Solo politica

  • Creatore Discussione Creatore Discussione Stic@zzi
  • Data di Inizio Data di Inizio
"il finanziere in servizio all’“Ufficio Sos” (Segnalazioni di operazioni finanziarie sospette)
della Direzione nazionale antimafia a un certo punto decideva di approfondire la posizione di un personaggio X
per verificare eventuali transazioni anomale sui suoi conti correnti;

lo poteva fare senza un’indicazione a monte del magistrato responsabile dell’ufficio (fino all’anno scorso Antonio Laudati)

e senza alcun obbligo di rendicontare a valle, per iscritto, ciò che aveva fatto.

Il finanziere si arrogava il diritto di interrogare le banche dati della Dna e quelle collegate dell’Agenzia delle entrate:
sono una miniera di dati sensibili che include anche la dichiarazione dei redditi".
 
Della vicenda parla anche direttamente Guido Crosetto in un testo a sua firma pubblicato sul Corriere della Sera:

"E' giusto continuare a fare finta di nulla quando si vedono pubblicati atti di indagini in corso
che, tra l’altro, gettano schizzi di fango inaccettabili su istituzioni serie come la Dna?
Queste erano alcune delle domande che mi sono fatto leggendo le notizie uscite ieri.
Si tratta di notizie di indagini, nate a seguito di una mia denuncia alla Procura della Repubblica di Roma del 31 ottobre 2022,
che mi riguardano come parte lesa e come oggetto di un’attività illegale".



"Certo, sono particolarmente orgoglioso di aver promosso, da uomo delle istituzioni,
la denuncia di fatti che mi sembravano sospetti, dando così la possibilità
— ieri alla Procura di Roma e, oggi, alla Procura di Perugia — di fare piena luce
sul rischio che soggetti che dovrebbero garantire la normale vita democratica la mettano in pericolo.

Sono certo che Perugia procederà spedita a mia tutela, la parte offesa, e del nostro sistema democratico".
 
E ancora Crosetto alimenta nuovi dubbi, parlando di "un mondo grigio che mina le istituzioni":

"Ma perché c’è chi fa uscire ora questa notizia?
Ho un sospetto grave: non è che qualcuno vuole alzare polveroni per nascondere la verità?

Chi sta cercando di precostituirsi delle difese?

Come funziona il circuito dei dossier nel rapporto con chi, poi, li rende pubblici?

E le fughe di notizie di indagini coperte dal segreto?

Chi li fa uscire, con quali logiche, quali obiettivi?

Li usa a vantaggio di un singolo o per un gruppo?

Gratuitamente o per lucro?

Pubblici ufficiali, pagati dai contribuenti, diffondono indagini costruite ad arte,
per infangare o procurare effetti e danni politici?



Ho lasciato per ultima la domanda più grave:

perché colpire anche la Dna, il più alto baluardo morale contro la criminalità organizzata?
Cui prodest?


Non certo alla magistratura onesta che, con coraggio, lavora per difendere ognuno di noi.

Temo che, dietro questa gravissima vicenda, ci possa essere un mondo grigio, un porto delle nebbie,
che sarebbe interesse nazionale disvelare.

Ho dunque deciso di sporgere una nuova denuncia per violazione del segreto istruttorio
,
al fine di aiutare il lavoro dei magistrati e di ottenere la verità su una vicenda inquietante,
ma anche a tutela dell’indagato stesso, l’ufficiale della Guardia di finanza".
 
photo_2023-08-04_08-11-57.jpg
 
Come nella spesso citata commedia di Giovanni Narzisi, Al bagàj al sgrandìs, “L’affare si ingrossa”.

Si racconta, sui giornali, con dovizia di particolari sapientemente fatti filtrare
che per quel che riguarda i “dossier riservati” (delicata espressione: sono dossier illegali)
spunta “una lista lunghissima di politici e vip spiati.

Si allarga l’inchiesta dei Pm e ci sono almeno cento nomi
che sarebbero finiti nei dossier del maresciallo della Finanza in servizio alla Direzione nazionale antimafia.

Nel computer sequestrato anche i movimenti dei conti bancari”.

Perfino la tivù di Stato,
nei suoi notiziari, sia pure in servizi affogati tra vacanze e maltempo, ne parla, ne riferisce con dovuta prudenza.

Cento appena, i dossier raccolti?

C’è carenza di politici e di vip, in questo Paese;
oppure non si è applicato molto il maresciallo,
i suoi mandanti avrebbero ragione a non essere molto soddisfatti del suo operato.

Battute a parte, ecco la trita, logora, tutto sommato consolatoria affermazione: “Servizi segreti deviati”.

Sono anni e anni di “deviazioni”.

A forza di “deviare”, è quella la loro strada.

Si può ben parafrasare l’ultima battuta del celebre film di Richard Brooks, con Humphrey Bogart:
“That’s the State, baby, the State! And there’s nothing you can do about it. Nothing!”.

