I dati mostrano la stessa tendenza da diverse settimane.
Ferme al palo le vendite di auto elettriche,
settore su cui le case automobilistiche europee hanno puntato a tal punto
da non avere nulla da obiettare quando, pochi mesi fa,
l’Ue ha messo al bando quelle a combustibile a partire dal 2035.
Chi poteva permettersi di passare all’auto elettrica, l’ha fatto.
Ma gli incentivi non bastano ad allargare la platea dei potenziali acquirenti.
E gli investimenti sull’elettrico hanno portato su anche i prezzi delle auto a benzina e diesel.
Dopo aver assecondato e anzi cavalcato la conversione alla mobilità elettrica,
approfittando di generosi sussidi statali e di una strategia di marketing a costo zero,
perché affidata alla narrazione a media e governi unificati
sui cambiamenti climatici causati dalle attività umane, (ERRATA)
ora gli industriali dell’automotive piangono,
perché si sono accorti che la torta non è abbastanza ampia e quella che c’è,
se la pappano le case automobilistiche cinesi,
più competitive grazie al controllo delle materie prime e ai minori costi del lavoro.
Ma in definitiva possono prendersela solo con la loro ristretta visione.
Qualcuno aveva avvertito, nel nostro piccolo, insieme a poche altre voci nel deserto,
da anni avvertiamo che con le politiche green
finiremo per dismettere la nostra industria per regalarla ai cinesi.
I marchi più importanti hanno raffreddato i loro entusiasmi sull’elettrico,
qualcuno come Volkswagen si prepara a chiudere impianti e mandare a casa i lavoratori,
mentre è notizia di ieri, riportata da Bloomberg, la frenata di un’altra nota casa automobilistica,
Volvo (del gruppo cinese Geely), sui veicoli elettrici, dopo il crollo della domanda:
abbandonato l’obiettivo di vendere solo auto elettriche entro il 2030,
in anticipo di cinque anni sul bando Ue.