Tbond Bund (VM69) 2013: Bandits Unchained tra Krug bubbles and balls (1 Viewer)

f4f

翠鸟科
premesso che hanno ancora della cacca da spalare vedi debiti banche e vedi emigrazione dei giovani che ha fatto si che il tasso di disoccupazione migliorasse sicuramente c'è maggiore disponibilità all'iuto perchè nonostante le porcate fatte sono riusciti a costruire una maggiore fiducia nel loro operato; stesso discorso per la Spagna che è anche lei ancora nella caca ma qualche segnale di migliroamento migliore del nostro lo ha dato.... Noi al momento non diamo fiducia e bisognerebbe capire perchè... :-o


aaaaaaaaaaaaaaahhhhhhhrrrggghhhhhhh
:wall::wall::wall::wall::wall:

mi si è coagulato il fegato dalla rabbia :wall::wall::wall::wall:
 

f4f

翠鸟科
shabib :up::up::up: ciao :)





Abbandonare l’euro? Illusione che non può sedurre


Questa è la semplice e seducente storia che racconta chi pensa che faremmo bene a liberarci dalle grinfie di una moneta che secondo loro ci ha impoverito.



Per valutare l’attendibilità del ragionamento è utile ricordare come sono davvero andati gli spensierati anni ottanta. È vero che erano caratterizzati da una discreta crescita reale del 2-3% l’anno. Purtroppo, la ricchezza creata è stata in gran parte alimentata dalla benzina di una spesa pubblica incontrollata, che è cresciuta nel decennio in termini reali del 55% e come incidenza sul Pil di circa 7 punti. Il fardello del pesante debito pubblico che ci portiamo appresso fu creato in gran parte in quegli anni. La finta ricchezza era un trasferimento a favore dei beneficiari delle facili assunzioni statali, dei destinatari della valanga di contributi erogati nel nome della ricostruzione post Irpinia e del popolo dei Bot che godeva di interessi straordinariamente alti. Il conto di quella festa lo paghiamo noi e lo pagheranno i nostri figli e i nostri nipoti, che dovranno per decenni finanziare un debito di oltre duemila miliardi di euro.
Il rave party degli anni ottanta finì poi male.



Nel 1992 un paese oberato da un debito altissimo e interessi insostenibili ha dovuto svalutare il cambio e, insieme, sottoporsi a una pesante restrizione di bilancio: ne seguì il blocco della crescita, il crollo degli investimenti, la perdita di oltre un milione di posti di lavoro e un balzo dell’iniquità nella distribuzione dei redditi. Comunque, tutto ciò non sarebbe bastato: dovevamo ridurre i tassi d’interesse e generare un rilevante avanzo primario per rendere sostenibile il nostro debito. Lo abbiamo fatto confermando il nostro impegno ad entrare nella moneta unica e a farlo fin dall’inizio. L’ancora della moneta unica ha salvato il paese.




Il problema è che l’ossigeno accumulato nella seconda metà degli anni novanta fu consumato nel decennio successivo. Avremmo dovuto rendere più produttiva la spesa pubblica, migliorare la regolazione dei servizi per contenerne il costo, utilizzare meglio le risorse destinate a investimenti pubblici costosissimi (1% di Pil più della Germania) e spesso inutili, ridurre in modo duraturo l’evasione fiscale, trasformare la spesa sociale da un bancomat di assegni a servizi efficienti e sburocratizzare il paese. Invece, la spesa pubblica ha continuato ad aumentare, e con essa il costo dei servizi pubblici, e la burocrazia è peggiorata anche a seguito dell’improvvida modifica del titolo V della Costituzione. Il risultato? Una bassa crescita fino al 2007 e un pesante declino successivamente. Risultati molto peggiori di quelli degli altri principali paesi, dovuti - è bene ricordarlo a chi propone di uscire dall’euro - non tanto all’export, ma alla bassa produttività dei settori che producono per il mercato interno.