Solo che in questo caso non si tratta “dell’ultima minaccia”.

“Semplicemente” è una delle tante che si aggiungono, in attesa di altre che verranno;
un elenco sterminato, lungo quanto la storia dell’umanità.

I “classici” dovrebbero pur servire a qualcosa, ad ammonimento almeno:

Publio Cornelio Tacito, racconta nei suoi Annales, a proposito del contrasto tra Cesare e Gallo
scrive della proposta di quest’ultimo, mirante a “Haud dubium erat eam sententiam altius penetrare et arcana imperii temptari”,
“Tale proposta penetrava senza dubbio più in profondità e mirava a sondare i segreti disegni del potere”.

Per non parlare della più calzante, ma meno conosciuta, teorizzazione del giurista tedesco Arnoldus Clapmarius:
il suo distinguere tra “jura sive arcana imperii” e “arcana dominationis”:
i primi, universali fondamenti dello Stato per garantirne la conservazione;
i secondi, princìpi occulti usati dai governanti per non essere spodestati e conservare il potere.
 
Un bravo cameriere parla con discrezione. Mario lo sa benissimo.
Ha ventuno anni, madre angolana.
Piccolo di statura, sguardo intelligente, simpatico a prima vista, racconta del padre, portoghese,
morto tre mesi prima che lui nascesse, del nonno che ha resistito solo tre anni al dolore per la morte del figlio.
La nonna invece ha comprato una casetta proprio sulla spiaggia, in Angola,
ben lontana dalla capitale Luanda, città ricca, ma per lei invivibile.

Lui parla. Ma è customized, come dicono i cretini,
perché il ragazzo ricorda perfettamente i gusti di chiunque
si sia seduto anche una sola volta nella pizzeria di Sétubal, a sud di Lisbona,
dove in pochi mesi è diventato un eccellente pizzaiolo
e ha imparato l’italiano, con un certo accento marchigiano, a caso, come quello del proprietario del locale.


L’università di Lisbona non è lontana da Almada, dove vive la mia famiglia.
Però devo prendere un battello e una metro,
e poi ancora mezzi pubblici con cui raggiungo la sede della società che mi affida analisi dei dati, e mi fa lavorare tanto:
ho dovuto cercare un monolocale da quelle parti”.

Racconta di essere in pari con gli esami del terzo anno di Matematica
lavorando contemporaneamente in una pizzeria
e in una ditta che gli affida un compito di grande responsabilità.



“In base ai dati e alle statistiche, devo assegnare punteggi a situazioni che potevano essere gestite meglio o peggio,
ad esempio, venditori al di sotto o al di sopra della media del settore”.

“Certo, io ci penso spesso, quasi sempre:
ogni volta che i calcoli mi portano a un giudizio negativo su una persona che non conosco,
perché le schede sono ovviamente anonime, mi chiedo chi sia, mi chiedo se sia giusto far del male a qualcuno che forse ha bisogno.
Certo, la vita ogni tanto è crudele”.

Si scopre che ha iniziato a scrivere per una rivista scientifica con il patrocinio dell’università.

E che il titolare della pizzeria, dopo pochi mesi, ha scelto lui, fra tanti dipendenti, per sostituirlo in sua assenza,
ben sapendo che prima o poi dovrà andarsene.

Il suo tono è quello di chi racconta i pensieri e i progetti che gli frullano quando è solo,
nel suo appartamentino, davanti al computer che lampeggia aspettando ordini:

“Ma il compenso deve servire per vivere, e la matematica e le altre scienze che studio mi riempiono di curiosità, di sfide che vorrei vincere”.

La storia di Mario, scienziato in rampa di lancio che attende il countdown davanti a un forno a legna.


Ora a qualcuno verrà in mente di usare questo ragazzo dolcemente abbronzato
come testimonial contro i fannulloni che trovano sacrilega
la cancellazione del Reddito di cittadinanza.

Ma la politica, fortunatamente, non è per lui:
Mario è solo un genio del minimalismo.



Che in tempi in cui il suono prevalente è quello della trombazza, non è certo poco.
 
La Cina inizia ad espandersi seriamente in mare.

Sta costruendo una catena di porti e basi navali.

La prossima tappa di questo programma è la creazione di una base navale a Hambantota, nello Sri Lanka.

Progetti simili anche in Africa, compresa la costa atlantica.
 
In casa Pd, dalla battaglia per il salario minimo a quella per il salario minimo di Fassino il passo è breve.

Potrà sembrare una battuta, ma c’è tanto del vero in questa iperbole.

Quanto accaduto due giorni fa alla Camera con lo show inaspettato del solitamente pacato Piero Fassino,
deputato ed esponente storico della sinistra, la dice lunga sul “vento di casta”
che soffia fortissimo sui palazzi del potere, nonostante i proclami di altra natura.

