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great gatsby

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@lr

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Expo 2015: ecco come il PdL (e Silvio) ci guadagneranno bei quattrini

1 ottobre 2010
Grazie ad un intervento dell’attuale ministro allo Sviluppo Economico, dopo l’evento del 2015, i terreni si rivaluteranno e chi li possiede metterà a segno un affare milionario.

L’Expo è un grande affare per i proprietari dei terreni sui quali, per il 2005, dovranno essere belli e pronti una miriade di grattacieli tra i 14 e i 18 piani, uffici, case, negozi. Mancano 5 anni all’evento eppure un piano ben preciso su come verranno strappati ai proprietari e sfruttati quei terreni non c’è ancora.

CINQUE GIORNI ALLA META – Mancano 5 giorni alla scandenza dell’ultimatum del Bureau international des Expositions, che vuol sapere cosa si sia fatto finora, e dettagli sulle modalità di utilizzo di quei terreni sui quali dovrebbe sorgere l’Expo non ci sono ancora. Le decisioni vere, se ci saranno – scrive Alberto Statera su Affari Finanza – verranno in un imminente incontro tra Roberto Formigoni e Giulio Tremonti. Il governatore vorrebbe una newco pubblico-privata, il sindaco di Milano Letizia Moratti, invece, terreni in comodato d’uso, da restituire ai proprietari con un valore almeno triplicato dopo il 2015.

L’AFFARE DEL CAVALIERE – Qualunque sia la soluzione pare che il presidente del Consiglio Silvio Berlusconi abbia già provveduto a mettere a segno il suo piccolo affare. I fortunati proprietari del suolo dove sorgerà l’Expo si chiamano Gianpiero Cantoni, parlamentare del PdL e presidente della Fondazione Fiera, e Marco Cabassi. Tra i terreni nella disponibilità di quest’ultimo ci sarebbero anche quelli cedutigli dal Cavaliere. Un’area di 500mila metri quadri agricoli a Monza in zona Cascinazza sulla quale il premier aveva un tempo intenzione di costruire 60 palazzi, una specie di Milano 4, venduta a Cabassi con una clausola di integrazione al triplo del prezzo in caso di valorizzazione. Una valorizzazione che sembra obiettivo facile da raggiungere.

IL RUOLO DI ROMANI – Grazie soprattutto ad un vecchio intervento del neoministro allo Sviluppo Paolo Romani. Romani, spedito a fare l’assessore al Comune di Monza, dove – racconta Affari & Finanza – venne soprannominato l’assessore agli affari di famiglia – ha già colto l’occasione dell’Expo per imbastire una variante al PGT che rende edificabile l’appezzamento. “La variante Romani, nel frattempo diventato assessore all’Expo, prevede - ricorda oggi Statera - un primo utilizzo dell’area per il 2015 e poi un riutilizzo residenziale, che farà affluire alla famiglia del Premier altri milioni per la valorizzazione dell’area“. Dopo l’approvazione di quella variante si parlò di edificabilità dell’area per un volume superiore a 500mila metri cubi, pari a 10 palazzi di 5 piani. Nominato assessore all’Urbanistica nel 2007, Romani, già coordinatore regionale di Forza Italia, risultò assente all’85% delle sedute dell’esecutivo del capoluogo brianzolo. Del quale ha fatto parte fino a novembre 2009. Nel momento delle dimissioni ha dichiarò di voler comunque continuare ad occuparsi dei progetti legati all’Expo. I terreni della famiglia Berlusconi furono acquistati dal fratello del Premier Paolo circa 30 anni fa.
 

@lr

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Expo e immobili, quegli
intrecci tra Podestà e Cabassi
La holding in mano alla moglie del presidente della Provincia, Noevia Zanella. Lui: tutto trasparente



