Trading...Pensieri e Parole

  • Creatore Discussione Creatore Discussione Val
  • Data di Inizio Data di Inizio
Si predica bene....ma si razzola male
.....anche a sinistra.

1604073692294.png
 
Tratto da una storia vera.

Una persona segnala via Whatsapp a un amico la sconcertante storia su Instagram di una ragazza che scopre,
aprendo per caso l’app Immuni, di essere stata circa un mese prima a contatto con una qualcuno risultato positivo al virus.

Cioè, testimonia la ragazza nel video, l’app Immuni non funziona,
non avverte,
non vibra
per fare la cosa semplice per cui è stata progettata e scaricata, cioè segnalare il contatto con un positivo.

In questo mese, se la ragazza fosse stata contagiata avrebbe potuto infettare chissà quante altre persone
nonostante lo strumento previsto dallo Stato per tracciare la diffusione del virus fosse perfettamente al corrente del pericolo, solo che non è riuscito a comunicarlo.


Ma va’, è incredibile anzi è impossibile, commenta l’amico che riceve il messaggio whatsapp.

E così, per dimostrarlo, va a controllare la sua app Immuni, scaricata prima che glielo dicesse Casalino via giornali compiacenti,
consapevole che l’app invece è ovvio che avverta, anche quando non è aperta, se sei venuto a contatto con un positivo.


Nella home di Immuni c’è scritto in modo esplicito, peraltro, anche perché altrimenti l’app non servirebbe a nulla
a meno di distogliere l’attenzione dalla timeline di Twitter, dalle storie su Instagram e dalle bacheche di Facebook
per impiegare il tempo a controllare ogni 5 minuti che novità ci sono su Immuni.

E così, andando a controllare l’app fortunatamente silente fin dall’installazione,
l’amico che non credeva al fallimento strutturale di Immuni raccontato dalla ragazza su Instagram
ha scoperto che nove giorni prima è stato a contatto con un positivo,
ma che la discreta app evidentemente ha usato la cortesia di non disturbarlo per notificargli il contatto.

Non era incredibile e neanche impossibile, dunque.

Era esattamente come raccontato dalla ragazza su Instagram.


L’alert di Immuni che non ha allertato un beato cavolo ora consiglia di consultarsi con il medico di famiglia.

Il medico di famiglia, molto gentile, spiega che a questo punto bisogna mettersi in isolamento fiduciario
e, in assenza di sintomi, aspettare quattordici giorni prima di uscirne oppure dal decimo giorno in poi fare un tampone.

Per fare il tampone il medico deve registrare il potenziale soggetto a rischio all’Ats, la quale poi fisserà una data per effettuarlo.

Senonché, dice il medico, meglio farlo privatamente il tampone perché la prenotazione Ats potrebbe non arrivare mai,
visto il sovraccarico del sistema, ma a quel punto, una volta registrati all’Ats,
non si è più liberi di muoversi senza l’evidenza di un tampone negativo, anche oltre i quattordici giorni senza sintomi.

Quindi lo sventurato amico che la sera prima ha aperto il link whatsapp si mette alla ricerca di una struttura
che effettua privatamente i tamponi, incurante dei 90 euro di spesa
e pur sapendo che nella neoliberista New York in casi simili le strutture private lo fanno gratuitamente in un quarto d’ora.

Dopo un paio di possibili appuntamenti a distanza di due settimane, da effettuarsi peraltro in strutture fuori Milano,
la prima prenotazione che l’amico riesce a bloccare è comunque oltre i quattordici giorni dal contatto non segnalato da Immuni,
quindi in teoria quando il tampone secondo le regole della quarantena fiduciaria sarebbe ormai superato.


Questa piccola storia vera è solo una tra tante, ma dimostra che un paese che in tutto questo tempo
non è riuscito ad adottare un’app che funzioni in modo appropriato né a costruire un sistema di tracciamento umano
e nemmeno a organizzare test e tamponi per i soggetti che il sistema stesso reputa a rischio,
magari perché impegnato a mortificare la politica con il referendum anticasta e altre baggianate,

è un paese fallito e senza speranza;

è un paese governato da una classe dirigente locale e nazionale che quando tutto questo sarà finito,

se sarà finito, andrà giudicato se non in una Norimberga per crimini nella guerra contro il virus,

quanto meno con un serio processo di autoanalisi politica e collettiva

per capire come sia stato possibile votare alle Regioni ed eleggere in Parlamento gente simile.
 
Limpido e chiaro.


Vi presentiamo la lettera aperta al presidente degli Stati Uniti in cui Monsignor Viganò, ex nunzio apostolico,

denuncia il grande complotto delle élite mondiali per il “Great reset”,

la cancellazione della libertà e della democrazia con la scusa del Covid-19 ,

il tutto con la complicità dell’attuale pontefice,

la cui elezione, sempre secondo Viganò, fu viziata da un peccato si simonia,

con lo sblocco dell’accesso al sistema SWIFT dello IOR proprio alle dimissioni di Ratzinger, Benedetto XVI.


