson, di condannare Putin come “criminale di guerra”. Sia detto ad onore dell’ex capo di Exxon, lui si è rifiutato di farlo; ma ha dovuto accettare che all’annessione della Crimea gli Usa dovevano rispondere con “proporzionata mostra di forza”. Il ministro della Difesa, generale “mad dog” Mattis, nell’audizione ha preso le distanze dalla linea Trump: “Dai tempi di Yalta, abbiamo tentato molte volte di impegnare positivamente la Russia; con pochi successi. Oggi, Putin tenta di rompere la NATO, dobbiamo prendere misure integrate, diplomatiche, economiche e militari, con i nostri alleati, per difenderci”. Mike Pompeo, che Trump ha scelto come direttore della Cia e che dovrebbe presiederne la riforma, durante l’audizione di conferma ha proclamato che la Russia “minaccia l’Europa” e, udite, che “non ha fatto niente” per eliminare Daesh in Medio Oriente. Ha anche assicurato che difenderà gli agenti Cia da ogni purga.

Se queste sono le posizioni dei “amici” di Trump, quelli che ha scelto come più vicini a sé, figurarsi gli altri. Il Center for New American Security pieno di Kagan e Kaplan, trova molte orecchie attente al suo progetto di continuare ad alimentare la guerriglia in Siria armando i terroristi “moderati”. McCain ha già dichiarato che si batterà fino alla morte per impedire l’accordo con la Russia.

Trump ha proprio tutto, ma tutto l’Establishment contro. Secondo Justin Raimondo (di Antiwar), dovrebbe quel che fece Mao Tse Tung per scatenare la rivoluzione culturale, ordinando alle giovani guardie rosse: “Bombardate il quartier generale!”, perché i nemici del regime erano al vertice del regime.

Trump Against the World by -- Antiwar.com



Inaudito: Trump ha invitato i sindacati
Trump, va riconosciuto, non si lascia intimidire. Come primi atti presidenziali, ha cancellato il TPP (Trans-Pacific Partnership, il meccanismo di globalizzazione Usa-Asia), ha congelato tutte le assunzioni federali, ha tagliato i fondi alle organizzazioni “umanitarie” che promuovono e praticano gli aborti all’estero: sono tutti colpi di martello alle burocrazie globaliste e alla loro ideologia. Ha cancellato anche il Climate Change come tema politico: era un’arma potente della globalizzazione, implicando la presunta necessità di una “governante mondiale” delle emissioni di CO2…

E ieri ha computo un’azione inaudita: ha invitato i capi dei sindacati alla Casa Bianca.
Da quanti decenni non avveniva?
E’ almeno dai tempi di Ronald Reagan – il presidente che in nome del liberismo di mercato totale, stroncò i sindacati e li ha resi da allora entità marginali, senza forza alcuna, perché senza interlocutori istituzionali.



E’ un atto “da socialista”, sibileranno i repubblicani al Congresso, e il big-business delle multinazionali che li paga. Ed anche i democratici saranno inveleniti: i sindacati erano i gestori dei loro voti “sicuri”. Adesso sono tutti per “The Donald” il protezionista. C’erano i sindacati degli edili, dei metallurgici, dei carpentieri, degli idraulici-riparatori, la AFL-Cio (un tempo potentissimo) di antica memoria: con loro, Trump ha discusso di come ravvivare l’economia reale americana.

I sindacalisti sono usciti estasiati. Un incontro “incredibile”, hanno detto. Rich Trumka, il presidente dello AFL-Cio: “Oggi il presidente Trump ha ritirato gli Stati Uniti dalla Transpacific Partnership. Ha fatto il primo passo per aggiustare 30 anni di cattive politiche sindacali che son costati ai lavoratori americani milioni di lavori ben pagati. Da decenni siamo stati in prima linea per fermare accordi distruttivi come il TPP, il PNTR con la Cina, CAFTA, NAFTA. Milioni di lavoratori e lavoratrici hanno visto il loro lavoro sparire all’estero e minare l’industria manifatturiera. Aspettiamo con speranza l’incontro del presidente Trump con il presidente canadese Trudeau ed del Messico Enrique Pena Nieto il 31 per aprire un vero dialogo onde aggiustare il mal concepito NAFTA”.