La ragnatela societaria: scheda


Guido Podestà e la seconda moglie Noevia Zanella (Fotogramma) MILANO - Si è sempre saputo poco della storia dei due cappelli, piccolo ma non secondario capitolo di uno dei più grandi affari immobiliari milanesi degli ultimi anni. L’affare è quello dei terreni dell’Expo, a Nord Ovest di Milano. I due cappelli appartengono a Guido Podestà: il cappello da presidente della Provincia di Milano e poi quello da socio dei Cabassi. Cioè la storica famiglia di immobiliaristi proprietaria di una grossa fetta dei terreni dove sorgerà l’Esposizione Universale. A loro fa capo anche il 40%del capitale di una holding della famiglia Podestà. «Tutto trasparente», per l’uomo politico del Pdl.
TERRENI E MILIARDI - Sarà la Provincia insieme al Comune di Milano e alla Regione Lombardia a decidere la modalità (acquisto, newco, comodato d’uso) con cui acquisire dai privati la grande area dove si farà l’Expo 2015. Questa settimana potrebbe essere decisiva. Qualche numero: terreni per 1,1 milioni di metri quadrati (un quarto dei Cabassi, circa metà della Fiera di Milano), 1,7 miliardi di investimenti per il sito espositivo, oltre 10 miliardi per le infrastrutture di accesso. Per i terreni l’ipotesi oggi più probabile è quella del comodato d’uso, opzione preferita da Letizia Moratti e Podestà. È anche l’ipotesi più gradita ai Cabassi che dal 2007 a oggi hanno sempre mantenuto una posizione coerente: siamo sviluppatori, quindi preferiamo il comodato, ma discutiamo tutto purché ci sia chiarezza. Con il comodato i terreni vengono presi in prestito e poi restituiti a fine Expo con il cambio di destinazione da agricola a residenziale. A fronte della crescita esponenziale del valore, ai privati viene chiesto di contribuire alle infrastrutture con 75 milioni.

I DUE PODESTÀ - È in questo mix di interessi pubblici e privati che si inseriscono i «due» Podestà: l’amministratore della res publica e l’imprenditore legato strettamente ai Cabassi. Anzi per anni quasi aggrappato ai soldi che gli immobiliaristi milanesi hanno investito nella sua holding di famiglia, di cui sono creditori (secondo patti riservati) e garanti con le banche. Se da una parte Podestà ha un peso nella decisione sui terreni Expo, dall’altra i Cabassi hanno avuto un ruolo fondamentale per la sopravvivenza della sua holding. Ma da qui a sospettare presunti do ut des ce ne passa. È una fotografia, con molti dettagli che mancavano. Architetto, 64 anni, ex numero uno dell’Edilnord da cui partì la fortuna del Cavaliere, per 15 anni parlamentare Ue, scuola berlusconiana doc, Podestà saprà certamente separare gli interessi propri da quelli pubblici.

LA «PAGHETTA» - Al vertice della Pedemontana, intanto, ha messo un uomo di fiducia, Salvatore Lombardo, 56 anni, architetto. È amministratore delegato della società, controllata dalla Provincia, che gestisce 5 miliardi per il collegamento stradale Bergamo-Malpensa. Un business enorme che richiede la dedizione totale del manager di punta. Poi però si scopre che Lombardo è rimasto a libro paga della famiglia Podestà: prende 1.200 euro al mese per amministrare la Generale di Costruzioni («Generale»), di cui è presidente.

INCROCIO NELLA HOLDING - Ecco, è proprio qui che si incrociano gli interessi dei Podestà e dei Cabassi. Di suo il presidente della Provincia possiede appena il 3,78% del capitale, ma è la seconda moglie, Noevia Zanella, con cui c’è una perfetta simbiosi, ad avere la maggioranza assoluta (54%). I Cabassi però hanno in mano un assai influente 40% della Generale attraverso la loro Brioschi Sviluppo Immobiliare, quotata in Borsa. Sotto l’ombrello della holding dei Podestà c’è la partecipazione in una società che gestisce una residenza per anziani (Heliopolis) e l’immobiliare proprietaria dei muri. Ma la struttura, afferma il numero uno della Provincia, è stata venduta due settimane fa. «Sono tranquillo: abbiamo agito in modo trasparente» . Però, ad eccezione di una dichiarazione a Telelombardia in campagna elettorale, Podestà non ha mai parlato di questo rapporto d’affari. «Nessun altro — dice— ha mai chiesto chiarimenti, che io ricordi». La biografia sul sito della Provincia non dedica nemmeno una riga alle aziende di famiglia.

