Macroeconomia Usa-Europa strategie di investimento

..le ultime.... copiate....

La Fed prosegue una comunicazione leggermente​
«aggressiva»​
La crescita di pochi nuovi posti di lavoro creati in agosto​
negli Stati Uniti è stata deludente. Tuttavia i membri del​
FOMC, nella riunione della prossima settimana, non dovrebbero​
lasciarsi influenzare da questo dato. Nonostante la​
modesta crescita dei posti di lavoro, la statistica dei disoccupati​
di lunga durata e dei lavoratori part-time «involontari​
» ha continuato a migliorare. Inoltre il verbale relativamente​
«aggressivo» dell'ultima riunione del FOMC e il discorso​
insolitamente equilibrato che Janet Yellen ha tenuto a Jackson​
Hole mostrano che la Fed non tende a un ritardo del​
cambio di direzione nella sua politica monetaria.​
Tuttavia a nostro avviso questo non è indice di un anticipo​
dell'aumento dei tassi. Con la sua retorica sull'aumento dei​
tassi, che di recente si è fatta alquanto più intensa, la Fed​
tenta probabilmente soltanto di avvicinare le aspettative sui​
tassi di riferimento dei mercati a quelle della propria previsione​
sui tassi. Fino a ora le previsioni del mercato erano​
infatti leggermente inferiori rispetto alla previsione FOMC.​
Per questo per la settima prossima ci attendiamo che la​
comunicazione leggermente «aggressiva» continui, ma​
senza alcun brusco adeguamento. L'aggiornamento delle​
previsioni FOMC di giugno non dovrebbe portare con sé​
nessuna modifica degna di nota. La previsione sui tassi di​
riferimento per la fine del 2015 continuano ad attestarsi​
sull'1%-1.25%, valore che comporta un primo aumento dei​
tassi a giugno. Questo corrisponde anche al nostro scenario​
di base. Per contro, nel comunicato potrebbe esservi una​
novità. Il testo afferma ancora che dopo la conclusione​
degli acquisti obbligazionari, ci potrebbe volere ancora​
molto tempo prima di un aumento dei tassi. La fine del​
programma QE3, in progressivo esaurimento, deve essere​
deliberata nella riunione di ottobre. Al più tardi in questa​
data il comunicato deve essere modificato. Tuttavia dato​
che a ottobre, contrariamente a quanto avverrà la settimana​
prossima, non è prevista alcuna conferenza stampa, è​
opportuno omettere sin da ora la nota «molto tempo».​
Janet Yellen dovrebbe quindi mettere in chiaro di fronte ai​
media che il momento dell'aumento dei tassi dipende dai​
dati e che il nuovo comunicato non fa riferimento ad alcun​
aumento dei tassi in tempi più rapidi.​
Gli LTRO della BCE senza grande effetto​
La BCE inizia la settimana prossima gli LTRO mirati (TLTRO),​
già annunciati a giugno. Alle banche viene messa a disposizione​
liquidità per quattro anni, con l'intenzione di utilizzare​
i fondi per la concessione di crediti all'economia reale.​
Manca tuttavia un vincolo mirato efficace. I quasi EUR 400​
miliardi che le banche potranno ottenere dalle due prime​
aste di quest'anno possono essere utilizzati incondizionatamente​
anche per altre operazioni, ad es. per l'acquisto di​
ulteriori titoli di stato. Solo quando tra due anni il volume di​
crediti in circolazione si sarà ridotto, i fondi dovranno essere​
rimborsati anticipatamente, tuttavia senza ulteriori costi.​
Dagli LTRO, fatta eccezione per condizioni di rifinanziamento​
molto favorevoli, non ci si deve aspettare nessun effetto​
sull'economia reale. Vari sondaggi indicano comunque la​
presenza di un volume sufficiente di crediti bancari. Il problema​
riguarda piuttosto la debole richiesta di crediti, un​
sintomo della lenta crescita ma anche dei fondamentali​
problemi strutturali nell'Eurozona.​
Per l'EUR / CHF l'LTRO non gioca un ruolo importante. E in​
ogni caso la valanga di misure della BCE non mette la BNS​
sotto la pressione di agire, non fino a quando l'indebolimento​
dell'EUR non costituirà un pericolo per il limite minimo.​
Pertanto la futura valutazione della situazione della​
BNS non dovrebbe pertanto nascondere alcuna sorpresa​
Pur essendo stati costretti a ridurre le nostre​
previsioni di crescita anche per la Svizzera, le prospettive​
congiunturali continuano tuttavia a essere migliori rispetto​
a quelle dell'Eurozona. Il prossimo giovedì una nuova solida​
eccedenza della bilancia commerciale dovrebbe confermare​
il buon avvio nel T3.​
La settimana prossima si svolgerà anche il referendum​
sull'indipendenza della Scozia. Negli ultimi giorni la sterlina​
britannica ha reagito con molta sensibilità ai diversi sondaggi​
sul voto. E maggiori movimenti sono prevedibili anche​
dopo la pubblicazione del risultato​
m:):titanic:


