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Conseguenze delle sanzioni usa verso la Cina. Non mi piacciono i cinesi e mi duole dirlo, ma ormai la Cina è una realtà economica che non si può negare
 
Un dubbio atroce. Magari che la politica europea sia sbagliata ?
Mah........

Difficile dire quale sia la notizia più scioccante tra le due arrivate questa settimana dalla Germania
e di cui si sta ampiamente parlando in questi giorni:

il successo di AfD alle elezioni regionali in Sassonia e Turingia,

o

Volkswagen che sta valutando di chiudere uno o più stabilimenti (sarebbe la prima volta in quasi 90 anni di storia),
nell’ambito di una ristrutturazione che punta a ridurre i costi di 10 miliardi di euro da qui al 2026.
 
I dati mostrano la stessa tendenza da diverse settimane.

Ferme al palo le vendite di auto elettriche,
settore su cui le case automobilistiche europee hanno puntato a tal punto
da non avere nulla da obiettare quando, pochi mesi fa,
l’Ue ha messo al bando quelle a combustibile a partire dal 2035.

Chi poteva permettersi di passare all’auto elettrica, l’ha fatto.
Ma gli incentivi non bastano ad allargare la platea dei potenziali acquirenti.
E gli investimenti sull’elettrico hanno portato su anche i prezzi delle auto a benzina e diesel.

Dopo aver assecondato e anzi cavalcato la conversione alla mobilità elettrica,
approfittando di generosi sussidi statali e di una strategia di marketing a costo zero,
perché affidata alla narrazione a media e governi unificati
sui cambiamenti climatici causati dalle attività umane, (ERRATA)


ora gli industriali dell’automotive piangono,
perché si sono accorti che la torta non è abbastanza ampia e quella che c’è,
se la pappano le case automobilistiche cinesi,
più competitive grazie al controllo delle materie prime e ai minori costi del lavoro.

Ma in definitiva possono prendersela solo con la loro ristretta visione.
Qualcuno aveva avvertito, nel nostro piccolo, insieme a poche altre voci nel deserto,
da anni avvertiamo che con le politiche green
finiremo per dismettere la nostra industria per regalarla ai cinesi.


I marchi più importanti hanno raffreddato i loro entusiasmi sull’elettrico,
qualcuno come Volkswagen si prepara a chiudere impianti e mandare a casa i lavoratori,
mentre è notizia di ieri, riportata da Bloomberg, la frenata di un’altra nota casa automobilistica,
Volvo (del gruppo cinese Geely), sui veicoli elettrici, dopo il crollo della domanda:

abbandonato l’obiettivo di vendere solo auto elettriche entro il 2030,
in anticipo di cinque anni sul bando Ue.
 
Sì, l’automotive europeo rischia di sparire.

MILIONI DI POSTI DI LAVORO.

MILIONI DI DISOCCUPATI.
CHI LI PAGHERA' ?

E CHI PAGHERA' IL SISTEMA SOCIALE ?
LE RISORSE ?


Tra i più attivi in questi giorni a lanciare l’allarme il presidente di Unindustria Cassino, Francesco Borgomeo,
che ieri ha anche avanzato l’ipotesi di una inedita mobilitazione:

gli industriali dell’automotive sono pronti ad “una proposta da portare a tutti i partiti”
e pensano ad “una manifestazione degli imprenditori dove si va a dire:
o cambiate lo scenario, o vi diamo le chiavi delle aziende:
leviamoci dalla testa l’idea che il sistema si salva, così il sistema crolla“.



E ovviamente batte cassa,
chiedendo “strumenti straordinari” per la transizione:
lo stop alla cassa integrazione a fine anno “sarà lo scacco matto,
al 31 dicembre si chiudono le aziende”.

Ma a questo punto, dubitiamo che cig e incentivi possano bastare.

Se non si esce dalla follia green, il settore non si salva.
 
E la politica italiana?

Sta raccogliendo i segnali del mercato e dell’industria?

Sembrerebbe di no, a giudicare dal decreto che contiene la riforma della rete carburanti
discusso ieri in Consiglio dei ministri, ma slittato per “approfondimenti”.

La bozza presentata dal ministro Adolfo Urso, infatti,
secondo quanto anticipato dalle agenzie di stampa,
stanzia ben 140 milioni di sussidi per impianti di ricarica elettrica,
oltre a misure poco comprensibili
come l’abolizione dell’obbligo di esporre la differenza di prezzo tra self e servito
(mentre resterebbe l’inutile cartello con le medie regionali).



Sbagliare è umano, ma perseverare?
 
