Insegnare è una professione seria e gratificante,
perché è vera gioia contribuire a far crescere i giovani,
educandoli al ragionamento critico ed alla sete di sapere.
La constatazione di quanto possa produrre l’impegno didattico
allevia la sofferenza riguardo agli stipendi inadeguati
ed alla inutile moltiplicazione degli impegni consiliari,
che nulla hanno a che vedere con la cultura e la pedagogia,
buoni solo a sminuire l’autorità e la centralità del professore.
Purtroppo, nella scuola odierna, non di rado,
l’ideologia sormonta, soffoca e uccide preparazione e formazione,
di talché certi docenti non insegnano, non educano, non accendono lumi,
ma tengono comizi, accattando e riproducendo tutte le sciocchezze alla moda e politically correct.
Accade a Valdobbiadene (Treviso) che uno studente di 14 anni
rimanga vittima di compagni di classe o di istituto
bulli e ladri.
Scalzo, perché gli hanno rubato le scarpe da ginnastica, chiede aiuto ai professori.
Il ragazzo quelle calzature firmate, cioè di pregio,
se l’è comprate con il denaro ricavato da una serie di lavoretti,
quindi si tratta proprio di un bravo figliuolo, che non vuole far pesare i suoi sfizi sulla famiglia.
Gli insegnanti, invece, di confortarlo, aiutarlo, mettersi alla ricerca dei ladruncoli,
annotano sul diario del discente un rimprovero ai genitori,
colpevoli di aver tollerato che il figlio portasse a scuola scarpe troppo costose.
Purtroppo, nel mio pur ricco vocabolario di vecchio romanaccio
non trovo la parolaccia congrua per definire l’infimo livello di codesti pauperisti,
complici di bulletti e di furfantelli, di sicuro pappagalli di Jorge Mario
che glorificò l’opera provvidenziale del ladro,
che ci libera dalla peccaminosa proprietà privata, scarpe incluse.