Trading Bar 2011 by gli amici di Windjets

Lactalis mette le mani su Parmalat. Il colosso alimentare francese, già detentore dei marchi italiani Galbani, Invernizzi e Cademartori, ha raggiunto un accordo con i fondi stranieri Mackenzie, Skagen e Zenit per l’acquisto di tutte le azioni Parmalat da essi detenute. In sostanza si tratta di 265.744.950 azioni, acquistate a 2,80 euro l’una, che rappresentano il 15,3% del capitale dell’azienda di Collecchio. “L’accordo verrà eseguito in data odierna e l’esecuzione potrà avvenire attraverso acquisti effettuati direttamente da Lactalis o nell’ambito di contratti di equity swap”, spiega una nota diramata in mattinata dalla compagnia transalpina. E così, a seguito dell’operazione, Lactalis deterrà una partecipazione diretta ed una potenziale che, sommate tra loro, rappresenteranno il 29% del capitale della società emiliana.
Quindi Parmalat parlerà francese? Per la Borsa i giochi sono già fatti e il mercato non sembra più credere alla possibilità dell’entrata in scena di una cordata italiana. A Piazza Affari, infatti, il titolo del gruppo di Collecchio scivola sul fondo del paniere principale con un ribasso del 4,40% a 2,36 euro. “Era evidente che l’intervento del Governo italiano per salvaguardare l’italianità di Parmalat è stato tardivo. Adesso l’importante è evitare uno spezzatino del gruppo” ha dichiarato a Finanza.com Mauro Macchiesi, segretario nazionale della Flai-Cgil. “Si chiudono i giochi per la cordata italiana – ha commentato un analista di una primaria banca italiana che preferisce mantenere l’anonimato -. In molti si sono detti disponibili a salvaguardare l’italianità, ma alle parole non ha fatto seguito nessuna azione”.
Il colosso transalpino, numero tre al mondo nel business dei latticini, ha staccato un assegno da 750 milioni di euro ai tre fondi esteri per il 15,3% di Parmalat e con la salita al 29% ha praticamente i numeri per conquistare la maggioranza nel nuovo Cda, che verrà designato dall’assemblea del 12-14 aprile. Fin dall’inizio, Lactalis aveva dichiarato di essere disposto a salire in Parmalat fino al limite dell’Opa, fissato al 29,9%. Di conseguenza, l’ultima soluzione per difendere l’italianità di Parmalat “resta il lancio di un’Opa da parte di una presunta cordata italiana – sottolinea Mauro Macchiesi -. Una soluzione altamente improbabile”.
Fino a ieri la cordata italiana era sostenuta da Intesa SanPaolo (azionista di Parmalat con il 2,14%), che aveva ricandidato nella sua lista l’attuale Ad Enrico Bondi. Per affiancare Intesa i nomi più gettonati erano Ferrero e Granarolo. “Se la cordata italiana si costituirà noi ci siamo”, ha dichiarato in un’intervista al Sole 24 ore Giuseppe Calzolari, presidente di Granaloro aggiungendo però che “il nostro coinvolgimento sarebbe limitato a Parmalat Italia che con circa 1 miliardo di fatturato è per dimensione simile a noi. In questo quadro abbiamo calcolato sinergie per circa 80-100 milioni di euro, sufficienti per rendere l’operazione e le potenzialità di business interessanti”. In attesa della risposta del Governo italiano, da oggi la Parmalat è sempre meno italiana e sempre più transalpina.
 
Nell’ambito della vendita di un contratto interest rate swap, Deutsche Bank è stata condannata a risarcire una piccola società, la Ille Papier Service. Lo ha stabilito la Suprema Corte d'Appello tedesca, secondo la quale non sono state fornite informazioni sufficienti sui rischi potenziali degli strumenti finanziari. Al di là della cifra (540.000 euro) la sentenza riveste una certa importanza visto che sono numerose le società che hanno chiesto risarcimenti dopo aver acquistato prodotti derivati dal colosso bancario.
 