Antefatto. A inizio luglio il consiglio di garanzia del Senato
aveva dato il via libera a una delibera che prevedeva il ripristino dei vitalizi tagliati per gli ex senatori. V

italizi che erano stati tagliati da una delibera del 2018,
che stabiliva l’applicazione retroattiva del metodo contributivo e lo stop a quello retributivo.

Mercoledì, però, nell’aula di Montecitorio si è discusso nuovamente del taglio dei vitalizi
e la Camera ha approvato con 240 voti a favore, 5 contrari e 24 astenuti
l’ordine del giorno a prima firma Foti, capogruppo di Fratelli d’Italia, presentato al Bilancio della Camera,
che ripristina il taglio dei vitalizi per gli ex parlamentari, cioè impegna il collegio dei questori a

“mantenere per tutti i beneficiari, deputati ed ex deputati, la vigente normativa di calcolo su base contributiva
per il calcolo delle indennità di fine mandato” che spettano agli onorevoli.

Nelle premesse si fa esplicito riferimento al fatto che
“nelle scorse settimane, il Consiglio di Garanzia di secondo grado del Senato della Repubblica
ha deliberato la cancellazione del taglio dell’indennità di fine mandato spettante agli ex senatori maturati prima del 2012”.

Piero Fassino è stato tra i 5 deputati che hanno votato contro il provvedimento,
e questo può starci nella normale dialettica parlamentare,
ma ha manifestato in modo rumoroso e sopra le righe il suo dissenso.

Con un gesto simbolico ha mostrato in aula il suo cedolino con tutte le voci del suo stipendio da deputato,
sostenendo che il suo salario mensile netto di quasi cinquemila euro non può essere considerato uno "stipendio d'oro".

Ecco le sue discusse (e discutibili) parole:

“Un luogo comune è che i parlamentari godano di uno stipendio d’oro ma qui ho il cedolino di luglio 2023, che è uguale per tutti.
Risulta che l’indennità lorda è di 10mila 435 euro da cui giustamente vengono defalcati l’Irpef, l’assistenza sanitaria,
la previdenza dei deputati è di 1000 euro, le addizionali regionali e comunali. F
atti questi giusti prelievi l’indennità netta è di 4,718 euro al mese. Va bene? Sì.
L’unica cosa che chiedo è che quando sento dire che i deputati godono di stipendi d’oro, non è vero:
sono una buona indennità ma non sono uno stipendio d’oro”.
 
Le parole di Fassino sono in qualche modo uno schiaffo ai poveri,
ma in generale a tutti gli italiani che, stando alle ultime rilevazioni ufficiali,
percepiscono un reddito medio mensile di 2.200 euro,
dunque meno della metà di quello che l’esponente Pd dichiara di percepire, peraltro lamentandosi.

Fassino piange miseria, ma allora cosa dovrebbero fare i milioni di lavoratori che guadagnano molto di meno di lui?

La sua esternazione ha dunque risvegliato lo spirito anti-casta di alcune forze politiche
come i 5 Stelle e di gran parte dell’opinione pubblica.

Walter Rizzetto, deputato di Fratelli d'Italia, ha espresso il suo disaccordo con Fassino,
affermando che i deputati ricevono una buona paga e sono ben remunerati per il loro lavoro
e che dovrebbero considerarsi fortunati, soprattutto in un periodo in cui molti italiani stanno affrontando difficoltà economiche.

E poi, come ha sottolineato l’ex deputata grillina Roberta Lombardi, i conteggi di Fassino sono errati:

“Aggiungiamoci anche
i 3.500 euro di diaria mensile,
i 3.700 euro mensili di spese esercizio mandato,
i 3.500 euro trimestrali delle spese accessorie di viaggio,
i 1.200 euro di spese telefoniche forfettarie annue,
la dotazione per le spese informatiche di inizio legislatura pari a 5.500 euro.

Tutto senza pezze di appoggio, salvo una piccolissima parte di 1.800 euro al mese per l’esercizio mandato.
E senza che il parlamentare ci paghi le tasse sopra”.

Sì, perché le tasse i parlamentari le pagano sull’indennità e non sui rimborsi o i giustificativi.

Detto questo, la diffusa indignazione popolare verso i privilegi
e i vantaggi dei parlamentari
si lega al fatto che quei soldi sono soldi di tutti i cittadini e non di un privato.

Inoltre, va valutata più in generale la questione dello status di parlamentare,
che riguarda la serietà e l’utilità del lavoro di deputati e senatori.

I cittadini fanno fatica a percepire l’effettiva entità del loro impegno
e spesso apprendono di aule parlamentari semideserte durante votazioni importanti
e di ex politici che percepiscono pensioni astronomiche.


Normale, quindi, che ci si indigni di fronte a esternazioni come quella di Fassino.
 

Users who are viewing this thread

Back
Alto