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Gaetano Pedullà,
attuale parlamentare europeo in quota al Movimento 5 stelle,
che come giornalista sembrava ambire da tempo al ruolo di principale ideologo dello stesso partito,
lunedì mattina si reso autore, in un dibattito televisivo in onda la mattina su Rai 3, di un intervento particolarmente comico.


In estrema sintesi, in merito al tema del momento relativo ai dazi che l’amministrazione Trump vorrebbe imporre all’Europa
(il 30 per cento per la cronaca), il fondatore del quotidiano La Notizia
ha rinnovato con grande energia la propensione dei pentastellati ad affrontare problematiche assai complesse,
come nella fattispecie, sparacchiando soluzioni semplicistiche sul modello della celebre supercazzola cinematografica
(da tempo il nostro eroe propone di bypassare il mercato statunitense,
riprendendo in mano la famosa via della seta esplorata con nessun successo dai grillini quando erano al Governo del Paese).

Inoltre, ed è qui che Pedullà ha dato il meglio della sua verve umoristica,
egli ha sparato a palle incatenate contro la premier Giorgia Meloni
e addirittura contro la presidente della Commissione europea, quella stessa Ursula von der Leyen
che fu eletta nel primo mandato proprio coi voti decisivi del M5s.

In particolare, secondo Pedullà sia la Meloni che la von der Leyen sul piano dei dazi avrebbero ottenuto “zero risultati”,
tant’è che contro quest’ultima il rappresentante pentastellato si è addirittura vantato di aver presentato una mozione di sfiducia,
pochi giorni addietro, insieme ad altre forze politiche del Parlamento europeo.


D’altro canto Pedullà, che non è certamente uno sprovveduto,
non ha potuto fare a meno di manifestare un certo e quasi divertito imbarazzo.

In tal senso, il pentastellato sa bene che i suoi attacchi a testa bassa, al pari di tutti i suoi colleghi di partito,
sono perfettamente in linea con l’attuale strategia della disperazione,
se così la vogliamo definire, imposta da Giuseppe Conte per tenere in vita il più a lungo possibile una forza politica
che pare destinata ad una inevitabile estinzione.

E per far questo non si fa certo economia nell’uso della retorica e della demagogia a buon mercato,
tanto che Pedullà, in vera e propria trance agonistica, è arrivato ad appioppare l’epiteto di “guerrafondaia” alla von der Leyen.

Evidentemente per gli scappati di casa per antonomasia, quando piove
il Governo, sia italiano che europeo, è sempre rigorosamente ladro. Ridicoli!
 
Nuove demenziali abitudini si diffondono tra i giovani.

L’ultima, in ordine temporale,
consiste nel boicottare la prova orale dell’esame di maturità
in segno di protesta contro i meccanismi di valutazione,
l’eccessiva competitività della scuola italiana e la scarsa empatia del corpo docente.

Ben quattro i casi di studenti in rivolta contro il sistema registrati nel Belpaese nell’arco di pochissime ore:
tre in Veneto, a Padova, Belluno e Treviso, uno in Toscana, in una scuola privata di Firenze.

Gli studenti in questione, denunciano a gran voce
la “rigidità” del personale docente e la corsa “tossica” alla performance,
sottolineando peraltro come l’attuale sistema di valutazione tenda letteralmente a schiacciarli
e a ridurre le loro esistenze a un mero numero.

Ascoltando le ragioni dei giovani rivoltosi si comprende come la loro protesta,
oltre a risultare alquanto sterile e per molti versi priva di ogni fondamento,
tenda a ridursi a un banalissimo piagnisteo stracarico di fancazzismo,
ipocrisia e di un’innata tendenza al vittimismo e all’autocommiserazione.

I neosessantottini criticano i meccanismi di valutazione,
però calcolano attentamente ogni singolo decimo necessario a raggiungere almeno l’agognato sessanta.

Orbene, se realmente il sistema di valutazione è così scadente
come costoro sprezzantemente affermano, perché presentarsi alle prove scritte?

