Tempo a Milano - Cap. 1

Stato
Chiusa ad ulteriori risposte.
Siore e siori,
fatevi avanti. L' Italia è in vendita. Occasione da non perdere.
Prezzi mai visti e disponibilità a ulteriori sconti.
Coraggio siore e siori, condizioni irripetibili. Anche perchè non si saprà
cosa ripetere.

Ciao F.,..............;)
TUTTO, precedentemente pianificato a tavolino,..........:eek:
La ciliegina, risulterebbe, Draghi, come Presidente della Repubblica,.............:nnoo:
Mi auguro, sinceramente, di sbagliarmi,....che siano solo delle insensate elucubrazioni mentali,...............:wall::wall:

Ops, scusate,..............:ciao:
 
Commissione Ue taglia drasticamente stime di crescita 2014 e 2015

La Commissione Europea ha tagliato drasticamente le sue stime di crescita. Bruxelles prevede ora per il 2014 un aumento del PIL della zona euro dello 0,8% (contro l'1,2% della scorsa primavera) e per il 2015 dell'1,1% (contro +1,7% atteso precedentemente). Per il 2016 la Commissione Europea prevede una crescita dell'1,7%.
"La situazione economica e occupazionale non sta migliorando con sufficiente rapidità", ha spiegato Jyrki Katainen, il vice presidente della Commissione europea con delega al Lavoro, la Crescita e gli Investimenti. Pierre Moscovici, il commissario europeo agli Affari economici, ha avvertito che "non c'è una soluzione semplice ed univoca ai problemi dell'economia europea". Moscovici ha esortato ad agire su tre fronti: "politiche di bilancio credibili, riforme strutturali ambiziose ed investimenti sia pubblici che privati".
Secondo la Commissione Europea il mercato del lavoro si riprenderà solo gradualmente. Il tasso di disoccupazione dovrebbe scendere quest'anno all'11,6%, dall'11,9% del 2013. Per il 2015 e il 2016 è atteso un ulteriore calo, rispettivamente all'11,3% e allo 10,8%.
Le stime relative al tasso d'inflazione sono state ancora ridotte, per il 2014 dallo 0,8% allo 0,5% e per il 2015 dall'1,2% allo 0,8%. Per il 2016 la Commissione Europea prevede un tasso d'inflazione dell'1,5%.


Redazione Borsainside
 
Eni: Descalzi, persi circa 3,3 mln di barili/giorno per cause geopolitiche


(Il Sole 24 Ore Radiocor) - Roma, 04 nov - "Siamo arrivati a perdere circa 3,3 milioni di barili di olio al giorno per cause geopolitiche, per i disordini che ci sono nei vari Paesi". Lo ha detto l'amministratore delegato di Eni, Claudio Descalzi in audizione alla Commissione Industria del Senato fornendo una panoramica del cambiamento di scenario sia nel comparto oil che gas. "Nel giro di quattro-cinque anni- ha sintetizzato - la situazione sia sull'olio che sul gas e' completamente cambiata".


Ale
(RADIOCOR) 04-11-14
 
Yahoo come al solito ci va pesante ...