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Li ha conquistati, ovviamente. Sta pensando farne le sue guardie rosse per “bombardare il quartier generale”? Presto per dirlo.

Ma piaccia o no, il coraggio non glielo si può negare. Non so quanta fece dare ad una fonte russa, ma la riporto:

Il 18 gennaio, due giorni prima della inaugurazione, Vladimir Putin avrebbe ricevuto un messaggio da Trump: “Potrei non essere vivo da vedere la prossima settimana […] Se riesco, regolerò i conti con quei bastardi”.

A Putin: “Forse non vedrò la settimana prossima”
Non era un tweet. Secondo la fonte russa, il messaggio sarebbe stato passato, a Davos, dall’amico di Trump Anthony Scaramucci a Kirill Dmitriev, direttore del Fondo Russo d’Investimento Diretto, che l’ha fatto avere al Cremlino. Sempre secondo la fonte, Trump nel messaggio avrebbe ricopiato di sua mano due celebri storiche dichiarazioni:

“Avremo un governo mondiale, vi piaccia o no! Il solo incerto, è se tale governo sarà stabilito per consenso o per conquista” (James Warburg, banchiere d’affari, al Senato, 17 febbraio 1950).

L’altra:

“Oggi il passaggio alla dittatura totale in Usa può procedere con mezzi strettamente legali[…] dentro il nostro governo e nostro sistema politico. Il ben organizzato gruppo di azione politica è fermamente puntato a distruggere la nostra Costituzione e instaurare uno stato a partito unico […] Agisce in segreto, silenziosamente e costantemente trasformando il nostro potere […] è la malattia del nostro secolo. Questo gruppo non obbedisce né al Presidente, né al Congresso, né ai tribunali. Non può quasi essere eliminato” (Senatore William Jenner, 1954).

Sono frasi ben note ai cultori delle teorie del complotto e alla cultura degli isolazionisti americani. Proprio per questo, vi prego di non credere che Trump abbia davvero mandato un messaggio del genere: sarebbe una figura eroica, che per di più sa benissimo chi sono i “bastards” con cui “regolare i conti”. Meglio pensare ad una “fake news”.

Трамп отправляет экстренное сообщение Путину:» До следующей недели я могу не дожить!»



Trump à Poutine: « Je ne passerai peut-être pas la semaine »



I trumpiani d’Europa: “Israele è il nostro futuro!”

Frauke Petry e Marine Le Pen
Invece è vero che gli esponenti sovranisti e “trumpiani” in Europa si sono riuniti a Coblenza il 21 gennaio, i giorno dopo l’insediamento del Donald: Marine Le Pen per il Front National; Frauke Petry per AD (Alternative fur Deutschland); Matteo Salvini; FPO austriaco; Geert Wilder, l’olandese del Partito della Libertà; l’europarlamentare britannica Janice Atkinson, rumeni, cechi.

Frank Pretzel, il marito di Frauke Petry (che sarebbe la candidata Cancelliera, nelle speranze) ha esordito con un’accusa ben precisa contro l’eurocrazia: “L’UE finanza delle organizzazioni contro Israele…Israele è il nostro avvenire! Chi vuol combattere l’Islam deve difendere Israele!”. Anche Geert Wilders ha proclamato il suo “profondo sostegno ad Israele”. Il filo-israelismo di Marine Le Pen è noto. L’AfD ha vietato di apparire a due militanti di prima grandezza, Jürgen Elsässer et Björn Höcke, che in passato avevano fatto dichiarazioni chela lobby ebraica in Germania considera “antisemite”.

Victor Orban s’è congratulato: “Adesso noi europei abbiamo ricevuto dalla più alta autorità del mondo il permesso di dirigerci da soli, secondo i nostri interessi in priorità”. Il difficile è imparare, dopo tanto tempo senza palle.

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L’articolo I soliti noti offrono a Trump un’idea nuova: combattere i russi in Siria. è tratto da Blondet & Friends, che mette a disposizione gratuitamente gli articoli di Maurizio Blondet assieme ai suoi consigli di lettura.
 