Leggete cosa scrive di Bergoglio:



Come ormai è evidente, colui che occupa la Sede di Pietro, fin dall’inizio ha tradito il proprio ruolo,

per difendere e promuovere l’ideologia globalista, assecondando l’agenda della deep church, che lo ha scelto dal suo gremio
.


Accuse durissime che vengono all’indomani dell’apertura alla regolarizzazione delle coppie omosessuali che così grande scandalo ha portato fra molti credenti.


Il documento è in Italiano ed in Inglese. Vi proponiamo entrambe le versioni.


LETTERA APERTA


al Presidente degli Stati Uniti d’America


Donald J. Trump


Domenica 25 Ottobre 2020


Solennità di Cristo Re


Signor Presidente,


mi consenta di rivolgermi a Lei, in quest’ora in cui le sorti del mondo intero sono minacciate da una cospirazione globale contro Dio e contro l’umanità.
Le scrivo come Arcivescovo, come Successore degli Apostoli, come ex-Nunzio apostolico negli Stati Uniti d’America.
Le scrivo nel silenzio delle autorità civili e religiose: voglia accogliere queste mie parole come la «voce di uno che grida nel deserto» (Gv 1, 23).


Come ho avuto modo di scriverLe nella mia Lettera dello scorso Giugno, questo momento storico vede schierate le forze del Male
in una battaglia senza quartiere contro le forze del Bene; forze del Male che sembrano potenti e organizzate dinanzi ai figli della Luce,
disorientati e disorganizzati, abbandonati dai loro capi temporali e spirituali.


Sentiamo moltiplicarsi gli attacchi di chi vuole demolire le basi stesse della società:
la famiglia naturale, il rispetto per la vita umana, l’amore per la Patria, la libertà di educazione e di impresa.
Vediamo i capi delle Nazioni e i leader religiosi assecondare questo suicidio della cultura occidentale e della sua anima cristiana,
mentre ai cittadini e ai credenti sono negati i diritti fondamentali, in nome di un’emergenza sanitaria
che sempre più si rivela come strumentale all’instaurazione di una disumana tirannide senza volto.


Un piano globale, denominato Great Reset, è in via di realizzazione.

Ne è artefice un’élite che vuole sottomettere l’umanità intera, imponendo misure coercitive con cui limitare drasticamente le libertà delle persone e dei popoli.
In alcune nazioni questo progetto è già stato approvato e finanziato; in altre è ancora in uno stadio iniziale.
Dietro i leader mondiali, complici ed esecutori di questo progetto infernale, si celano personaggi senza scrupoli
che finanziano il World Economic Forum e l’Event 201, promuovendone l’agenda.


Scopo del Great Reset è l’imposizione di una dittatura sanitaria finalizzata all’imposizione di misure liberticide,

nascoste dietro allettanti promesse di assicurare un reddito universale e di cancellare il debito dei singoli.

Prezzo di queste concessioni del Fondo Monetario Internazionale dovrebbe essere la rinuncia alla proprietà privata

e l’adesione ad un programma di vaccinazione Covid-19 e Covid-21 promosso da Bill Gates con la collaborazione dei principali gruppi farmaceutici.

Aldilà degli enormi interessi economici che muovono i promotori del Great Reset, l’imposizione della vaccinazione

si accompagnerà all’obbligo di un passaporto sanitario e di un ID digitale, con il conseguente tracciamento dei contatti di tutta la popolazione mondiale.

Chi non accetterà di sottoporsi a queste misure verrà confinato in campi di detenzione o agli arresti domiciliari, e gli verranno confiscati tutti i beni.



Signor Presidente, immagino che questa notizia Le sia già nota: in alcuni Paesi, il Great Reset dovrebbe essere attivato tra la fine di quest’anno e il primo trimestre del 2021.
A tal scopo, sono previsti ulteriori lockdown, ufficialmente giustificati da una presunta seconda e terza ondata della pandemia.
Ella sa bene quali mezzi siano stati dispiegati per seminare il panico e legittimare draconiane limitazioni delle libertà individuali, provocando ad arte una crisi economica mondiale.
Questa crisi serve per rendere irreversibile, nelle intenzioni dei suoi artefici, il ricorso degli Stati al Great Reset,
dando il colpo di grazia a un mondo di cui si vuole cancellare completamente l’esistenza e lo stesso ricordo.
Ma questo mondo, Signor Presidente, porta con sé persone, affetti, istituzioni, fede, cultura, tradizioni, ideali:
persone e valori che non agiscono come automi, che non obbediscono come macchine, perché dotate di un’anima e di un cuore,
perché legate tra loro da un vincolo spirituale che trae la propria forza dall’alto, da quel Dio che i nostri avversari vogliono sfidare,
come all’inizio dei tempi fece Lucifero con il suo «non serviam».