Il PATTO CON I CABASSI - Con i Cabassi era stato siglato un patto parasociale, ossia un contratto (riservato) che regola le relazioni economiche tra i due soci. Secondo il bilancio 2010, la Generale ha un debito di 3,5 milioni con la Brioschi e su quei soldi paga un tasso fisso del 6%annuo. Poi è molto indebitata con Montepaschi per il finanziamento (35 milioni) che servì a comprare l’immobile delle Residenze Heliopolis. Mps ha in pegno le quote societarie. Ma c’è anche la stampella dei Cabassi che per la loro quota-parte hanno rilasciato una fideiussione da 14 milioni a favore di Mps. Senza complicare troppo: i bilanci sono in profondo rosso da anni e nel 2011 è scattato l’allarme del patrimonio netto negativo. Cioè i soci avrebbero dovuto tirar fuori qualche milione di euro per coprire il buco. Ma la vendita dell’immobile, secondo Podestà, ha chiuso il debito e risolto i problemi patrimoniali. Per i Cabassi non è stato comunque un buon investimento. I terreni dell’Expo, invece, potrebbero esserlo. Podestà continua ad avere due cappelli, che tiene separati. Fino a prova contraria.

Alessandra Coppola e Mario Gerevini

11 aprile 2011
 

@lr

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Veleni sottoterra e ai confini dell’area, ma nessuno spiega quali. un affare nell’affare


Tossica Expo da bonificare, misteri nella Milano da ribere



I primi lavori sono ormai stati appaltati per abbattere le strutture preesistenti all’Expo. Formigoni, appena nominato commissario generale di Expo ha annunciato l’inizio della volata finale. A lui spettano i poteri di indirizzo e controllo su contenuti e temi, cosa che lo fa entrare in rotta di collisione con Boeri, assessore a Palazzo Marino con le medesime deleghe ma ancora da “rafforzare”. Al sindaco di Milano Pisapia, commissario straordinario, la prerogativa di velocizzare i cantieri.

Ma lì dove si va a cominciare c’era una raffineria e nessuno ha detto ancora di cosa siano impregnati quei terreni. «Quello che si sa per certo è che sia stata ammessa la presenza di sostanze contaminanti nel 60% di area dove è stato possibile effettuare i carotaggi – spiega anche Luca Trada, portavoce No Expo – vuol dire che non è mai stata fatta una vera bonifica. Da anni cerchiamo di capire cosa sia stato rilevato a partire dalla memoria di chi abita lì da anni e sa bene quali fabbriche operasssero. Ma nessuno ci dice nemmeno chi e perché non abbia acconsentito ai carotaggi nel 40% sconosciuto della futura area Expo». Una recente inchiesta del quotidiano di Padellaro ha appena svelato che ai confini dell’area dell’Expo c’è una delle quattro aziende più importanti in fatto di smaltimento di rifiuti tossici. Sulle carte, sbagliate o vecchie, pittava una zona verde ma lì, lungo il muro perimetrale, è dal 1985 che vengono trattate da 43 dipendenti sostanze pericolose, contaminanti, esplosive per un fatturato di 30 milioni l’anno di euro. Nove anni dopo i titolari di una cava hanno venduto un ettaro di terreno impregnato dagli scarti della chimica lombarda a una comunità rom che rischia lo sfratto causa Expo. Mica si può moltiplicare per dieci il valore dei fondi, 400mila metri quadri a ovest sulla direttrice Novara-Torino, passandoli da agricoli a edificabili e poi lasciarci gli zingari. E a meno di mezzo chilometro in linea d’aria sono stati scoperti certi camion interrati dalla ‘ndrangheta, si presume.

La parola d’ordine, dunque, sarà “bonifiche”. E sarà un affare nell’affare. 14 grandi aziende del ramo hanno appena presentato un’associazione senza fini di lucro con l’obiettivo di bonificare 10 milioni di metri quadrati di terra lombarda. Un affare da 11 miliardi. Il vicepresidente di Bonifichexpo, un nome che è tutto un programma, è anche presidente della società di ingegnerizzazione che ha firmato la valutazione di impatto strategico, ossia il documento che – tra le altre cose, affibbia i costi della bonifica alla società pubblica Expo. E’ Gianpiero Borghini, ex segretario Pci a Brescia, ex sindaco Psi di Milano, ex direttore generale a Palazzo Marino, ha avuto una carriera in Forza Italia e nei Cda controllati da quel blocco di potere fino a comparire nelle inchieste sulle consulenze d’oro in compagnia di Letizia Moratti. Ora sembra lui a tirare la volata ad un’idea meravigliosa, quella di far indebitare il pubblico per recuperare terreni che poi sarebbero valorizzati dall’iniziativa privata per alberghi, studentati, ospizi. Due voluminosi ordini del giorno dei comuni di Milano e Rho chiedono che le bonifiche non siano a carico dei contribuenti ma piuttosto dei proprietari delle aree. Gli attivisti No Expo, che a luglio hanno dato battaglia perché l’accordo di programma tenesse conto delle osservazioni dei cittadini, sono scettici sull’eventualità che l’odg si traduca in indirizzo politico. Pure il Ponte di Mazzo, appena inaugurato a Rho, col miraggio che venga reso ciclabile dalla Fiera, sarebbe un effetto di questa paura di sfrugugliare il sottosuolo – “risvegliando” i liquami della ex raffineria che ancora abbondano sotto l’ampia area intorno alla Fiera oggi adibita a parcheggio – i tubi giganteschi per il teleriscaldamento della Fiera che scavalcano la ferrovia.