Immaginiamo adesso di uscire dall’euro. Primo problema: dal momento in cui la decisione cominciasse a maturare, ci sarebbero massicce fughe di capitali all’estero, tali da portare rapidamente al collasso lo Stato e il sistema bancario. Secondo problema, ammesso di superare il primo: il debito verso l’estero aumenterebbe di colpo. Significherebbe, come in Grecia, dover dichiarare un default e rinegoziare il debito. Terzo problema: nel 1992 lo spread con la Germania superò i 700 punti, nonostante il nostro tasso di crescita fosse più alto. Con un rischio default e con una crescita zero, a quanto salirebbe? 900? 1000? Torneremmo al 1992, con tre differenze. Prima, i numeri saranno peggiori e conseguentemente l’impoverimento sarà ancora più drammatico. Seconda, non ci sarà più la prospettiva di un’ancora di salvezza che era ed è l’Euro. Terza, nel caos che regnerebbe, verrebbe a mancare lo stimolo per fare quelle riforme di cui abbiamo comunque bisogno.



A chi vuole uscire dall'Euro diciamo: facciamo prima quelle riforme, poi potremo pure valutare se tornare alla lira. La verità è che se le realizzeremo è probabile che a quel punto scopriremo che tutto sommato non è cosi male rimanerci dentro. E' un rischio che possiamo correre!
 

shabib

Forumer storico
shabib :up::up::up: ciao :)





Abbandonare l’euro? Illusione che non può sedurre


Questa è la semplice e seducente storia che racconta chi pensa che faremmo bene a liberarci dalle grinfie di una moneta che secondo loro ci ha impoverito.



Per valutare l’attendibilità del ragionamento è utile ricordare come sono davvero andati gli spensierati anni ottanta. È vero che erano caratterizzati da una discreta crescita reale del 2-3% l’anno. Purtroppo, la ricchezza creata è stata in gran parte alimentata dalla benzina di una spesa pubblica incontrollata, che è cresciuta nel decennio in termini reali del 55% e come incidenza sul Pil di circa 7 punti. Il fardello del pesante debito pubblico che ci portiamo appresso fu creato in gran parte in quegli anni. La finta ricchezza era un trasferimento a favore dei beneficiari delle facili assunzioni statali, dei destinatari della valanga di contributi erogati nel nome della ricostruzione post Irpinia e del popolo dei Bot che godeva di interessi straordinariamente alti. Il conto di quella festa lo paghiamo noi e lo pagheranno i nostri figli e i nostri nipoti, che dovranno per decenni finanziare un debito di oltre duemila miliardi di euro.
Il rave party degli anni ottanta finì poi male.



Nel 1992 un paese oberato da un debito altissimo e interessi insostenibili ha dovuto svalutare il cambio e, insieme, sottoporsi a una pesante restrizione di bilancio: ne seguì il blocco della crescita, il crollo degli investimenti, la perdita di oltre un milione di posti di lavoro e un balzo dell’iniquità nella distribuzione dei redditi. Comunque, tutto ciò non sarebbe bastato: dovevamo ridurre i tassi d’interesse e generare un rilevante avanzo primario per rendere sostenibile il nostro debito. Lo abbiamo fatto confermando il nostro impegno ad entrare nella moneta unica e a farlo fin dall’inizio. L’ancora della moneta unica ha salvato il paese.




Il problema è che l’ossigeno accumulato nella seconda metà degli anni novanta fu consumato nel decennio successivo. Avremmo dovuto rendere più produttiva la spesa pubblica, migliorare la regolazione dei servizi per contenerne il costo, utilizzare meglio le risorse destinate a investimenti pubblici costosissimi (1% di Pil più della Germania) e spesso inutili, ridurre in modo duraturo l’evasione fiscale, trasformare la spesa sociale da un bancomat di assegni a servizi efficienti e sburocratizzare il paese. Invece, la spesa pubblica ha continuato ad aumentare, e con essa il costo dei servizi pubblici, e la burocrazia è peggiorata anche a seguito dell’improvvida modifica del titolo V della Costituzione. Il risultato? Una bassa crescita fino al 2007 e un pesante declino successivamente. Risultati molto peggiori di quelli degli altri principali paesi, dovuti - è bene ricordarlo a chi propone di uscire dall’euro - non tanto all’export, ma alla bassa produttività dei settori che producono per il mercato interno.