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"Le notizie che giungono dalla Siria sulla creazione di una base militare americana nella zona controllata dalle forze curde suscitano preoccupazione. Sono ancor più pericolose le dichiarazioni dei curdi siriani che fanno sapere di non voler rispettare le decisioni prese ad Astana.

Gli USA hanno armato i curdi siriani, denotando così da che parte stanno nel conflitto siriano. Ma cosa serve agli americani? In primo luogo per portar avanti in Siria e in Iraq una guerra per procura tramite le forze dei curdi siriani, dal momento che gli alleati degli Stati Uniti si sono rifiutati di inviare uomini. In secondo luogo per garantire la sicurezza di Israele.---------- Una nuova base americana in Siria tra Turchia ed Iraq
 
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La Siria è il cuore sanguinante di una guerra mondiale.
"Svegliamoci, sono impazziti!"

di Michel Raimbaud da OraProSiria

《Da ormai sette anni, la Siria è in guerra.
Questo paese amichevole, tollerante e altamente civilizzato, che nemmeno i suoi detrattori potrebbero negare essere bello e accattivante, sta già affrontando una sfida formidabile, quella del dopoguerra. Gli assalitori barbari di cento paesi, sia atlantisti che islamisti, hanno combattuto duramente per distruggere le sue ricchezze, le infrastrutture, le sue capacità, i monumenti e le bellezze naturali, al fine di cancellarle dalle mappe.
Ma hanno anche e soprattutto cercato di schiacciare il popolo siriano, di cancellare la sua memoria e la sua identità per annientarlo.
Con la complicità di una sedicente "comunità internazionale" ingannatrice, ora stanno lavorando per privarlo, per quanto possibile, di ogni prospettiva del futuro, defraudandolo dei suoi diritti imprescrittibili: di disporre di se stesso, di decidere, senza interferenze straniere, il suo destino e il suo sistema politico. Senza pudore né vergogna, gli stessi invasori non nascondono le loro velleità di cambiarne il futuro, inclusa la costituzione, con una Siria sotto la "tutela delle Nazioni Unite", cioè sotto mandato, ossia sotto il giogo coloniale.
Per cancellare l'impronta geografica di una Siria madre della civiltà (compresa la nostra), può esserci un modo più efficace che disperdere un popolo e soprattutto di sbriciolare uno Stato che ha commesso il crimine di lesa maestà? In effetti, alla fine, l'impresa si propone di trasformare quella che una volta era una grande Siria in un arcipelago di mini-entità, e la sua gente in un mosaico tribalizzato destinato a essere vaporizzato in una vasta diaspora: a un primo approccio, questo crimine inqualificabile merita la doppia caratterizzazione di 'politicidio' (la dissoluzione di uno Stato che disturba) e di 'etnocidio' - l'annientamento di un popolo che resiste.
Questo è ciò che è inscritto nel 'grande disegno' neoconservatore.
Quest'ultimo, notiamo di sfuggita, equivarrebbe a infliggere alla Siria il destino riservato da 70 anni alla Palestina, pezzo di terra rubato sotto l'egida del colonialismo trionfante. Il destino dei Siriani potrebbe quindi assomigliare a quello dei Palestinesi, irrimediabilmente spogliati nel nome di una 'missione divina'. Il sinistro destino dei popoli amerindi, eliminati dalla storia, è lì per ricordare ciò di cui sono capaci i coloni venuti da fuori.
Le distruzioni sono immense, pari a centinaia di miliardi di dollari, a cui vanno aggiunti - ma è un loro problema - i milioni, bilioni o trilioni spesi dalle 'potenze' assalitrici per condurre le loro battaglie 'per la democratizzazione' .
