Premetto che ho seguito poco o niente sul tema, non per disinteresse ma perché non trovavo spazio per questo, nelle mie giornate e nei miei travagli personali.
Non mi aggrego alle lingue felpate di questo momento.
Sergio Mattarella, a cui vanno la mia stima, il rispetto, gli auguri di buon lavoro, avrebbe potuto dire di no.
Sarebbe stato legittimo, coerente e coraggioso dirlo.
Per carità: ringraziamo tutti per il suo senso dello Stato e delle Istituzioni, ma in un paese dove tutti dicono tutto e il contrario di tutto, avrebbe potuto mantenere fede al proposito di non essere più disponibile.
È una mia opinione e le ragioni di Stato hanno ragioni che la ragione non conosce, e chi sono io per giudicare.
Lo spettacolo degli ultimi giorni è stato deludente, penoso, irrispettoso: una frattura ormai irrecuperabile tra la società civile impaurita, precaria, sopraffatta, violata nei suoi diritti fondamentali (penso al lavoro e alla salute, innanzitutto, ma anche alle donne di questo paese) e una squadra smandruppata di capibastone e leader allo sbando, senza alcuna visione di futuro, se non il proprio, e con una gestione di potere enorme.
Un'armata di cialtroni egoriferiti che invece di chiedere scusa, si applaudono millantando vittorie e medaglie.
Ecco, per questo, il Presidente avrebbe potuto dire di no.
Sarebbe stata una lezione di dignità per tutti.