su Brescia capita spesso che

La nuova Caffaro chiude tra un anno Interromperà il filtraggio della falda Ma la società chimica pisana ricorre al Tar contro le nuove prescrizioni della Provincia

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Era nell’aria. Ma mercoledì è arrivata la conferma ufficiale ai sindacati e all’Associazione industriale bresciana. La Caffaro Brescia srl (facente capo al gruppo Todisco di Pisa) che dal 2011 produce pastiglie di ipoclorito di sodio all’interno dello stabilimento di via Milano, dal 7 marzo 2017 lascerà il sito industriale dove lavorano 55 persone. Colpa degli elevati costi «indiretti», visto che l’azienda - come deciso negli accordi con il curatore fallimentare della vecchia Caffaro, fallita nel 2009 - in cambio dell’utilizzo del sito deve pompare oltre un miliardo di litri d’acqua dalla falda. Impedendo che questa salga a toccare la massa di veleni sfuggiti ai cicli produttivi del passato, e che hanno contaminato i terreni. Un’operazione, quella del pompaggio e del relativo filtraggio, che ora dovrebbe potenziare ulteriormente, come richiesto a dicembre dalla Provincia nella nuova autorizzazione integrata ambientale (Aia), contro la quale l’azienda è ricorsa al Tar di Brescia.

Un ricorso che «stride» contro l’annunciata volontà dell’azienda di andarsene, scaduti i 6 anni «d’affitto». Se dovesse trasferire la produzione nel sito friulano di Torviscosa, non solo si aprirebbe un serio problema occupazionale. Ma anche ambientale: dovrebbe infatti intervenire il ministero, coprendo i costi necessari (circa un milione l’anno) al trattamento dell’acqua di falda. A meno che, nel frattempo, da Roma non arrivino i soldi necessari ad una vera bonifica del sito, che eviterebbe le pezze di continue operazioni emergenziali. Il gruppo Todisco, per restare a Brescia, aveva chiesto più volte tariffe elettriche agevolate, per calmierare gli alti costi del trattamento delle acque. Sconti che non sono mai arrivati. Anzi. Su input del ministero è arriva la richiesta di potenziare il filtraggio, visto che solo i sistemi di abbattimento degli inquinanti del pozzo «7» funzionano a dovere; gli altri sei sono troppo vecchi. Le conseguenze? Nei fossi finiscono ancora 478 chili l’anno di veleni che finiscono nella Bassa e irrigano le colture utilizzate per l’alimentazione animale. Proprio contro queste nuove prescrizioni l’azienda è recentemente ricorsa al Tar. Perché - sostiene - non tutti quei veleni sono stati prodotti dall’ex Caffaro; che ha inquinato il terreno con mercurio, pcb e diossine ma il cromo esavalente e buona parte dei solventi clorurati (lo dicono anche le analisi Arpa) arrivavano dalla Valtrompia.
 
Truffano oltre 160 risparmiatori tra Brescia e Dubai, 4 arresti

Tra le vittime anche i terremotati dell'Emilia. I quattro avrebbero incassato più di 7 milioni di euro, affidando alle mogli il compito di riciclarli nei conti correnti di San MarinoCi sono anche famiglie colpite dal terremoto in Emilia Romagna tra le vittime della truffa scoperta dalla guardia di finanza di Brescia che ha portato all'arresto di quattro persone: avrebbero frodato oltre 160 risparmiatori raccogliendo una somma che supera i 7 milioni di euro. Soldi che il gruppo criminale non ha investito, ma ha speso per interessi personali.


"È stata un'inchiesta lunga e difficile", ha detto il procuratore capo di Brescia Tommaso Buonanno. Il cuore dell'associazione era lo studio dell'avvocato S.O., finito ai domiciliari. L'accusa per i quattro è di associazione a delinquere transnazionale finalizzata alla truffa: 162 i risparmiatori raggirati, tutti italiani residenti tra la provincia di Brescia e Dubai, tutti ingannati con falsi prodotti finanziari. I gruppo si serviva di una società con sede a Londra, ritenuta nelle mani dell'avvocato S.O.

L’avvocato è stato raggiunto da un’ordinanza di custodia cautelare agli arresti domiciliari, insieme a M. B. e C. P., entrambi promotori finanziari. E’ stata disposta invece la custodia in carcere per A.M., 47 anni, promotore finanziario.