Ahahahahahahahah fantastico.
CHIAMATE URSO........

Alcuni di voi avranno letto che la NIO,
una delle case cinesi di auto elettriche di lusso,
ha messo a punto in Cina una rete di stazioni di servizio dove,
invece delle colonnine per la ricarica,
l’utente trova una serie di garage per il cambio rapido della batteria dell’auto scarica
che, attraverso un sistema robotizzato di manipolazione molto ingegnoso,
estrae la batteria scarica dal pianale inferiore dell’auto,
la trasporta via e al suo posto ne inserisce una carica, il tutto nell’arco di soli 2 minuti.

La casa automobilistica ha anche recentemente messo su YouTube una clip molto suggestiva
dove tutte le fasi di sostituzione sono ben visibili e l’intera operazione sul nuovo Suv ES8 dura appunto non più di due minuti.
 
In realtà, non è solo NIO a investire sul cosiddetto “battery swapping”
ma anche un’altra casa cinese, la Geely e – udite udite! – persino Stellantis.

Insomma, sembrerebbe proprio che almeno uno dei più grossi ostacoli alla diffusione delle auto elettriche,
la lentezza del “pieno”, sia in via di risoluzione o almeno ci si stia seriamente provando.

Il sistema di mobilità a batteria sostituibile rappresenta non solo un’innovazione tecnologica
ma introduce anche un’innovazione commerciale:

per tutti i clienti che decideranno di aderire al programma di “battery swapping”,
sarà dedotto dal prezzo dell’auto quello della batteria, il che,
tenendo conto che il costo si aggira intorno ai 10-25.000 euro a seconda della capacità,
significa avere un prezzo di vendita inferiore di almeno una quota equivalente,
con ricadute positive sulle finanze dei clienti.

In quest’ambito, il cliente sottoscriverà, contestualmente al contratto di acquisto dell’auto,
un contratto di leasing per la batteria che pagherà con
una quota annuale dipendente dalla capacità della batteria stessa.

Dopodiché, ogni volta che egli si recherà ai garage di “battery swapping” per il “pieno”,
il sistema misurerà con precisione la carica residua nella batteria “scarica”
e farà pagare solo la differenza effettiva di carica tra la nuova batteria che gli verrà montata sull’auto e la batteria sostituita.

Ovviamente, l’auto manterrà comunque la possibilità di essere ricaricata in maniera convenzionale a una colonnina o a casa.

I clienti che invece opteranno per il possesso della batteria la pagheranno all’acquisto dell’auto senza ulteriori oneri di leasing.
 
Fin qui i vantaggi offerti dalla sostituzione rapida delle batterie.

Ma, come in tutte le nuove idee e tecnologie, ci sono anche dei contro.

È uno sporco lavoro ma qualcuno deve pur farlo.
Sicché, vediamo insieme i principali svantaggi di questo sistema.


1. Deterioramento dei contatti elettrici –
Le connessioni rapide di collegamento dei terminali elettrici della batteria
alla parte fissa dell’impianto elettrico dell’auto sono soggette a rapida usura, sia lato batteria che lato auto.
Infatti, se dal lato della batteria esse possono essere facilmente sostituite nelle stazioni di ricarica
in occasione dei programmi di revisione e manutenzione del parco batterie,
non è così indolore lato automobile, i cui costi andrebbero a finire a carico del proprietario.

Se teniamo conto che il circuito di alimentazione del motore elettrico
viaggia a tensioni dell’ordine dei 400 volt per le auto di piccola e media potenza
e di 800 volt per le grandi potenze, ciò significa che quei contatti rapidi devono sopportare correnti fino a 300 – 400 ampere.


Chi di voi da bambino ha giocato con la Polistil ricorderà certamente
che la pulizia delle spazzole in rame delle macchinine era di fondamentale importanza per la loro velocità sulla pista.

Perché?

Perché le spazzole sporche aumentavano le resistenze di contatto con la parte elettrificata della pista
con conseguente riduzione della corrente, e quindi della coppia meccanica, alle macchinine.

Ebbene, in questo caso i problemi sono identici:
contatti deteriorati significano maggiore resistenza di contatto e, quindi,
minore corrente trasferita al motore, con conseguente perdita complessiva di efficienza.



Del resto, con una batteria da 60 kWh,
già una percorrenza di soli 15.000 km l’anno alla media di 5 km/kWh
renderebbe necessaria la sostituzione della batteria 50 volte all’anno – una volta alla settimana –
con uno stress meccanico ed elettrico niente affatto trascurabile su quei contatti elettrici.
 

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