Immaginiamo adesso di uscire dall’euro. Primo problema: dal momento in cui la decisione cominciasse a maturare, ci sarebbero massicce fughe di capitali all’estero, tali da portare rapidamente al collasso lo Stato e il sistema bancario. Secondo problema, ammesso di superare il primo: il debito verso l’estero aumenterebbe di colpo. Significherebbe, come in Grecia, dover dichiarare un default e rinegoziare il debito. Terzo problema: nel 1992 lo spread con la Germania superò i 700 punti, nonostante il nostro tasso di crescita fosse più alto. Con un rischio default e con una crescita zero, a quanto salirebbe? 900? 1000? Torneremmo al 1992, con tre differenze. Prima, i numeri saranno peggiori e conseguentemente l’impoverimento sarà ancora più drammatico. Seconda, non ci sarà più la prospettiva di un’ancora di salvezza che era ed è l’Euro. Terza, nel caos che regnerebbe, verrebbe a mancare lo stimolo per fare quelle riforme di cui abbiamo comunque bisogno.



A chi vuole uscire dall'Euro diciamo: facciamo prima quelle riforme, poi potremo pure valutare se tornare alla lira. La verità è che se le realizzeremo è probabile che a quel punto scopriremo che tutto sommato non è cosi male rimanerci dentro. E' un rischio che possiamo correre!

buona giornata ancora caro f4f :) molto importante e da tenere presente quello che hai postato :up::up::up:

e' la decisione piu' importante e delicata che l'italia si trova a prendere ed e' indubitabile che se velocemente riesce a snellire le spese dello stato ed entrare in un circuito virtuoso a quel punto l'euro non ci pesera'
 
Ultima modifica:

f4f

翠鸟科
buona giornata ancora caro f4f :) molto importante e da tenere presente quello che hai postato :up::up::up:

e' la decisione piu' importante e delicata che l'italia si trova a prendere ed e' indubitabile che se velocemente riesce a snellire le spese dello stato ed entrare in un circuito virtuoso a quel punto l'euro non ci pesera'


perfettamente !! :up::up:

l'euro è stato un investimento:
quindi un costo entrarci nel 1992, ma anche una opportunità di tassi nbassi per 20 anni ... e chi è indebitato fortemente beneficia dei bassi tassi
noi paghiamo 20 anni di incapacità politiche, di 'tutto va bene i ristoranti sono pieni' e ccecc

non è l'euro ad essere la causa ma semmai sintomo ed effetto: non è la febbre che va curata, ma la polmonite

purtroppo i catastrofici politici di questi 20 anni ( dx con le mancate riforme liberali, sx con sfruttamento di rendita di posizione economivo-politica)
sono ancora lì
meglio la merkel a dalema+berlusko?


il vertice è marcio
Ligresti: «Chiamai Berlusconi e dissi che Cancellieri voleva rimanere a Parma». Il ministro: «Dichiarazioni surreali»



saranno surreali, ma le telefonate sono confermate
in una nazione meno incivile, il ministro si sarebbe dimessa IMMEDIATAMENTE per poi dimostrare la sua (auspicabile) estaneità ed innocenza