Molti – lo sappiamo bene – considerano con fastidio questo richiamo allo scontro tra Bene e Male, l’uso di toni “apocalittici”,
che secondo loro esasperano gli animi e acuiscono le divisioni.
Non c’è da stupirsi che il nemico si senta scoperto proprio quando crede di aver raggiunto indisturbato la cittadella da espugnare.
C’è da stupirsi invece che non vi sia nessuno a lanciare l’allarme.
La reazione del deep state a chi denuncia il suo piano è scomposta e incoerente, ma comprensibile.
Proprio quando la complicità dei media mainstream era riuscita a rendere quasi indolore e inosservato il passaggio al Nuovo Ordine Mondiale,
vengono alla luce inganni, scandali e crimini.


Fino a qualche mese fa, sminuire come «complottisti» coloro che denunciavano quei piani terribili,
che ora vediamo compiersi fin nei minimi dettagli, era cosa facile.

Nessuno, fino allo scorso febbraio, avrebbe mai pensato che si sarebbe giunti, in tutte le nostre città,

ad arrestare i cittadini per il solo fatto di voler camminare per strada, di respirare, di voler tenere aperto il proprio negozio, di andare a Messa la domenica.


Eppure avviene in tutto il mondo, anche in quell’Italia da cartolina che molti Americani considerano come un piccolo paese incantato,
con i suoi antichi monumenti, le sue chiese, le sue incantevoli città, i suoi caratteristici villaggi.
E mentre i politici se ne stanno asserragliati nei loro palazzi a promulgare decreti come dei satrapi persiani,
le attività falliscono, chiudono i negozi, si impedisce alla popolazione di vivere, di muoversi, di lavorare, di pregare.
Le disastrose conseguenze psicologiche di questa operazione si stanno già vedendo, ad iniziare dai suicidi di imprenditori disperati,
e dai nostri figli, segregati dagli amici e dai compagni per seguire le lezioni davanti a un computer.


Nella Sacra Scrittura, San Paolo ci parla di «colui che si oppone» alla manifestazione del mistero dell’iniquità, il kathèkon (2Tess 2, 6-7).

In ambito religioso, questo ostacolo è la Chiesa e in particolare il Papato; in ambito politico, è chi impedisce l’instaurazione del Nuovo Ordine Mondiale.


Come ormai è evidente, colui che occupa la Sede di Pietro, fin dall’inizio ha tradito il proprio ruolo,

per difendere e promuovere l’ideologia globalista, assecondando l’agenda della deep church, che lo ha scelto dal suo gremio.



Signor Presidente, Ella ha chiaramente affermato di voler difendere la Nazione – One Nation under God -
le libertà fondamentali, i valori non negoziabili oggi negati e combattuti.
È Lei, Caro Presidente, «colui che si oppone» al deep state, all’assalto finale dei figli delle tenebre.


Per questo occorre che tutte le persone di buona volontà si persuadano dell’importanza epocale delle imminenti elezioni:
non tanto per questo o quel punto del programma politico, quanto piuttosto perché è l’ispirazione generale della Sua azione che meglio incarna
– in questo particolare contesto storico – quel mondo, quel nostro mondo, che si vorrebbe cancellare a colpi di lockdown.

Il Suo avversario è anche il nostro: è il Nemico del genere umano, colui che è «omicida sin dal principio» (Gv 8, 44).


Attorno a Lei si riuniscono con fiducia e coraggio coloro che La considerano l’ultimo presidio contro la dittatura mondiale.
L’alternativa è votare un personaggio manovrato dal deep state, gravemente compromesso in scandali e corruzione,
che farà agli Stati Uniti ciò che Jorge Mario Bergoglio sta facendo alla Chiesa, il Primo Ministro Conte all’Italia,
il Presidente Macron alla Francia, il Primo Ministro Sanchez alla Spagna, e via dicendo.

La ricattabilità di Joe Biden – al pari di quella dei Prelati del “cerchio magico” vaticano – consentirà di usarlo spregiudicatamente,

consentendo a poteri illegittimi di interferire nella politica interna e negli equilibri internazionali.


È evidente che chi lo manovra ha già pronto uno peggiore di lui con cui sostituirlo non appena se ne presenterà l’occasione.


Eppure, in questo quadro desolante, in questa avanzata apparentemente inesorabile del «Nemico invisibile», emerge un elemento di speranza.
L’avversario non sa amare, e non comprende che non basta assicurare un reddito universale o cancellare i mutui
per soggiogare le masse e convincerle a farsi marchiare come capi di bestiame.

Questo popolo, che per troppo tempo ha sopportato i soprusi di un potere odioso e tirannico, sta riscoprendo di avere un’anima;

sta comprendendo di non esser disposto a barattare la propria libertà con l’omologazione e la cancellazione della propria identità;

sta iniziando a capire il valore dei legami familiari e sociali, dei vincoli di fede e di cultura che uniscono le persone oneste.


Questo Great Reset è destinato a fallire perché chi lo ha pianificato non capisce che ci sono persone
ancora disposte a scendere nelle strade per difendere i propri diritti, per proteggere i propri cari, per dare un futuro ai propri figli.
L’inumanità livellatrice del progetto mondialista si infrangerà miseramente dinanzi all’opposizione ferma e coraggiosa dei figli della Luce.
Il nemico ha dalla sua parte Satana, che non sa che odiare.
Noi abbiamo dalla nostra parte il Signore Onnipotente, il Dio degli eserciti schierati in battaglia,
e la Santissima Vergine, che schiaccerà il capo dell’antico Serpente.