 
buona settimana,

La Fed prevede interessi in leggero aumento​
Le recenti dichiarazioni della Banca centrale statunitense​
confermano la nostra opinione che l'aumento dei tassi avverrà​
a giugno 2015. Nel comunicato si afferma ancora che​
il tasso di riferimento dovrebbe essere aumentato solo «molto​
tempo» dopo la fine dei periodici acquisti di obbligazioni.​
Le previsioni sui tassi leggermente al rialzo per gli anni 2015​
e 2016 segnalano tuttavia che i membri del FOMC continuano​
a non perseguire un ritardo dell'aumento dei tassi. Anche​
le previsioni delle «colombe» politico-monetarie si sono spostate​
leggermente in alto. Pertanto, la nuova composizione​
degli aventi diritto di voto il prossimo anno – lo schieramento​
dei falchi politico-monetari perde un membro – non dovrebbe​
determinare alcuna variazione significativa della previsione​
sui tassi. Il tasso di riferimento previsto per la fine del​
2015 dai membri del FOMC con diritto di voto dovrebbe​
rimanere anche in quel periodo all'1%-1.25% circa. E questo​
coincide bene con la nostra previsione di un aumento dei​
tassi a giugno 2015. Dal punto di vista dei contenuti, le linee​
guida pubblicate per l'ulteriore processo di normalizzazione​
della politica monetaria hanno offerto poche sorprese. Per​
esempio è stato confermato definitivamente che il Federal​
Funds Rate deve essere gestito soprattutto dal tasso di riserva,​
con il quale la Fed remunera le riserve in eccesso delle​
banche commerciali. Tuttavia, il momento prematuro un po'​
inatteso della comunicazione mostra che la Fed è già a buon​
punto con la pianificazione dei preparativi di uscita. Quanto​
ai dati fondamentali, continua a non esserci alcun motivo​
favorevole a un intervento ritardato sui tassi. L'inflazione di​
base, recentemente in leggero calo, si è verificata in gran​
parte a causa degli effetti indiretti dovuti al minore prezzo​
del petrolio; sono diminuiti moltissimo per esempio i prezzi​
dei biglietti aerei. Nei prossimi mesi prevediamo di nuovo​
una maggiore pressione inflazionistica, alimentata dalla dinamica​
di crescita non esuberante, ma comunque accettabile.​
Anche l'andamento congiunturale globale non dovrebbe​
fermare l'intervento sui tassi. In Cina, di recente i dati industriali​
sono notevolmente peggiorati e quindi il consenso di​
mercato si è avvicinato alla nostra previsione sul PIL. Gli​
impulsi di crescita rimangono tuttavia robusti e non prevediamo​
una brusca frenata. Anche in Europa non ci aspettiamo​
una spirale ribassista (vedere pagina 2). Inoltre, l'economia​
statunitense, fortemente basata sul mercato interno,​
viene influenzata comunque solo limitatamente dal commercio​
estero.​
La BNS rivede al ribasso la previsione inflazionistica a​
lungo termine​
La Svizzera viene invece influenzata molto di più dall'estero e​
dopo la valanga di misure della BCE sono giunte voci sulla​
possibile introduzione di tassi negativi da parte della Banca​
nazionale svizzera. Come da noi previsto, la BNS si è però​
limitata a un indebolimento verbale del franco. Ora si afferma​
che i rischi deflazionistici siano aumentati, dopo che a​
giugno si parlava ancora di rischi inflazionistici non individuabili.​
Ciò è stato quindi rafforzato con una previsione​
inflazionistica diminuita: nel 2016 la BNS prevede ora un'inflazione​
dello 0.5% invece dello 0.9% finora previsto. Come​
previsto, anche la previsione sul PIL è stata ridotta dal 2%​
circa a quasi l'1.5% per il 2014. Per la crescita delle ipoteche​
vi è un parziale cessato allarme: da un lato la crescita diminuirà,​
ma dall'altro lato rimarranno gli squilibri che si sono​
accumulati sul mercato immobiliare. Nel complesso, quindi,​
soprattutto la previsione inflazionistica è stata fortemente​
rivista al ribasso, il che non dovrebbe far cessare completamente​
la discussione sulle ulteriori misure (ossia tassi negativi)​
e dovrebbe tener lontano il CHF dal limite minimo.​
Dopo il rifiuto del referendum sull'indipendenza della Scozia​
è ora eliminato un importante fattore d'incertezza e la Bank​
of England dovrebbe aumentare i tassi d'interesse nel primo​
trimestre 2015. Ora l'attenzione è di nuovo rivolta all'andamento​
dell'Europa continentale: la prossima settimana saranno​
pubblicati nuovamente importanti indicatori della​
fiducia delle imprese dell'Eurozona​
Focus: nessuna spirale ribassista in Europa​
I dati di crescita per il secondo trimestre in Europa, deludenti​
rispetti a quelli degli Stati Uniti, si sono riflessi nella stima​
congiunturale delle banche centrali. La BCE si è mostrata​
negativamente sorpresa e per il trimestre corrente invece di​
una dinamica moderata prevede ora solo una velocità «mediocre​
», con preoccupazioni per una spirale ribassista negli​
indicatori della fiducia. Dopo la stagnazione del PIL svizzero​
anche la retorica della BNS è stata molto più pessimistica in​
occasione della valutazione trimestrale della situazione. Inoltre,​
questa settimana il nono calo consecutivo delle importanti​
aspettative congiunturali ZEW per la Germania ha ulteriormente​
alimentato i dubbi su una ripresa congiunturale​
anche solo lenta nell'Eurozona. E la prossima settimana comincia​
la serie di settembre degli importanti indicatori della​
fiducia delle imprese, tra cui i provvisori PMI per l'Eurozona e​
l'indice tedesco IFO sulla fiducia delle imprese. Negli ultimi​
mesi, i risultati del sondaggio sono nettamente peggiorati a​
causa dell'aumento dell'incertezza dovuta alla crisi ucraina e,​
in misura notevole, del rallentamento della dinamica della​
domanda globale nel primo semestre.​
L'inasprimento delle sanzioni contro la Russia e da parte​
della Russia nonché il rischio di un'ulteriore escalation non​
fanno escludere un altro forte peggioramento della fiducia​
delle imprese. Tuttavia vediamo buoni motivi per evitare nel​
complesso una spirale ribassista.​
Le esportazioni europee hanno già reagito con forza nel​
primo semestre. In Germania e nell'Eurozona nel suo complesso​
la flessione a metà anno ammontava a circa un quinto​
dell'intero volume delle esportazioni verso la Russia. In​
Svizzera, rispetto al periodo dell'anno precedente il calo nel​
primo semestre è stato comunque ancora di un buon 6%.​
Rispetto a questo, le esportazioni di generi alimentari gravate​
da poco tempo di un divieto d'importazione russo, eccetto​
nei paesi baltici, sono poco rilevanti. Per l'UE, la percentuale​
dei prodotti interessati sulle esportazioni complessive è​
di un bassissimo 0.1%. Nel secondo semestre, nell'Eurozona​
e anche in Svizzera la cautela negli investimenti, aumentata a​
causa della situazione incerta, dovrebbe avere invece più​
indirettamente un effetto negativo sulla congiuntura.​
Nonostante i numerosi conflitti geopolitici latenti, il nostro​
indicatore anticipatore per la congiuntura globale, che si​
basa sugli attuali indicatori disponibili dell'attività delle importanti​
regioni del commercio mondiale, si è di nuovo stabilizzato​
ultimamente dopo l'andamento incerto nel primo​
semestre . Oltre all'economia statunitense di​
nuovo in corsa, arrivano in genere stabili segnali di crescita​
dall'Asia, anche se il rallentamento strutturale della crescita​
in Cina continua a procedere. Questo, assieme alla notevole​
debolezza dell'euro dalla metà dell'anno, che a causa della​
soglia minima del tasso di cambio ha determinato anche​
un'effettiva svalutazione del franco svizzero, dovrebbe avere​
un'influenza positiva sulle previsioni sulle esportazioni​
nell'Eurozona e in Svizzera nonostante l'effetto Russia.​
L'indicatore anticipatore globale mostra stabilizzazione
I solidi dati industriali all'inizio del terzo trimestre sono stati​
complessivamente di nuovo più soddisfacenti. In Italia, a​
luglio la produzione industriale è stata di nuovo deludente,​
accompagnata da una correzione della fiducia complessivamente​
forte dopo l'iniziale euforia per l'inizio del mandato di​
Matteo Renzi. Ma in Francia, dopo un primo semestre negativo,​
l'industria mostra di nuovo segni di vita. E soprattutto​
per quanto riguarda la locomotiva industriale europea, la​
Germania, che è strettamente collegata alle aziende fornitrici​
nei paesi vicini, sono aumentati sia la produzione sia gli ordini​
in entrata nell'industria manifatturiera. La volatilità dei dati​
industriali è in parte dovuta ad aspetti tecnici. A causa dell'inizio​
delle vacanze insolitamente ritardato in molti Länder​
federali per agosto per la Germania è probabile una certa​
controreazione dei dati della produzione. Tutto sommato,​
nonostante numerosi ostacoli vediamo tuttavia buone possibilità​
che nel secondo semestre la congiuntura dell'Eurozona​
progredisca di nuovo almeno leggermente – anche perché i​
venti contrari per il consumo sono diminuiti in modo duraturo​
a causa delle minori misure di risparmio dei bilanci pubblici​
e di una stabilizzazione del mercato del lavoro. Di questo​
dovrebbe beneficiare anche la Svizzera. I dati commerciali​
per i primi due mesi del terzo trimestre hanno confermato la​
tendenza rialzista delle esportazioni La battuta d'arresto​
dell'economia del secondo trimestre non dovrebbe quindi​
essere duratura.​
m:)

Azioni Valute/Materie prime Tassi​
attuale %, 5 giorni %, YTD attuale %, 5 giorni %, YTD 3M 10YR

 
buona domenica e settimana,

BCE: per il momento non sono previsti altri interventi
ƒ
Il mercato del lavoro statunitense è favorevole a un
aumento dei tassi