WSJ: Italia? Tossica per sè e l'Europa. Bce e QE ultima spiaggia


Scritto da Rossana Prezioso | Trend Online – 29 minuti fa



Tossica. Mancava solo questo al lungo elenco dei “complimenti” che la azione ha ricevuto. Dagli altri. Si, perchè fino a quando siamo noi italiani che in prima persona, chi più, chi meno, esprimono pareri e idee sul governo, l’economia, regi e difetti del BelPaese, transeat. Noi possiamo. Ma se a dirlo sono gli altri le cose cambiano. Diventano più serie. Si, perchè oltre a un certo senso del “fraccomodo” che abbiamo, è innegabile anche un altro fattore e cioè il campanilismo. Alla fine, infatti, se le cose non ci fossero andate del il verso giusto, fino in fondo, le avremmo cambiate, evidentemente a noi, in fondo, se non piace, fa comodo. Purtroppo ce ne accorgeremo quando la situazione degenererà a tal punto da essere una bomba sociale, cosa che già adesso è.
La tesi del WSJA ricordarcelo è il Wall Street Journal che, insieme al Financial Times rappresentano la Bibbia per eccellenza dei mercati. Eppure, proprio da quel pulpito arriva la condanna (ennesima) per l’Italia. Non solo è un paese il cui sistema economico è tossico, ma rappresenta al tempo stesso la miccia che accenderà la polveriera europea. Un’altra volta.
L’unica speranza? Riuscire a superare il banco di prova che rappresenta.
La premessaL’Italia è un buco nero per il debito pubblico, l’amministrazione elefantiaca, la paralisi politica, gli interessi di parte. Insomma un mix di cose che allo stato attuale le politiche non convenzionali della Bce (Toronto: BCE-PA.TO - notizie) non può risolvere ma che, allo stesso tempo, impattano in toto su tutto il territorio europeo. Non solo, ma anche il sistema bancario è sottocapitalizzato, più che altro perchè dietro non ha un governo in stile tedesco (o inglese) che possa intervenire massicciamente per salvarlo. In altre parole: Berlino è una garanzia che può permettersi, cosa che ha fatto, di sganciare 250 miliardi per rifare il sistema. Noi non andiamo oltre i 4 o 5 e già in questo caso non abbiamo sufficienti coperture. Da qui la paura per una serie di problemi che, se si dovessero presentare, rimarrebbero irrisolvibili.
Le strategie BceLa Bce è sempre più orientata, teoricamente, a portare avanti un progetto di QE su più piani, anche se l’ideale, per Francoforte, sarebbe riuscire a mettere le mani sui titoli di stato e poter dare il via a un piano di stimolo e assistenza in chiave Fed. Ma nel caso di Roma i numeri sono talmente impressionanti (debito a 135% del Pil) che persino Draghi con il suo “faremo tutto il possibile” alla fine potrebbe non poter fare niente. A monte di questo anche prestiti bancari al 53% del Pil con crediti al 40% delle passività finanziarie, mentre negli Usa non si va oltre il 15%. Troppa dipendenza da un sistema che è a rischio cortocircuito da tempo. Da tanto. Da troppo. Ancora di più se sis pensa che sono le basi di un’economia che avrebbe bisogno di un doping poderoso (leggesi anche miracolo) e invece trova le banche in crisi e all’asciutto perenne per colpa di ammanchi, crisi pregresse di cui si pagano ora i conti, Monti e Tremonti bond, con Fondazioni annesse e favoritismi connessi. Insomma, un po’ di tutto.
In altre parole il sistema bancario più debole del Vecchio Continente, che è ancora più pericoloso se si considera che ad essere sotto esame sono state solo 15 banche su poco meno di 700 e nonostante la percentuale così bassa del campione, questo ha evidenziato bassa redditività, governance difficile ostacolata anche dal peso (politico) delle fondazioni, quello (economico) di 320 milioni di euro di credito deteriorato. Insomma il primo nemico da sconfiggere, ancor prima che la crisi, è il sistema che l’ha creata.
 
USA, ordinativi all'industria -0,6% a settembre, sotto attese

Il Dipartimento del Commercio ha comunicato oggi che gli ordinativi all'industria (Factory Orders) sono calati negli USA a settembre dello 0,6%. Gli economisti avevano previsto un calo dello 0,5%.Il dato di agosto è stato rivisto leggermente al rialzo, da -10,1% a -10%.
Escluso il settore dei trasporti gli ordini di beni durevoli hanno registrato a settembre una variazione nulla.