a titlo di paragone : 1988



SVIZZERA, LA DONNA MINISTRO TRAVOLTA DAL MARITO FACCENDIERE

BERNA Anche il paese al di sopra di ogni sospetto ha ora il suo scandalo politico. Elizabeth Kopp, cinquantaquattrenne titolare del ministero di Giustizia e Polizia, prima donna svizzera ad essere entrata nel governo, ha dato le sue dimissioni. Dopo le rivelazioni di venerdì scorso del quotidiano di Losanna Le Matin di aver passato notizie coperte da segreto d' ufficio al marito Hans Kopp, il chiacchierato avvocato coinvolto nell' affare del riciclaggio di narcodollari, la posizione di Elizabeth Kopp si era fatta insostenibile. In un sondaggio-blitz fatto dal giornale Sonntagsblick quattro svizzeri su cinque hanno dichiarato domenica di non nutrire più fiducia nel ministro della Giustizia, di non ritenerlo più al di sopra di ogni sospetto. Praticamente tutta la stampa svizzera si è distanziata dalla Kopp chiedendo senza mezzi termini le sue dimissioni.



una settimana per le dimissioni ...






e venne assolta .... anni dopo, nel 1990





ASSOLTO L' EX MINISTRO

LOSANNA Assolta, dopo essere stata alla sbarra per cinque giorni. Un' assoluzione con molte ombre, però, quella di Elisabeth Kopp, l' ex ministro svizzero della Giustizia. Il tribunale penale della Corte Federale di Losanna, infatti, le ha imposto di pagare i quattro decimi delle spese processuali, diritto che di solito non si esercita nelle sentenze di assoluzione piena. Si è preferito agire in maniera soffice, non condannando la signora Kopp. Forse è mancato il coraggio politico, perché, non dobbiamo dimenticarlo, in Svizzera la Corte Federale è espressione giuridica delle forze di governo e delle comunità linguistiche. O forse, sotto il profilo squisitamente giuridico, non si poteva provarne la colpevolezza piena. Lo stesso pm, il procuratore pubblico straordinario di Friburgo, Josef Daniel Piller, si era limitato a chiedere 8 mila franchi di multa, sei milioni di lire. Così, ieri, nel primo pomeriggio, Elisabeth Kopp ha ridisceso per l' ultima volta i ventun gradini della vergogna, quelli che nei giorni scorsi era stata costretta a salire, per entrare in tribunale passando dall' ingresso principale del grigio e triste palazzo della Corte Federale. Fuori, qualcuno l' ha applaudita, e c' è chi le ha offerto dei fiori. Col marito, la figlia Brigitte, il genero, si è lasciata fotografare per l' ennesima volta, prima di montare a bordo della sua Mercedes familiare e sparire diretta verso Zomikon, il sobborgo dei miliardari di Zurigo. Dentro, nell' aula del tribunale illuminata fiocamente da un grosso lampadario, col pubblico diviso in due tribunette laterali, separate da vetrate insonorizzate, Elisabeth Kopp aveva assistito impassibile alle ultime fasi processuali, e alla lettura della sentenza. Assoluzione piena per Renate Scwob, la giurista che stava preparando l' articolo di legge sul riciclaggio di denaro sporco e che venne interpellata dal poliziotto Jacques André Kaeslin, il Serpico alla caccia dei narcotrafficanti e dei loro complici in doppiopetto. Lei non commise nessun reato parlando dell' inchiesta e mostrando il rapporto di Kaeslin alla segretaria personale del ministro, Katharine Schoop. Per cui il tribunale le ricnosceva addirittura venticinquemila franchi di risarcimento. Quanto alla Schopp, è vero, aveva commesso l' infrazione, ma in buona fede e in circostanze che rendono il reato di violazione del segreto d' ufficio non punibile. A lei, invece, all' ex ministro, assoluzione. Con qualche dubbio. Già: i cinque giudici della Corte Federale di Losanna, la massima istanza di ricorso della Confederazione elvetica, riconoscevano che l' ex ministro della Giustizia svizzera aveva telefonato al marito, l' avvocato d' affari Hans per avvertirlo che su una società da lui amministrata si stava indagando per riciclaggio di narcodollari. Si trattava davvero di violazione del segreto d' ufficio, tanto più grave perché a commetterla era proprio la massima responsabile delle legge in Svizzera? Non siamo riusciti a provarlo, spiegava lo stesso presidente della Corte, il socialista Albert Allemanna: ci è stato impossibile dimostrare che la Kopp conoscesse la fonte delle informazioni trasmesse al marito.











