Sul terrorismo

Stato
Chiusa ad ulteriori risposte.
da Repubblica:

Mercogliano (Avellino), 40 anni lei, 30 lui, entrambi benedettini
La diocesi non commenta. Le consorelle: "Crisi vocazionale"
Una suora e un monaco
fuggono dal convento per amore

AVELLINO - Conferme ufficiali nessuna. Ma l'intelligenza collettiva di un paese di 12 mila anime era già arrivata all'unica conclusione possibile: fuga d'amore. Non una qualsiasi, ma un colpo di fulmine tra una suora e un monaco. Di loro non vi è traccia da qualche giorno. Spariti, i loro rispettivi conventi abbandonati.

Accade nella diocesi di Montevergine, comune di Mercogliano, provincia di Avellino. La vicenda ha come sfondo l'abbazia fondata mille anni fa da san Guglielmo da Vercelli, sede dei padri virginiani, e quella della Madonna del Loreto, nel cui complesso si trova il convento delle suore benedettine.

Questa mattina il quotidiano locale "Ottopagine" pubblica e dà il crisma dell'ufficialità al sospetto che con sempre maggiore insistenza circolava da giorni a Mercogliano, il centro turistico ai piedi del Partenio nel cui territorio è incardinata la diocesi di Montevergine.

La religiosa si chiama suor Pompea, 40 anni, insegnava alla scuola materna di Mercogliano ed era molto conosciuta ed apprezzata dai genitori dei bambini. Del monaco, anche lui benedettino, si conosce soltanto l'età, trent'anni. La fuga d'amore risalirebbe a dieci giorni fa.

La superiora del convento, così come l'abate di Montevergine, monsignor Tarcisio Nazzaro, si sottrae dal commentare la vicenda così come riportato dal giornale, anche se dal convento delle religiose viene confermata la circostanza che suor Pompea ha lasciato le consorelle per raggiungere la propria famiglia. La suora, spiegano al convento del Loreto, avrebbe avuto un ripensamento vocazionale.


Ma in paese sono pochi quanti credono alla crisi mistica e ricordano le sempre più frequenti occasioni nelle quali i due religiosi sarebbero stati visti insieme.

Il fatto poi che il giovane monaco abbia lasciato l'abbazia di "Mamma Schiavona" lo stesso giorno in cui suor Pompea si è allontanata, costituirebbe l'imbarazzante ma certa prova della fuga d'amore dei due religiosi. O almeno così ha decretato la comunità.


(11 settembre 2004)

:love: :love: :love: :love: :love: :love: :love: :love:
e alla fine l'amore ha trionfato......
:love: :love: :love: :love: :love: :love: :love: :love:
se se ne facesse un po' di piu' probabilmente si farebbero meno guerre e ci sarebbe meno odio nel mondo :rolleyes: :rolleyes: :rolleyes:
 
Re: ..o forse

felixeco ha scritto:
zappolaterra ha scritto:
patatino ha scritto:
Sudan, per Ue non ci sono prove genocidio in Darfur
BRUXELLES (Reuters) - L'Unione Europea ha reso noto oggi che la sua missione esplorativa in Sudan non ha trovato prove di genocidio nella problematica regione del Darfur, anche se è evidente una situazione di violenza diffusa.

"Non siamo di fronte a una situazione di genocidio", ha detto a una conferenza stampa Peter Feith, consulente del responsabile della Politica .

patatino ha scritto:
Il Congresso americano ha definito genocidio la campagna di saccheggi, incendi e omicidi in atto in Darfur, dove i ribelli accusano il governo di aver armato le milizie Janjaweed per operare una pulizia etnica.

