Sorpresa: noi i meno indebitati d’europa
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Il nostro Paese ha impegni impliciti e complessivi migliori di Germania e Francia
Sarebbe bello... Se l’italia fosse un paese poco indebitato, quanti problemi potremmo evitare! Sarebbe comunque necessario fare molte riforme, ma senza il peso di quell’enorme esposizione finanziaria, che ci rende poco credibili sui mercati.
L’ironia della sorte è che l’italia, pur non essendo certo virtuosa, è davvero il paese meno indebitato d’europa. Meno della Germania, meno della Finlandia, sempre pronte a darci lezioni. Molto meno della Francia, per non parlare degli altri paesi mediterranei in difficoltà; e anche della Gran Bretagna o, allargando gli orizzonti, gli Stati Uniti.
Non è uno scherzo, né un gioco. È proprio così. Non perché come si dice spesso, le famiglie italiane riequilibrano la situazione con la loro ricchezza (un’idea che inevitabilmente evoca lo scenario di nuove imposte patrimoniali). Si può dimostrare il primato italiano tenendo conto delle sole passività. Di tutte, però: di tutti gli impegni che lo stato ha preso con i cittadini.
Il debito trattato sui mercati, quello che ci dà mille grattacapi con lo spread dei suoi rendimenti, non è tutto, infatti. Ogni diritto riconosciuto dallo Stato, per esempio con le pensioni o la sanità, o l’assistenza agli anziani crea un "debito" verso i cittadini, sia pure implicito, entro certi limiti calcolabile. L’unica differenza con l’altro debito, quello esplicito, finanziario, è che il peso di questi impegni nascosti graverà tutto sulle prossime generazioni: un regalo - non molto gradito, c’è da scommetterci - dei padri ai figli, dei nonni ai nipoti.
La cosa in comune tra le due categorie di debito, invece, è che per rimborsare o pagare queste somme bisognerà in ultima istanza fare ricorso alle imposte. L’imperativo della crescita del Pil nominale - e quindi di un incremento bilanciato e stabile di Pil reale e inflazione – diventa quindi ancora più forte. Al punto che, nell’incertezza delle stime, il debito complessivo così calcolato è – oltre che una misura della sostenibilità fiscale del lungo termine dell’attuale legislazione - anche un termometro della necessità di riforme strutturali.
Tutte le analisi finora compiute sugli impegni impliciti - la cosiddetta contabilità generazionale, legata al nome di Laurence Kotlikoff dell’università di Boston - dicono la stessa cosa: l’italia, dal punto di vista del debito complessivo, è la migliore in assoluto tra i paesi ricchi. L’ultimo studio, realizzato (in tedesco) da Stefan Moog e Bernd Raffelhüschen e rilanciato e ampliato da un report di Andreas Rees di Unicredit Bank di Monaco di Baviera, mostra che il nostro paese ha impegni impliciti pari al 28% del Pil e complessivi (tenuto conto di quelli ufficiali, finanziari) del 146% del Pil, contro il 193% della Germania, il 338% della Francia e il 549% della Spagna. Grecia e Irlanda superano il 1000% (rispettivamente 1017% e 1497%) mentre il piccolo Lussemburgo, con il suo minidebito finanziario pari al 19% del Pil, a causa anche delle sue dimensioni, è gravato da un peso complessivo che arriva al 1.115% del Pil.