capiti ci siamo ??
 

gipa69

collegio dei patafisici
shabib :up::up::up: ciao :)





Abbandonare l’euro? Illusione che non può sedurre


Questa è la semplice e seducente storia che racconta chi pensa che faremmo bene a liberarci dalle grinfie di una moneta che secondo loro ci ha impoverito.



Per valutare l’attendibilità del ragionamento è utile ricordare come sono davvero andati gli spensierati anni ottanta. È vero che erano caratterizzati da una discreta crescita reale del 2-3% l’anno. Purtroppo, la ricchezza creata è stata in gran parte alimentata dalla benzina di una spesa pubblica incontrollata, che è cresciuta nel decennio in termini reali del 55% e come incidenza sul Pil di circa 7 punti. Il fardello del pesante debito pubblico che ci portiamo appresso fu creato in gran parte in quegli anni. La finta ricchezza era un trasferimento a favore dei beneficiari delle facili assunzioni statali, dei destinatari della valanga di contributi erogati nel nome della ricostruzione post Irpinia e del popolo dei Bot che godeva di interessi straordinariamente alti. Il conto di quella festa lo paghiamo noi e lo pagheranno i nostri figli e i nostri nipoti, che dovranno per decenni finanziare un debito di oltre duemila miliardi di euro.
Il rave party degli anni ottanta finì poi male.



Nel 1992 un paese oberato da un debito altissimo e interessi insostenibili ha dovuto svalutare il cambio e, insieme, sottoporsi a una pesante restrizione di bilancio: ne seguì il blocco della crescita, il crollo degli investimenti, la perdita di oltre un milione di posti di lavoro e un balzo dell’iniquità nella distribuzione dei redditi. Comunque, tutto ciò non sarebbe bastato: dovevamo ridurre i tassi d’interesse e generare un rilevante avanzo primario per rendere sostenibile il nostro debito. Lo abbiamo fatto confermando il nostro impegno ad entrare nella moneta unica e a farlo fin dall’inizio. L’ancora della moneta unica ha salvato il paese.




Il problema è che l’ossigeno accumulato nella seconda metà degli anni novanta fu consumato nel decennio successivo. Avremmo dovuto rendere più produttiva la spesa pubblica, migliorare la regolazione dei servizi per contenerne il costo, utilizzare meglio le risorse destinate a investimenti pubblici costosissimi (1% di Pil più della Germania) e spesso inutili, ridurre in modo duraturo l’evasione fiscale, trasformare la spesa sociale da un bancomat di assegni a servizi efficienti e sburocratizzare il paese. Invece, la spesa pubblica ha continuato ad aumentare, e con essa il costo dei servizi pubblici, e la burocrazia è peggiorata anche a seguito dell’improvvida modifica del titolo V della Costituzione. Il risultato? Una bassa crescita fino al 2007 e un pesante declino successivamente. Risultati molto peggiori di quelli degli altri principali paesi, dovuti - è bene ricordarlo a chi propone di uscire dall’euro - non tanto all’export, ma alla bassa produttività dei settori che producono per il mercato interno.





Immaginiamo adesso di uscire dall’euro. Primo problema: dal momento in cui la decisione cominciasse a maturare, ci sarebbero massicce fughe di capitali all’estero, tali da portare rapidamente al collasso lo Stato e il sistema bancario. Secondo problema, ammesso di superare il primo: il debito verso l’estero aumenterebbe di colpo. Significherebbe, come in Grecia, dover dichiarare un default e rinegoziare il debito. Terzo problema: nel 1992 lo spread con la Germania superò i 700 punti, nonostante il nostro tasso di crescita fosse più alto. Con un rischio default e con una crescita zero, a quanto salirebbe? 900? 1000? Torneremmo al 1992, con tre differenze. Prima, i numeri saranno peggiori e conseguentemente l’impoverimento sarà ancora più drammatico. Seconda, non ci sarà più la prospettiva di un’ancora di salvezza che era ed è l’Euro. Terza, nel caos che regnerebbe, verrebbe a mancare lo stimolo per fare quelle riforme di cui abbiamo comunque bisogno.