«Se Dio è per noi, chi sarà contro di noi?» (Rm 8, 31).


Signor Presidente, Ella sa bene quanto gli Stati Uniti d’America, in quest’ora cruciale, siano considerati l’antemurale
contro cui si è scatenata la guerra dichiarata dai fautori del globalismo.
Riponga la Sua fiducia nel Signore, forte delle parole dell’Apostolo: «Posso tutto in Colui che mi dà forza» (Fil 4, 13).
Essere strumento della divina Provvidenza è una grande responsabilità, alla quale corrisponderanno certamente le grazie di stato necessarie,
ardentemente implorate dai tanti che La sostengono con le loro preghiere.


Con questo celeste auspicio e l’assicurazione della mia preghiera per Lei, per la First Lady, e per i Suoi collaboratori, di tutto cuore Le giunga la mia Benedizione.


God bless the United States of America!


+ Carlo Maria Viganò


Arcivescovo Titolare di Ulpiana


già Nunzio Apostolico negli Stati Uniti d’America
 
Nicola Zingaretti, primo sponsor del Governo Conte bis, sente il fiato sul collo della rabbia popolare che sta montando.

La ripresa accelerata della curva dei contagi da Covid-19, tra i molti danni, ne ha procurato uno grandissimo alla sinistra:
ha messo a nudo il difetto di legittimazione popolare dell’esecutivo targato Partito Democratico-Cinque Stelle-Italia Viva-Liberi e Uguali,
nell’affrontare scelte di governo dolorose, senza peraltro avere alcuna certezza che esse producano gli effetti sperati in termini di contenimento dei contagi.

Si è nella classica condizione del fiammifero acceso che nessuno, a cominciare da Zingaretti,
vorrà avere tra le dita quando la fiamma avrà consumato il legnetto che l’alimenta.

Il segretario dem, che vede stagliarsi all’orizzonte primaverile il test elettorale delle Comunali, annusa una brutta aria per le forze di governo.

Se all’inizio dell’anno, con la prima fase della pandemia, la reazione della gente era stata nel segno della coesione nazionale
e nello stringersi attorno ai vertici istituzionali, oggi la musica è cambiata.

E anche quell’agire in solitario del premier, che inizialmente non era dispiaciuto all’opinione pubblica,
viene vissuto alla stregua di uno spasmo dell’uomo-solo-allo-sbando.


Sul banco degli imputati sono saliti i Dpcm del presidente del Consiglio dei ministri che si sono succeduti nelle ultime settimane.

La percezione popolare è stata quella di una sostanziale resa, non soltanto all’insidiosità del virus,
quanto all’incapacità conclamata del Governo di implementare un piano organico e coerente di lotta alla malattia,
compatibile con la difesa della salute economica del Paese.

Ciò che poi ha fatto esplodere la protesta è stata la contezza dei cittadini colpiti dalle misure coercitive,
introdotte attraverso la decretazione presidenziale, che la toppa all’inefficienza governativa
fosse la chiusura indiscriminata su tutto il territorio nazionale di interi comparti produttivi
e la proibizione comminata agli italiani di provare a stabilire un sostenibile equilibrio esistenziale e sociale con il Covid.

Di tale fallimento Zingaretti è consapevole.

E per non rischiare che fosse principalmente il Partito Democratico a pagare il conto salato dello scontento,
ha tentato di sparigliare le carte aprendo al coinvolgimento delle opposizioni.


L’argomento, in linea di principio, ha una sua fondatezza:

in una fase emergenziale il dialogo strutturato con le minoranze in Parlamento dovrebbe costituire la via maestra
per consegnare al Paese provvedimenti dotati della più ampia legittimazione politica.

Tuttavia, come sentenziava una vecchia volpe di cui si avverte la mancanza, a pensar male si fa peccato ma spesso ci si azzecca.

Il segretario piddino, nella lettera affidata a “La Repubblica”, conclude scrivendo:

Il Governo dunque si concentri soprattutto su questo: sull’efficienza e la serietà, sul dialogo e l’apertura con il Paese,
le persone le forze produttive e sociali, il tessuto associativo e sul coinvolgimento e confronto con le forze di opposizione
”.

Parole di senso.

Ma, ci domandiamo, l’improvvisa illuminazione che ha folgorato Zingaretti, è sincera?

O non è forse il frutto avvelenato di una logica che coltiva l’insano proposito di una chiamata in correità degli avversari politici negli errori compiuti da Giuseppe Conte?

Non è che Zingaretti stia pensando di scaricare sulle spalle dell’opposizione una quota di propria responsabilità per il risentimento popolare?

È in ballo anche l’occultamento al giudizio dell’opinione pubblica delle palesi incapacità
mostrate dagli esponenti piddini di primo piano della compagine governativa
.

Il caso imbarazzante della ministra delle Infrastrutture e dei Trasporti, Paola De Micheli, braccio destro di Zingaretti nel partito, che non fa o se fa sbaglia, docet.