Le attività investigative, svolte in collaborazione con le autorità giudiziarie di Lugano e San Marino, hanno riguardato 16 soggetti indagati a vario titolo. Per sette indagati, in particolare, il gip ha riconosciuto l’associazione a delinquere transnazionale finalizzata alla truffa, riciclaggio, abusivismo finanziario e raccolta abusiva del credito. I truffatori si erano divisi in due gruppi: del primo, quello 'dirigenziale', facevano parte l'avvocato S.O. e il promotore A.M., che tra il 2009 e il 2012 hanno coordinato la raccolta del risparmio tra l'Italia e Dubai. Al secondo livello, quello operativo, c'erano cinque persone che avevano il compito di proporre i falsi contratti d’investimento ai propri clienti principalmente distribuiti tra le province di Brescia, Modena, Ferrara e Dubai.

In questo modo il gruppo avrebbe incassato 7,6 milioni di euro dai risparmiatori, e li avrebbe utilizzati per motivi personali, trattenendo 5 milioni e mezzo. Per attirare clienti, i promotori promettevano ottimi interessi e, per investimenti sopra i 50mila euro, anche una polizza assicurativa contro le perdite (in realtà inefficace). Della combriccola facevano parte anche le mogli di tre indagati, che riciclavano il denaro raccolto attraverso conti correnti sanmarinesi. Nel corso dell'operazione sono stati disposti sequestri di beni per 7,7 milioni di euro, tra appartamenti, terreni, auto (tra cui una Jaguar Xkr) e conti correnti.
 
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Aria malata: l’Ue bacchetta Brescia

La foto si riferisce ai primi giorni dello scorso mese di febbraio quando a Brescia sono stati toccati livelli di smog particolarmente elevati



Brescia nel mirino dell’Europa per i livelli di inquinamento. Non è la prima volta che la nostra città si trova sotto la lente dell’Ue, che però ora difronte alla persistenza di dati molto negativi provenienti da diverse zone del Bel Paese, e tra queste la provincia di Brescia, alza il tiro.

La Commissione europea ha invito all’Italia una lettera con un parere motivato, seconda fase della procedura di infrazione affinchè adotti, entro due mesi, misure appropriate per ridurre le emissioni di particolato Pm10. La Commissione ricorda che in Italia l'inquinamento da Pm10 è causato principalmente da emissioni connesse al consumo di energia elettrica e al riscaldamento, ai trasporti, all'industria e all'agricoltura. Ogni anno l'inquinamento da polveri sottili provoca nel Paese più di 66mila morti premature, rendendo l'Italia lo Stato membro «più colpito in termini di mortalità connessa al particolato», secondo le stime dell'Agenzia europea dell'ambiente.

TRA LE ZONE dove l’emergenza è tale da far ritenere all’Europa che occorra assolutamente un salto di qualità nelle strategie di contrasto c’è appunto Brescia, dove i superi giornalieri dei valori limite delle polveri sottili mettono a rischio la salute dei cittadini. Quello di Bruxelles è un ultimo avvertimento che riguarda 30 zone in tutto il territorio italiano, in cui dal 1 gennaio 2005, data dell'entrata in vigore dei valori limite giornalieri di polveri sottili in sospensione, si sono registrati superamenti dei «tetti». Una precedente sentenza della Corte di giustizia dell'Unione europea del 2012 aveva già ritenuto l'Italia responsabile della violazione della legislazione Ue pertinente per gli anni 2006 e 2007. Per quanto riguarda il valore limite giornaliero, le 30 zone interessate sono situate nelle seguenti regioni: Lombardia, Veneto, Piemonte, Toscana, Emil ia Romagna, Friuli Venezia Giulia, Umbria, Campania, Marche, Molise, Puglia, Lazio e Sicilia. L’avvertimento si riferisce inoltre ai superamenti del valore limite annuale in 9 zone: Venezia-Treviso, Vicenza, Milano, Brescia, due zone della Pianura padana lombarda, Torino e Valle del Sacco (Lazio). In caso di superamento dei valori limite, gli Stati membri sono tenuti ad adottare e attuare piani per la qualità dell'aria che stabiliscano misure atte a porvi rimedio nel più breve tempo possibile. Ma le misure legislative e amministrative finora adottate dall'Italia, conclude la Commissione, «non sono bastate a risolvere il problema».

NONOSTANTE l’obbligo per gli Stati membri di garantire una qualità dell'aria soddisfacente per i loro cittadini, sono ancora molte le zone in cui le concentrazioni di Pm10 continuano a rappresentare un problema. Un problema non solo italiano. La Commissione ha infatti avviato procedure di infrazione nei confronti di altri quindici Stati membri (Belgio, Bulgaria, Francia, Germania, Grecia, Lettonia, Polonia, Portogallo, Repubblica ceca, Romania, Slovacchia, Slovenia, Spagna, Svezia e Ungheria) e in due di questi casi (Bulgaria e Polonia) è stata adita la Corte di giustizia dell'Unione europea.

