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Nel nome di Draghi.

Anzi, nel nome dell'agenda Draghi.

Il Partito Democratico, in vista delle elezioni del 25 settembre,
ha come obiettivo quello di costruire un nuovo campo largo,
ovviamente senza il M5S di Giuseppe Conte,
che ha abbia come punto di riferimento il programma del presidente de Consiglio.

Non solo, il piano di Enrico Letta è quello di intestarsi quell'Italia
fatta di sindaci, associazioni di imprenditori, sindacati, professori universitari e così via
che nei giorni precedenti la crisi aveva lanciato numerosi appelli e petizioni al premier affinché restasse a Palazzo Chigi.


Una sorta di alleanza civile con l'Italia del fare, pragmatica, come Draghi, nel solco dell'Europa, dell'atlantismo e della Nato.

Una strategia, l'unica, per sperare di riuscire a competere con un Centrodestra unito
che oggi, sondaggi alla mano, sembra avere la vittoria in tasca.


I renziani parlano di "molte distanze" con il Pd, come ha spiegato Ettore Rosato ad Affaritaliani.it,

e Carlo Calenda viene definito al Nazareno "enigmatico".

Più facile, forse, l'accordo con Giovanni Toti e con quella parte moderata che ha lasciato e lascerà Forza Italia.

Nell'alleanza ci sarà sicuramente ciò che rsta di LeU, quindi Articolo 1 e Roberto Speranza,

che probabilmente si presenteranno con una propria lista visto che fonti Dem dicono che

"c'è troppo poco tempo per far rientrare gli ex Pd".


Il sogno di Letta è quello di far rientrare anche Sinistra Italiana di Nicola Fratoianni
ed i Verdi che, anche se sono all'opposizione del governo di unità nazionale,
potrebbero trovare spazio nel campo largo per dar forza anche alle istanze della sinistra (e anche perché un 2% non si butta via).


E Luigi Di Maio?

Probabilmente verrà ospitato nelle liste del Pd (insieme a qualche fedelissimo)
in quanto il ministro degli Esteri ex grillino piace poco a Renzi e Calenda
ed il suo Insieme per il Futuro è troppo giovano per correre da solo.


E il presidente del Consiglio in caso di clamorosa e inattesa vittoria?

Fonti qualificate del Pd spiegano che Letta ci tiene e vuole mandare lui a Palazzo Chigi.

Ed è per questo che la campagna elettorale sarà nel nome dell'agenda di Draghi e non di Draghi premier.


In caso contrario per il segretario Dem ci sarebbe il rischio boomerang:

cavalcare il nome di SuperMario per vincere perdendo però la poltrona di premier che andrebbe appunto a Draghi.

C'è anche da tener presente che l'ex presidente della Bce,
dopo aver fatto il capo di un governo di unità nazionale,
difficilmente si metterebbe a disposizione di una sola coalizione, almeno così spiegano al Nazareno.


Nel caso in cui, invece, dalle urne non uscisse un vincitore in termini di seggi, come nel 2018,
un pezzo di Forza Italia e una parte della Lega, quella giorgettiana e dei Governatori,
potrebbe rendersi disponibile a una nuova soluzione di unità nazionale con gran parte del campo largo,
esclusa ovviamente la sinistra.


Ed è proprio in questo caso che Draghi, se disponibile, rientrarebbe in gioco come presidente del Consiglio,
sponsorizzato dal Pd che sarebbe la prima forza della maggioranza (Fratelli d'Italia sarebbe certamente all'opposizione).
 

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