Non serve a nulla invocare i valori della moralità, naturale o religiosa, il diritto internazionale e la legalità delle Nazioni Unite, o addirittura la semplice decenza, di fronte ad aggressori senza legge e senza fede. Non possiamo aspettarci una qualsiasi logica da Stati che si erigono a gendarmi del pianeta mentre si comportano come regimi criminali. È paradossale, dopo tutto questo tempo, dopo questi orrori, questi massacri, questi atti da selvaggi, questa barbarie, che si trovino ancora nel grande Occidente 'democratico' così tanti difensori dell'indifendibile, così tanti ammiratori dei jihadisti presentati come democratici o 'moderati'. Gli intellettuali sono intrappolati dalla loro iniziale cecità, i media sono sigillati dall'omertà, i politici sono ostaggi della loro doxa neoconservatrice, nell'Esagono (la Francia n.d.t.) come in tutto il mondo giudeo-cristiano.
Perché un tale accanimento, una tale ostinazione nel mentire? La Siria è stata a lungo nel mirino di America, Gran Bretagna e Israele. La Siria storica è il centro di gravità del Medio Oriente, il luogo di nascita delle tre religioni rivelate, il cuore pulsante dell'arabismo, simbolo dell'Islam moderno e tollerante, sede dei primi califfi: un'eredità molto pesante da portare ma che ha assicurato a questo 'faro dell'Oriente' un innegabile prestigio tra gli Arabi e un'aura di simpatia tra i Musulmani.
Tollerante, multiconfessionale, moderna, repubblicana, forte della sua identità e della sua consapevolezza storica, essa rappresenta ciò che gli estremisti di ogni versante aborriscono sopra ogni altra cosa.
Dalla sua indipendenza e dalla creazione di Israele, la Siria ha continuato a fornire un sostegno costante alla causa palestinese ed è sempre apparsa come uno Stato ribelle all'ordine israelo-atlantico. Di fronte alla rovina del mondo arabo, la Siria si è iscritta nell'asse della resistenza ed essa resiste. Il suo esercito nazionale ha combattuto da solo contro tutti per quattro anni, poi, aiutato dai suoi alleati, ha iniziato la riconquista, affermandosi come il principale artefice dell'eradicazione del Daesh (ISIS), malgrado le bugie e le pretese degli usurpatori fanfaroni. Lo Stato siriano controlla ormai i quattro quinti del territorio nazionale, avendo dato scacco, con la sua resilienza, ai piani degli aggressori.
Per questi, la Siria del 2018, dopo tante battaglie e così tanti progetti finiti male, costituisce una realtà impensabile e intollerabile. Bisogna dunque farla sparire dalle mappe, come se non fosse mai esistita. È necessario per questo delegittimare lo Stato sistematicamente presentandolo come un 'regime', le sue istituzioni, la sua costituzione, il suo governo, demonizzare il suo Presidente, ignorare la volontà del suo popolo, i successi del suo esercito attribuendoli ai suoi alleati, quando non ai suoi nemici.
Si deve negare al suo Presidente e al suo entourage ogni potere, qualsiasi ruolo futuro, ogni autonomia decisionale, e assicurare che non ci possa essere una soluzione politica 'siriana' risultante da un dialogo nazionale, sotto gli auspici dei suoi alleati e dei suoi amici. Al contrario, il suo destino deve essere deciso dai suoi nemici, dalla "comunità internazionale" in agguato, da tre Stati che rappresentano 470 milioni di persone ( il 6 - 7% dell'umanità) che protestano di non poter più imporre la loro legge in seno al Consiglio di Sicurezza dell'ONU.
Decisamente, il mondo è uscito di testa poiché non c'è più legalità internazionale, più nessun rispetto del diritto delle Nazioni Unite, che dovrebbe essere la bibbia dei diplomatici. I falsi gendarmi del mondo che ne sono i fautori di disordine, i ladri che gridano al furto, i violentatori della legalità che gridano al suo stupro, gli aggressori della Siria che si indignano per le aggressioni dell'esercito siriano, i maestri delle ingerenze illegali indignati per l'intervento legale degli alleati e dei partner dello Stato, tutto questo bel mondo si agita e manovra alla luce del giorno!
