lorenzo63
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Patrimoniale, AMATO ed un pò di Storia per rinfrescare un pò i ricordi ...
PATRIMONIALE: AMATO TORNA AL DOPO BRITANNIA - AgenParl - Agenzia Parlamentare per l'informazione politica ed economica
(AGENPARL) - Roma, 09 feb - Fil rouge di una politica tutta italiana che ricollega la nostra storia dalla Prima alla Seconda Repubblica, la patrimoniale di Amato.
Una tassa, niente di nuovo, applicata sul patrimonio dei contribuenti. Una proposta, quella di Giuliano Amato, ex presidente del Consiglio italiano, per risollevare il nostro Paese dal debito pubblico. Ma, la stessa proposta, la tassa patrimoniale, ci riporta al lontano 1992, l’anno di Tangentopoli, l’anno delle stragi di Capaci e di via d’Amelio. L’anno di partenza del primo Governo Amato, nonchè dell’incontro sul panfilo Britannia. Il 2 giugno 1992, infatti, cento uomini d' affari, economisti e opinion leader italiani sono invitati a recarsi alla banchina traianea del porto di Civitavecchia: imbarco a bordo del panfilo più blasonato del mondo, quello della Regina Elisabetta, per intervenire ad un seminario sulle privatizzazioni. Tra gli imbarcati anche Mario Draghi, allora Direttore generale del Tesoro che, nel 1993, caso vuole sia diventato Presidente del Comitato Privatizzazioni. In quella riunione si decide di acquistare le aziende italiane e la Banca d'Italia. Durante la ‘traversata’ verso l’isola siciliana si decide di permettere agli anglo-americani di mettere le mani sul 48 per cento delle aziende italiane, fra le quali c'erano la Buitoni, la Locatelli, la Negroni, la Ferrarelle,la Perugina e la Galbani. Amato, come abbiamo già ricordato, sale al potere e trasforma gli Enti statali in Società per Azioni, valendosi del decreto Legge 386/1991, in modo tale che l'élite finanziaria li potesse controllare, e in seguito rilevare. Proprio alla fine di quella bollente estate 1992, il governo Amato apre le danze, con la trasformazione in società per azioni dei grandi enti pubblici, Enel, Eni, Ina ed Iri in pole position. La prima maxi operazione è di un anno dopo, quando il Credito Italiano va all’asta, per la gioia di imprenditori della vecchia e nuova finanza. Sempre nel 1992 l’Italia, però, è costretta ad uscire dal Sistema monetario europeo (Sme) a causa di una gravissima crisi finanziariai. E, in questo imponente crollo della lira, ricorre spesso il nome di George Soros, lo stesso Soros che, vendendo allo scoperto più di 10 miliardi di dollari in sterline, costrinse l’uscita della moneta inglese dallo Sme. Ma torniamo ad Amato che, nel suo primo mandato da Presidente del Consiglio, si trova ad affrontare questa difficile situazione finanziaria. Per questa ragione, l'11 luglio del 1992 emise un decreto da 90mila miliardi in cui tra le altre cose veniva deliberato il prelievo forzoso del 6 per mille dai conti correnti bancari, la cosiddetta patrimoniale. Craxi, da Hammamet, nel 1997 scrive al Corriere della Sera e dice d’aver seguito con sconcerto la linea del Governo e della Banca d'Italia, che si erano gettati in una difesa della lira che appariva ormai scriteriata. Addirittura racconta che, il giorno prima della svalutazione della lira, il Presidente del Consiglio Amato gli telefona per annunciargli quanto sarebbe successo. “Sarebbe interessante accertare quali gruppi finanziari italiani, e se per caso anche Istituti di credito nazionali, abbiano partecipato, rafforzandolo, all'assalto condotto dalla speculazione internazionale contro la lira”, scriveva Craxi che azzardava a proporre l’istituzione di una Commissione di inchiesta, sull’argomento. A distanza di ormai 19 anni, però, l’Italia continua a navigare in una marasma informativo del tutto caotico, dove nulla si sa o si è saputo, veramente, in merito a quanto accaduto. Dopo tutto, per dirla con le parole di Craxi, buttare al vento 14 mila miliardi non e' cosa che capita tutti i giorni. A questo segui la svalutazione fatta da Carlo Azelio Ciampi in un ondeggiamento di due settimane che permise la più violenza speculazione sulla lira e i più alti guadagni sepculativi di coloro che acquistarono con lire italiane non ancora svalutate monete estere il che comportò dopo la svalutazione un guardagno formale del 12% e sostanziale al -20%. E in Italia si sa chi profittò di tale ‘regale’ opportunità.