A chi vuole uscire dall'Euro diciamo: facciamo prima quelle riforme, poi potremo pure valutare se tornare alla lira. La verità è che se le realizzeremo è probabile che a quel punto scopriremo che tutto sommato non è cosi male rimanerci dentro. E' un rischio che possiamo correre!

Tu sai che non sono un eurista convinto, prima dell'ingresso nell'euro mi sono opposto come potevo (ero molto giovane ed inesperto) ad un progetto che mio papà, da buon liberale e uomo libero definiva molto pericoloso, perchè costruito per le elite e non per i popoli, non per il libero scambio ma per favorire gli scambi solo di alcuni. In ogni caso l'articolo mi sembra troppo di parte cosi come sono troppo di parte chi parla di uscita dell'euro con leggerezza e senza valutarne le conseguenze reali. Se non fossimo entrati con tutta questa fretta nell'euro e se avessimo fatto le riforme vere, non quelle del mercato del lavoro che hanno inevitabilmente contratto i consumi del paese e quindi lo sviluppo ma quelle che dovevano smantelllare il sistema lobbystico del paese allora forse ora non avremmo i problemi di euro si/ euro no.

Ora naturalmente i no euro di ritorno, quelli che pensano che fatto prima o fatto dopo è lo stesso presi da furore populista non capiscono che i danni maggiori colpirebbero ancora i soliti; perchè i grandi patrimoni sono fuori dall'Italia, le aziende multinazionali hanno oramai respiri tali che una crisi italiana impatta sui loro risultati solo parzialmente per cui chi ha voluto l'euro è gia fuori pericolo ed i danni ricadrebbero tutti sugli altri. La trappola è scattata tanti anni fa ed ora le medicine sono quasi tutte supposte...

Ora il problema è che chi ci detta le regole dall'Europa è un burocrate europeo, magari pragmatico ma pur sempre un burocrate preso da mille interessi nazionali (ed io penso che le ruote vengano unte anche da quelle parti e prima o poi qualche cosa salterà fuori) e quindi pronto ad ammazzarci, dall'latra chi vorrebbe tornare alla Lira è un nostalgico del passato, un nostalgico di un sistema paese che si reggeva per delle caratteristiche che ora in parte non esistono più.

Per cui di chi fidarsi diventa estremamente difficile e la manipolazione regna sia da una parte che dall'altra...
 

shabib

Forumer storico
Tu sai che non sono un eurista convinto, prima dell'ingresso nell'euro mi sono opposto come potevo (ero molto giovane ed inesperto) ad un progetto che mio papà, da buon liberale e uomo libero definiva molto pericoloso, perchè costruito per le elite e non per i popoli, non per il libero scambio ma per favorire gli scambi solo di alcuni. In ogni caso l'articolo mi sembra troppo di parte cosi come sono troppo di parte chi parla di uscita dell'euro con leggerezza e senza valutarne le conseguenze reali. Se non fossimo entrati con tutta questa fretta nell'euro e se avessimo fatto le riforme vere, non quelle del mercato del lavoro che hanno inevitabilmente contratto i consumi del paese e quindi lo sviluppo ma quelle che dovevano smantelllare il sistema lobbystico del paese allora forse ora non avremmo i problemi di euro si/ euro no.