Uscite dallo schermo le comparse e le forze sicarie, ecco che i mandanti e i veri sponsor si sono tolti la maschera e stanno lavorando per realizzare apertamente ciò che non erano riusciti a fare per delega in sette anni. Israele al sud, gli USA e i suoi fidati partners europei nel nord-est a sostegno delle forze curde messe a nudo, la Turchia nel nord-ovest contro i progetti dei Curdi, e tutti contro Bashar al-Assad. Il pretesto della lotta contro Daesh e il terrorismo ora appare per quello che era, un mega imbroglio che difende i nemici della Siria legale e al quale solo gli sciocchi credono ancora.
Jean-Yves Le Drian chiede (sic): "il ritiro di tutti quelli che non hanno niente a che fare con la Siria". Lui osa. Ma indovinate chi sono quelli che non hanno niente da fare in Siria? Sì, avete indovinato: l'Iran il nuovo diavolo di moda, Hezbollah il terrore di Israele, la Russia, le forze 'sciite' dell'Iraq.
Per contro ora sapete quali paesi 'vi hanno a che fare': i tre ossessionati dai bombardamenti umanitari, quelli che possiedono armi di distruzione di massa, violano sistematicamente il diritto internazionale, quelli che sostengono il terrorismo quando non lo hanno creato, quelli che vogliono depredare tranquillamente le risorse di petrolio e gas della Siria e della regione: in altre parole, l'America e i suoi accoliti. Per buona misura, aggiungiamo Israele, amico delle 'rivoluzioni arabe' che distruggono gli Stati con lo stesso nome; l'Arabia Saudita, una grande democrazia davanti all'eterno e specialista in costituzioni, in diritti umani e delle donne, e nella tolleranza religiosa; la Turchia membro di spicco della NATO, nemica dei Turchi delle montagne, ma amica dei separatisti curdi della Siria o dell'Iraq e sponsor dei jihadisti; il Qatar, a condizione che continui a comprare di tutto e non importa cosa nel nostro Paese in difficoltà.
Per il resto, la Siria ha resistito per molti anni, il suo esercito è in grado di sostenere gli assalti di Israele e abbattere gli aerei che lo attaccano. È saldamente ancorata a un asse di resistenza risoluta e ben coordinata, sostenuta da alleati affidabili, a partire dalla Russia. La Siria non è una comparsa, è al CENTRO di una guerra globale. Quanti Stati avrebbero resistito come lei?
Signori 'amici della Siria', nemici del suo 'regime' e del suo Presidente, avete continuato a sostenere la fiction di una rivolta popolare contro un 'tiranno massacratore'. In cosa ciò vi preoccupa? Voi avete sbagliato tutto e lo sapete bene perché in realtà il Paese che vi ossessiona è principalmente vittima di una guerra di aggressione che mette in pericolo la sua esistenza.
Lo Stato siriano ha sicuramente il diritto di guidare i negoziati che decideranno il suo futuro e di respingere qualsiasi interferenza degli aggressori. Ha il diritto di rifiutare le vostre ingerenze, i vostri programmi di spartizione e i vostri progetti contorti. Le guerre di Siria sono state a lungo le componenti di una guerra universale in vista di diventare una guerra 'mondiale'. Se questa aggressione riguarda la "comunità internazionale" è secondo i criteri del diritto internazionale, codificati dalla Carta delle Nazioni Unite, che deve essere considerata! Allora, si capirà molto bene che questo approccio, l'unico possibile, vi pone un piccolo problema: questo problema non è quello del paese aggredito; ma degli aggressori che siete voi che trattate la Siria come un 'paese aperto' a tutte le avventure e a tutte le iniziative ostili.
Signori aggressori, non dimenticate mai che la vostra presenza in Siria è illegittima e illegale, compresi i vostri barbuti, i vostri consiglieri speciali o le vostre forze di terra. E se c'è una presenza legittima per eccellenza, non è la vostra: è quella dello Stato siriano, quella dei suoi alleati e dei partner del governo di Bashar al-Assad, del quale pretendete la partenza. Se c'è un ritiro imposto dal rispetto del diritto internazionale, è quello dei Paesi che non hanno niente a che fare con la Siria: i vostri Paesi!
Michel Raimbaud
Ex ambasciatore. Professore e conferenziere
 