La dinamica di crescita nell'Eurozona non dovrebbe essere
quasi aumentata anche nel 3° trimestre, come mostrano i
recenti indicatori sulla fiducia delle imprese. Mentre, come
previsto, la congiuntura in Italia e in Francia ha un andamen-
to debole, anche il motore di crescita Germania non può
aumentare il numero di giri. L'indice IFO sulla fiducia delle
imprese, con il quinto calo consecutivo, e l'indice dei respon-
sabili degli acquisti per settembre mostrano che il partner più
importante per la Svizzera ha iniziato debolmente il secondo
semestre. Pertanto, anche per gli indicatori congiunturali
svizzeri della prossima settimana non vi è alcun motivo di
essere ottimisti. Sia per il barometro congiunturale KOF sia
per l'indice dei responsabili degli acquisti prevediamo un
leggero calo rispetto ad agosto. Il barometro KOF è solo di
poco sotto la media pluriennale e indica una crescita leg-
germente sotto il potenziale. Ciò vale anche per l'indice dei
responsabili degli acquisti, che segnala sempre un'espansio-
ne economica, ma con meno slancio rispetto all'inizio
dell'anno.
In occasione della decisione sui tassi della BCE, il Presidente
della BCE, Mario Draghi, si mostrerà ancora preoccupato per
l'andamento economico e la bassa inflazione. I prezzi al
consumo nell'Eurozona dovrebbero mostrare anche a set-
tembre un leggero calo allo 0.3%, dovuto alle materie pri-
me. Giovedì prossimo, durante la riunione di ottobre non
sono tuttavia previsti altri nuovi interventi. Dopo il pacchetto
di misure deciso già a giugno, durante la sua ultima riunione
di luglio la BCE ha intensificato ulteriormente le misure. Oltre
all'ultima riduzione dei tassi ha annunciato un ampio pro-
gramma di acquisti di crediti cartolarizzati. Per un vero e
proprio programma QE manca solo l'acquisto di titoli di
stato che rimane sempre un'opzione. La banca centrale co-
municherà comunque i dettagli sui previsti acquisti di titoli.
Non si sa però se sarà indicato un periodo preciso o addirit-
tura un importo. Ciò dipende anche dalla richiesta delle
operazioni mirate di rifinanziamento a lungo termine
(TLTRO). La prima asta di metà settembre ha raggiunto un
volume inaspettatamente basso di EUR 82.6 miliardi (con-
senso: 175 miliardi). Dopo la pubblicazione dei risultati degli
stress test, per la seconda asta di metà dicembre si prevede
un volume nettamente più elevato. Nel complesso, con le
ulteriori misure la BCE intende aumentare il suo totale di
bilancio fino a EUR 1 bilione.
Alla fine della prossima settimana, con il rapporto sul merca-
to del lavoro statunitense la Banca centrale statunitense
tornerà al centro dell'interesse del mercato. Con 142'000
nuovi posti di lavoro senza l'agricoltura, il rapporto a luglio
era stato deludente. Gli indicatori del mercato del lavoro e
l'andamento economico negli Stati Uniti indicano tuttavia
che questo non rappresenta alcuna inversione di tendenza.
L'aumento dei posti di lavoro in agosto dovrebbe superare di
nuovo i 200'000 posti e relativizzare il debole risultato del
mese precedente. I miglioramenti sul mercato del lavoro
sono in linea con le proiezioni della banca centrale, per cui la
nostra previsione di un aumento dei tassi nel 2° trimestre
2015 si rafforza. Finora, i mercati finanziari si sono mostrati
poco preoccupati per il prossimo aumento dei tassi – a diffe-
renza di precedenti circostanze, quando i relativi annunci del
Presidente della Fed avevano determinato temporanei con-
traccolpi. A settembre, i rendimenti dei titoli di stato statuni-
tensi a 10 anni sono aumentati già di 20 punti base, mentre
gli indici azionari sono quotati sempre attorno ai loro livelli
massimi. Anche un nuovo solido rapporto sul mercato del
lavoro non dovrebbe provocare alcun cambiamento, fino a
quando la dinamica non aumenterà in modo sorprendente-
mente forte, spostando quindi nettamente le previsioni sui
tassi. In questo contesto, l'USD è riuscito ad aumentare net-
tamente rispetto alla maggior parte delle valute principali.
Gli aumenti dei tassi statunitensi sono comunque scontati
nei mercati, per cui la possibilità di ulteriori aumenti dell'USD
diventano più difficili. Di conseguenza, anche la pressione
ribassista sul prezzo dell'oro, scambiato in USD, dovrebbe diminuire
:mmmm:m
 
Ultima modifica:
scusate il ritardo.....


Costanti preoccupazioni congiunturali nell'Eurozona​
Raffreddamento sul mercato immobiliare svizzero

Focus: complesso controllo dei tassi della Fed

Negli ultimi giorni il lento andamento economico dell'Eurozona​
ha suscitato crescenti preoccupazioni. Innanzitutto​
Mario Draghi non è riuscito a soddisfare le elevate aspettative​
in occasione della decisione sui tassi. Per contro ha incentrato​
l'attenzione sui rischi derivanti dalle carenti riforme​
strutturali nell'Eurozona. Successivamente la produzione​
industriale tedesca ha deluso, anche se il debole valore si​
può parzialmente spiegare con l'inizio ritardato delle ferie.​
Infine l'FMI ha continuato con una minore previsione di​
crescita per l'Eurozona. Per il 2014 si attende ancora lo 0.8%​
di crescita del PIL (previsione Raiffeisen: 0.7%). Per l'Italia,​
rispetto alle previsioni di primavera, si attende addirittura un​
cambio di segno: dal +0.6% di aprile all'attuale stima di un​
calo dello 0.2%.​
La debolezza della crescita nell'Eurozona preoccupa anche la​
banca centrale statunitense. Nell'attuale verbale della riunione​
per la prima volta da molto tempo si sottolineano di nuovo​
con veemenza i rischi congiunturali globali, citando anche​
Cina e Giappone. Anche la rivalutazione del dollaro costituirebbe​
un pericolo per la dinamica nazionale e potrebbe attenuare​
eccessivamente l'inflazione. Complessivamente​
questo quadro conferma che la Fed nei prossimi sei mesi non​
oserà alcun aumento dei tassi, anche se vengono creati​
sempre più nuovi posti di lavoro. Anche il fatto che il nuovo​
meccanismo di controllo dei tassi non è ancora del tutto​
maturo (ved. pag. 2), non parla a favore di un'immediata​
manovra sui tassi. Il nostro scenario di base resta pertanto​
quello di giugno 2015.​
Sulla scia dei deludenti dati economici e delle prudenti banche​
centrali le aspettative sui tassi sono state riclassificate sui​
mercati finanziari. I rendimento obbligazionari nell'Eurozona​
e in Svizzera scambiano vicini ai livelli minimi di agosto, mentre​
sui mercati azionari la volatilità è aumentata. L'USD, dopo​
i cauti commenti della Fed, tende a un lieve indebolimento,​
che non sorprende dopo la massiccia rivalutazione in​
corso da luglio. Il calendario degli appuntamenti dei prossimi​
giorni dovrebbe essere troppo scarno per imprimere significativi​
impulsi ai mercati finanziari.​
Nei prossimi giorni inoltre non si prevede nemmeno un miglioramento​
della stima per l'Eurozona. Le aspettative congiunturali​
ZEW per la Germania tendenzialmente sono abbinate​
agli attuali movimenti del mercato e quindi, a seguito​
della volatilità dei mercati azionari e del calo dei rendimenti,​
potrebbero nuovamente deludere.​
In Svizzera i prezzi alla produzione e all'importazione torneranno​
nuovamente al centro della discussione sull'inflazione.​
Nella settimana uscente i prezzi al consumo hanno già evidenziato​
la ridotta pressione sui prezzi. L'aumento dei prezzi​
dello 0.1% in settembre rispetto ad agosto è stato inferiore​
alla nostra previsione e nel confronto con l'anno precedente​
ha addirittura riportato l'inflazione in territorio negativo (-​
0.1%). I minori prezzi dell'energia dovrebbero sostenere la​
pressione al ribasso anche per i prezzi alla produzione e​
all'importazione e compensare l'effetto del debole franco​
svizzero rispetto al dollaro statunitense. Per la Svizzera è​
inoltre imminente la pubblicazione dei dati trimestrali sui​
prezzi immobiliari, che oltre ai rischi di deflazione crescenti​
secondo la BNS, rappresentano un altro punto importante​
per la banca centrale. La dinamica dei prezzi sul mercato​
immobiliare è risultata chiaramente rallentata già negli scorsi​
trimestri. Nel secondo trimestre i prezzi per le case unifamiliari​
sono aumentati dell'1.4% rispetto all'anno precedente,​
dopo che nel complessivo 2013 l'aumento del prezzo era​
stato quasi del 5% rispetto al 2012. Il trend risulta in calo​
anche per gli appartamenti in proprietà. L'aumento di prezzo​
nel secondo trimestre rispetto al trimestre dell'anno precedente​
si attestava al 2.7%, chiaramente sotto il valore medio​
dell'anno precedente. L'andamento dei prezzi, tendente alla​
moderazione, viene supportato anche dai dati mensili sulla​
concessione di crediti ipotecari, che segnalano anch'essi un​
rallentamento della dinamica. Eventuali effetti dell'inasprimento​
delle autoregolamentazioni delle Banche nelle operazioni​
ipotecarie, in vigore dal 1° settembre 2014, risulterebbero​
tuttavia visibili solo nelle pubblicazioni dei dati dei prossimi​
mesi.​

