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I PRO UE: ECCO CHI SONO

👉I pro UE sono

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- Pro guerra

- Pro Draghi

- Pro Green Pass

- Pro cessione sovranitĂ 

- Pro tessera sanitaria a punti

- Pro auto elettrica

- Pro mascherina

- Pro eliminare elezioni

- Pro vietare dissenso

- Pro punire dissenso

- Pro denaro virtuale

- Pro abolizione proprietĂ  privata

- Pro divieto di fare l’orto

- Pro carne sintetica

- Pro Ursula

- Quasi 80 anni fa venivano semplicemente chiamati NAZISTI
-Pro loco
 
Con tanti guai che abbiamo, non vorremmo occuparci degli scatti d’umore del professor Romano Prodi.

Eppure, tocca farlo.

Per due fondati motivi:
il rispetto che si deve a una giornalista oltraggiata dal comportamento aggressivo dell’anziano ex leader del centrosinistra
e
il dubbio esistenziale sul permanere del doppiopesismo etico nella contesa politica.

La vicenda è nota, ma non arcinota per la cortina di silenzio che i media, organici alla sinistra,
hanno innalzato a protezione del “venerato maestro” Prodi, colto in fallo di frustrazione.


La giornalista Lavinia Orefici, inviata del programma televisivo Quarta Repubblica,
intercetta l’ex presidente del Consiglio all’uscita da una manifestazione pubblica e,
microfono alla mano, gli legge un passo del Manifesto di Ventotene chiedendogli cosa ne pensasse.

Il professore, visibilmente stizzito, le si rivolge in modo aggressivo, la insulta.

Di più: le afferra una ciocca di capelli e mima una tirata d’orecchie.

Poi, tra lo sconcerto dei presenti, si allontana continuando a bofonchiare frasi irate all’indirizzo della malcapitata intervistatrice.
 
Il fatto, per quanto taciuto dalla stampa compiacente con i progressisti, non passa inosservato
all’occhio vigile del conduttore di Quarta Repubblica, Nicola Porro,
che si indigna non per l’incidente in sé ma per le mancate scuse alla giornalista da parte di Prodi.

Il “professore” non ci sta a riconoscere il proprio torto e rilancia:

non ho tirato i capelli a nessuno, con la mano le ho toccato la spalla.

Quanto basta per far scattare la verifica al Var dei fotogrammi incriminati.

Quarta Repubblica manda in onda il particolare della ciocca dei capelli della vittima
che compare ai margini di un’inquadratura della mano del professore
colta a volteggiare nel vuoto all’altezza del viso della giornalista,
come a brandire una sciabola protesa verso un mortale nemico.

La prova video conferma: Prodi ha mentito.

Verrebbe da dire con qualche sghignazzo:
sai che novitĂ , per una vita ha riempito di balle gli italiani.

E a rincarare la dose:
la storia che lui sia stato uno statista italiano ed europeo di spessore
è una fandonia alla quale gli italiani si sono assuefatti
un po’ per pigrizia intellettuale e un po’ perché
- di chi sia stato Prodi - non gliene frega niente.
 
Pensiamo – e non da oggi –
che Prodi sia stato una iattura per la Nazione,

da presidente del Consiglio in due Governi di centrosinistra
(dal 1996 al 1998 e dal 2006 al 2008)
– mai giunti a scadenza naturale di legislatura ma cascati precocemente –

e da presidente dell’Iri – l’Istituto per la ricostruzione industriale –
(dal 1982 al 1989 e dal 1993 al 1994)
nel periodo della dismissione a prezzi stracciati del patrimonio industriale pubblico.

E sia stato un “bug” anche per l’Europa,
quando ha guidato la Commissione (dal 1999 al 2004)
in momenti cruciali per i destini dei popoli europei.

L’ingresso precipitoso e non regolato della Cina nel Wto
(World trade organization) – l’Organizzazione mondiale del commercio – propiziato da Romano Prodi,
è stato un micidiale siluro lanciato contro l’economia occidentale per provocarne l’affondamento.
 
Oggi siamo al cospetto di una persona che è fuori dai giochi della politica.

Che, però, non si arrende al divenire della storia.

Non sa tramontare, perché non conosce la dignità – e l’etica – del limite.

Lo si vede girovagare tra eventi glamour di presentazione di libri che in pochi leggeranno
e verbosi convegni che annoiano anche chi vi partecipa.

Accolto e omaggiato dai suoi antichi sodali,
con la medesima compassata cortesia che mostrano gli impiegati di un ufficio
quando torna a fargli visita un collega pensionato.

Ricorda, nelle cervellotiche argomentazioni dei suoi interventi,
la vecchia pettegola di una canzone di Fabrizio De André la quale,
non potendo piĂą dare il cattivo esempio, dispensava buoni consigli.
 
L’atto indecente lo ha commesso Prodi
e tutta la cricca dei media progressisti gli è corsa in aiuto
dandosi un gran daffare a minimizzare l’accaduto, a silenziarlo,
a ribaltare la veritĂ  buttando la croce addosso alla vittima.


Non possiamo non domandarci: se l’autore dell’aggressione fosse stato uno di destra.

I “giornaloni” avrebbero usato il medesimo riguardo nel coprirne le responsabilità?
Avrebbero ugualmente taciuto o minimizzato i comportamenti inappropriati?