PATRIMONIALE: AMATO TORNA AL DOPO BRITANNIA - AgenParl - Agenzia Parlamentare per l'informazione politica ed economica
(AGENPARL) - Roma, 09 feb - Fil rouge di una politica tutta italiana che ricollega la nostra storia dalla Prima alla Seconda Repubblica, la patrimoniale di Amato.
Una tassa, niente di nuovo, applicata sul patrimonio dei contribuenti. Una proposta, quella di Giuliano Amato, ex presidente del Consiglio italiano, per risollevare il nostro Paese dal debito pubblico. Ma, la stessa proposta, la tassa patrimoniale, ci riporta al lontano 1992, l’anno di Tangentopoli, l’anno delle stragi di Capaci e di via d’Amelio. L’anno di partenza del primo Governo Amato, nonchè dell’incontro sul panfilo Britannia. Il 2 giugno 1992, infatti, cento uomini d' affari, economisti e opinion leader italiani sono invitati a recarsi alla banchina traianea del porto di Civitavecchia: imbarco a bordo del panfilo più blasonato del mondo, quello della Regina Elisabetta, per intervenire ad un seminario sulle privatizzazioni. Tra gli imbarcati anche Mario Draghi, allora Direttore generale del Tesoro che, nel 1993, caso vuole sia diventato Presidente del Comitato Privatizzazioni. In quella riunione si decide di acquistare le aziende italiane e la Banca d'Italia. Durante la ‘traversata’ verso l’isola siciliana si decide di permettere agli anglo-americani di mettere le mani sul 48 per cento delle aziende italiane, fra le quali c'erano la Buitoni, la Locatelli, la Negroni, la Ferrarelle,la Perugina e la Galbani. Amato, come abbiamo già ricordato, sale al potere e trasforma gli Enti statali in Società per Azioni, valendosi del decreto Legge 386/1991, in modo tale che l'élite finanziaria li potesse controllare, e in seguito rilevare. Proprio alla fine di quella bollente estate 1992, il governo Amato apre le danze, con la trasformazione in società per azioni dei grandi enti pubblici, Enel, Eni, Ina ed Iri in pole position. La prima maxi operazione è di un anno dopo, quando il Credito Italiano va all’asta, per la gioia di imprenditori della vecchia e nuova finanza. Sempre nel 1992 l’Italia, però, è costretta ad uscire dal Sistema monetario europeo (Sme) a causa di una gravissima crisi finanziariai. E, in questo imponente crollo della lira, ricorre spesso il nome di George Soros, lo stesso Soros che, vendendo allo scoperto più di 10 miliardi di dollari in sterline, costrinse l’uscita della moneta inglese dallo Sme. Ma torniamo ad Amato che, nel suo primo mandato da Presidente del Consiglio, si trova ad affrontare questa difficile situazione finanziaria. Per questa ragione, l'11 luglio del 1992 emise un decreto da 90mila miliardi in cui tra le altre cose veniva deliberato il prelievo forzoso del 6 per mille dai conti correnti bancari, la cosiddetta patrimoniale. Craxi, da Hammamet, nel 1997 scrive al Corriere della Sera e dice d’aver seguito con sconcerto la linea del Governo e della Banca d'Italia, che si erano gettati in una difesa della lira che appariva ormai scriteriata. Addirittura racconta che, il giorno prima della svalutazione della lira, il Presidente del Consiglio Amato gli telefona per annunciargli quanto sarebbe successo. “Sarebbe interessante accertare quali gruppi finanziari italiani, e se per caso anche Istituti di credito nazionali, abbiano partecipato, rafforzandolo, all'assalto condotto dalla speculazione internazionale contro la lira”, scriveva Craxi che azzardava a proporre l’istituzione di una Commissione di inchiesta, sull’argomento. A distanza di ormai 19 anni, però, l’Italia continua a navigare in una marasma informativo del tutto caotico, dove nulla si sa o si è saputo, veramente, in merito a quanto accaduto. Dopo tutto, per dirla con le parole di Craxi, buttare al vento 14 mila miliardi non e' cosa che capita tutti i giorni. A questo segui la svalutazione fatta da Carlo Azelio Ciampi in un ondeggiamento di due settimane che permise la più violenza speculazione sulla lira e i più alti guadagni sepculativi di coloro che acquistarono con lire italiane non ancora svalutate monete estere il che comportò dopo la svalutazione un guardagno formale del 12% e sostanziale al -20%. E in Italia si sa chi profittò di tale ‘regale’ opportunità.