Tel. +41 044 226 74 41​
Focus: il controllo dei tassi della Fed diventa​
chiaramente più complesso​
L'attuale verbale della riunione della banca centrale americana​
ha nuovamente spiegato a grandi linee quali sono gli​
strumenti con i quali in futuro si debbano controllare i tassi.​
In passato la Fed influiva sui tassi d'interesse del mercato​
monetario indirettamente con operazioni di mercato aperto.​
Negoziava acquisti e vendite di titoli di stato, influendo in tal​
modo sul tasso con il quale le banche commerciali effettuavano​
tra di loro prestiti del credito delle banche centrali («Effective​
Federal Funds Rate»). Tuttavia dato che questi crediti,​
grazie all'allentamento quantitativo complessivamente non​
sono più scarsi, il corrispondente mercato interbancario ha​
quasi subito un tracollo e quindi l'attuale meccanismo di​
controllo ora è disturbato. I crediti delle banche centrali​
resteranno straordinariamente elevati ancora per anni in​
quanto la Fed intende far scendere il totale di bilancio solo​
gradualmente al fine di evitare turbolenza sui mercati. Non si​
prendono quindi in considerazione ampie iniziative di acquisti​
obbligazionari per aumentare i tassi.​
Si vuole ricorrere invece a una combinazione di nuovi strumenti.​
In prima linea la Fed preferisce il tasso di riserva, applicato​
dal 2008 ai crediti delle banche centrali («Interest on​
Excess Reserves», IOER). L'idea di base: se lo IOER viene​
aumentato, dovrebbero aumentare anche gli interessi sul​
mercato monetario. Nessuna banca potrebbe prestare liquidità​
sul mercato monetario a un tasso inferiore a quello​
ricevuto dalla banca centrale. In teoria lo IOER dovrebbe​
quindi rappresentare un limite minimo per i tassi del mercato​
monetario. Tuttavia, a livello pratico questo fino a ora non​
ha funzionato bene; i tassi d'interesse del mercato monetario​
sono stati per lo più inferiori allo IOER (ved. grafico). La​
ragione è da ricercarsi tra l'altro nel fatto che importanti​
attori del mercato non parcheggiano i loro fondi presso la​
Fed per i crediti a breve termine, come ad esempio i fondi​
del mercato monetario, e possono beneficiare dello IOER. A​
priori non è quindi chiaro in quale misura i tassi del mercato​
monetario reagiranno effettivamente a un aumento dello​
IOER. Anche il nuovo meccanismo di deposito («Term Deposit​
Facility»), che prevede il deposito e la remunerazione dei​
fondi presso la Fed per un intervallo di tempo fisso, non è​
disponibile per tutti gli attori rilevanti del mercato monetario.​
Per questo la Fed vuole servirsi di un ulteriore strumento: da​
circa un anno sta sperimentando i cosiddetti «Overnight​
Reverse Repos». Con queste operazioni la banca centrale​
riceve liquidità dalle controparti per la durata di un giorno e​
come contropartita fornisce titoli di stato come deposito e​
paga un interesse. La Fed offre quotidianamente nuovi Reverse​
Repos e con la loro remunerazione può influire anche​
sui tassi del mercato monetario. Lo strumento non è nuovo,​
ma ora viene impiegato in maggior misura. Inoltre la cerchia​
delle possibili controparti è stata notevolmente ampliata. E​
contrariamente allo IOER, nei Reverse Repos ora sono ammessi​
anche i fondi del mercato monetario. Ma proprio questo​
dato di fatto può presentare dei problemi. In futuro la​
Fed assumerà un ruolo ancora più forte nell'intermediazione​
finanziaria. In caso di crisi, i fondi del mercato monetario​
dovrebbero parcheggiare la liquidità piuttosto presso la banca​
centrale invece che prestarla sul mercato. La Fed si trova​
pertanto davanti a un difficile e delicato percorso. Ampi​
Reverse Repos le permetterebbero di portare più facilmente i​
tassi d'interesse del mercato monetario al livello desiderato.​
Ma in questo modo nel contempo, nel lungo termine, metterebbe​
a rischio la stabilità del mercato finanziario. La questione​
illustra uno dei rischi e degli effetti collaterali, ai quali​
la banca nazionale statunitense sarà esposta all'uscita dalla​
politica monetaria non convenzionale.​
Secondo l'attuale verbale della riunione, la Fed preferisce​
attualmente lo IOER come strumento principale. Noi partiamo​
tuttavia dal presupposto che la Fed, all'aumento dei tassi​
che noi prevediamo per la metà dell'anno prossimo, stipulerà​
anche ampi Reverse Repos. Altrimenti corre il rischio che gli​
interessi effettivi si discostino eccessivamente dal livello desiderato.​
Il «Target Federal Funds Rate» resta infatti in vigore​
come tasso di riferimento e come strumento principale di​
comunicazione. Attualmente l'importo massimo giornaliero​
dei Reverse Repos (USD 300 miliardi) è ancora piuttosto​
ridotto rispetto ai crediti delle banche centrali (USD 2'700​
miliardi) e al capitale investito dei fondi del mercato monetario​
USA (USD 2'600 miliardi). Noi prevediamo pertanto che​
nei prossimi mesi la Fed continui ad aumentare il volume e​
che infine i Reverse Repos diventino un importante strumento​
con un ruolo non più secondario.​
:mmmm:m​