Redazione Borsainside
 
Dieci buoni motivi per puntare sulle obbligazioni high yield USA

Le preoccupazioni per la crescita globale, i timori per una Federal Reserve meno accomodante, e la limitata liquidità del mercato high yield, hanno portato negli ultimi mesi ad un aggiustamento dei prezzi del comparto ad alto rendimento. Il mercato high yield USA, dopo la peggiore performance da tre anni a questa parte registrata nel terzo trimestre del 2014, ora offre un punto d’entrata molto più attraente. Anche se il mercato si è mosso velocemente recentemente, più di quanto si fosse potuto immaginare, credo che ci siano dieci valide ragioni per cui l’high yield USA a questi livelli può essere considerato un’opportunità d’acquisto.
1) I livelli dello spread sono tornati ai minimi registrati a ottobre 2013. A giugno di quest’anno lo spread è stato più basso, ma solamente per un breve intervallo di tempo. La recente correzione ha lasciato questi valori intorno al picco del 40%.
2) L’indice del BoFa Merrill Lynch US High Yield ha raggiunto recentemente il rendimento del 6,4%, avendo scambiato intorno ai minimi del 4,85% a giugno, ed è attualmente al 6%, livello che riesce ad attrarre gli investitori istituzionali.
3) Mentre il livello assoluto dei rendimenti dei titoli obbligazionari può sembrare basso rispetto alle medie storiche, le valutazioni in confronto a liquidità e titoli di Stato rimangono ancora convincenti.
4) Dato il livello relativamente alto del reddito generato dall’asset class, ed una previsione positiva rispetto ai default, l’asset class può sopportare un considerevole ampliamento degli spread prima di sottoperformare rispetto a liquidità e bond governativi. Assumendo un tasso di default pari al 2% e nessun cambiamento nei rendimenti dei titoli di Stato, gli spread delle obbligazioni high yield USA dovrebbero aumentare di circa 100 punti base rispetto all’attuale livello per registrare una performance peggiore di un Treasury USA di analoga duration. Questo vorrebbe dire ritornare a livelli di spread non registrati dal 2012.
5) Quest’anno, gli altri asset a reddito fisso hanno significativamente sovraperformato rispetto all’high yield. In base all’indice BoFa Merrill Lynch, i Treasuries hanno reso il 5,5% e corporate investment grade hanno reso il 7,7% year-to-date, mentre gli high yield statunitensi hanno guadagnato il 4,5%. Le obbligazioni con rating BB ( la categoria di obbligazioni con rating più alto tra gli high yield) si sono deprezzate notevolmente rispetto alle obbligazioni societarie BBB.
6) Le caratteristiche tecniche sono migliori rispetto a pochi mesi fa, quando l’asset class che hanno assistito a circa 20 milioni di dollari di deflussi nel 2014 (sulla base dell’indice BoFa Merrill Lynch). L’ondata di nuove emissioni è lentamente diminuita e il mercato è diventato più accorto nel comprare rischio.
7) I fondamentali delle compagnie statunitensi che hanno emesso obbligazioni ad alto rendimento, pur essendo peggiorati negli ultimi due anni, continuano ad essere ragionevoli, con leva e copertura degli interessi entrambe a 3,9x a livello di indice.
8) Gli scenari di default rimangono positivi. I rischi di rifinanziamento sono uno dei maggiori ostacoli per le aziende già indebitate, ma questi rischi appaiono limitati nei prossimi due anni, poiché molte aziende hanno beneficiato di un’abbondante liquidità per estinguere il loro debito.
9) Quando la Fed eventualmente alzerà i tassi, è probabile che rimarrà cauta e che l’irrigidimento della politica monetaria sarà lento. È decisamente poco credibile che il carry trade subisca una brusca battuta d’arresto in un futuro prossimo.
10) È probabile che politiche rigide siano accompagnate da un miglioramento dello scenario economico. Mentre la quota dei profitti aziendali rispetto al Pil è già relativamente alta, ciò potrebbe essere sostenibile nel contesto di un’economia più forte.


Stefan Isaacs, gestore del fondo M&G European Corporate Bond
 
Banca MPS: Per Exane il titolo è attrattivo

Exane BNP Paribas ha alzato il suo rating su Banca MPS (IT0001334587) da "Neutral" ad "Outperform" e fissato un target sul prezzo a €0,90.
La casa d'investimento francese spiega il suo ottimismo con la valutazione della banca senese. Gli analisti ritengono che le recenti perdite del titolo siano state eccessive e che l'attuale profilo rischio/rendimento sia molto attrattivo.
Exane si attende che la volatilità delle azioni rimarrà elevata nel breve termine, stima tuttavia che anche lo scenario peggiore sia ormai pienamente scontato.
Exane osserva che se dovesse materializzarsi il suo scenario base, che prevede oneri per €2 miliardi e un aumento di capitale da €2,1 miliardi, Banca MPS quoterebbe con un forte sconto rispetto alle rivali domestiche.
Exane non crede alle voci di takeover sulla banca, indica però che la speculazione su delle operazioni di M&A dovrebbe continuare sostenere il titolo.