Perché decidere di boicottare soltanto la prova orale una volta acquisita la certezza matematica della promozione
e magari superato il test di ammissione universitario (anche quello, guarda caso, basato su numeri e voti)?

Quale sarebbe il senso di una protesta “zoppa” che ti conduce comunque a piegarti a tua volta al sistema?

Non c’è.
Questa ribellione è completamente insensata e del tutto inutile.


Di più: i finti rivoluzionari sostengono di non reggere lo stress emotivo connesso all’eccesso di competitività
e le umiliazioni derivanti dall’eventuale verificarsi di performance poco soddisfacenti.

Pretenderebbero, pertanto, di essere ascoltati, coccolati (più di quanto già lo siano)
e tutelati dal rischio che possa sopraggiungere in loro uno stato di ansia o stress legato al pericoloso “demone” della competizione.

Quale sarebbe ordunque la soluzione auspicabile per costoro?

Ulteriore livellamento verso il basso,
promozione di un ossessivo egualitarismo di maniera,
smantellamento delle differenze individuali
e dello stesso concetto di merito cotanto inviso a codesti studenti “annoiati”,
perennemente in lotta contro la “tossicità” del lavoro
e alla continua ricerca di escamotage validi ad ottenere il massimo della resa con il minimo dello sforzo.
 


Poi c'è chi cerca di capirci qualcosa....
Più ti agiti più fai il loro gioco
:ops:😷
 
Per salah e’ solo percezione,
per i sinistroti colpa della mancata integrazione a causa di governo e italiani,
i carnefici sono le vittime, POVERINI….....è anche colpa della scuola.:rolleyes:

Ancora una rapina violenta a Milano, questa volta a bordo di un treno.
Sul convoglio ferroviario in viaggio da Melegnano a Milano Bovisa,
un gruppo di nordafricani – composto da tre o quattro persone – ha rapinato un turista americano.

Secondo quanto ricostruito, la vittima è stata aggredita violentemente ed è stata colpita con un’arma da taglio.
Il fendente ha sfiorato la gola e attraversato la spalla sinistra fino alla destra:
le ferite riportate dal turista, 27 anni, sono superficiali ma comunque preoccupanti.

I nordafricani hanno strappato dal collo della vittima una collanina d’oro e sono scesi alla fermata di San Giuliano Milanese,
facendo perdere le tracce.


Purtroppo non si tratta del primo episodio di violenza a Milano e dintorni.

I numeri non lasciano grandi margini di interpretazione:

in città si registrano 128 rapine ogni 100 mila abitanti,
mentre la media nazionale è di 43,5.
Quasi il 200 per cento in più.



Un’altra rapina è stata registrata in viale Certosa:
due italiani di 19 e 20 anni sono stati accerchiati e rapinati da una banda di “maranza” egiziani.
Gli stranieri avevano una pistola scacciacani e un tirapugni.


Un episodio simile a quello avvenuto domenica in zona Navigli,
dove un venticinquenne è stato accerchiato da una banda di otto nordafricani
e attaccato con una bottiglia di vetro per rubargli la catenina d’oro che aveva al collo.
 
Asimmetria e assuefazione sono le due parole che riguardano, non da oggi, il rapporto tra cittadini italiani e Istituzioni.

Quello che è concesso alle Istituzioni, non è mai ammesso per il cittadino.

Se non paghi le tasse entro la naturale scadenza, devi fare i conti con gli interessi.
E alla lunga anche con la giustizia.

Se non rispetti i tempi di esecuzione di un lavoro per la Pubblica Amministrazione (Pa), paghi una penale.

Non accade così quando l’impegno riguarda la Pa.
Che resta sempre impunita.

E i cittadini sembrano ormai assuefatti a questo modo di intendere la relazione con lo Stato,
nelle sue diverse modalità istituzionali e amministrative.
Nessuna “ingiustizia” sembra essere ormai sufficiente per suscitare scandalo.


