Ci sono luoghi comuni che, essendo comunisti, diventano intoccabili
in quanto imposti dall’ipocrisia globale alimentata dalla comunicazione organizzata.
Uno di questi è che “
le Ong salvano la gente”.
Niente di meno vero.
Le Ong salvano, nella migliore delle ipotesi, loro stesse,
nella peggiore servono ad alimentare corruttele e rapporti di potere,
come emerge ogni giorno di più dal losco giro della sinistra mediterranea nell’Unione Europea.
Le Ong non fanno neppure politica in senso stretto.
Fanno attivismo extrapolitico, così come un tempo si diceva extraparlamentare:
puntano a destabilizzare i governi sgraditi,
ad attuare forme di provocazione, come quella della celeberrima
Carola Rackete,
a spingere a passi falsi i ministri considerati infami.
Le loro parole d’ordine sono retoriche, sono strumentali: restare umani, la missione, salvare “le vite delle persone umane”.
Laddove i salvataggi avvengono secondo procedure come minimo sospette,
in sinergia con pescatori più falsi che autentici,
sempre dritti lungo la rotta di questi taxi liquidi, agevolando, di fatto,
l’immonda tratta di disperati o di fiduciosi che
vengono convinti a spingersi verso mete dipinte come l’Eldorado;
su tutte l’Italia, dove poi restano in massa in barba ai continui trattati europei, continui quanto illusori.