«Il gruppo dirigente del Pd? Generali che stanno sulla collina mentre la battaglia infuria giù in pianura».
È uno dei tanti paradossi di un partito nel quale i dirigenti si blindano nei listini
e si spartiscono i collegi senza alcuna apparente logica che non sia il bilancino delle correnti,
un partito come quello romano dove la discussione interna assomiglia a quelle risse da osteria
che si risolvevano con la lama della «santa smacola»,
magnificamente raccontate nei film di Sergio Corbucci e Gigi Magni,
(ricordate il «Te devi inginocchià» pronunciato dall’ex-capo di gabinetto di Nicola Zingaretti contro un avversario interno?);
un partito che adotta modi plebei senza essere popolare, che governa la regione da dieci anni,
che ha riconquistato il comune, che ha espresso un segretario nazionale il quale,
dopo aver nominato Giuseppe Conte «leader fortissimo dei progressisti» e averlo difeso fino al grottesco tentativo del Conte Ter con i Ciampolillo,
ha lasciato senza guida un partito del quale ha detto di «vergognarsi», ecco questo partito che ha perso tutti i collegi tranne uno.
«La nostra classe dirigente si rifugia negli apparati correntizi, per essere tutelata si rivolge verso l’alto e non verso il basso».
Il giudizio del deputato dem sul futuro del partito è severo:
«Abbiamo di fronte un cartello su cui sta scritto ‘Strada senza uscita’, il ciclo cominciato nel 2007 è finito,
il Pd è diventato una caricatura dei vecchi partiti di provenienza, lo dico dal 2016,
quando lanciai l’dea purtroppo inascoltata di una costituente del Movimento dei democratici.
Le stesse primarie, la costituente, disegnano un percorso puramente meccanico
se non si affronta il tema della collocazione dei Democratici nella società italiana».
«Meglio più ragazze della Garbatella e meno ragazze cresciute nei salotti che hanno perso il contatto con la realtà.
Non lo dico riguardo a Lia Quartapelle, lo dico come concetto in generale.
Se una ragazza che viene da un quartiere popolare,
che scala dal basso la leadership fino ad arrivare a essere la prima presidente del Consiglio donna,
è la leader della destra, dovremmo porci qualche domanda sul nostro modo di essere.
Quella di Giorgia Meloni è una storia antropologicamente di sinistra ma collocata a destra.
Come mai una parte della società che noi dovremmo rappresentare si riconosce in lei?».