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Difficile fare danni peggiori di quando si vuole limitare qualcosa in nome della libertà.

Ma ormai ci siamo assuefatti, in questi mala tempora
in cui nel furore di includere pochi non ci facciamo scrupoli a togliere tanto.

E così a Cuneo, terra austera e sincera di Barolo, Barbaresco, Roero e Dogliani,
il sindaco che è una sindaca, donna di grandi idee, una peggio dell'altra, e solo incidentalmente del Pd:

ha vietato - con un'ordinanza - il consumo di alcolici, di qualsiasi gradazione e in qualsiasi contenitore,
in tutte le 24 ore della giornata, in molte zone della città.

Lo scopo?

Prevenire casi di violenza
in aree in cui convivono diverse culture
(ma la cosa non era un arricchimento?)
e garantire così «un equilibrio di convivenza civile».



Prevenire per non reprimere. Vietare per non rischiare. Proibire per non far vivere.

E sì che il padre della politica come difesa della libertà, Luigi Einaudi, era di Carrù. Provincia di Cuneo.

Alla fine, per la sinistra,
passare dal «Vietato vietare»
all'«obbligo di obbligare»
è stato più facile che bere un bicchiere di...

Ma noi, che siamo uomini di mondo, e non abbiamo fatto il militare a Cuneo, ma a Fossano, ci chiediamo:

e adesso chi lo dice ai cuneesi, intesi come abitanti,
che così da oggi sono vietati anche i cuneesi (intesi come dolcetti)?

Quelli caratteristici della città, quelli buoni, quelli al rum?
 
Difficile fare danni peggiori di quando si vuole limitare qualcosa in nome della libertà.

Ma ormai ci siamo assuefatti, in questi mala tempora
in cui nel furore di includere pochi non ci facciamo scrupoli a togliere tanto.

E così a Cuneo, terra austera e sincera di Barolo, Barbaresco, Roero e Dogliani,
il sindaco che è una sindaca, donna di grandi idee, una peggio dell'altra, e solo incidentalmente del Pd:

ha vietato - con un'ordinanza - il consumo di alcolici, di qualsiasi gradazione e in qualsiasi contenitore,
in tutte le 24 ore della giornata, in molte zone della città.

Lo scopo?

Prevenire casi di violenza
in aree in cui convivono diverse culture
(ma la cosa non era un arricchimento?)
e garantire così «un equilibrio di convivenza civile».



Prevenire per non reprimere. Vietare per non rischiare. Proibire per non far vivere.

E sì che il padre della politica come difesa della libertà, Luigi Einaudi, era di Carrù. Provincia di Cuneo.

Alla fine, per la sinistra,
passare dal «Vietato vietare»
all'«obbligo di obbligare»
è stato più facile che bere un bicchiere di...

Ma noi, che siamo uomini di mondo, e non abbiamo fatto il militare a Cuneo, ma a Fossano, ci chiediamo:

e adesso chi lo dice ai cuneesi, intesi come abitanti,
che così da oggi sono vietati anche i cuneesi (intesi come dolcetti)?

Quelli caratteristici della città, quelli buoni, quelli al rum?
anch'io ho fatto il militare a Fossano,,,,,,
 
non sono un politologo, ne un mago con la sfera di cristallo, ma qualcosa sta cambiando in Europa. quanto sta succedendo in Germania dovrebbe far riflettere il branco di burocrati americanoidi di Bruxelles

 
Ultima modifica:
Nel corso di un’intervista al Corriere della Sera, interpellato sul perché di tale gesto,
Crepet ha spiegato che si tratta di una domanda che

"va posta all’Onnipotente. Criminologi e psicologi che rispondono a una domanda del genere sono dei fanfaroni”.

Esperto che si è detto invece preoccupato dall’indifferenza generale di chi quel ragazzino avrebbe dovuto conoscerlo bene.

“Quello che mi spaventa invece è come mai non se n’è accorto nessuno”.

E ancora:

un ragazzino di 17 anni prende in mano un coltello e fa una strage e non ci sono segnali? Stiamo scherzando?

per cui il fatto è che “le famiglie non funzionano, la scuola è abbandonata a sé stessa”.
 
Per il professionista

“è la punta di un iceberg. Lui l’ha fatto, mille altri ci hanno pensato”,

E tornando sulle parole rilasciate dal vicino di casa della famiglia che aveva parlato di persone tranquille,
Crepet è stato categorico:

“Questo è bestiale, è la controfirma di una civiltà morta.
Chi dice che era una persona meravigliosa uno che ha fatto una strage perché lo dice?
Ci è andato a bere un caffè alle otto? E cosa pensava gli dicesse, tra dieci minuti ammazzo tutti?”


Ha anche colto anche l’occasione per fare una profonda riflessione sulla società odierna:

“Non ci parliamo più, io non conosco nessuno dei miei condomini. È una comunità sfaldata, una volta tra vicini ci si aiutava
“.