 
autunno 2014



L'autunno all'insegna della politica per la crescita
[FONT=Frutiger Next Com,Frutiger Next Com][FONT=Frutiger Next Com,Frutiger Next Com] L'estate, che di fatto in Svizzera non si è mai fatta veramente vedere, è finita, e l'autunno appena arrivato, almeno nelle prime ore della giornata, ci offre già un assaggio della stagione più fredda dell'anno. La congiuntura globale nel 2014 ha seguito perfettamente le stagioni dell'anno, fatta eccezione per quella statuni-tense. La primavera, mite e gentile, è ormai dimenticata. Allora sembrava che la congiuntura europea si stesse lentamente rimettendo in piedi, nonostante vi fosse an-cora un divario netto tra la parte centrale dell'Europa e la sua periferia. L'esperimento giapponese di Abenomics sembrava funzionare, i paesi emergenti parevano ripren-dere piede e gli Stati Uniti da tempo si erano staccati nettamente dal gruppo in modo tale da diventare la lo-comotiva congiunturale globale. La Svizzera sembrava godere di una congiuntura speciale, fino alla fine della primavera aveva una posizione in vetta per quanto ri-guardava la crescita europea. Tuttavia, in estate, come la Germania, ha smesso di crescere. Ultimamente in tutto il mondo si osservano situazioni più grigie; gli indicatori congiunturali per il futuro, con poche eccezioni, hanno iniziato a offuscarsi – in sintonia con l'autunno.
[/FONT]
[/FONT] Lento il ritmo, grande la preoccupazione
[FONT=Frutiger Next Com,Frutiger Next Com][FONT=Frutiger Next Com,Frutiger Next Com] Solo la congiuntura statunitense, con uno sviluppo in solitaria, si può effettivamente definire dinamica. Paesi come Canada o Svezia hanno perso di dinamicità, ma si trovano ancora comodamente nella zona di crescita, come i Paesi Bassi o il Regno Unito, dove però il vento a settembre ha iniziato a soffiare decisamente in un'altra direzione. La Germania sta correndo il rischio di finire in stagnazione, dalla quale la Francia continua a cercare di rialzarsi disperatamente, mentre l'Italia è tornata di re-cente in recessione, per la terza volta dal 2008. L'unica consolazione in Europa arriva proprio dalla penisola iberi-ca, dove la congiuntura sembra per lo meno continuare sulla scia della stabilità, tanto da rendere improbabile il ritorno nella recessione. Il Giappone trova più difficoltà del previsto a sopportare il recente aumento dell'IVA, il che si è fatto sentire nella dinamica congiunturale. E in Cina negli ultimi tempi non si è parlato molto di crescita, in quanto il tema più caldo riguarda la gestione da parte del governo cinese degli oppositori insorti a Hong Kong. Il fatto che la congiuntura globale si sia indebolita, fon-damentalmente non stupisce. Piuttosto è stato sorpren-dente vedere quanto a lungo sia riuscita a imporsi nono-stante tutte le avversità degli ultimi mesi. Dalla crisi in Crimea e il risultante conflitto in Ucraina alle rivolte in Libia e Siria, dalle agitazioni diffuse nell'ambito
dell'«autunno arabo» al conflitto israelo-palestinese sulla Striscia di Gaza e la minaccia dei terroristi islamici: nono-stante tutto questo, la congiuntura globale non è dera-gliata, ma ora siamo giunti a un punto in cui questo peri-coloso cocktail geopolitico non può più essere semplice-mente ignorato. Ma perché proprio adesso?
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[/FONT] Speranza invece di magia
[FONT=Frutiger Next Com,Frutiger Next Com][FONT=Frutiger Next Com,Frutiger Next Com] L'autunno è soprattutto un autunno della politica mone-taria e questo potrebbe anzitutto frenare l'esuberanza diffusa sui mercati finanziari e, in secondo luogo, dare il colpo di grazia all'economia reale. Perché le ultime uscite dei banchieri centrali sono state tutt'altro che convincen-ti. Se in passato avevano delle magie da utilizzare non appena sui mercati finanziari incombeva la minaccia di un cambio di umore, negli ultimi tempi pare non facciano più effetto. Mentre Janet Yellen filosofeggia da mesi sul momento e sui presupposti per un primo aumento dei tassi, in Europa aumentano i dubbi sull'efficacia della cura di Mario Draghi. Le sue ultime idee sulla stimolazio-ne del ciclo del credito sono tutt'altro che originali, e oltretutto non coerenti. Innanzitutto gli acquisti di ABS presi in considerazione non sono i crediti problematici dell'Eurozona, secondo non può essere intenzione della vigilanza macro incoraggiare le banche a offrire crediti a debitori che non li chiedono oppure che dimostrano una scarsa solvibilità. A mano a mano sembra che il bazooka di Draghi si sia inceppato e la politica non lo segua più fedelmente – una costellazione pericolosa. È lecito teme-re che in Europa si parlerà presto di nuovo di pacchetti di crescita e programmi congiunturali. Già in passato Draghi ha esortato i governi a fare di più per dare impeto alla congiuntura – puntando sui prestiti, come al solito. Il tempo che Draghi aveva acquistato per i politici che vive-vano al di sopra delle loro possibilità, probabilmente non è bastato e ora che ha esaurito le munizioni, restituisce la colpa al mittente. La Yellen ha attualmente carte migliori da giocare, ma grandi quantità di debiti statali sul bilan-cio. A entrambi non rimane che sperare in un inverno mite.
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[/FONT] :help:m
 
eccomi.. buon w..
economic
-


Eccessivo panico per la congiuntura

La Cina rallenta in modo controllato

Focus:
aspettative inflazionistiche eccessivamente bas-
se
Questa settimana, il calo sui mercati finanziari è proseguito
costantemente, alimentato dalle preoccupazioni per un ulte-
riore peggioramento della situazione congiunturale, soprattut-
to nell'Eurozona. In agosto, i dati sulla produzione industriale
per l'Euro
zona hanno confermato i dati nazionali complessi-
vamente molto deboli. La volatilità sui mercati rimane quind
i
elevata. Nel frattempo, con 26
l'indice di volatilità VIX è salito
al valore più alto dalla metà del 2012. Sebbene la congiuntura
statunitense si
trovi sempre su un percorso solido, sostenuta
dalla valutazione dei contatti commerciali della Fed nell'attuale
Beige Book e dalla ripresa della produzione industriale a set-
tembre, in questo contesto nervoso perfino un moderato calo
mensile dei fatturati d
ella vendita al dettaglio statunitensi ha
provocato drastiche reazioni del mercato. In pochi minuti, i
rendimenti dei titoli di stato statunitensi a dieci anni hanno
registrato temporaneamente un calo fortissimo (30 punti ba-
se). Pertanto, anche i tassi sta
tunitensi sono ora quotati di
nuovo molto al di sotto del livello dell'inizio dell'anno. In que-
sto contesto, i rendimenti dei Bund tedeschi hanno raggiunto
un nuovo minimo record. E anche i tassi svizzeri a lungo ter-
mine stanno mettendo alla prova il minim
o della fine del
2012. Per contro, con l'aumento dell'avversione al rischio gli
spread dei paesi periferici dell'Eurozona sono di nuovo note-
volmente aumentati. Ciò vale anzitutto per la Grecia, dove la
preoccupazione per l'instabile situazione politica e p
er una
rapida uscita dal programma di salvataggio ha quasi raddop-
piato i rendimenti dall'inizio di settembre, portandoli verso il
9%.
In questa situazione di conflitto si aspettano con impazienza i
primi risultati dei sondaggi tra le imprese per ottobre,
previsti
per la prossima settimana. Giovedì saranno pubblicati sia l'in-
dice francese INSEE sulla fiducia delle imprese sia l'indice prov-
visorio dei responsabili degli acquisti per Germania, Francia
nonché il dato aggregato per l'Eurozona. I livelli sono n
ote-
volmente diminuiti dall'inizio dell'anno. Dopo lo stallo dell'e-
conomia dell'Eurozona nel secondo trimestre, la tendenza
degli indicatori della fiducia segnalerebbe quindi chiaramente
un minimo trimestrale nel 3° trimestre. Ma nonostante i delu-
denti dati
industriali di agosto, i forti dati finora disponibili non
escludono un leggero aumento del PIL. Soprattutto per l'indu-
stria tedesca, dopo l'effetto negativo distorsivo delle chiusure
delle fabbriche, dovute alle vacanze, nel settore automobilisti-
co per s
ettembre si può prevedere ancora una nuova sensibile
ripresa.
Nel complesso riteniamo che la recente correzione della fidu-
cia sia in buona parte la conseguenza di una stima troppo
ottimistica ancora all'inizio dell'anno. Gli elevati livelli dei son-
daggi n
on si sono riflessi nella dinamica congiunturale del
primo semestre. Di conseguenza, a nostro parere la forte ten-
denza ribassista significa un reale raffreddamento, ma nessun
crollo. Continua a essere sfavorevole invece la notevole ridu-
zione delle misure s
tatali di consolidamento nei paesi interes-
sati dalla crisi del debito. Questa settimana, in Italia con la
Legge di stabilità sono stati previsti inoltre sgravi per le perso-
ne a basso reddito e per le imprese. Diversamente dagli anni
precedenti, la politica
fiscale non è più molto oppressiva. Rite-
niamo pertanto senz'altro possibile un'imminente stabilizza-
zione dei valori della fiducia europei e dei mercati finanziari
nonostante l'incertezza sempre elevata. Non da ultimo, anche
la svalutazione dell'euro nei p
rossimi trimestri dovrebbe sup-
portare il contributo estero e le previsioni sugli utili delle im-
prese. Dalla primavera, l'euro ha perso comunque il 10% ri-
spetto a
l
dollaro statunitense. A causa della soglia minima del
tasso di cambio lo stesso vale per le e
sportazioni svizzere. La
prossima settimana, i dati sulle esportazioni per settembre
dovrebbero confermare per il terzo trimestre un positivo con-
tributo alla crescita del commercio con l'estero.
Al di fuori dell'Europa, martedì saranno in primo piano i
dati
sul PIL cinese per il terzo trimestre. Nonostante la correzione
sul mercato immobiliare, l'indebolimento dell'economia cinese
dovrebbe procedere in maniera controllata. Un nuovo calo
dell'indice dei responsabili degli acquisti per l'industria mani-
fatt
uriera in Cina sotto il livello di 50 o una forte diminuzione
dei prezzi delle abitazioni la prossima settimana nascondono
tuttavia il potenziale di un aumento dell'attuale incertezza.
 