Si confermano i timori di chi si oppone da anni alla kermesse cementificatoria, perché la ritiene un «acceleratore di grandi opere inutili come la Bre-Be-Mi o le varie bretelle autostradali che sottraggono investimenti prioritari che servirebbero al trasporto pubblico», dice a Liberazione Andrea Savi, del centro sociale Sos Fornace di Rho che lavora ad una cucitura delle resistenze sociali. «Chiediamo la chiusura della Fiera più grande d’Europa nei sei mesi di Expo dove sono già previsti 100mila visitatori al giorno con un impatto devastante in termini di smog e traffico – dice ancora – il Salone del Mobile ha registrato 321mila visitatori in sei giorni, possiamo reggere il doppio dell’impatto per 30 volte in sei mesi?».

Più in generale i No Expo denunciano il «concetto di città vetrina»: quartieri ridisegnati e aree dismesse valorizzate con grosse volumetrie e con relativa bolla immobiliare. Dai 200 nuovi alberghi che nessuno capisce a chi servirebbero fino al grattacielo di 34 piani (a Rho la casa più alta ora è di otto) che è stato previsto proprio nello spazio occupato e autogestito, gli esempi di incubi urbanistici si sprecano. E c’è sempre quella faccenda della bonifica mai fatta quando fu costruita a tempi record la nuova Fiera perché Formigoni potesse esibire il trofeo in campagna elettorale.
 

@lr

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L'affare Expo 2015


Sono Gianni Barbacetto, giornalista de Il Fatto Quotidiano, lo strano caso dell’Expo di Milano nasce in un posto sfigato, nell’estrema periferia a nord di Milano in un pentagono di sterpaglie ritagliato tra due autostrade, un posto dove nessuno andrebbe mai a farci nulla, tanto meno a abitarci.
Quei terreni però sono stati acquistati a buon prezzo, prezzo agricolo, valgono quasi niente, da una società controllata dalla Regione di Roberto Formigoni, la società è la Fondazione Fiera di Milano.
L’Expo nasce proprio lì, perché la Fondazione Fiera di Milano deve riuscire a valorizzare quei terreni, deve riuscire a risanare i suoi bilanci che sono clamorosamente in rosso, si fa un bell’Expo, l’esposizione universale che nel 2015 porterà, si dice, milioni di persone a Milano, poi vedremo se arriveranno tutti questi milioni di persone, perché bisogna valorizzare, farà un'operazione immobiliare, il tema dell’Expo è un bel tema, non sono contrario all’Expo in sé, "Nutrire il pianeta", l’alimentazione, energia per la vita potrebbe essere una buona idea, per esempio l’idea di Stefano Boeri, Carlin Petrini di slow food e di altri architetti della consulta degli architetti, era quella di costruire lì una cosa unica al mondo, un grande parco biologico, dove concentrare tutte le coltivazioni, tutti i climi del mondo, sarebbe stata davvero un’occasione per richiamare da tutto il mondo persone che volessero vedere dall’origine il seme alla realizzazione il cibo, la trasformazione della natura in cultura. In realtà quello che preme ai signori dell’Expo è fare una grande operazione immobiliare, questo è l’accordo di programma firmato dal Sindaco di Milano, dal Presidente della Regione Roberto Formigoni e da altri operatori interessati a questo affare.
 