Tra meno di sei mesi l’Anno Santo 2025 sarà archiviato nella memoria di milioni di fedeli e turisti (e cittadini romani).
Un Anno Santo divenuto indimenticabile anche per il cambio al vertice dell’episcopato romano:
papa Francesco ha aperto il Giubileo nel giorno della Vigilia di Natale 2024,
il nuovo papa, Leone XIV, celebrerà la chiusura il 6 gennaio 2026.


Come tradizione, un grande evento porta con sé un elenco sterminato di opere pubbliche,
che nel tempo ordinario non si affrontano, si rimandano, a volte si dimenticano.


A poco più di sei mesi dall’inizio dell’Anno Santo,
gli ultimi dati disponibili dell’Osservatorio sui cantieri della Capitale
mostrano che su 323 opere previste per il Giubileo,
solo 149 risultano completate o “parzialmente”
(l’avverbio è generoso) concluse.
Si tratta del 46% del totale.


Restano 111 cantieri attivi distribuiti su tutto il territorio urbano,
ben visibili tra teloni gialli e reti arancioni che inibiscono, o complicano, il traffico automobilistico e il passaggio pedonale.
 
Sono invece ancora 61 le opere non iniziate, indicate come “di prossimo avvio” ma prive di date ufficiali.

A queste si sommano gli interventi del PnrrCaput Mundi, con 620 milioni
più 500 milioni destinati a progetti su turismo e valorizzazione urbana,
la cui realizzazione procede, ma richiederà ancora tempo.


Guardando sul sito del Comune di Roma, si trovano dati ancora peggiori.

Sono 275 gli interventi che hanno Roma Capitale come soggetto attuatore
e il bilancio è ancora più sconfortante: sono indicati come “conclusi” i lavori di sole 15 opere.

Nell’elenco puntuale capito spesso di leggere che la fine prevista dei lavori
è il secondo, il terzo (anche il quarto) trimestre 2026.

Insomma, a Giubileo archiviato saranno ancora molti i cantieri aperti, non conclusi, speriamo non abbandonati.


Sarebbe come dire a un pellegrino, arrivato a Roma per lucrare l’indulgenza plenaria per i suoi peccati, in occasione del Giubileo,
che in realtà l’assolvimento della concessione – che prevede confessione ed eucaristia nel corso del pellegrinaggio
può avvenire nell’arco dell’anno successivo. Forse, se gli va, se si ricorda. Una contraddizione in termini.


Per adottare un paragone più laico, come abbiamo detto all’inizio,
basterebbe suggerire ai contribuenti di versare tasse e contributi
con un ritardo di un annetto, rispetto alle scadenze previste (e pretese).


Si renderebbero conto che l’approccio lasco è ammesso solo per lo Stato e le sue Amministrazioni.


Il viceversa non è previsto, se non pagando, a caro prezzo, il mancato adempimento.
 
Chissà che qualcuno si inventi "un errore di tiro" anche da un'altra parte........


E' stata colpita da un raid la chiesa della Sacra Famiglia a Gaza.

Secondo quanto apprende l'ANSA,
ci sarebbero due morti e 6 feriti gravi mentre padre Gabriel Romanelli, il parroco,
sarebbe rimasto leggermente ferito ad una gamba.

Secondo quanto risulta all'ANSA, da fonti vicine al Patriarcato di Gerusalemme,
Israele si sarebbe giustificato affermando che si sarebbe trattato di "un errore di tiro".
 
Chissà che qualcuno si inventi "un errore di tiro" anche da un'altra parte........


E' stata colpita da un raid la chiesa della Sacra Famiglia a Gaza.

Secondo quanto apprende l'ANSA,
ci sarebbero due morti e 6 feriti gravi mentre padre Gabriel Romanelli, il parroco,
sarebbe rimasto leggermente ferito ad una gamba.

Secondo quanto risulta all'ANSA, da fonti vicine al Patriarcato di Gerusalemme,
Israele si sarebbe giustificato affermando che si sarebbe trattato di "un errore di tiro".
Un errore di tiro lo può fare solo lukraino 😇
 

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