Ultima modifica:
continua
Focus: aspettative inflazionistiche eccessivamente basse
Come nell'Eurozona, anche negli Stati Uniti le aspettative in-
flazionistiche stanno
diminuendo nettamente da luglio.
dapprima il movimento è stato alimentato dalla minore inflazione
di base e dal lento inizio della normalizzazione della politica
monetaria negli Stati Uniti, il che ha spinto al rialzo il dollaro e
ha fatto scendere il prezzo del petrolio negoziato in questa
valuta. Anche la ripresa più debole del previsto nell'Eurozona e
il rallentamento della crescita in Cina hanno contribuito alla
diminuzione delle quotazioni del petrolio e delle aspettative
inflazionistiche. Negli ultimi giorni si è inoltre intensificata la
preoccupazione che la congiuntura statunitense possa essere
colpita dall'economia mondiale meno dinamica. Di conse-
guenza, le aspettative inflazionistiche sono ancora molto di-
minuite e questo, assieme alla fuga verso i titoli di stato statunitensi ha
determinato un forte calo dei tassi
Attualmente la dinamica congiunturale negli Stati Uniti è an-
cora forte. Infatti, per esempio a settembre sono stati creati
sorprendentemente molti posti di lavoro. Un mese con dati
negativi nominali sul commercio al dettaglio non è sufficiente
per annunciare un'inversione di tendenza. Inoltre, quasi un
terzo del calo del commercio al dettaglio e' da attribuire diret
tamente alla diminuzione del prezzo del petrolio. Delle minori
spese per la benzina beneficiano i consumatori e a ottobre
questo dovrebbe determinare di nuovo un aumento dei dati
del commercio al dettaglio. Un forte raffreddamento dell
a
crescita globale lascerebbe delle tracce anche in America. Ma
attualmente un tale raffreddamento non è indicato dai dati: gli
attuali indici dei responsabili degli acquisti dei paesi emergenti
più importanti non mandano alcun forte segnale di allarme. E
anche dopo il calo a settembre, il nostro indicatore anticipato-
re globale è in linea con un aumento leggermente superiore
alla media della produzione industriale mondiale. Ciò depone
a sfavore di un crollo imminente dell'economia mondiale.
pertanto anche il potenziale per un'ulteriore diminuzione del
prezzo del petrolio dovrebbe essere limitato. Anche l'aumento
da noi previsto dell'inflazione di base dovrebbe contribuire a
una stabilizzazione delle aspettative inflazionistiche. Riteniamo
infatti che il recente calo del tasso d'inflazione sia solo una
flessione temporanea, dovuta tra l'altro all'aumento relativa-
mente forte in primavera. Nei prossimi mesi, la congiuntura
statunitense in ripresa dalla metà del 2013 dovrebbe manife-
starsi anche in un aumento dei
prezzi, tanto più che in genere
l'inflazione di base segue l'andamento dell'economia con 1.5
anni di ritardo (vedi grafico in basso). Già la prossima settima-
na, l'inflazione di base dovrebbe salire di nuovo leggermente.
Per il momento, questo non influenzera' quasi le aspettative
inflazionistiche, poiché probabilmente anche a settembre il
tasso d'inflazione complessivo è stato leggermente in calo, a
causa della diminuzione dei prezzi dell'energia. Successiva-
mente, però, le aspettative dovrebbero lentamente stabilizzarsi

Non prevediamo tuttavia neppure un aumento fino all'elevato
livello dell'inizio dell'estate. L'economia statunitense dovrebbe
rimanere stabile e su un percorso solido, ma riteniamo poco
probabile una performance ancora maggiore, in considerazione
del moderato contesto globale. Inoltre, la rivalutazione del
dollaro degli ultimi mesi dovrebbe continuare a fare effetto
ancora per un po' di tempo e riflettersi in un calo dei prezzi
delle importazioni. La probabilità di un leggero posticipo dell'
aumento dei tassi da parte della Fed è aumentata. A causa
delle prospettive congiunturali sempre intatte non prevediamo
tuttavia un sensibile ritardo. Ciò dovrebbe gradualmente de-
terminare un leggero aumento dei tassi. Se contrariamente
alle attese la magg
iore volatilità dei mercati finanziari dovesse
durare più a lungo, la fuga verso i sicuri titoli di stato farebbe
scendere ulteriormente i tassi.
 
Ultima modifica:
buona settimana,


La Fed termina gli acquisti di obbligazioni, la BoJ ne aggiunge
[FONT=Wingdings,Wingdings][FONT=Wingdings,Wingdings][/FONT][/FONT]Eurozona ancora con quadro incerto
[FONT=Wingdings,Wingdings][FONT=Wingdings,Wingdings][/FONT][/FONT]Focus: normalizzazione della politica monetaria statu-nitense
[FONT=Frutiger Next Com,Frutiger Next Com][FONT=Frutiger Next Com,Frutiger Next Com] Mercoledì, come previsto la banca centrale statunitense Fed ha terminato il suo terzo programma di acquisto di obbliga-zioni iniziato alla fine del 2012. L'aumento dei rischi congiun-turali globali e il forte USD non sono stati inseriti, come temu-to, come fattori di rischio nelle dichiarazioni. Dopo un calo, la stima sulla situazione sempre prudente ma sempre più positi-va della Fed ha spostato di nuovo leggermente in avanti le previsioni sui tassi. La prossima settimana, gli indici ISM e il rapporto sul mercato del lavoro per ottobre dovrebbero con-fermare la stabile ripresa negli USA, dopo i recenti robusti dati del PIL (annualizzato +3.5% nel T3) (maggiori informa-zioni nel Focus a pagina 2). La Banca del Giappone ha invece accentuato presto e in maniera sorprendente le sue compere di titoli per contrastare il calo dell’inflazione. Lo Yen dovrebbe dunque rimanere debole e i mercati di azioni ben sostenuti tramite gli acquisti della BoJ. A causa dei problemi strutturali prevediamo tuttavia che la BoJ potrà difficilmente generare une inflazione persistente più alta, al punto che le reazioni iniziali per le aspettative inflazionistiche sono riuscite piutto-sto scarse.
Giovedì prossimo sarà il torno della BCE. La scorsa settimana ha iniziato ad acquistare Covered Bond per un volume di EUR 1.7 miliardi. A causa del basso ricorso al primo tender a lungo termine mirato e di un totale di bilancio della BCE complessi-vamente quasi invariato, di recente si sono diffuse voci su un ulteriore acquisto di obbligazioni societarie. In occasione della riunione di novembre non dovrebbe tuttavia registrarsi un aumento del pacchetto di misure già molto ampio – non da ultimo perché dopo le turbolenze delle ultime settimane le previsioni sull'inflazione a medio termine hanno di nuovo nettamente recuperato. Inoltre, anche i risultati dello stress test delle banche è stato accolto complessivamente in modo positivo, soprattutto a causa della maggiore trasparenza del settore bancario europeo. 13 delle 130 banche devono col-mare una lacuna di capitale complessiva di quasi EUR 10 miliardi.un compito solvibile
Fortunatamente, dopo quattro cali la fiducia delle imprese nell'industria manifatturiera italiana è leggermente migliorata. La Banca centrale italiana ha tuttavia accennato che la reces-sione dovrebbe essere continuata nel terzo trimestre. Per la Spagna, invece, questa settimana è stato comunicato un ulteriore robusto aumento del PIL dello 0.5% qoq. Sul lato negativo ha sorpreso nuovamente l'indice tedesco Ifo sulla fiducia delle imprese con un nuovo sensibile calo. Tuttavia, i dettagli sul sondaggio Ifo hanno fornito anche un segnale di speranza, ossia migliorate previsioni sulle esportazioni. Dopo le tendenze di stabilizzazione dei dati PMI nella settimana precedente, nel complesso il quadro è sempre incerto per l'Eurozona – non sufficiente a rimuovere completamente le preoccupazioni per la recessione. La prossima settimana pre-vediamo tuttavia un ulteriore supporto dai dati industriali tedeschi. Con fortissimi cali nel mese scorso, sia gli ordinativi in entrata sia la produzione hanno determinato una forte delusione. La debolezza era eccessivamente esagerata a cau-sa delle distorsioni dovute alle ferie nell'importante settore automobilistico. La Federazione automobilistica ha già comu-nicato per settembre una forte ripresa che dovrebbe riflettersi nei prossimi dati.
Anche la correzione dell'indice svizzero dei responsabili degli acquisti nel T3– alimentata dalle perdite nei componenti dell'occupazione e degli ordinativi – è stata eccessiva a nostro parere. Pertanto per ottobre vediamo un leggero spazio al rialzo. Il fatto che contemporaneamente la situazione sul mercato del lavoro non sia peggiorata dovrebbe confermare il tasso di disoccupazione che, destagionalizzato, rimane inva-riato al 3.2% già da un anno e mezzo. Per la quota non de-purata dagli effetti stagionali prevediamo tuttavia un leggero aumento, soprattutto nel settore alberghiero, dove la fine della stagione estiva dovrebbe riflettersi in un aumento dei dati della disoccupazione. Per i prezzi al consumo svizzeri non ci aspettiamo per ottobre alcuna variazione rispetto al mese precedente. Un effetto frenante dovrebbero aver avuto ulti-mamente i prezzi dell'energia, dopo che nei mesi precedenti tra l'altro a causa degli effetti valutari avevano seguito in modo solo moderato il calo nel prezzo del petrolio.