Zingaretti è stato abile nel buttare la palla dall’altra parte del campo.

A raccoglierla, per primo, è stato il vecchio leone di Arcore che, in un’intervista di ieri l’altro, ha aperto a una collaborazione di Forza Italia con l’odierna maggioranza.

Alla domanda del giornalista “responsabilità fino al punto di garantire al Governo i voti che potrebbero mancare al Senato?

Berlusconi ha risposto lapidario: “Nessun voto per salvare il Governo, tutti i voti necessari per fare le cose utili al Paese”.

Che un po’ suona come il motto che campeggiava sulla camicia da notte dell’austera consorte de “Il Gattopardo”:

Non lo fo per piacer mio, ma per dare un figlio a Dio”.


Il leader di Forza Italia ha una gran voglia di entrare nella partita delle scelte di governo,
perché non è nella sua natura restare alla finestra a guardare, proprio quando c’è da fare la programmazione
per spendere i denari messi a disposizione dall’Unione europea.


Ma c’è una seconda ragione, non meno importante, che sollecita il pragmatismo del leader forzista:

un accordo oggi con il centrosinistra creerebbe le premesse per la sua partecipazione alla scelta

del prossimo presidente della Repubblica, la cui elezione è prevista per l’inizio del 2022.



Mantenere uno stato conflittuale con la maggioranza, ha ragionato Berlusconi,
spingerà inevitabilmente la sinistra al colpo di mano per votare il proprio candidato condiviso con i grillini che, com’è noto,
potrebbe essere quel Romano Prodi che il vecchio leone di Arcore vede come fumo negli occhi.


Ma ci si può fidare di Zingaretti, di Matteo Renzi, di Beppe Grillo e Luigi Di Maio?

Va bene l’ottimismo e la fiducia nella specie umana, ma a tutto c’è un limite.

E le esperienze fatte in passato dovrebbero rappresentare un affidabile strumento di misura dell’altrui credibilità.

La fregatura potrebbe essere in agguato.

Come in un bizzarro gioco dell’oca fatto di punti interrogativi in luogo delle caselle, si torna alla domanda di partenza: ci si può fidare della sinistra?


La domanda sostanziale è: gli italiani hanno bisogno che un’opposizione coesa e presente comunque ci sia, per arginare le malefatte di questo Governo

o pensano che i partiti di destra e di sinistra, tutti insieme appassionatamente, possano partorire le soluzioni più desiderabili per affrontare la crisi in atto?


Se la maggioranza dei cittadini preferisse che si tenessero ben distinte le posizioni delle parti in campo come controbattere a Zingaretti?


Un due di coppe sarebbe la carta perfetta da giocare.
 
Quando si fa una domanda ad un giornalaio, che tipo di risposta potreste aspettarvi ? ...di parte, è chiaro.


Pensavo che almeno la radio, il cui mezzo si presta più della concorrente tv ad un approccio maggiormente riflessivo,
sul Covid-19 non scendesse ai livelli di un dibattito da osteria in cui, tra un bicchiere e l’altro, si fa a gara a chi la spara più grossa.

Soprattutto in un momento come questo, nel quale mesi e mesi di informazione terrorizzante

hanno contribuito a montare una isteria collettiva senza precedenti, sarebbe cosa buona e giusta,

nonché estremamente responsabile nei confronti dell’intero Paese,

raccontare le cose come stanno, soprattutto sui numeri della pandemia.


Numeri che, come spesso mi permetto di ricordare, hanno sempre la testa maledettamente dura,

almeno fino a quando non vengono vergognosamente contraffatti.


Ciò è quello che è esattamente accaduto giovedì scorso
durante “Tutta la città ne parla”,
programma di approfondimento mattiniero in onda su Rai Radio 3.

Sul tema dei prossimi lockdown, più o meno leggeri, annunciati in Francia e in Germania,
il conduttore si è collegato con alcuni inviati della stampa italiana a Parigi e Berlino.

Dalla capitale tedesca, in particolare, ha parlato la giornalista diRepubblica”, Tonia Mastrobuoni
la quale, dopo aver brevemente tracciato il quadro di una devastante catastrofe in arrivo anche nel Paese teutonico, ha sganciato la sua bomba:


“In Germania, malgrado la maggior presenza di terapie intensive d’Europa, ne sono rimaste libere circa 7mila, dal momento che 21/22mila sono già occupate.”



A questo punto il conduttore, in evidente imbarazzo di fronte ad una cifra che definire inverosimile è dir poco, ha provato a replicare,
sostenendo timidamente una certa incoerenza nel dato se correlato con quello di altre grandi nazioni europee, tra cui l’Italia.

Ma la giornalista, assolutamente imperterrita, ha spiegato che probabilmente questo affollamento deriverebbe da un colossale afflusso di malati
– non ha chiarito se di Covid-19 o di altro – che durante la prima fase della pandemia non avevano ricevuto cure adeguate.


Ora, senza farla troppo lunga, abbiamo trovato un interessante ed esauriente prospetto pubblicato sul giornale online “Linkiesta”,
nel quale tabelle e dati sono presi da fanti ufficiali del Governo tedesco, tra cui il Robert Koch Institute,
organizzazione responsabile per il controllo e la prevenzione delle malattie infettive facente parte del ministero federale della Salute tedesco.