Il presidente Saleh: "È colpo di Stato,
ci sarà una sanguinosa guerra civile"
Il giorno dopo la defezione di alcuni generali che si sono uniti ai manifestanti, avvisa sulle tragiche conseguenze di un eventuale golpe. Dura condanna della Farnesina per l'uccisione di manifestanti

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La protesta in Yemen

SANAA - Coloro che vogliono "ottenere il potere attraverso un colpo di stato" devono essere consapevoli del fatto che ciò condurrà a una "guerra civile, una guerra sanguinosa". Il duro avvertimento arriva dal presidente yemenita, Ali Abdullah Saleh, all'indomani della defezione di alcuni generali 1, tra cui il potente Ali Mohsen, che hanno deciso di unirsi alla causa dei manifestanti. Parlando davanti ad alcuni comandanti delle forze armate, il leader yemenita, da settimane bersaglio di proteste, ha invitato i militari 'ribelli' a "considerare attentamente" i rischi di un eventuale golpe. Le divisioni all'interno dell'esercito Yemenita sono "nefaste" per tutto il paese, ha detto il presidente, che ieri aveva riunito il Consiglio nazionale di Difesa. Al termine dell'incontro, in un comunicato, le forze armate avevano affermato che avrebbero affrontato qualunque "attacco alla Costituzione e all'ordine democratico".
Due militari morti negli scontri. L'esercito, dopo la defezione di alcuni alti generali, appare ormai diviso in due fronti contrapposti, come dimostrano gli scontri avvenuti a Mukalla, nel sudest, dove soldati e la Guardia repubblicana rimasta fedele al regime si sono affrontati. Nei combattimenti sono rimasti uccisi due militari,
secondo fonti mediche: si tratta di un soldato dell'esercito regolare e di un membro della guardia presidenziale. Tre militari sono rimasti
http://oas.repubblica.it/5c/repubbl..._Mar11.html/556d725a553031765448774143724853?
feriti, tra cui un ufficiale dell'esercito regolare. Gli scontri sono cominciati quando i membri della guardia presidenziale hanno tentato di far spostare dei militari che avevano preso il controllo dell'area attorno al palazzo presidenziale della città portuale. È la prima volta che si registrano combattimenti di questo genere, da quando è partita la contestazione al capo di stato, al potere da 32 anni, a fine gennaio. Secondo alcuni testimoni, gli scontri sono avvenuti ieri sera e hanno contrapposto soldati del comandante del distretto militare orientale, il generale "ribelle" Mohammed Ali Mohsen, che guida la contestazione militare, e membri della guardia presidenziale guidati da Ahmed Saleh, uno dei figli del presidente.

Altri ambasciatori si uniscono alla protesta
. Gli ambasciatori dello Yemen in Qatar, Oman e in Spagna hanno dichiarato la loro adesione alla protesta contro il presidente yemenita. Lo hanno fatto in un comunicato citato oggi dal quotidiano di Dubai Gulf News. "Dichiariamo il nostro sostegno totale ai giovani e alle loro richieste", scrivono i tre diplomatici, rivolgendosi "ai dirigenti yemeniti, ai saggi in seno alle forze armate, nelle istituzioni pubbliche, agli intellettuali e ai religiosi" perchè "facciano prevalere l'interesse supremo dello Yemen sui loro interessi personali". Fra le defezioni annunciate da Gulf News, anche quella del console yemenita a Dubai. Ieri si è saputo ufficialmente delle defezioni degli ambasciatori in Siria e Arabia Saudita, ma secondo fonti della Comunità degli arabi in Italia (Comai), sarebbero almeno una ventina, fra i quali quello presso la Lega Araba.

Frattini: "Dura condanna per uccisione manifestanti. "Ferma condanna per l'uccisione di manitesfanti nella piazze dello Yemen" è stata espressa dal ministro degli Esteri Franco Frattini nel corso della trasmissione radiofonica Radio Anch'io.

I reporter del quotidiano Aden passano con la ribellione
. La redazione del quotidiano 14 ottobre, portavoce del regime yemenita ad Aden, nel sud del paese, si è unita alla ribellione che si oppone al regime di Ali Abdallah Saleh e ha deciso di cessare le pubblicazioni a partire da oggi. La sospensione è stata stabilita per "protestare contro gli ordini dati dal ministero dell'informazione" che decide la linea editoriale del giornale. Inoltre la società editrice che possiede la tipografia che stampa il quotidiano e altre pubblicazioni, in segno di solidarietà con i giornalisti ha deciso a sua volta di chiudere. Sempre ad Aden questa mattina persone mascherate e definite "estremisti" da testimoni, hanno saccheggiato all'alba tre club della città che servono abitualmente alcool.
 

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