Focus: buona premessa per la normalizzazione della politica monetaria
[FONT=Frutiger Next Com,Frutiger Next Com][FONT=Frutiger Next Com,Frutiger Next Com] L'elevata crescita del PIL del 3.5% annualizzato nel T3 con-ferma che la ripresa della congiuntura negli USA dalla metà del 2013 si è consolidata dopo la battuta d'arresto all'inizio dell'anno. Negli ultimi cinque trimestri, il prodotto interno lordo è aumentato in media del 2.8% e quindi leggermente di più rispetto al periodo della ripresa del 2002-2007. Com-plessivamente, negli ultimi 12 mesi l'economia statunitense ha fatto notevoli progressi, il che si rileva per esempio dall'aumento dell'utilizzo delle capacità nell'industria e dal calo della disoccupazione (vedi grafico). La prima ha raggiun-to da poco di nuovo la sua media a lungo termine. E con il 5.9%, il tasso di disoccupazione non è più molto distante dal livello di equilibrio a lungo termine che viene indicato dalla Fed con il 5.2%-5.5%. Pertanto, ora è solo di poco superiore al livello del tasso di disoccupazione che non genera inflazio-ne (vedi Prospettive settimanali #17). Se la situazione sul mercato del lavoro migliora ulteriormente, come noi preve-diamo, ciò dovrebbe determinare in misura maggiore una pressione salariale. Ci aspettiamo che l'economia americana superi il potenziale anche nel 2015. A nostro avviso sono quindi garantite le premesse per una normalizzazione della politica monetaria.
La Banca centrale statunitense procede molto prudentemente per quanto riguarda l'uscita dalla politica monetaria straordi-nariamente espansiva. Vuole evitare gli errori di comunicazio-ne del 2013, quando l'inaspettato annuncio di una possibile imminente diminuzione degli acquisti di obbligazioni aveva determinato turbolenze sui mercati e un improvviso aumento dei tassi a lungo termine. Questa strategia ha i suoi vantaggi: poiché con il programma appena concluso di quantitative easing gli acquisti sono stati diminuiti gradualmente, la fine
del QE3 dovrebbe determinare meno problemi rispetto a quanto successo dopo il QE1 e il QE2. Non prevediamo un aumento della volatilità del mercato azionario altrettanto forte come quello avvenuto dopo la conclusione dei primi due programmi di acquisto (vedi grafico). Grazie alla prudente normalizzazione della politica monetaria, la Fed si assicura che i mercati non vengano sorpresi. Un effetto preoccupante hanno ora però l'incertezza e le supposizioni riguardanti il momento del primo aumento dei tassi. La maggior parte degli analisti bancari prevedono il 2015. Quanto al trimestre esatto, finora le opinioni sono molto differenti.
La Banca centrale statunitense non si pronuncia ancora, sot-tolineando ripetutamente per esempio che il tasso di riferi-mento rimarrà sullo zero ancora per «molto» tempo. Con-temporaneamente ha però apprezzato nel comunicato più del solito i progressi congiunturali. Secondo la nostra inter-pretazione al riguardo la Fed conferma la sua previsione sui tassi che prevede un aumento prima di quanto attualmente scontato dai mercati a termine. Dietro vi è probabilmente la riflessione che la politica monetaria debba agire preventiva-mente. Infatti sebbene l'attuale dinamica salariale e dei prezzi sia moderata, la robusta congiuntura segnala un imminente aumento della pressione rialzista per i prezzi e i salari. A no-stro parere, la buona situazione economica attuale e la solida prospettiva nei prossimi mesi dovrebbero riflettersi sempre più nella stima della Fed. Ciò dovrebbe di nuovo spostare in avanti anche le aspettative di mercato per un primo aumento dei tassi
:D m

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meta, di la ...meta' di qua...

`buon w....