Ebbene, udite udite, il 27 ottobre in tutta la Germania si contavano 1470 pazienti in terapia intensiva, contro i 2541 registrati il 26 aprile.

D’altro canto, se il numero, seppur in crescita, dei positivi (sbagliato chiamarli contagiati, come ha spiegato il professor Alberto Zangrillo,
in quanto con questo termine la scienza medica definisce i malati) risulta da tempo inferiore ai nostri,

come sarebbe possibile solo immaginare una quantità di persone in rianimazione superiore di 14-15 volte al già preoccupante dato italiano?


Io spero vivamente che si sia trattata di una svista, perché in caso contrario

ci troveremmo di fronte ad una inqualificabile contraffazione dei dati che griderebbe vendetta.


Tuttavia, anche nel caso di un errore in buona fede, resta altrettanto inqualificabile la leggerezza con la quale una "professionista"
ha divulgato in diretta radiofonica una cifra che, persino un bambino, non avrebbe minimamente preso per buona.


Questo, a mio avviso, rappresenta un piccolo ma significativo esempio del clima di delirio collettivo

che imperversa da mesi in ogni ambito della società.


Delirio collettivo che ottunde le menti, impedendo a molti, troppi professionisti dell’informazione,

di verificare ciò che diffondono come se fosse oro colato.



In questo senso, sarebbe il caso che chi svolge questa importantissima professione,

che in teoria dovrebbe fare le pulci al potere, prima di aprire la bocca accerti sempre di aver inserito il cervello.


Ne guadagneremmo tutti.
 
Una ricapitalizzazione da 2-2,5 miliardi di euro a carico dello Stato per appostare in modo adeguato i rischi legali
e far fronte ai costi di un’integrazione che comporterebbe l’uscita circa 6 mila dipendenti.

Oltre a una dote di attività fiscali differite di oltre 3 miliardi di euro, da utilizzare per risparmiare sulle tasse.


Sarebbero queste, secondo quanto ha scritto ieri l’Ansa, le condizioni proposte dal Tesoro a Unicredit,
che le starebbe valutando senza aver deciso alcunché, per farsi carico di Mps,
nel tentativo di trovare una soluzione definitiva ai problemi di Siena.

Nessuno dei soggetti coinvolti ha voluto commentare le indiscrezioni.


Unicredit ha ribadito come il suo ceo, Jean-Pierre Mustier abbia anche recentemente escluso l’intenzione di avventurarsi in fusioni e acquisizioni.


Secondo quanto risulta a Il Sole 24 Ore, dal ceo francese non è ancora arrivato un via libera a un’operazione Siena.

Perché, è probabile, molto se non tutto dipende dalle condizioni a cui il Tesoro conferirebbe la banca:

“Secondo fonti finanziarie, l’ultima ipotesi prevederebbe una ricapitalizzazione del Monte da parte del Mef per una cifra compresa tra i 2 e i 2,5 miliardi,
di cui uno destinato a rimpinguare i fondi per le cause legali e un altro per coprire gli esuberi pre-nozze, stimati intorno a 6mila unità (di cui la metà a Siena).
A questa mossa, che deve in ogni caso superare ostacoli non banali sul piano dei conti pubblici, si affiancherebbero anche 3 miliardi di crediti fiscali.
Al termine di questo processo, al Mef resterebbe una quota del 5%. Basterà tutto questo a convincere Mustier? Si vedrà.
Difficile, però, che a breve il banchiere abbandoni la linea «No M&A»”, ha scritto oggi il quotidiano economico-finanziario.


Per assicurare alla banca il mantenimento di un “cet1 superiore al 13%”, secondo un report di Equita dei giorni scorsi,
Mps avrebbe bisogno di una dote di “circa 4 miliardi”, cifra che non include il necessario incremento degli accantonamenti sui rischi legali,
pari a 600 milioni su un petitum di 10 miliardi.

A pagare sarebbe ancora una volta il Tesoro (il Mef infatti controlla il Mps),
in un’operazione che ricalcherebbe la cessione delle banche venete (Popolare di Vicenza e Veneto Banca) a Intesa Sanpaolo.


Equita ha calcolato che, a fronte di 2 miliardi di euro di costi di integrazione, la neutralità sul patrimonio
(Cet 1 ratio pro forma del nuovo gruppo che si verrebbe a formare superiore al 13%),
rende necessaria una ricapitalizzazione di 4 miliardi, “ma senza considerare la copertura dei rischi legali”.


Per la Sim – ha scritto Radiocor – l’ipotesi le risorse già stanziate dal Mef per 1,5 miliardi
sono sufficienti per procedere con lo spinoff dei crediti deteriorati (Npe) ad Amco e completare il processo di derisking,
ma potrebbero risultare non sufficienti per rendere ancora più appetibile la banca in un’ottica di M&A, anche ipotizzando un intervento da parte di Unicredit.


