Quanto ai
corrispondenti, gran parte dei media non se ne può permettere nessuno.
Quando esistono, coprono diversi paesi, anche dieci o venti, e si può immaginare con quale competenza!
Nelle zone di guerra, raramente si avventurano fuori dall’hotel dove vivono,
e pochissimi possiedono le competenze linguistiche per capire cosa succede intorno.
Sulla guerra in Siria, scrive Hummler, molti
riferivano da Istanbul, Beirut, Il Cairo, Cipro,
mentre le citate agenzie dispongono di corrispondenti ovunque e ben
addestrati.
Nel suo libro
People Like Us: Misrepresenting the Middle East,
il corrispondente olandese dal Medio Oriente, Joris Luyendijk, ha descritto
candidamente
come lavorano i corrispondenti e in quale misura dipendono dalle
tre sorelle:
“pensavo che questi fossero degli storici del momento, che davanti a un evento di rilievo,
scoprissero cosa stesse davvero succedendo e riferissero in proposito.
In verità nessuno va mai a verificare cosa accade.
Quando succede qualcosa, la redazione chiama, invia per fax o e-mail comunicati-stampa già confezionati
e il corrispondente in loco li rimbalza con parole sue, commentandoli alla radio o TV,
oppure ne fa un articolo per il giornale di riferimento.
Le notizie vengono nastro-trasportate.
Su qualsiasi argomento o evento i corrispondenti aspettano in fondo al tapis-roulant,
fingendo di aver prodotto qualcosa, ma è tutto falso”.
In altre parole, il corrispondente solitamente non è in grado di produrre inchieste indipendenti
e si limita a rimodellare resoconti confezionati nelle redazioni o da una delle tre agenzie.
È così che nasce l’
effetto mainstream.
Ci si potrebbe chiedere perché i giornalisti non provano a produrre inchieste indipendenti.
Luyendijk scrive in proposito:
“ho provato a farlo, ma ogni volta, a turno, le tre sorelle intervenivano sulla redazione e imponevano la loro storia, punto“.
Talvolta alla TV alcuni giornalisti mostrano una preparazione che suscita ammirazione,
perché rispondono con competenza e disinvoltura a domande difficili.
La ragione, tuttavia, è banale: conoscono in anticipo le domande.
Quello che si vede è puro teatro.
Talora, per risparmiare, alcuni media si servono dei medesimi corrispondenti
e in tal caso i reportage che giungono alle testate sono due gocce d’acqua.
Nel libro
The Business of News, Manfred Steffens, ex-redattore dell’agenzia tedesca DPA, afferma
“non si capisce la ragione per la quale una notizia sarebbe attendibile se ne viene citata la fonte.
Anzi, può esser vero il contrario,
poiché la responsabilità viene in tal caso attribuita alla fonte citata, potenzialmente altrettanto inattendibile“.
Ciò che le agenzie ignorano non è mai avvenuto.
Nella guerra in Siria, l’
Osservatorio siriano per i diritti umani
– un’organizzazione di scarsa
indipendenza, con sede a Londra e finanziata dal governo britannico–
ha avuto un ruolo di primo piano.
L’Osservatorio ha inviato i suoi reportage alle tre agenzie,
che li hanno inoltrati ai media,
i quali a loro volta hanno informato milioni di lettori e telespettatori in tutto il mondo.
La ragione per la quale le agenzie hanno fatto riferimento a tale
Osservatorio – e chi lo finanziava – resta tuttora misteriosa.