La scorsa settimana, la Banca centrale giapponese ha sfruttato
il momento della conferma della fine degli acquisti di
obbligazioni da parte della Fed per consolidare l'opposta
tendenza della sua politica monetaria – ossia un aumento
sempre fortissimo della massa monetaria. Questo è
attualmente anche l'obiettivo principale della BCE che
ultimamente ha deciso numerose misure. Nelle ultime due
settimane sono stati acquistati Covered Bond per EUR 4.8
miliardi. Nel corso di questo mese si comincerà con l'acquisto
degli asset backed securities (ABS). Inoltre, l'11 dicembre è
previsto il secondo tender a lungo termine mirato (TLTRO). Di
conseguenza, come previsto durante la riunione di novembre
non sono state prese altre decisioni. Tuttavia nella
dichiarazione della BCE è stato stabilito che tramite le misure
che dureranno almeno due anni si prevede un aumento del
bilancio di circa EUR 1 bilione. Ciò corrisponde a circa 40
miliardi al mese. E il Consiglio della BCE ha incaricato il suo
personale di preparare concretamente altre misure non
convenzionali se fosse necessario. Questa non è ancora una
definitiva decisione preliminare per ulteriori acquisti di
obbligazioni societarie ed eventualmente anche di titoli di
stato il prossimo anno. Ma secondo noi questa probabilità è
nettamente aumentata dopo le recenti dichiarazioni.
Martedì, durante le elezioni del Congresso negli Stati Uniti, i
Repubblicani hanno aumentato la loro maggioranza di seggi
nella Camera dei rappresentanti e inoltre hanno conquistato
la maggioranza nel Senato Pertanto, la capacità di agire del
Presidente democratico Obama negli suoi due ultimi anni di
mandato viene ulteriormente limitata. Non riteniamo tuttavia
molto elevato il rischio di un completo blocco e di una nuova
interruzione delle attività amministrative il prossimo marzo,
quando il tetto del debito entrerà di nuovo in vigore. Il
consolidamento del bilancio pubblico statunitense è già sulla
buona strada e le elezioni presidenziali del 2016 tornano in
primo piano. La ripresa economica negli Stati Uniti continua
nel frattempo indisturbata. I dati commerciali più deboli
indicano una revisione ribassista della crescita del PIL
sorprendentemente forte per il terzo trimestre. Il nuovo forte
aumento dell'indice per l'industria manifatturiera a 59.0 e le
previsioni occupazionali molto positive nel settore dei servizi
hanno confermato le previsioni di ulteriori forti aumenti
dell'occupazione e di una velocità di espansione complessivamente
sempre robusta.
Dopo un aumento del barometro congiunturale KOF nella
settimana precedente, anche l'indice svizzero dei responsabili
degli acquisti per ottobre ha mostrato un forte aumento da
50.4 a 55.3. I risultati del sondaggio dell'Eurozona non
mostrano un andamento così positivo. Nel sondaggio i dati
definitivi per ottobre sono stati ancora disomogenei e ha
deluso soprattutto il settore manifatturiero in Francia e in
Italia. Nel complesso, con un leggero aumento a 52.1 il
Composite PMI si è tuttavia stabilizzato dopo le flessioni nei
mesi precedenti. E il livello rimane stabile con tassi di crescita
moderatamente positivi all'inizio del quarto trimestre. Ciò
dovrebbe riflettersi anche nei dati del PIL nell'Eurozona per il
3° trimestre. Dopo il rapporto sul mercato del lavoro
statunitense alla fine di questa settimana e prima dei dati sulle
vendite al dettaglio statunitensi la prossima settimana saranno
in primo piano i dati congiunturali europei. Per la Spagna è
stato già comunicato un robusto aumento dello 0.5%
Per l'Italia la Banca d'Italia ha accennato a una continuazione
della recessione. Per la Francia, nel complesso i dati
continuano a segnalare uno stallo. E per la Germania,
nonostante la forte correzione ribassista della fiducia delle
imprese, per quanto riguarda i dati forti dopo la flessione nel
trimestre precedente per il 3° trimestre si delinea di nuovo un
aumento . Tutto sommato si
dovrebbe evitare quindi un calo dell'economia dell'Eurozona.
Prevediamo un aumento trimestrale dello 0.2%. Un risultato
positivo dovrebbe attenuare un po' i timori di recessione per
l'Eurozona. Ciò non modifica però affatto le prospettive di
crescita attualmente solo moderate per la fine di quest'anno.
Di conseguenza, la Commissione europea ha rivisto ancora al
ribasso le sue previsioni autunnali. Dopo lo 0.8% di
quest'anno per il 2015 si prevede solo una leggera
accelerazione all'1.1%. All'inizio dell'anno, a causa
dell'euforia allora presente si prevedeva ancora un aumento
dell'1.8%.
:mumble: m

 
continua...

Economic Research​
Wochenausblick #8​
Zürich, 14. November 2014​
Raiffeisen Economic Research​
Tel. +41 044 226 74 41​
Focus: la Grecia rimane l'incognita​
Nella prima metà di ottobre, le preoccupazioni per la crescita​
soprattutto dell'Eurozona hanno determinato sui mercati​
finanziari un aumento della volatilità. Ciò non ha però​
provocato un riacutizzarsi della crisi del debito. Nonostante​
una previsione congiunturale sempre solo modesta e i​
connessi previsti superamenti degli obiettivi di deficit di​
bilancio di diversi paesi dell'Eurozona, non da ultimo Francia​
e Italia, è ritornata rapidamente in gran parte la calma –​
anche a causa del segnale della BCE di allentare ancora la​
politica monetaria. E il tentativo di dare di nuovo maggiore​
slancio alle economie in difficoltà mediante una politica di​
risparmio più lenta e programmi di investimento viene accolto​
favorevolmente sui mercati, perlomeno attualmente.​
Per un paese in crisi lo scetticismo dopo un lunga fase​
tranquilla rimane tuttavia a un livello elevato: la Grecia. Là alla​
fine dell'anno termina, quasi dimenticato, il secondo​
programma di aiuti. Nel frattempo il paese ha ricevuto oltre​
EUR 230 miliardi di fondi diretti o di riduzioni del debito, il​
che corrisponde al 130% circa del PIL greco. L'Irlanda e il​
Portogallo sono già riusciti senza difficoltà ad affrancarsi​
dall'aiuto internazionale e da allora si rifinanziano da soli sul​
mercato dei capitali a condizioni molto accettabili. Il​
rendimento per le obbligazioni irlandesi a due anni è​
addirittura vicino allo zero dalla metà dell'anno. E l'aumento​
della probabilità di massicci acquisti di titoli di stato da parte​
della BCE nasconde in linea di massima perfino un ulteriore​
potenziale ribassista per i rendimenti delle obbligazioni a​
lungo termine dei paesi periferici. Al momento, per la​
Repubblica Ellenica non sono tuttavia garantite né una facile​
uscita dal programma di aiuti né una qualificazione per​
possibili acquisti della BCE.​
Ultimamente, dopo un crollo lungo e profondo il paese, con​
una revisione al ribasso delle aspettative originarie, sempre​
necessaria, può alla fine annunciare un ritorno dell'economia​
nella zona di crescita. In precedenza il PIL reale era crollato di​
un enorme 25%. E nel frattempo le finanze pubbliche​
completamente fuori controllo, dopo le drammatiche misure​
di risparmio dal 2010 (vedi grafico), possono essere di nuovo​
quasi coperte senza ulteriori aiuti. Intanto la quota del debito​
ha raggiunto un nuovo valore record di oltre il 175% del PIL,​
nonostante il taglio del debito del 2012. Rimane quindi forte​
la paura che la Grecia senza una stretta sorveglianza non​
possa mantenere le elevate eccedenze di bilancio necessarie​
per un lungo periodo di tempo per ridurre rapidamente la​
quota del debito. Ai dubbi contribuisce in modo​
determinante l'incerta situazione politica. L'attuale governo si​
mostra sempre relativamente cooperativo ed è in carica fino a​
giugno 2016. Il prossimo mese di febbraio sono tuttavia​
previste le elezioni presidenziale. E i voti della coalizione​
governativa non sono sufficienti per la necessaria​
maggioranza del 60%. Nel caso non improbabile del​
fallimento dell'elezione del presidente a marzo dovrebbero​
svolgersi nuove elezioni. Qui i sondaggi di opinione mostrano​
un chiaro vantaggio del partito di sinistra di opposizione​
Syriza, che non partecipa alla politica di consolidamento.​
L'incertezza si riflette in un aumento dei premi di rischio.​
Dopo un minimo del 5.5%, ultimamente il rendimento per i​
titoli di stato a dieci anni % è di nuovo quasi dell'8%.​
Anche le nuove trattative della Grecia con la troika​
(Commissione UE, BCE e FMI) vanno infatti verso una​
graduale uscita dal programma di aiuti con una successiva​
linea di credito precauzionale mediante il Meccanismo​
europeo di stabilità (MES), che è sempre collegato a​
determinate condizioni. Per il momento, questo sviluppo ha​
bloccato l'aumento del premio di rischio. In realtà si punta a​
un accordo entro l'inizio di dicembre. Poiché il governo greco​
deve correggere ancora il budget per il 2015, poiché alcuni​
parlamenti europei dovrebbero approvare una simile ampliata​
promessa di aiuto e dato che le elezioni presidenziali si​
avvicinano rapidamente, un'attuazione dovrebbe però​
prolungarsi probabilmente almeno fin
all'inizio del 2015. In​
questo caso esiste ancora potenziale per un'elevata volatilità​
fino a quando non si troverà una soluzione definitiva, che poi​
dovrebbe contenere anche ulteriori diminuzioni del debito,​
forse indirettamente sotto forma di un ridotto servizio del​
debito. Infatti un nuovo evidente taglio del debito non può​
essere fatto accettare facilmente ai contribuenti dai creditori​
pubblici che nel frattempo detengono oltre l'80% dei debiti​
:( :titanic:


 

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