Il solito caravanserraglio progressista
non si sarebbe immediatamente attivato per muovere la piazza contro
l’onnipresente sindrome da patriarcato,
il maschilismo connaturato alla gente di destra,
il fascismo incombente
e altre amenitĂ  del politicamente corretto?

E le femministe,
avrebbero avvertito il dovere della solidarietĂ  di genere verso la lavoratrice colpita dalla violenza del maschio prevaricatore?

Avrebbero reclamato giustizia per la vittima in nome del principio che nessuna donna deve essere offesa,
oltraggiata, ferita, ammazzata e, proprio perché donna: non una di meno?
 
Evidentemente, il loro odierno, assordante, silenzio si spiega con il fatto che considerino la Orefici una di piĂą,
non una di loro, perché lavora con quelli della parte sbagliata.

E se un’offesa le è stata arrecata
vuol dire che se l’è cercata;
vuol dire che non basta essere donna se si è figlia di un dio minore,
se non si è procurata uno strapuntino dal lato giusto della storia.

Siamo al nodo della questione.

Non ci offende tanto il comportamento vile e bugiardo del “venerato maestro” Romano Prodi,
quanto invece ci preoccupa l’ottusa faziosità dei progressisti.

Eppure, sono loro a spacciarsi per i “buoni” della favola.


Allora, come collocarli nell’affresco dadaista della società aperta, solidale e tollerante
allestito a uso “dell’umanità migliore” abitata dai progressisti?
 
Se estendessimo alla variopinta progenie che affolla il campo progressista
la tripartizione morale che Alberto Arbasino applicava al piccolo mondo dei letterati,
potremmo convenire che un Prodi non più troppo presente a sé stesso
venga iscritto di diritto nella categoria dei “venerati maestri”.


E gli altri,
tutti gli altri che lo sostengono
e che non avendo un’idea propria e credibile di futuro,
lo portano in giro come la madonna peregrina,
a testimonianza della vitalitĂ  di un pensiero progressista altrimenti evanescente?


Dove li mettiamo, come li classifichiamo?

Stando ad Arbasino andrebbero tutti a stare a pieno titolo nella categoria di mezzo, la seconda,
quella che lo scrittore ha denominato, con sublime capacità descrittiva della qualità umana: “dei soliti stronzi”.

Quale collocazione piĂą azzeccata per costoro,
che hanno taciuto per sfacciato interesse di bottega
su quanto capitato a Lavinia Orefici?

E che non hanno provato un fremito, anche impercettibile, di vergogna
presi come sono dal loro ipocrita buonismo.
 
Che grottesca e surreale compagine politica è la Sinistra.

Prima si allarmava la popolazione mondiale
con l’imminente e catastrofico pericolo del cambiamento climatico,
ovviamente causato dal brutto, sporco e cattivo uomo capitalista e consumatore.

Nonostante la petizione di 500 scienziati
che affermavano e tuttora affermano,
che l’inquinamento umano
influisce a mala pena al 2 per cento sul cambiamento climatico,


la propaganda sinistrorsa ha dato il via al suo peggior terrorismo mediatico che si potesse immaginare,
prendendo la sedicenne Greta Thunberg come paladina e rappresentante della rinascita sociale e giovanile
contro ogni forma di energia prodotta con la combustione.


Tutto ciò ha “casualmente” creato
le basi per incentivare le politiche economiche e le vendite dei motori elettrici,
con batterie composte dagli elementi piĂą inquinanti e per questo complicati da smaltire.

Dopo aver indotto l’Unione europea a legiferare delle norme tanto inutili quanto distruttive
per il settore dell’auto con vincoli alquanto restringenti,
ci si è accorti (probabilmente lo si sapeva fin dall’inizio) che il cosiddetto progetto “Green Deal”
è stato tanto fallimentare quanto remunerativo per le solite multinazionali appartenenti ai soliti poteri finanziari.

GiĂ  da quanto finora enucleato emerge un quadro assai sconcertante,
ma alla Sinistra non è bastato, infatti, dopo decenni di accorato pacifismo,
i nipoti di Lenin riscoprono la funzione delle armi e della guerra difensiva.

Quindi, gli stessi radical chic
che scendevano in piazza contro la guerra in Vietnam
, Iraq, Afghanistan,
scontrandosi con le forze dell’ordine,
che insieme a quelle militari sono state sempre il loro bersaglio di insulti e vilipendi,
oggi, udite udite, osannano la proposta del presidente della Commissione dell’Unione europea Ursula von der Leyen
nello spendere 800 miliardi di euro
per difendersi dall’imminente pericolo d’invasione da parte di cosacchi accecati di conquista, almeno così millantano.
 
Pertanto, tutti gli storici temi della Sinistra, come
le disuguaglianze economiche,
la povertĂ ,
la tutela dei piĂą fragili,
vengono cinicamente sostituiti dal tema dell’impellente bisogno di
fronteggiare militarmente Vladimir Putin.

Con questo radicale cambiamento culturale,
cambiano anche gli obiettivi di spesa pubblica, che non sono piĂą quelli
di aumentare le pensioni minime
e gli stipendi degli operai
e di aiutare le classi sociali piĂą disagiate
e coloro che sono disabili.


In uno perenne stato di crisi della spesa pubblica,
come usciti dal cilindro della irreprensibile maga von der Leyen,
compaiono invece, tutti insieme, 800 miliardi di euro a disposizione per il riarmo dell’Unione europea.
 

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