Sarkozy: «La Bce dovrà fare di più per la crescita»
In campagna elettorale posizione analoga a quella del socialista Hollande
A cinque giorni dal primo turno dell’elezione presidenziale (domenica 22 aprile), Nicolas Sarkozy, del quale i sondaggi continuano a prevedere una secca sconfitta, gioca le sue ultime carte. Anche a costo di sembrare contraddittorio, di creare confusione nel suo stesso campo politico e di incrinare l’asse con l’alleato tedesco. Nel discorso di domenica in Place de la Concorde, davanti a decine di migliaia di simpatizzanti, il presidente uscente ha chiamato in causa la Bce. E il ruolo che la banca centrale potrebbe, dovrebbe giocare per sostenere la crescita e aiutare l’europa a uscire dalla crisi.
«Apriremo il dibattito - ha detto Sarkozy - anche sul ruolo della Bce nel sostegno alla crescita. Non ci devono essere argomenti tabù, temi vietati. Se non ci sarà un sostegno della Bce non avremo abbastanza crescita. L’europa deve diminuire i suoi livelli di debito, non ha scelta. Ma non ha scelta neppure tra deflazione e crescita. Se opta per la deflazione scomparirà. Dobbiamo ricordarci di quello che è successo negli anni 30». E ha sottolineato «i limiti delle regole che il Trattato di Maastricht ha fissato» sulla missione della Bce.
Il cui «compito principale» è di «garantire la stabilità dei prezzi nella zona euro», con l’obiettivo di un’inflazione al di sotto ma vicina al 2 per cento. Trattato che vieta inoltre alla Bce, e alle banche centrali nazionali, l’acquisto diretto di debito pubblico. Per evitare appunto la creazione indiretta di inflazione.
Un intervento, quello di Sarkozy, che ha stupito per almeno due motivi: perché «un riorientamento del ruolo della Bce a sostegno della crescita e dell’occupazione» è un cavallo di battaglia dell’avversario socialista François Hollande (al punto 11 del suo programma); e perché lo scorso 24 novembre, al summit trilaterale di Strasburgo (con Angela Merkel e il capo del Governo italiano Mario Monti), il presidente francese e la cancelliera tedesca si impegnarono a non parlare più, almeno pubblicamente, della Bce. Per non alimentare timori di un attacco della politica alla sua autonomia.
Gelida la reazione di Berlino: «Il Governo tedesco - ha detto il portavoce Steffen Seibert - ha la profonda convinzione che la Bce debba esercitare il proprio mandato in maniera totalmente indipendente. E questa convinzione è nota a Parigi».
Che la Francia abbia una posizione diversa dalla Germania sui rapporti tra Governi e Bce è cosa nota e da sempre oggetto di confronto tra i due Paesi. Ma in questi ultimi mesi era sembrato che la Francia si fosse definitivamente inclinata alla linea tedesca.
La campagna elettorale, le difficoltà di Sarkozy e forse anche le nuove tensioni sul mercato (lo spread tra decennali francesi e tedeschi è risalito a quota 130 punti, in larga parte a causa del calo dei tassi sui bund) hanno cambiato lo scenario e rilanciato il malumore di Parigi. Che vorrebbe dalla Bce iniziative finalizzate a ottenere un tasso di cambio più favorevole all’euro, per agevolare le esportazioni, e una ripresa degli acquisti di titoli sovrani sul mercato secondario. Cullando l’idea di una futura revisione del Trattato per trasformare l’istituto di Francoforte in un prestatore di ultima istanza, sull’esempio della Fed americana e della Banca d’inghilterra. Ovviamente sarcastica la reazione di Hollande, che in una dichiarazione al Financial Times ha criticato la Bce per non essere intervenuta massicciamente a sostegno della Grecia.