Per quanto riguarda il primo ritrovamento, si tratterebbe di dieci documenti di intelligence su Ucraina, Iran e Regno Unito,
insieme ad altri atti riservati e personali dell’allora vicepresidente Biden
(tutte le carte, infatti, risalgono tra il 2013 ed il 2016, quando il numero uno della Casa Bianca era Barack Obama).
Sul secondo, invece, non è chiaro dove o quando i nuovi documenti siano stati scoperti,
ma il ritrovamento è stato compiuto ancora dai legali del presidente Usa, come avvenuto la prima volta.
Per ora, sia la Casa Bianca, che il Dipartimento di Giustizia,
hanno rifiutato di rilasciare qualsiasi commento,
ma continuano ad alzarsi sempre più le proteste dei Repubblicani:
“La decisione di Biden di tenersi documenti riservati è
una potenziale violazione delle leggi che proteggono la sicurezza nazionale,
inclusi l’Espionage Act ed il Presidential Records Act”
(le norme che vincolano presidente e vicepresidente a consegnare tutti i documenti ufficiali),
ha affermato Mike Turner, deputato rappresentante dell’Ohio e presidente della commissione Intelligence.
Critico nei confronti del team di Joe Biden è anche un fedele democratico, Bradley Moss,
avvocato specializzato in questioni di sicurezza nazionale,
che ha parlato di vera e propria “sciatteria” da parte dello staff dell’attuale presidente degli Usa.
Eppure, anche in questo caso, rimane ancora un mistero da sviscerare:
perché le notizie vengono pubblicate solo ora, se – almeno per il primo blocco –
i documenti sono stati trovati il 2 novembre, sei giorni prima delle elezioni di midterm?
L’opposizione del Gop punta proprio su questo dilemma,
sostenendo anche di voler procedere alla nomina di un “super procuratore”,
affinché indaghi sulla vicenda, come già fatto dal Dipartimento di Giustizia
relativamente ai documenti presidenziali di Trump.