@lr

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L'Expo della Moratti e di Pisapia

Cosa, soprattutto impegna a fare questo accordo di programma? Impegna a fare circa 750 mila metri quadrati di cemento, questo è, perché una volta che tu hai da valorizzare un’area, pare che gli orti, anche l’orto planetario renda poco sull’immediato, in maniera miope si preferisce il cemento
che viene ritenuto invece più redditizio e allora ecco il grande imbroglio dell’Expo: coprire un’operazione immobiliare con una patina di cultura e di grande esposizione universale.
Non c’è nessuna differenza tra l’Expo di Letizia Moratti e l’Expo di Giuliano Pisapia, per ora, speriamo che qualcosa venga fatto, sia ancora in tempo a cambiare qualcosa, perché tutti e due sono l’Expo di Roberto Formigoni e sono l’Expo della Fondazione Fiera, è la Fondazione Fiera il grande beneficato dalla bacchetta magica urbanistica dell’Expo che permette di fare questi benedetti 750 mila metri quadrati di cemento in un’area di circa un milione di metri quadrati.
Peccato che i milanesi abbiano votato anche in un referendum consultivo, il 12/13 giugno che vogliono che l’area dell’Expo sia conservata a parco, dice il Sindaco di Milano Giuliano Pisapia: “Metà dell’area resterà a parco”, ma anche questo è un imbroglio, perché se io mantengo i 750 mila metri quadrati di cemento, poi dopo che io li spalmi su tutta l’area facendo case più basse, oppure li concentri in metà dell’area per lasciare metà dell’area a verde, comunque la quantità di cemento è la stessa, invece che fare case di 5 piani spalmate su tutta l’area, dovrò fare torri di 20/30 piani, ma il risultato finale è lo stesso, questo è l’imbroglio a cui si somma un ulteriore imbroglio. L’area dell’Expo è circondata da altre aree su cui arriveranno altre migliaia di metri quadrati di cemento. L’area della Cascina Merlata per esempio. Cascina Merlata è proprio lì, al confine attaccata all’area dell’Expo, lì viene concentrato un mucchio di cemento, quasi 400 mila metri quadrati, è il lato B dell’Expo, costruite di là per poter lasciare un po’ di verde nel parco dell’Expo. Accanto ancora c’è l’area di Via Stephenson, dove ancora anche lì verranno costruiti ulteriori torri, ulteriori residenze, sta per arrivare una nuova ondata di cementificazione con la scusa dell’Expo a Milano, in un’area che non avrebbe sicuramente bisogno. Abbiamo visto quante torri di spazi di terziario, di uffici ci sono a Milano vuote, invendute? Stiamo regalando ai nostri figli, ai nostri nipoti, credo, un colossale imbroglio che sarà anche probabilmente un colossale buco economico.
 

@lr

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Una colata di cemento per "Nutrire il pianeta"


Il Sindaco Giuliano Pisapia dice che non si poteva fare altrimenti, quando è arrivato lui ha trovato le cose già fatte, il BIE (Bureau International des Expositions) di Parigi che assegna l’Expo in giro per il mondo e che l’aveva assegnato 3 anni fa a Milano gli ha detto: “O firmi questo accordo di programma, ormai il tempo di cambiare non c’è più”.
Allora dice Pisapia: “Piuttosto di far fare a Milano una figuraccia planetaria davanti a tutto il mondo e farsi togliere l’Expo della nutrizione, dell’energia etc., ho dovuto accettare queste condizioni, poi vedremo pian piano di migliorarle facendo un po’ meno di cemento, facendo più verde”.
Credo che questo non basti perché è mai possibile? Milano, la Milano di Letizia Moratti è da 3 anni che stanno litigando per fare questa grande operazione immobiliare, per 3 anni andava bene tutto e non c’era nessuna urgenza, arriva Giuliano Pisapia e tutto deve essere fatto in maniera urgente entro luglio bisogna fare le gare, entro ottobre devono partire i cantieri, altrimenti il BIE avrebbe tolto l’Expo a Milano, ma siamo davvero sicuri? Come mai la fretta che non c’è stata nei 3 anni di Letizia Moratti è diventata stringente nei primi 15 giorni in cui Giuliano Pisapia è diventato Sindaco?
Cosa succederà dopo? Questa è la grande scommessa e è quello su cui ancora si può lavorare, durante l’Esposizione universale che dura pochi mesi, lì saranno costruiti dei capannoni, i padiglioni dei vari Paesi che arriveranno da tutto il mondo. E dopo, chi ha speso 120 milioni di Euro per acquistare le aree, in parte 40 milioni al gruppo Cabassi e in gran parte, 80 milioni alla Fondazione Fiera per sistemare i conti di questa creatura di Roberto Formigoni, è chiaro che a quel punto non è che si potrà tanto stare a giocare con i parchi e con l’alimentazione, bisognerà valorizzare l’investimento fatto e costruire, costruire, costruire, vediamo quanto, vediamo dove, vediamo cosa succederà e lo vedremo nei prossimi mesi.
 

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