Redazione Borsainside



Pero' Nit Holdings mette sul piatto 10 miliardi per la ristrutturazione del capitale di Mps ... che questo abbia avuto un peso determinante per la pubblicazione del report di Exane sull'istituto senese ?
 
Ultima modifica:
Petrolio: l'Arabia spiazza i mercati, barile ancora in forte calo - FOCUS


(Il Sole 24 Ore Radiocor) - Milano, 04 nov - Una mossa a sorpresa che ha innescato un nuovo capitombolo dei prezzi e generato forti tensioni sul mercato del greggio. La decisione annunciata nelle scorse ore dall'Arabia Saudita di tagliare i prezzi delle sue consegne di oro nero verso gli Stati Uniti - ma di aumentarli per le spedizioni verso altre aree, come l'Asia - ha colto in contropiede gli operatori del settore e sollevato molti interrogativi. Il risultato piu' immediato e' stato quello di un nuovo scivolone dei prezzi: negli Usa il Wti con consegna dicembre e' sceso a 77 dollari, in calo del 2,26% rispetto alla chiusura di ieri mentre il Brent del Mar del Nord viene scambiato a 82,5 dollari, il 2,28% in meno di ieri e sui minimi da oltre quattro anni, esattamente dall'ottobre del 2010. La mossa dell'Arabia e' stata interpretata da alcuni come un tentativo di scatenare una guerra dei prezzi negli Stati Uniti dove la sua quota di mercato e' in continuo calo a causa della crescita tumultuosa dell'estrazione di shale gas nel paese. Secondo i dati dell'Energy Information Administration (Eia), le importazioni di petrolio dall'Arabia hanno contribuito in agosto solo per il 4,6% al totale di greggio consumato negli Usa contro il 7% di un anno fa. Produrre shale gas con il processo del fracking e' tuttavia molto piu' costoso rispetto alle tradizionali tecniche di estrazione e dunque l'Arabia, e' l'interpretazione di alcuni analisti, avrebbe cercato di mettere in difficolta' i produttori americani mettendone sotto pressione i margini di profitto abbassando i suoi prezzi praticati sul mercato statunitense. Secondo un'altra interpretazione, tuttavia, l'obiettivo dell'Arabia sarebbe quello di garantire un maggiore margine di profitto ai raffinatori americani che acquistano greggio saudita. Si sarebbe dunque trattato di una mossa che mira a preservare e se possibile aumentare la propria quota di mercato negli Usa che non tanto una sfida diretta rivolta ai produttori di shale gas, anche se in fondo le due strategie potrebbero avere piu' di un punto in comune. Per la stessa Arabia del resto il crollo dei prezzi del greggio comporta grosse difficolta' finanziarie: secondo alcune stime, l'Arabia necessita di un prezzo medio del barile attorno ai 90 dollari per poter mantenere il proprio bilancio in parita' a meno di non riuscire ad allargare la propria quota di mercato. Nel complesso il settore appare comunque destinato ad attraversare una fase di prolungata spirale ribassista nel corso dei prossimi mesi a causa della debolezza della domanda espressa da un'Europa in difficolta' e da un'Asia che rallenta il proprio passo di marcia a fronte di una produzione che rimane su livelli elevati. Di pochi giorni fa le nuove stime di Goldman Sachs secondo cui il prezzo del wti scendera' a 75 dollari al barile entro la fine del primo trimestre 2015 e a 70 entro la fine del secondo prima di iniziare una lenta e graduale risalita. Stime che ormai appaiono a portata di mano ma che potrebbero anche essere rapidamente scavalcate qualora nel settore si dovesse veramente scatenare una guerra dei prezzi, aperta o nascosta che sia.

Cop
(RADIOCOR) 04-11-14
 
Sempre meglio il mensile caro Gilles...........Sempre meglio

Ahuuuuuuuuu tempi cupi, tempi da lupi? Nooooooooooo l'orsetto piano piano fa buuuuuuuuuuuuuuuuuuu
 
Stato
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