Ora naturalmente i no euro di ritorno, quelli che pensano che fatto prima o fatto dopo è lo stesso presi da furore populista non capiscono che i danni maggiori colpirebbero ancora i soliti; perchè i grandi patrimoni sono fuori dall'Italia, le aziende multinazionali hanno oramai respiri tali che una crisi italiana impatta sui loro risultati solo parzialmente per cui chi ha voluto l'euro è gia fuori pericolo ed i danni ricadrebbero tutti sugli altri. La trappola è scattata tanti anni fa ed ora le medicine sono quasi tutte supposte...

Ora il problema è che chi ci detta le regole dall'Europa è un burocrate europeo, magari pragmatico ma pur sempre un burocrate preso da mille interessi nazionali (ed io penso che le ruote vengano unte anche da quelle parti e prima o poi qualche cosa salterà fuori) e quindi pronto ad ammazzarci, dall'latra chi vorrebbe tornare alla Lira è un nostalgico del passato, un nostalgico di un sistema paese che si reggeva per delle caratteristiche che ora in parte non esistono più.

Per cui di chi fidarsi diventa estremamente difficile e la manipolazione regna sia da una parte che dall'altra...


EHEH , GRANDE GIPA :up: anche qui avevi fatto un ottimo excursus :up:
Euristi entusiasti o non euristi di ritorno? Occhio alle posizioni ideologiche! | Opinioni dal mondo

Euristi entusiasti o non euristi di ritorno? Occhio alle posizioni ideologiche!

Quando anche posizioni comprensibili ed accettabili diventano una ragione di vita o di schieramento politico tutto diventa dogma.
 

f4f

翠鸟科
Tu sai che non sono un eurista convinto, prima dell'ingresso nell'euro mi sono opposto come potevo (ero molto giovane ed inesperto) ad un progetto che mio papà, da buon liberale e uomo libero definiva molto pericoloso, perchè costruito per le elite e non per i popoli, non per il libero scambio ma per favorire gli scambi solo di alcuni. In ogni caso l'articolo mi sembra troppo di parte cosi come sono troppo di parte chi parla di uscita dell'euro con leggerezza e senza valutarne le conseguenze reali. Se non fossimo entrati con tutta questa fretta nell'euro e se avessimo fatto le riforme vere, non quelle del mercato del lavoro che hanno inevitabilmente contratto i consumi del paese e quindi lo sviluppo ma quelle che dovevano smantelllare il sistema lobbystico del paese allora forse ora non avremmo i problemi di euro si/ euro no.

Ora naturalmente i no euro di ritorno, quelli che pensano che fatto prima o fatto dopo è lo stesso presi da furore populista non capiscono che i danni maggiori colpirebbero ancora i soliti; perchè i grandi patrimoni sono fuori dall'Italia, le aziende multinazionali hanno oramai respiri tali che una crisi italiana impatta sui loro risultati solo parzialmente per cui chi ha voluto l'euro è gia fuori pericolo ed i danni ricadrebbero tutti sugli altri. La trappola è scattata tanti anni fa ed ora le medicine sono quasi tutte supposte...

Ora il problema è che chi ci detta le regole dall'Europa è un burocrate europeo, magari pragmatico ma pur sempre un burocrate preso da mille interessi nazionali (ed io penso che le ruote vengano unte anche da quelle parti e prima o poi qualche cosa salterà fuori) e quindi pronto ad ammazzarci, dall'latra chi vorrebbe tornare alla Lira è un nostalgico del passato, un nostalgico di un sistema paese che si reggeva per delle caratteristiche che ora in parte non esistono più.

Per cui di chi fidarsi diventa estremamente difficile e la manipolazione regna sia da una parte che dall'altra...


premeso che sulla genesi concordo,
penso però anche che a trappola scattata,
o a progetto iniziato , o comunque si voglia dire,

qua siamo e qua dobbiamo decidere


imho il cammino è quello delle riforme e dell'abbattimento di lobby miopi al minimo e parassitarie più probabilmente
il passaggio sarà ad altre lobby? lo temo fortemente
ma temo assai di più la permanenza delle attuali caste italiche
 

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