Il petrolio del Duemila?
La Cina se lo tiene stretto
Le "terre rare" sono una famiglia di materiali fondamentale per la creazione di schermi, dvd e motori elettrici. Il 97% della produzione mondiale arriva da Pechino, che ora ha deciso di tagliare le esportazioni di LUIGI BIGNAMI
COSA c'è di più prezioso dell'oro? Oggi, non a torto si potrebbe rispondere: le "terre rare". Si parla pochissimo di loro, tant'è che pochi sanno realmente cosa sono, ma in questi ultimi anni la loro richiesta è così aumentata da diventare veri e propri minerali strategici.
Le "terre rare" sono dei minerali così chiamati verso la fine del XVIII secolo, quando alcuni di essi furono estratti da una miniera svedese. A oggi se ne conoscono 17 (scandio, ittrio, lantanio, cerio, praseodimio, neodimio, promezio, samario, europio, gadolinio, terbio, disprosio, olmio, erbio, tallio, itterbio, lutezio). Le applicazioni sono davvero innumerevoli soprattutto in elettronica: dai laser ai sistemi per produrre gli schermi a colori dei televisori (contengono europio), fino alla produzione di cd, dvd e carte di credito. E poi, ad esempio, oggi è possibile trasformare il movimento delle pale eoliche in elettricità grazie a dei magneti permanenti composti da una lega di neodimio (al 27% ), ferro e boro. E se si desidera un altro esempio, è sufficiente dare uno sguardo alle automobili ibride, quelle cioè a benzina ed elettriche. Anche in queste il neodimio è un elemento fondamentale, così come il lantanio, il disprosio e il terbio.
Il maggior produttore di "terre rare" è la Cina, che soddisfa il 97% delle domande. Il resto della produzione se la dividono il Sud Africa, il Brasile, gli Stati Uniti, l'India e pochi altri Paesi al mondo. Ma con l'aumento interno della domanda cinese il governo di Pechino ha deciso di tagliare in modo significativo l'esportazione di tali minerali. Negli ultimi anni, la quantità di "terre rare" uscita dalla Cina è passata da 50.000 tonnellate a 30.000 tonnellate e nel mese di luglio il Ministro del Commercio ha deciso che da agosto a dicembre 2010 non ne verranno esportate più di 8.000 tonnellate.
Spiega Marc Humphries, analista di politiche energetiche per il Congressional Research Service degli Stati Uniti: "Poiché la domanda mondiale sta crescendo, tant'è che l'anno scorso la richiesta è stata di 134.000 tonnellate contro le 124.000 tonnellate esportate dai vari Paesi produttori, la differenza è stata riempita dando fondo alle riserve che ogni Paese aveva in casa propria. Le previsioni per il 2012 sono di una richiesta di 180.000 tonnellate di 'terre rare' ma, stando così le cose, a questa cifra non si riuscirà certamente ad arrivare e dunque questo sta creando panico in molte industrie che ne fanno uso". Insomma, le "terre rare" stanno diventando preziose quanto l'oro o il petrolio, e i Paesi che detengono i principali depositi potrebbero monopolizzare le esportazioni.
La rarità di questi elementi dipende essenzialmente dal fatto che, sebbene i minerali siano abbastanza diffusi nella crosta terrestre, difficilmente si sono concentrati in quantità tali da rendere appetibile l'apertura di una miniera. Spesso poi, per le loro caratteristiche atomiche, tendono a raggrupparsi in concentrazioni con il torio, un elemento radioattivo. Questo rende costosa l'estrazione e la separazione perché durante la lavorazione e come scarto si devono manipolare materiali pericolosi che radiazioni. Un insieme di condizioni che si tradurrà in sempre maggiore richiesta, sempre minore disponibilità e crescita esponenziale dei costi.