Oggi in scena il dilemma della Fed
Walter Riolfi 29 aprile 2015
E se la crescita economica degli Stati Uniti nel primo trimestre fosse ancor più bassa di quell’1% annualizzato che stima il mercato, cosa farà la Fed? Quest’oggi capiremo qualcosa in più: alle 14.30 con la pubblicazione del Pil e alle 20 con il comunicato del Fomc. Ma se si dovesse scommettere se è più probabile un rialzo dei tassi d’interesse a giugno, oppure anche a settembre come dice di credere il 73% degli economisti interpellati da Bloomberg, o paradossalmente, l’annuncio di un nuovo quantitative easing, sarebbe quest’ultima l’ipotesi più credibile.
Più che un paradosso, è un’iperbole: perchè con la quasi totalità degli indicatori macroeconomici Usa che segnalano da mesi una forte contrazione della crescita, se non addirittura stagnazione, con il dollaro forte che pesa sui ricavi di molte aziende americane e ne comprime i margini reddituali, con il Qe che impera in Europa, che sembra destinato a dilatarsi in Giappone e che è accarezzato anche dalla Cina, una stretta monetaria della Fed sarebbe un atto di puro autolesionismo. Viste le reazioni di ieri, parrebbe di capire che gli operatori valutari stiano scommettendo su un prolungata situazione di status quo; mentre quelli dell’obbligazionario propenderebbero per un rialzo dei tassi a settembre. Difatti il dollaro s’è indebolito su tutte le valute e ha quasi sfiorato quota 1,1 sull’euro; ma il rendimento del Treasury a 10 anni è salito di 7 centesimi (all’1,99%) e pure quello del titolo a 2 anni, il più sensibile alla politica della Fed, è leggermente cresciuto.
Difficile dire se i movimenti di ieri vadano letti come una reazione a dati macro sostanzialmente peggiori delle attese (fiducia dei consumatori e attività nell’area di Richmond), tranne che per i prezzi delle abitazioni (indice CaseShiller) leggermente superiori, oppure se siano la continuazione di una tendenza abbastanza consolidata sul mercato dei derivati (Cftc). Dove le scommesse su un rialzo del dollaro sono in sensibile calo da 4 settimane, ma quelle su un ribasso dei Treasury a medio e lungo termine sono in aumento.
Riolfi e' dell'opinione che gli Usa necessitano di un altro Qe. A mio avviso si e' dimenticato di vedere le trimestrali delle banche americane ... ora scoppiano di salute. E l'ultimo Qe americano e' stato elargito principalmente per salvarle. Omette di dire che FMI e BIS stanno facendo pressioni sulla Fed affinche' sgonfi la bolla che si e' formata sull'equity ... ponendo fine alla guerra delle valute. Sa' che gia' sono a regime 3 Qe (praticati da Bce Boj e Boe) e pretende che anche la Cina lo faccia (cosa che non fara' a mio avviso ... solo misure tampone .. magari gigantesche come il riacquisto di obbligazioni giunte a scadenza degli enti statali che non vuole piu' nessuno al fine di non farli fallire ... un Qe di nuovo debito con un preesistente complessivo intorno al 200% e' pura follia ... rinnovare il debito preesistente e' altra cosa invece) ma forse trascura che il dollaro forte e' segno che i flussi finanziari che vanno sotto il nome di Hot Money (generati anche dall'immisione di liquidita' dei tre predetti) stanno raggiungendo gli Stati Uniti e che solo una piccola frazione di flussi finanziari statunitensi (al confronto) sta raggiungendo l'equity europeo. Ed i fondi per il New Deal (a basso prezzo ... ora i Tips a 10 anni sono tornati al 2% di rendimento ... che combinazione ... mamma Fed ha un timing perfetto per le vendite mantenendo su quel livello il rendimento ed incassando i supergains ... merito del suo enorme portafoglio di tips di 4.000 milairdi di dollari) e' cio' che vuole Obama. Per fare la frittata pero' ... deve rompere le uova (l'attuale transitoria fase di bassa crescita). Come sempre ... parere personale.