Val
Torniamo alla LIRA
In fondo contava di sfangarsela anche questa volta,
con una maggioranza raccogliticcia,
cui non guardare troppo per il sottile,
all’insegna dell’adda passà ‘a nuttata,
che, però, risponde ad una precisa strategia
ben evidente nella stessa elezione e rielezione di Mattarella.
Intanto, va enfatizzata la rottura di una prassi fatta propria dalla costituzione materiale,
cioè di una alternanza nella copertura della suprema carica della Repubblica,
se si guarda agli ultimi eletti, almeno tre, Scalfaro, Napoletano, Mattarella,
caratterizzati da una pregiudiziale verso il centrodestra,
gli ultimi due addirittura espressione del “vecchio” e del “nuovo” partitone,
all’insegna di un mitizzato continuismo.
Se si tiene conto del mandato prorogato di Napolitano e del mandato bissato di Mattarella, il conto è presto fatto,
più di un ventennio ipotecato da un uomo del Pd,
che non si può ingenuamente pensare si faccia di un tratto dimentico del suo credo e del suo referente principale.
Tutto sta nella natura e consistenza di questa pregiudiziale verso il centrodestra,
che ha reso e rende strabico lo sguardo dei presidenti figliati dal Pd,
cioè la non idoneità di questo centrodestra a governare,
secondo una valutazione che degrada la sua eventuale vittoria elettorale
ad una pericolosa infatuazione “populista”,
parola di per sé evocatrice di una ondata protestataria irrazionale e irresponsabile.
Sì, ché diventa una qual sorta di regola prioritaria
quella di evitare al limite dell’impossibile il ricorso alle elezioni politiche,
nella speranza che, nell’attesa della fisiologica scadenza della legislatura,
la coalizione progressista diventi competitiva,
nel mentre la bolla della coalizione populista si sgonfi
proprio in relazione all’aggravarsi della doppia emergenza sanitaria ed energetica.
Non ha funzionato,
tanto che vien da chiederne conto al vero burattinaio,
quel Mattarella di cui i grandi giornali temono addirittura di farne il nome,
relegandolo ad un mero notaio certificatore degli equilibri parlamentari.
con una maggioranza raccogliticcia,
cui non guardare troppo per il sottile,
all’insegna dell’adda passà ‘a nuttata,
che, però, risponde ad una precisa strategia
ben evidente nella stessa elezione e rielezione di Mattarella.
Intanto, va enfatizzata la rottura di una prassi fatta propria dalla costituzione materiale,
cioè di una alternanza nella copertura della suprema carica della Repubblica,
se si guarda agli ultimi eletti, almeno tre, Scalfaro, Napoletano, Mattarella,
caratterizzati da una pregiudiziale verso il centrodestra,
gli ultimi due addirittura espressione del “vecchio” e del “nuovo” partitone,
all’insegna di un mitizzato continuismo.
Se si tiene conto del mandato prorogato di Napolitano e del mandato bissato di Mattarella, il conto è presto fatto,
più di un ventennio ipotecato da un uomo del Pd,
che non si può ingenuamente pensare si faccia di un tratto dimentico del suo credo e del suo referente principale.
Tutto sta nella natura e consistenza di questa pregiudiziale verso il centrodestra,
che ha reso e rende strabico lo sguardo dei presidenti figliati dal Pd,
cioè la non idoneità di questo centrodestra a governare,
secondo una valutazione che degrada la sua eventuale vittoria elettorale
ad una pericolosa infatuazione “populista”,
parola di per sé evocatrice di una ondata protestataria irrazionale e irresponsabile.
Sì, ché diventa una qual sorta di regola prioritaria
quella di evitare al limite dell’impossibile il ricorso alle elezioni politiche,
nella speranza che, nell’attesa della fisiologica scadenza della legislatura,
la coalizione progressista diventi competitiva,
nel mentre la bolla della coalizione populista si sgonfi
proprio in relazione all’aggravarsi della doppia emergenza sanitaria ed energetica.
Non ha funzionato,
tanto che vien da chiederne conto al vero burattinaio,
quel Mattarella di cui i grandi giornali temono addirittura di farne il nome,
relegandolo ad un mero notaio certificatore degli equilibri parlamentari.