Eleonora Lorusso
- 1 marzo 2018
L'Iran è sempre più protagonista della Guerra in Siria.

L'ultima prova della crescente spinta espansiva della Repubblica islamica guidata da Rouhani è la scoperta di una base iraniana alle porte di Damasco, documentata da foto satellitari.

La base iraniana
Si tratterebbe di un nuovo insediamento permanente militare nelle immediate vicinanze della capitale siriana, ad appena 8 miglia da Damasco, meno di 15 km. Secondo fonti militari orientali, citate da Fox News che ha pubblicato immagini satellitari esclusive, al suo interno si trovano hangar che ospitano missili a corto e medio raggio in grado di colpire Israele. Fatti che aumenteranno la tensione nella regione e in particolare rendono molto rischioso il confronto continuo proprio fra l'Iran e Israele.

Di stanza nella base iraniana ci sarebbero gli Islamic Revolutionary Guard Corps (IRGC), corpi speciali dell'esercito di Teheran. L'allarme è stato confermato anche da fonti del Pentagono: secondo il comandante delle forze statunitensi in Medio Oriente, l'Iran sta aumentando il numero e la qualità dei propri missili balistici dispiegati nella regione e ne ha già dislocati diversi in Siria.

Il sostegno di Teheran ad Assad
A partire dalla firma dell'accordo sul nucleare iraniano nel 2015, che ha allentato l'embargo alla Repubblica Islamica, Teheran ha incrementato i propri finanziamenti a sostegno delle forze "alleate" Medio Oriente, inviando missili, combattenti e altri armamenti sia in Siria che in Yemen.

Su interrogazione della repubblicana Liz Cheney (figlia dell'ex vice del Presidente Bush, Dick Cheney), il Generale Joseph L. Votel, capo del U.S. Central Command, ha confermato le manovre iraniane, spiegando però che al momento Teheran non rappresenta uno degli obiettivi della missione della coalizione a guida americana in Siria, che conta ufficialmente 2.000 uomini sul campo impegnati nella lotta all'Isis.

Ciononostante, Votel ha ammesso che negli ultimi 5 anni l'Iran ha creato e sostenuto una rete in Yemen, del tutto analoga a quella degli Hezbollah in Libano, nati come braccio armato filo-iraniano e "nemico" di Israele, poi entrati in Parlamento a Beirut.

Quanto spende l'Iran per la Siria
Da 7 anni, da quando cioè è iniziata la guerra in Siria, Teheran si è schierato al fianco di Assad, sostenendolo finanziariamente e sul campo. Secondo alcuni dati, forniti dall'inviato speciale dell'Onu per la crisi siriana, Staffan De Mistura, la spesa si aggirerebbe intorno ai 6 miliardi di dollari all'anno in aiuti a Damasco, che però secondo altre fonti potrebbe essere arrivata a 12/15 miliardi di dollari già nel 2013-2014.

Agli aiuti finanziari si aggiungono poi quelli in termini di presenza militare sul campo. Secondo le autorità iraniane, in Siria sarebbero presenti solo "consiglieri strategico militari", ma i media britannici già nel 2016 riferivano di almeno 700 soldati iraniani morti in combattimento nei pressi di Aleppo. Un numero che comprendeva sia militari regolari che membri di forze speciali come Al Quds e Guardie della Rivoluzione.

Un'ulteriore prova del coinvolgimento militare di Teheran è l'istituzione della Fondazione dei martiri, che sostiene economicamente i familiari dei caduti in guerra, compresa quella in Siria.

In modo indiretto, poi, il regime degli Ayatollah appoggia i militanti sciiti libanesi di Hezbollah, alleati di Teheran e anch'essi impegnati nel teatro siriano, che avrebbero perso almeno 1.000 uomini nel corso di questi anni di conflitto.

Il rafforzamento navale
È stato Mohammad Bagheri, Capo di Stato Maggiore delle forze armate iraniane, ad annunciare alla fine del 2017 l'intenzione di costruire anche una base navale in Siria. Questo per controllare il mare davanti al Libano, creando un ulteriore motivo di preoccupazione per il vicino Israele e non solo. L'idea di una presenza iraniana in un punto strategico come le acque adiacenti Beirut potrebbe non piacere a Putin, che conta una propria base a Tartus, vero avamposto russo nel Mediterraneo.