dicono all'onu:
"E anche l'uso del termine "genocidio" fa parte della strategia americana. Certo, il ricorso al termine non comporta obblighi giuridicamente vincolanti per l'amministrazione, nell'intervenire in Sudan; ma è un fatto che una simile presa di posizione appare destinata a influenzare il dibattito diplomatico al Palazzo di Vetro.
"Parlare di genocidio non autorizza automaticamente l'uso della forza, ma dovrebbe cambiare la dinamica del negoziato in corso", ha osservato Nina Bang-Jensen, direttrice dell'organizzazione "Coalizione per la Giustizia Internazionale", che sul Darfur ha realizzato uno studio. Commissionato, appunto, dal dipartimento di Stato Usa. Ma comunque si tratta di un concetto che evoca "un imperativo morale e legale di agire". "



il sudan è fra i paesi in cui la religione mussulmana è più fondamentalista.......ma non c'è petrolio...... e allora ...
genocidio si....
genocidio no.....
si...no...si.....no..... = darfur=1.500.000 di morti.(quello che possiamo conoscere) più di 1/3 dei quali morti di fame.

siccome la maggioranza degli uccisi sono Cristiani la cosa non interessa.
E inoltre non sono intervenuti ancora gli USA per cui non serve occuparsene :(

non interessa chi.... felix....?... forse te....
perchè la comunità europea non vuole riconoscere il genocidio e gli americani si?
gli usa non sono intervenuti perchè.....?

ci sono capi di addestramento per i terroristi di tutto il mondo islamico, islamici sudanesi ritrovati in tutto il mondo, armi, uranio, ...bin laden è stato da loro ospitato e supportato......, gli attentati contro le ambasciate occidentali in africa sono partiti da lì...

la prima causa di morte e la fame e le malattie.... e i bambini ne sono le prime vittime ..non la violenza......che viene dopo..
cosa manca.....?
tu che dici....?
dai felix..... pensaci e suggeriscimelo.....
 
Sarà vero o si è voluto dare al popolo qualcosa con il quale calmare la rabbia di quanto accaduto??? :rolleyes: e se cosi' fosse basterà?? spero di no...... :evil:




La procura generale russa taglia corto con le voci
"Il corpo del capo degli assassini è in una cella frigorifera"
Mosca: "Il crudele colonnello
è morto nella battaglia di Beslan"
Sarebbe Ruslan Kuscbarov, uomo di fiducia di Basaiev


MOSCA - Non è affatto riuscito a fuggire, è invece fra i terroristi uccisi nel blitz del 3 settembre il 'colonnello', il capo del commando responsabile del massacro di Belsan, in Ossezia del nord: lo ha categoricamente affermato il viceprocuratore generale russo Vladimir Kolesnikov smentendo le voci di stampa sulla latitanza dell'uomo.

"Vorrei dire categoricamente che questa informazione è falsa", ha detto Kolesnikov all'agenzia Interfax commentando le notizie apparse sulla stampa a proposito della fuga del 'colonnello'.

Nur-Pasha Kulaiev, il terrorista catturato vivo dalle forze russe, ha identificato il capo del commando nel corpo numero 12 dei 31 uccisi nel blitz. Il viceprocuratore ne ha mostrato anche le fotografie: "ha avuto quello che si meritava. Ora è in una cella frigorifera".

Kolesnikov ha aggiunto che tutti i membri del commando, tranne Kulaiev, sono stati uccisi.
Quanto all'identità di questo leader che gli ex ostaggi hanno all'unanimità definito come il più crudele e sadico della banda, il vice procuratore ha precisato che "si sa il suo nome completo. L'informazione non è stata ancora resa pubblica perchè sono in corso gli ultimi accertamenti, ma quando la procedura sarà completata lo diremo".

Ma la stampa russa ha già dato un nome all'odiato 'colonnello': sarebbe Ruslan Kuchbarov, guerrigliero e criminale di etnia cecena ma nato in Inguscezia e residente da tempo nella regione Oriol, nella Russia centrale. Kuchbarov sarebbe stato uno degli uomini più fidati del capo estremista ceceno Shamil Basaev, che i servizi segreti russi (Fsb) indicano come l'organizzatore del massacro di Beslan.


(11 settembre 2004)
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Settembre 11, 2004
New York ricorda l'11 settembre 2001

articolo inserito da Giampietro il 9/11/04 alle 11:59

A New York è l'alba. Tra un paio d'ore tutta la città ricorderà le vittime dell'attentato che tre anni fa ha cambiato il volto della città e del mondo intero.