Comunque secondo Mediobanca – come ha scritto nei giorni scorsi il Corriere della Sera
chi si fonderà con Mps potrà beneficiare di un «patrimonio inespresso» di 3,6 miliardi
(in termine tecnico «Dta», attività per imposte differite), ovvero crediti fiscali legati alle enormi perdite della banca senese.

È questo uno dei punti forti del dossier Mps portato avanti dal Tesoro,
socio al 68%, dall’advisor Mediobanca e dallo stesso ceo dell’istituto, Guido Bastianini.


E se il piano di Tesoro e Mediobanca dovesse fallire?

E’ pronto un piano B: convincere Bruxelles della ineluttabilità della nazionalizzazione.

Anche in questo caso – ha scritto di recente Panorama – l’istituto di Piazzetta Cuccia ha l’uomo giusto per un Monte pubblico:

Antonio Guglielmi, “ambasciatore romano di Nagel”, e apprezzato da M5s
(ebbe un ruolo nell’incontro nel 2018 dell’allora candidato premier Luigi Di Maio con la comunità finanziaria londinese) ,
ma anche della Lega, oltre che candidato dai grillini alla direzione generale del Mef;
ma fu sconfitto dalla scelta dell’ex ministro dell’Economia, Giovanni Tria,
che promosse Alessandro Rivera alla direzione generale del Tesoro.


E ora i duellanti collaborano, pare.
 
Una ricapitalizzazione da 2-2,5 miliardi di euro a carico dello Stato per appostare in modo adeguato i rischi legali
e far fronte ai costi di un’integrazione che comporterebbe l’uscita circa 6 mila dipendenti.

Oltre a una dote di attività fiscali differite di oltre 3 miliardi di euro, da utilizzare per risparmiare sulle tasse.


Sarebbero queste, secondo quanto ha scritto ieri l’Ansa, le condizioni proposte dal Tesoro a Unicredit,
che le starebbe valutando senza aver deciso alcunché, per farsi carico di Mps,
nel tentativo di trovare una soluzione definitiva ai problemi di Siena.

Nessuno dei soggetti coinvolti ha voluto commentare le indiscrezioni.


Unicredit ha ribadito come il suo ceo, Jean-Pierre Mustier abbia anche recentemente escluso l’intenzione di avventurarsi in fusioni e acquisizioni.


Secondo quanto risulta a Il Sole 24 Ore, dal ceo francese non è ancora arrivato un via libera a un’operazione Siena.

Perché, è probabile, molto se non tutto dipende dalle condizioni a cui il Tesoro conferirebbe la banca:

“Secondo fonti finanziarie, l’ultima ipotesi prevederebbe una ricapitalizzazione del Monte da parte del Mef per una cifra compresa tra i 2 e i 2,5 miliardi,
di cui uno destinato a rimpinguare i fondi per le cause legali e un altro per coprire gli esuberi pre-nozze, stimati intorno a 6mila unità (di cui la metà a Siena).
A questa mossa, che deve in ogni caso superare ostacoli non banali sul piano dei conti pubblici, si affiancherebbero anche 3 miliardi di crediti fiscali.
Al termine di questo processo, al Mef resterebbe una quota del 5%. Basterà tutto questo a convincere Mustier? Si vedrà.
Difficile, però, che a breve il banchiere abbandoni la linea «No M&A»”, ha scritto oggi il quotidiano economico-finanziario.


Per assicurare alla banca il mantenimento di un “cet1 superiore al 13%”, secondo un report di Equita dei giorni scorsi,
Mps avrebbe bisogno di una dote di “circa 4 miliardi”, cifra che non include il necessario incremento degli accantonamenti sui rischi legali,
pari a 600 milioni su un petitum di 10 miliardi.

A pagare sarebbe ancora una volta il Tesoro (il Mef infatti controlla il Mps),
in un’operazione che ricalcherebbe la cessione delle banche venete (Popolare di Vicenza e Veneto Banca) a Intesa Sanpaolo.


Equita ha calcolato che, a fronte di 2 miliardi di euro di costi di integrazione, la neutralità sul patrimonio
(Cet 1 ratio pro forma del nuovo gruppo che si verrebbe a formare superiore al 13%),
rende necessaria una ricapitalizzazione di 4 miliardi, “ma senza considerare la copertura dei rischi legali”.


Per la Sim – ha scritto Radiocor – l’ipotesi le risorse già stanziate dal Mef per 1,5 miliardi
sono sufficienti per procedere con lo spinoff dei crediti deteriorati (Npe) ad Amco e completare il processo di derisking,
ma potrebbero risultare non sufficienti per rendere ancora più appetibile la banca in un’ottica di M&A, anche ipotizzando un intervento da parte di Unicredit.


Comunque secondo Mediobanca – come ha scritto nei giorni scorsi il Corriere della Sera
chi si fonderà con Mps potrà beneficiare di un «patrimonio inespresso» di 3,6 miliardi
(in termine tecnico «Dta», attività per imposte differite), ovvero crediti fiscali legati alle enormi perdite della banca senese.