E a chi gli fa notare la provenienza agiata della famiglia massacrata che viveva in una zona di villette, ha aggiunto:

“Perché Turetta dove abitava? Nel Bronx? Smettiamo di parlare di ’famiglie per bene’, aboliamo questa dicitura

"A questo ragazzo di finire in carcere non gliene frega niente.

Un’altra cosa che ci è sfuggita da Novi Ligure ad oggi, e son passati più di vent’anni, è la questione social.

All’epoca di Novi Ligure sono stato preso per i fondelli.
Dicevano che banalizzo soltanto perché chiedevo se in quelle famiglie
– e all’epoca non c’erano i social – alla sera, a cena, ci si chiede anche come va.
Figuriamoci oggi con i social”
.

"I social network peggiorano la situazione di un milione di volte.
Chi dice di no è in malafede.
Un ragazzino di 17 anni che si mette la ’vision pro’ sugli occhi è più o meno isolato?
Ci vuol Marconi per capirlo? .


Siamo tutti violenti, questa è una società violentissima.
A Torino hanno massacrato un signore che faceva le bolle di sapone alla stazione, non è follia, è odio.
È odio anche andare a 200 chilometri l’ora in auto con la propria fidanzata e finire contro un albero,
se ami la tua ragazza vai a 65 orari e le accarezzi la mano”.

“Siamo bombardati da mesi con quaranta morti al giorno in televisione per le guerre, è un continuo richiamo alla morte”.
 
I pidioti non sanno più a cosa attaccarsi ed ora hanno cercato di colpire con la "pompeiana esperta".

Il «Boccia-gate» è un miscuglio di gossip, allusioni, spifferi, minacce più o meno velate.
Con il più classico dei finali: l'uscita del file audio.

La «famosa» conversazione, magari rubata, che funziona da schizzo di fango finale
contro il ministro della Cultura Gennaro Sangiuliano.

Una sequenza di strane coincidenze, collegate dallo stesso obiettivo:
colpire il ministro e mettere in cattiva luce il governo Meloni.

Foto, messaggi, date e documenti sono stati conservati accuratamente.


Per fare cosa?

Tutto diventa pubblico il 26 agosto, otto giorni fa appena.

Quando Maria Rosaria Boccia, imprenditrice nel settore della moda con la passione per la politica,
originaria di Ercolano (in provincia di Napoli) pubblica sui propri canali social
la notizia di un incarico ricevuto dal ministro Sangiuliano:
«Grazie al ministro per la nomina a consigliere per i Grandi eventi», scrive Boccia.


E qui balzano agli occhi, immediatamente, due dubbi.

Primo: perché dar notizia di un incarico non ancora formalizzato
e su cui gli uffici del ministero stavano effettuando le verifiche?

A pensar male si potrebbe ipotizzare un tentativo di «forzare», «accelerare» la nomina.

Secondo: dagli screen pubblicati (successivamente) da Boccia
risulta che il capo ufficio stampa del ministero (Andrea Petrella)
l'avrebbe rimossa dalle chat di lavoro il 18 agosto scorso.

Quindi già 8 giorni prima del post sull'annuncio della presunta consulenza.

I conti non tornano e i due fatti contrastano fra loro.

Dal 26 agosto è iniziata una storia che ha i contorni di una fiction a puntate.
Boccia pubblica il messaggio sui canali social, tv e giornali rilanciano.
Ogni foto (con Sangiuliano) è seguita da spifferi o pettegolezzo.
Mare, montagna o eventi: c'è sempre il gossip nel mezzo.
 
In fondo, l'affaire Boccia-Sangiuliano è stato fin dall'inizio una storia di pettegolezzo e gossip.

Accompagnata da allusioni.

Ma chi è veramente Maria Rosaria Boccia?

Una 41enne che si presenta ancora oggi, nella biografia del social, come presidente della Fashion Week Milano Moda.

E su questo punto arriva la diffida:

«Abbiamo inviato una diffida in quanto il marchio Milano Fashion Week è della Camera della moda da sempre
e non può essere usato da nessun altro» annuncia il presidente Carlo Capasa della Cnmi,
a margine della presentazione dell'evento milanese,
rispondendo a chi gli ha chiesto chiarimenti sulla questione di Maria Rosaria Boccia,
che sui social si definisce, appunto, «presidente Fashion Week Milano Moda».


«Speriamo conclude Capasa- che presto scompaia quella dicitura dai social di questa signora».


Più che di moda, per chi l'ha conosciuta, la sua vera passione sembrano essere i Palazzi romani.
Da tempo si muove tra destra e sinistra, da Montecitorio a Palazzo Madama,
proponendo eventi, convegni e serate di moda.

I suoi profili Instagram sono seguitissimi dai parlamentari.
 

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