Ma situazioni di rischio sono legate anche ad altre sostanze inquinati presenti nell’atmosfera. La Commissione ha, infatti, intrapreso un’azione legale riguardante l'NO2 (diossido di nitrogeno) nei confronti di dodici Stati membri, attualmente oggetto di procedure d'infrazione. Anche tra questi figura l’Italia, oltre all’Austria, al Belgio, alla Danimarca, alla Francia, alla Germania, alla Polonia, al Portogallo, al Regno Unito, alla Repubblica ceca, alla Spagna e all'Ungheria.

Eugenio Barboglio
 
Aria malata: l’Ue bacchetta Brescia

La foto si riferisce ai primi giorni dello scorso mese di febbraio quando a Brescia sono stati toccati livelli di smog particolarmente elevati



Brescia nel mirino dell’Europa per i livelli di inquinamento. Non è la prima volta che la nostra città si trova sotto la lente dell’Ue, che però ora difronte alla persistenza di dati molto negativi provenienti da diverse zone del Bel Paese, e tra queste la provincia di Brescia, alza il tiro.

La Commissione europea ha invito all’Italia una lettera con un parere motivato, seconda fase della procedura di infrazione affinchè adotti, entro due mesi, misure appropriate per ridurre le emissioni di particolato Pm10. La Commissione ricorda che in Italia l'inquinamento da Pm10 è causato principalmente da emissioni connesse al consumo di energia elettrica e al riscaldamento, ai trasporti, all'industria e all'agricoltura. Ogni anno l'inquinamento da polveri sottili provoca nel Paese più di 66mila morti premature, rendendo l'Italia lo Stato membro «più colpito in termini di mortalità connessa al particolato», secondo le stime dell'Agenzia europea dell'ambiente.

TRA LE ZONE dove l’emergenza è tale da far ritenere all’Europa che occorra assolutamente un salto di qualità nelle strategie di contrasto c’è appunto Brescia, dove i superi giornalieri dei valori limite delle polveri sottili mettono a rischio la salute dei cittadini. Quello di Bruxelles è un ultimo avvertimento che riguarda 30 zone in tutto il territorio italiano, in cui dal 1 gennaio 2005, data dell'entrata in vigore dei valori limite giornalieri di polveri sottili in sospensione, si sono registrati superamenti dei «tetti». Una precedente sentenza della Corte di giustizia dell'Unione europea del 2012 aveva già ritenuto l'Italia responsabile della violazione della legislazione Ue pertinente per gli anni 2006 e 2007. Per quanto riguarda il valore limite giornaliero, le 30 zone interessate sono situate nelle seguenti regioni: Lombardia, Veneto, Piemonte, Toscana, Emil ia Romagna, Friuli Venezia Giulia, Umbria, Campania, Marche, Molise, Puglia, Lazio e Sicilia. L’avvertimento si riferisce inoltre ai superamenti del valore limite annuale in 9 zone: Venezia-Treviso, Vicenza, Milano, Brescia, due zone della Pianura padana lombarda, Torino e Valle del Sacco (Lazio). In caso di superamento dei valori limite, gli Stati membri sono tenuti ad adottare e attuare piani per la qualità dell'aria che stabiliscano misure atte a porvi rimedio nel più breve tempo possibile. Ma le misure legislative e amministrative finora adottate dall'Italia, conclude la Commissione, «non sono bastate a risolvere il problema».

NONOSTANTE l’obbligo per gli Stati membri di garantire una qualità dell'aria soddisfacente per i loro cittadini, sono ancora molte le zone in cui le concentrazioni di Pm10 continuano a rappresentare un problema. Un problema non solo italiano. La Commissione ha infatti avviato procedure di infrazione nei confronti di altri quindici Stati membri (Belgio, Bulgaria, Francia, Germania, Grecia, Lettonia, Polonia, Portogallo, Repubblica ceca, Romania, Slovacchia, Slovenia, Spagna, Svezia e Ungheria) e in due di questi casi (Bulgaria e Polonia) è stata adita la Corte di giustizia dell'Unione europea.

Ma situazioni di rischio sono legate anche ad altre sostanze inquinati presenti nell’atmosfera. La Commissione ha, infatti, intrapreso un’azione legale riguardante l'NO2 (diossido di nitrogeno) nei confronti di dodici Stati membri, attualmente oggetto di procedure d'infrazione. Anche tra questi figura l’Italia, oltre all’Austria, al Belgio, alla Danimarca, alla Francia, alla Germania, alla Polonia, al Portogallo, al Regno Unito, alla Repubblica ceca, alla Spagna e all'Ungheria.

Eugenio Barboglio


Pare si brescuani jnteressi di più le nozze gay dell'inquinamento
Ne parlammo mesi fa
Avevo anche aperto un thread
 

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