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Dalla mattina presto i visitatori inizieranno ad arrivare a Ground Zero sul sito del World Trade Center dove si darà inizio al programma per la giornata e dove ci si prepara ad effettuare il primo minuto di silenzio per ricordare lo schianto del primo aereo sulla Torre Nord. Anche alla Casa Bianca osserveranno il silenzio così come nel resto degli Stati Uniti e in molte parti del mondo.

Visitate e partecipate allo speciale dell'11 Settembre 2004 che abbiamo preparato collegandovi a questo indirizzo, www.nyc-site.com/eventi/settembre/911_2004/.

Come nelle precedenti cerimonie, la commemorazione avverrà sul sito del World Trade Center la mattina dell’11 settembre 2004. I familiari avranno un gran ruolo durante la cerimonia in quanto leggeranno i nomi delle vittime mentre la musica farà da contorno durante tutta la commemorazione. La cerimonia sarà interrotta per quattro momenti, due per rimarcare il momento in cui i due aerei si sono abbattuti sulle torri gemelle e altri due per il momento in cui le torri sono collassate. Il primo momento di silenzio sarà alle 8:46 del mattino (ora di New York, le 14:46 in Italia) e ogni momento sarà accompagnato dal suono delle campane.

Durante la lettura dei nomi i familiari potranno scendere la rampa per raggiungere il livello inferiore dove potranno lasciare i fiori. La cerimonia si concluderà approssimativamente intorno alle 12:00 ma il sito resterà aperto per i familiari fino alle 16:00.


Al tramonto sarà nuovamente riacceso il "Tribute in Light" che resterà in funzione una sola notte in memoria di coloro che hanno perso le proprie vite in quella tragica mattina e per simboleggiare lo spirito della nostra comunità. Il "Tribute in Light" sarà acceso solo una notte ogni anno per l’11 settembre.

"Fin dal primo solenne anniversario dell’11 settembre abbiamo apportato diversi cambiamenti al sito del World Trade Center," ha detto il sindaco Bloomberg. "Di recente abbiamo posato la prima pietra della Freedom Tower, un evento che ha fatto onore alla libertà che contraddistingue il nostro paese. E’ stato un momento che ha rimarcato una promessa presa in precedenza, che continueremo a ricostruire questa grandiosa città per onorare la memoria di coloro che hanno perso la vita durante gli attacchi dell’11 settembre. Saremo sempre riconoscenti alle famiglie di queste persone. Di cuore onoriamo gli eroi di quel giorno. Stiamo organizzando questo anniversario chiedendo ai familiari di farne parte, per conoscere il loro grande sacrificio e ringraziarli del loro aiuto per aver salvato le nostre vite."

"I newyorkesi e il resto del mondo ricorderanno per sempre che l’11 settembre le persone che credevano nella libertà hanno soppiantato quelle che credono nella paura," ha detto il governato dello stato di New York Pataki. "Ci avviciniamo al terzo anniversario e continuiamo a ricostruire la nostra città ridando vita al nostro skyline grazie alla Freedom Tower e costruendo un memorial per ricordare che tutto quello che è stato fatto finora a Lower Manhattan è stato fatto in tributo delle vite che abbiamo perso. Ho chiesto che durante il momento di silenzio delle 8:46 suonino le campane così che tutti I newyorkesi, come anche tutte le persone di tutto il mondo, possano onorare la memoria di coloro che abbiamo perso e ricordare lo spirito di libertà."

Come per le precedenti commemorazioni, la priorità verrà data ai familiari delle vittime ma l’accesso al pubblico sarà consentito in spazi appositamente messi a disposizione.

Questo di seguito è, a grandi linee, il piano che sarà rispettato ma in ogni caso potrebbero esserci modifiche:

8:46
Momento di silenzio (il primo aereo si schianta sulla torre nord). Le chiese suoneranno le campane in tutta la città. Lettura dei nomi da parte dei familiari. Ci saranno 200 lettori che leggeranno circa 14 nomi a testa

8:47
I familiari inizieranno a scendere la rampa verso il livello inferiore dove potranno lasciare i fiori

9:03
Momento di silenzio (il secondo aereo si schianta sulla torre sud). Continua la lettura dei nomi

9:59
Momento di silenzio (crolla la torre sud). Continua la lettura dei nomi

10:29
Momento di silenzio (crolla la torre nord). Continua e si conclude la lettura dei nomi

Durante la giornata saranno organizzate altri momenti di commemorazione non ufficiali in diverse zone della città.