È questo uno dei punti forti del dossier Mps portato avanti dal Tesoro,
socio al 68%, dall’advisor Mediobanca e dallo stesso ceo dell’istituto, Guido Bastianini.


E se il piano di Tesoro e Mediobanca dovesse fallire?

E’ pronto un piano B: convincere Bruxelles della ineluttabilità della nazionalizzazione.

Anche in questo caso – ha scritto di recente Panorama – l’istituto di Piazzetta Cuccia ha l’uomo giusto per un Monte pubblico:

Antonio Guglielmi, “ambasciatore romano di Nagel”, e apprezzato da M5s
(ebbe un ruolo nell’incontro nel 2018 dell’allora candidato premier Luigi Di Maio con la comunità finanziaria londinese) ,
ma anche della Lega, oltre che candidato dai grillini alla direzione generale del Mef;
ma fu sconfitto dalla scelta dell’ex ministro dell’Economia, Giovanni Tria,
che promosse Alessandro Rivera alla direzione generale del Tesoro.


E ora i duellanti collaborano, pare.

qualsiasi banca a cui verrà imposto l'acquisto di BMPS la vorrà pulita, ergo ricapitalizzata, senza rogne legali e senza sofferenze ( vedasi venete prese da ISP per 1 euro simbolico ) vediamo quanto il tesoro sarà costretto a mettere per ripianare il buco. Intanto i 5 miliardi messi sono già fumati e sì che Renzi diceva che sarebbero tornati con gli interessi.
 
Citazioni tratte dalla relazione sul Grande Reset ordinata dal Worl Economic Forum.:


« La governance mondiale è al cuore di tutte le altre questioni. »

« L’ipotesi fondamentale è che la pandemia possa continuare a colpirci fino al 2022 […]
Il ritorno completo alla normalità non può essere previsto fino a quando non sarà stato reso disponibile un vaccino. »

« Molti di noi si chiedono quando ritorneremo alla normalità.
La risposta è concisa: mai. […]
Ci sarà per sempre un’epoca di “prima del coronavirus” (aC) e “dopo il Coronavirus” (DC).»

« Quando sono confrontati ad esso, alcuni industriali e alcuni quadri superiori rischiano di assimilare il reset a un reinizio […]
Ma non succederà perché non può succedere.»

« Le misure di distanziamento sociale e fisico rischiano di persistere ben al di là della scomparsa della pandemia stessa,
per giustificare la decisione di numerose aziende nei più svariati settori di accelerare la automatizzazione. »

« Non è affatto sicuro che la crisi del Covid 19 faccia pendere la bilancia a favore del lavoro contro il capitale.
Politicamente e socialmente, sarebbe possibile, ma il dato tecnologico cambia tutto.”

«Fino all’86 % dei posti di lavoro nella ristorazione,
il 75% dei posti di lavoro nei commerci al dettaglio
e il 59% dei posti di lavoro nei giochi e divertimenti
potrebbero essere automatizzati entro il 2035. »

« Fino al 75% dei ristoranti indipendenti potrebbero non sopravvivere al confinamento e alle misure di distanziamento sociale ulteriori. »

« Nessuna industria o azienda sarà risparmiata. »

« La « tirannia della crescita del PIL » finirà. »

« La fiscalità aumenterà. Come nel passato, la logica sociale e la giustificazione politica
che sono alla base degli aumenti saranno basati sulla narrativa dei “paesi in guerra” (ma questa volta contro un nemico invisibile). »

« Il controllo pubblico delle aziende private aumenterà. »

« Le aziende non aderiranno necessariamente a queste misure perché le considerano “buone”
ma piuttosto perché il “prezzo” da pagare per non sottomettervici sarà troppo alto in termini di collera dei militanti. »

« L’attivismo dei giovani aumenta nel mondo, essendo rivoluzionato dalle reti sociali
che accentuano la mobilitazione a un livello che sarebbe stato impossibile precedentemente.
Assume diverse forme, dalla partecipazione politica non istituzionale alle manifestazioni e alle proteste
e affronta questioni diverse come il cambiamento climatico, le riforme economiche, la parità tra i sessi e i diritti LGBT.
La giovane generazione è fermamente all’avanguardia del cambiamento sociale.
Non ci sono dubbi che sarà il catalizzatore del cambiamento e una fonte di slancio critico per il Grande Reset. »

« Con il lockdown, il nostro attaccamento ai prossimi si è potenziato
con un sentimento rinnovato di apprezzamento per tutti coloro che amiamo: la famiglia e gli amici.
Ma il lato oscuro è lo scaturire di un aumento di sentimenti patriottici e nazionalisti
con considerazioni religiose ed etniche preoccupanti.
In fin dei conti, questo miscuglio tossico ha messo in risalto il peggio di noi stessi in quanto gruppo sociale.»

« Visto in questi termini, il coronavirus ha potenziato e non resettato i problemi connessi alla salute mentale […]
Nell’era post pandemia, queste questioni possono oramai ricevere la priorità che meritano. Sarà questo un vero reset vitale. »



Florilegio tratto dal profilo VK https://vk.com/gerardfoucher?w=wall618527384_21
 

Users who are viewing this thread

Back
Alto