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Incredibile ma vero, il Venezuela importa petrolio. E il default si avvicina
Il Venezuela per la prima volta nella storia sta importando petrolio. Un evento che sembra incredibile, visto che il Paese latinoamericano – storico e agguerrito membro dell'Opec – racchiude nel suo sottosuolo le riserve più ricche del mondo: ben 298,3 miliardi di barili di greggio secondo i dati dati Bp, contro i 265,9 miliardi dell'Arabia Saudita e i 174,3 del Canada (nonostante il clamore sullo shale oil, gli Usa ne hanno appena 44,2 miliardi). Eppure non si tratta di una bufala, ma di una vera notizia, che la dice lunga sulle difficoltà dell'industria petrolifera venezuelana e mette un ulteriore chiodo sul feretro della sua agonizzante economia.
I destini di Caracas sono del resto strettamente legati a quelli del petrolio, che rappresenta il 96% delle sue esportazioni, anche se rende la metà di quanto potrebbe: su 2,7 milioni di barili estratti, solo la metà fruttano qualcosa, perché il resto è regalato a Cuba e altri Paesi amici, inviato in Cina per ripagarla di finanziamenti di miliardi di dollari oppure autoconsumato.
Il default è ormai solo questione di tempo per il Venezuela, che ha un debito sovrano di 35,4 miliardi di $ più altri 32 miliardi in capo alla compagnia petrolifera statale Pdvsa. Il rendimento dei titoli di Stato è già salito oltre il 18%, peggio dell'Ucraina o dell'Argentina, che ha appena fatto default.
Il crollo delle quotazioni del barile – oltre il 20% in tre mesi – sta danneggiando molti produttori di petrolio: anche la Russia vacilla e secondo Deutsche Bank la Nigeria rischia di svuotare le casse dello Stato in meno di un anno se il barile non si riprenderà. Ma nessuno è in pericolo quanto il Venezuela, che già stava soffrendo in mille modi: gli scaffali dei negozi sono vuoti, l'inflazione al 63% è la più alta del mondo, le riserve di valuta pregiata si sono ridotte a meno di 20 miliardi di dollari.