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Sono oltre cinquemila i dispersi nell'attentato al World Trade Centre e per la prima volta il municipio diffonde un bilancio provvisorio, diviso per oltre 60 nazioni. Gli italiani sono 38, anche se l'ufficio del sindaco Giuliani avverte che tra questi vi possono essere molti italo-americani. Secondo la Farnesina solo per dieci persone si ha la certezza della cittadinanza italiana. Ecco i dati per nazione. Da questo elenco sono esclusi gli statunitensi che dovrebbero essere, per differenza, tutti gli altri. Questo elenco supra le 2.500 unità. Il che significa che quasi la metà delle vittime di questa tragedia non sono cittadini americani.


Antigua/Barbuda 3
Argentina 5
Australia 55
Austria 1 morto 26 dispersi
Bahamas 1
Bangladesh 55
Barbados 3
Belgio 5
Bielorussia da 1 a 3
Belize 4
Brasile 8
Gran Bretagna da 200 a 300
Burundi 1
Canada 3 morti, 75 dispersi
Cile 1
Cina 4
Colombia 208
Costarica 1
Repubblica Ceca 10
Danimarca 1
Rep. Dominicana 25
Ecuador 34
Egitto 4
El Salvador 71
Finlandia 50
Francia 10
Germania 4 morti, 96 dispersi
Gana 1
Grecia da 30 a 50
Guatemala 6
Honduras 7
India 250
Indonesia 1
Iran 5
Irlanda 4 morti, 40 dispersi
Israele 133
Italia 38
Giamaica 7
Giappone 23
Giordania 2
Kenya 1
Libano 4
Mexico 17
Olanda 3 morti, 400 dispersi
Nuova Zelanda 1
Nigeria 94 dispersi
Pakistan 200
Panama 3
Paraguay 1
Perù 3
Polonia 30
Portogallo 4
Russia 96
Slovacchia 10
Sudcorea 30
Sudafrica 6
Sri Lanka 1
St. Lucia 1
Svizzera 6 morti, 100 dispersi
Taiwan 7
Trinidad/Tobago 4
Turchia 1
Ucraine 1
Venezuela 3
Yemen 8
 
11/9 una data che ha cambiato il mondo.
dall'11/9(e poco prima..) cosa è successo?
di seguito un'analisi della fatti:


L'ANALISI
Le troppe mosse sbagliate
nella lotta contro Al Qaeda
di GIUSEPPE D'AVANZO



COME sta andando la lotta al terrorismo? Ricordare la priorità della lotta al terrorismo è doveroso. Anche necessario. Diventa retorica se, a tre anni dall'11 settembre, non ci si chiede: come vanno le cose, è buona la strategia, sono adeguati gli uomini, guardano al problema con gli occhi giusti? Ha ragione Laura Bush a sostenere che "la sicurezza dell'America e del mondo dipendono dalle decisioni del marito".

Da qui appunto bisogna muovere, dalle decisioni di George W. Bush: sono state efficaci? Sta facendo la cosa giusta per combattere il terrorismo, "eliminare i loro capi il più rapidamente possibile e impedire che siano sostituiti"; garantire più sicurezza al suo popolo e all'Occidente?

Errori. Se si parla di terrorismo, il presidente degli Stati Uniti ha commesso e ammesso tre errori strategici. A metà del gennaio 2001, più o meno una settimana prima d'insediarsi alla Casa Bianca, Bush incontra il direttore della Cia George Tenet e il numero due dell'agenzia James L. Pavitt. Per due ore e mezza Tenet e Pavitt presentano al presidente le minacce per la sicurezza degli Stati Uniti. Sono tre.

La prima è costituita da Osama Bin Laden e dalla rete terroristica Al Qaeda. È una "terribile minaccia", dicono i due alti funzionari, e per di più "immediata" perché non c'è dubbio, aggiungono, che Bin Laden abbia intenzione di colpire gli interessi americani. Il secondo rilevante pericolo consiste, secondo la Cia, nella proliferazione fuori controllo di armi di distruzione di massa, chimiche, batteriologiche e nucleari.