Altre fonti vicine all'Ayatollah Khamenei, invece, parlano di una possibile base, anche sottomarina, in un'area ancora più occidentale, tra Cipro o alcune isole greche del Dodecanneso. In entrambi i casi l'effetto immediato sarebbe un innalzamento della tensione nell'intera area mediorientale.
...
Siria, come e perché l'Iran aiuta Assad - Panorama
 
in Siria si combatte da troppo tempo....
da un lato c'è la Siria aiutata da russia e Iran
dall'altro ci sono: germania+francia+Inghilterra+Usa+Israele+arabia saudita+..

tutto l'occidente senza un motivo valido .... ma sempre solo tramite fake news ha creato il pretesto per invadere e distruggere la siria

sempre le stesse fake news
contro Saddam Hussein
contro Gheddafy

insomma usano gli stessi metodi usati da Hitler contro gli ebrei
gli stessi metodi dell'imperatore Nerone per sterminare i cristiani


insomma la storia non cambia mai e il popolo è il solito beota
 
Ultima modifica:
in Siria si combatte da troppo tempo....
da un lato c'è la Siria aiutata da russia e Iran
dall'altro ci sono: germania+francia+Inghilterra+Usa+Israele+arabia saudita+..

tutto l'occidente senza un motivo valido .... ma sempre solo tramite fake news ha creato il pretesto per invadere e distruggere la siria

sempre le stesse fake news
contro Saddam Hussein
contro Gheffafy

insomma usano gli stessi metodi usato da Hitler contro gli ebrei
gli stessi metodi dell'imperatore Nerone per sterminare i cristiani

insomma la storia non cambia mai e il popolo è il solito beota

Il quadro è più complesso.

In Siria si sono combattute varie fazioni anche fazioni che hanno combattutonil regime degli Assad combattevano anche contro altri ribelli per il controllo di territori.
Ci sono state forze appoggiare dagli USA ( curdi di alcune aree) ma combattute da altri ribelli sostenuto dalla Turchia.

Siria, tutti contro tutti (per il petrolio) - Per la pace


Il dittatore Saddam Hussein era il capo di un partito nazionalsocialista ( Baath) e Baath è anche il partito degli Assad in Siria.

8 aprile 2017
...
Chiudo accennando a un elemento che ogni tanto torna a galla, quando qualche politologo meno banale della media parla del Baath. Parlo dei presunti legami del partito panarabo con il nazismo e il fascismo.
Tutto risale alla fondazione del Baath. Uno dei padri nobili del movimento, Michel ‘Aflaq, era ammirato dalla forza dirompente di fascismo e nazismo, che in quegli anni si affermavano come forze emergenti del Vecchio Continente (vi ricordo che il baathismo nacque concettualmente in Francia, non nel deserto del Medio Oriente). Secondo Aflaq il fascismo e lo NSDAP rappresentavano l’alchimia perfetta tra un credo politico nazionalista e uno socialista. Il fatto che entrambi i partiti fossero al potere attraverso dei regimi totalitari non lo disturbava granché.

Il Baath siriano, la dinastia al-Assad e il panarabismo laico
 
L'ultimo colpo di coda per togliere di mezzo Bashar al-Assad in Siria sembra fallito miseramente, non prima tuttavia di aver provocato enormi danni.
Ora i jihadisti legati ad al-Qa'ida che hanno tenuto per anni in ostaggio la Ghouta orientale, località alle porte di Damasco, vengono fatti esfiltrare sotto la protezione degli agenti dell'MI6 britannico e DGSE francese presenti sul campo da diverso tempo e anch'essi in procinto di fuggire dal territorio siriano insieme ai tagliagole islamici. Per questo i mezzi di disinformazione occidentali ne parlano rieccheggiando i toni enfatici della liberazione di Aleppo.
Sembra una storia infinita, ma ormai le battute conclusive di questo sanguinoso conflitto paiono vicine.
Poi magari, finita la carneficina siriana, potrebbe capitare di trovarci come pacco regalo un bel po' di foreign fighters jihadisti per le strade delle nostre città europee.


Paolo Sensini
 
Le sanzioni europee contro la Siria


Le sanzioni europee contro la Siria comprendono il divieto di commercio di petrolio, limitazioni negli investimenti, il congelamento dei beni della Banca centrale siriana nella Ue, il divieto alla compravendita di tecnologie a duplice uso, nonché di attrezzature per le telecomunicazioni

.Iran promette di sequestrare petroliera britannica
 

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