A destare apprensione - terza minaccia, anche se lontana dai 5 ai 15 anni - l'ascesa della Cina e l'incremento del suo potenziale bellico. L'Iraq fa capolino a malapena in quella riunione. Come poi ammetterà in un'intervista (Woodward, "Piano d'attacco") George W. Bush, "concentrato sulle questioni interne e su un gigantesco taglio delle tasse", trascura il problema terrorismo: "Non sentivo tutta quell'urgenza".

Quando finalmente con l'11 settembre l'urgenza diventa evidente, Bush commette il secondo e il terzo errore. Crede nel legame "operativo" tra Bin Laden e Saddam (mai dimostrato) e nel possesso iracheno di armi di distruzione di massa (mai rintracciate). Dà il via all'invasione dell'Iraq e ne pianifica malamente, come ha ammesso, la "pacificazione". Il quarto errore che ancora Bush non ha ammesso (e non ammetterà fino alla rielezione) si nasconde in una preoccupazione che gli consegna un buon amico, Brent Scowcroft, ex consigliere per la sicurezza nazionale di Bush senior, quando si comincia a parlare di attacco all'Iraq.

"Il Medio Oriente diventerà un gran calderone annientando di conseguenza la guerra al terrorismo".
Il tempo perduto. Scowscroft ha avuto occhio lungo. Alle prese con il "catastrofico successo" iracheno (la definizione è di Bush), la guerra al terrorismo di Al Qaeda ancora una volta è scivolata all'indietro nella scala delle priorità della Casa Bianca. Ne sanno qualcosa i 18 mila soldati americani concentrati nella regione sudorientale dell'Afghanistan a caccia di ciò che rimane del regime dei Taliban e il centinaio di agenti segreti e forze speciali che, lungo i 2.500 chilometri di confine tra Pakistan e Afghanistan, cercano Bin Laden.

Una task force frustrata e paralizzata da un calcolo geopolitico. Ogni volta, infatti, che le forze americane mettono sotto pressione le province tribali del Waziristan, dove (pare) si nascondono i qaedisti, il servizio segreto pachistano (Isi) fortemente condizionato dal radicalismo islamico, restituisce la pariglia minacciando il regime di Pervez Musharraf.

L'alternativa diventa diabolica. Mettere le mani sullo "sceicco del terrore" anche a costo di far saltare Musharraf affrontando così il rischio che quel Paese in possesso di armi nucleari sia governato da generali vicini al jihad? È un'ipotesi che trasforma il futuro in un incubo. Washington, così, non tira la corda più di tanto. Le operazioni lungo il confine sono routine in attesa di tempi migliori. Della turbolenza dei rapporti tra Stati Uniti e Pakistan se ne è avuta una prova il 5 settembre quando l'ottimismo spaccone del capo dell'Antiterrorismo del Dipartimento di Stato Joseph Cofer Black ("Se Osama ha un orologio, dovrebbe guardarlo perché il suo tempo sta scadendo") è stato liquidato da Islamabad senza nessuna grazia: "Discorsi da politicanti". Intanto, il tempo è passato. Per Al Qaeda non è passato invano.

Al Qaeda 2.0. La comunità del contro-terrorismo americana è paranoica e, nella sua paranoia semplifica, non distingue, lavora all'ingrosso. Vede Al Qaeda ovunque (anche nella scuola di Beslan) e le attribuisce ogni manifestazione del terrore rifiutandosi di accettare che, se il progetto di Osama è globalista, non tutte le formazioni combattenti islamiche hanno il desiderio (e la forza) di muoversi per esportare la loro barbarica violenza oltre i confini nazionali. È un nodo essenziale della questione, ma lasciamolo qui da parte per chiederci che ne è stato del nucleo centrale della Rete.

Al Qaeda è stata distrutta in Afghanistan e una buona parte della leadership è stata eliminata o dispersa. Paradossalmente, la distruzione dell'organizzazione nel Paese dei Taliban complica e non risolve il problema perché quella distruzione crea nuove difficoltà nella individuazione della faccia non nota e clandestina dell'organizzazione che può aumentare di effettivi con i nuovi adepti e con i veterani scappati dall'Afghanistan. "Se la pressione internazionale dovesse diminuire e il controllo sulle comunità della diaspora dovesse calare di tono - ha scritto il generale Fabio Mini ("La guerra dopo la guerra", Einaudi) si può essere certi della ripresa dell'organizzazione". È una conclusione accettata oggi anche dall'intelligence americana. Le agenzie Usa raccolgono informazioni che mostrano come "Al Qaeda non è stata azzerata da uccisioni e arresti" come va ripetendo Bush. Al contrario, i dati in possesso dell'intelligence, secondo il New York Times, mostrano che "la rete terroristica ha un'inaspettata flessibilità e capacità di autorigenerarsi".

Il lavoro sul campo dice che Al Qaeda ha conservato alcuni elementi della precedente struttura centralizzata di comando e di comunicazione utilizzando giovanissimi ingegneri sapientissimi nello scambiare messaggi criptati con i capi delle "succursali" in Gran Bretagna, in Turchia, in Nigeria, per fare qualche esempio. Rimessa in sesto "la testa" e "le articolazioni", Al Qaeda ha approfittato del tempo che le è stato sciaguratamente concesso per ridare fiato alla riorganizzazione delle reclute e pianificare una nuova stagione di morte e terrore. Anche in questo caso, le informazioni di fonte americana confermano la rediviva capacità di Al Qaeda.

I satelliti spia del Pentagono hanno "illuminato", il mese scorso, una ripresa dell'attività nei vecchi campi d'addestramento in territorio pachistano (bombardati nei giorni scorsi). Mentre è saltato fuori che appena in marzo nella provincia del Waziristan ci sarebbe stata una riunione dei responsabili della Rete. "Le personalità coinvolte, le operazioni, il fatto che sia venuto un esperto importante di esplosivi è estremamente significativo" ha confermato Pervez Musharraf a Time. Sono tutte tracce di una rafforzata pericolosità. Aggravata, se si dà retta agli analisti israeliani, dalla consapevolezza che Bin Laden e il suo vice Ayman Al Zawahiri, pur al vertice dell'organizzazione, sono ormai "solo punti di riferimento e la loro eventuale cattura non avrebbe più una grande influenza" sui destini della partita perché nel frattempo si è fatta avanti una nuova generazione di integralisti che Tel Aviv chiama "Al Qaeda 2.0" mutuando dal linguaggio informatico la versione aggiornata di un software.

I giovani qaedisti. Il problema ha, dunque, cambiato veste e colore. Al Qaeda non ha bisogno di uno Stato da occupare o da cui farsi proteggere. È più protetta, inafferrabile e incontrollabile se dispersa. Le è sufficiente e più conveniente costruire un accettabile potere nelle comunità della diaspora, conservare un'influenza nelle comunità mono o multietniche. Se ci sarà quest'incremento della potenzialità clandestina, se i possibili centri del terrore si moltiplicheranno e disperderanno, la "bestia" diventerà inafferrabile come un fantasma. Per vedere le tracce di questo pericolo, va raccontata la biografia dei most wanted. Sono giovani. Hanno meno di trent'anni e spesso meno di venticinque. Hanno vissuto e studiato in Occidente.

Non conoscono la Bosnia, l'Afghanistan, non sanno dove è il Caucaso. Qualche nome, qualche storia. Alla riunione di marzo in Pakistan c'era (dicono) Adnan el Shukrijumah, 29 anni, origine arabo-guyanese. È cresciuto in Florida, ha un brevetto di pilota, per l'Fbi potrebbe essere "il nuovo Mohammed Atta", il leader del commando dell'11 settembre. Abu Mussab Al Suri (il vero nome è Mustafa Abdel-Qader Set-Maryam) è con Mussab al Zarqawi forse il migliore target del controterrorismo occidentale. È cresciuto in Occidente. Ha vissuto in Spagna e poi a lungo in Gran Bretagna (ha raggiunto alcuni mesi fa l'Iraq). Sono i nuovi qaedisti. Sono il problema di oggi.

La cosa giusta. "Dall'inizio della guerra al terrorismo - dice Reuven Paz, dell'Istituto dell'antiterrorismo di Tel Aviv (Itc) - sono state arrestate 8.000 persone sospettate di essere coinvolte con la Rete di Bin Laden. Tra queste, solo mille erano quadri effettivi di Al Qaeda. Troppo poco, dopo aver investito miliardi di dollari". "Il vincitore materiale e morale assoluto di questa fase della guerra è stato soprattutto l'apparato della Difesa americana", osserva Fabio Mini. Il budget per la Difesa Usa per il 2003 è stato di 379 miliardi di dollari, una cifra che rappresenta un incremento del 30 per cento rispetto al 1998 ed è del 93 per cento più alto della media dei bilanci Usa durante gli anni Ottanta della Guerra fredda.

Risorse enormi. Potevano essere spese meglio, con più utilità per la sicurezza degli americani e dell'Occidente? Atlantic Monthly ha fatto qualche conto. Bush ha speso finora 144 miliardi dollari per la guerra al terrorismo. Come dire che ognuno dei mille qaedisti è costato 144 milioni di dollari. Se il presidente ha fatto la cosa giusta contro il terrorismo in nome della sicurezza degli Stati Uniti - si è chiesto Atlantic Monthly - perché solo 8 dei 440 aeroporti d'America hanno in dotazione la più sofisticata macchina per l'individuazione di esplosivi nei bagagli? Non sarebbe stato, per dire, più conveniente e utile accelerare con 2 miliardi e mezzo di dollari il programma di disarmo per la disattivazione di 6 mila testate nucleari o con la spesa di 15,5 miliardi di dollari raddoppiare il numero attuale degli effettivi della forze speciali impiegate alla caccia ad Al Qaeda?
E dunque. George W. Bush ha fatto davvero la cosa giusta contro il terrorismo?


(12 settembre 2004)
 
ma perchè discutete tanto su questi argomenti quando invece si dovrebbe essere tutti uniti contro tali atrocità?
 
FeRR@ ha scritto:
ma perchè discutete tanto su questi argomenti quando invece si dovrebbe essere tutti uniti contro tali atrocità?

Perfettamente ragione.
Ma io non discuto, testimonio.
La qual cosa è diversa.
SE Lilli..( la rossa) e D'Alema sono stati sconfessati perfino al Festival loro dai comunisti iracheni...
Che hanno ribadito che sono TERRORISTI e non "resistenti" e hanno pregato la rossa vestita di cachemire di non dire...inesattezze( chiaAMIAMOLE COSì).

E la "rossa" era imbarazzata e sconfessata....


che posso dire io?

Vulesemose bene...si, si,,lo dico.

Lo penserei e lo vorrei, ma...i fatti mi dimostrano il contrario.

E nello stesso tempo dico anche che sono contro i barbari, i tagliatori di gola muniti di coltello per maiali e orologi cafoni e di oro massiccio, i filmatori di gente rantolante, gli uccisori di poveri lavoratori che andavano a cercare solo il pane, le porche vestite di nero che inseguivano bambini terrorizzati.

Io sono contro queste atrocità, non ho bisogno di discutere.
E tu..stai contro queste cose ?Spero di si.
Per me, stavolta, non è un dibattito, è sopravvivenza della mia civiltà e dei miei nipotini


Del resto ho amici che la pensano diverso, ma con cui si parla , si ddiscute...ognuno, forse, resta della propria idea, ma..il piatto di minestra o il companatico...son certa...si divide :)
 
FeRR@ ha scritto:
ma perchè discutete tanto su questi argomenti quando invece si dovrebbe essere tutti uniti contro tali atrocità?

tutti uniti....chi?
tali atrocità..... quali? quante? dove?
gli innocenti da una parte e i colpevoli dall'altra?
chi è innocente e chi colpevole?

beslan e quei poveri bambini sono l'effetto..... un effetto...

se non curi la causa... l'effetto ritorna..... e si moltiplica.
il confronto (e non "la discussione")..... dovrebbe servire a questo.
a capire quali sono le cause ed iniziare a rimuoverle.
liberi da schemi mentali.
 
la penso diversamente o meglio forse faccio una lieve differenza tra post dibattito e post in memoria di tali tragedie....... cercate di capire quel che voglio dire...
 
Stato
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