Quando nel 2000 Al Gore contestò con ricorsi la vittoria di George Walker Bush, per le presunte manomissioni del voto in Florida,
dalla sinistra Usa e quella internazionale vi fu un coro di consensi e approvazione.
Oggi che i ricorsi e i tribunali li paventa Donald Trump, e fa benissimo, si grida alla pagliacciata e sceneggiata: questa è la sinistra e la sua concezione della democrazia.
Tanto è vero che da noi su tutte le tv che ieri abbiamo visto finché siamo riusciti, perché alla fine disgustati ce ne siamo andati,
è stato un coro vergognoso di dileggio degli ospiti sinistri, invitati in quantità, nei confronti di Trump e delle sue contestazioni,
mentre su Joe Biden un canto gregoriano di plauso e stima.
Roba che in America, se i democratici avessero voluto scegliere un candidato più sbiadito e politicamente bollito, non ci sarebbero riusciti.
E non si tratta solo di età, visto che Biden viaggia per gli ottanta (ha 77 anni).
Si tratta di concentrazione e rapidità cognitiva.
Perfino ieri sera, quando Biden è apparso in tv per fare il suo discorso da presidente in pectore si è visto, lento,
leggermente tremebondo con gli occhi che sbirciavano un brogliaccio posato sul leggio, per dire parole di una scontatezza farisea.
Insomma, venire a dire che Trump non sia il nemico, che non esistano stati blu oppure rossi,
dopo una campagna elettorale fatta di insulti, accuse, insolenze, senza precedenti, condotta col supporto di uno schieramento nucleare come mai s’era visto,
dei media americani e mondiali, che su Trump hanno lanciato accuse e offese quotidiane, come fosse un malfattore spregevole, ignobile e arrogante, è disarmante.
Per non dire che se c’è un Paese al mondo dove, giustamente, il bipolarismo sia così netto al punto da parlare di Amministrazione Trump,
piuttosto che Barack Obama, oppure Bill Clinton e via dicendo, è proprio l’America.
Perché in caso di vittoria con lo spoil system si licenziano tutti gli esponenti antagonisti
dell’Amministrazione precedente e si sostituiscono con quelli del colore vincente.
Come se non bastasse, è chiaro a chiunque tranne agli ipocriti, agli sprovveduti, che semmai fosse Biden il presidente,
sarebbe commissariato e indirizzato, dal team già addestrato sia da Obama che dalla Clinton che dai potenti foraggiatori di un nuovo ordine mondiale.
Del resto, seppure sia negato in modo palese, falso ma cortese, il fatto che nei confronti della Cina
non ci sarà una discontinuità di atteggiamento degli States rispetto ad ora, non è vero,
perché il motivo reale per cui contro Trump si è scatenata un’offensiva gigantesca ed epocale,
è proprio quello della sua contrapposizione netta e totale all’invadenza e alla potenza crescente dei cinesi.
Perché sia chiaro: se Trump fosse stato accomodante con Xi Jinping e con i piani di dominio commerciale,
finanziario, produttivo della Cina, per essere la padrona assoluta del mondo e potenza numero uno,
evasore o meno, repubblicano sui generis o meno, tutto quello che abbiamo visto contro di lui non ci sarebbe stato, punto.
Infatti, quello che dispera, è che non si sia capito che con Biden e soprattutto con chi c’è dietro,
gli Usa nei rapporti con il Celeste Impero diventeranno più che dialoganti compiacenti,
più che trattativisti qualunquisti, più che competitivi remissivi, fino al punto di lasciargli lo scettro dell’ordine mondiale.
Ebbene, ciò che impaurisce non è il fatto che l’America ad un certo punto della sua storia anziché prima
possa diventare la seconda potenza planetaria, che ceda il testimone a qualcun altro insomma,
ma che lo scettro finisca in mano alla Cina e lo spieghiamo.
Da sempre il mondo si è riconosciuto nell’America non tanto e non solo perché fosse la potenza più grande in assoluto,
economicamente, finanziariamente, militarmente, ma perché fosse la sentinella della libertà, della democrazia, del pluralismo
e del rispetto dei diritti di tutti, per farla breve una garanzia assoluta per l’umanità intera.
Mettersi nelle mani dell’America, soprattutto nei passaggi più drammatici e difficili della storia, seppure tra luci e ombre,
ha significato inequivocabilmente affidarsi alla più grande democrazia esistente,
avere fiducia in un gigante che per quanto attraversato da tante opacità ha sempre assicurato e tutelato la libertà,
le minoranze, la democrazia, la lotta ai soprusi e alle sottomissioni illiberali.
Per farla breve, affidarsi al Paese rappresentato dal simbolo lampante, che è la statua, posta all’ingresso di New York, sul fiume Hudson,
un regalo dei francesi costruito ad hoc con la collaborazione di Gustave Eiffel, lo stesso della Torre,
perché fosse chiaro il messaggio della essenzialità della libertà che illumina il mondo e le coscienze umane.
Al contrario, cari amici, la Cina è un Paese dove la libertà non esiste, è un Paese comunista assolutista, spietato e spregiudicato,
una dittatura, una terra che vive di censura, dove i diritti e il libero pensiero sono un buco nero,
il Paese dei carri armati di Tienanmen e delle cariche di Hong Kong ai dissidenti, il Paese dove è “nato” il Covid che ha stravolto il mondo tranne loro, è chiaro?
Ecco perché la Cina non può essere la prima del mondo, il riferimento più importante del pianeta,
la potenza più grande e così grande da disporre a piacimento in tutto il globo.
Lasciarla vincere questa sfida significa mettersi nelle mani più spietate, pericolose, totalitarie, illiberali e disumane.
Significa consegnarsi mani e piedi alla sottomissione definitiva e irreversibile, perché se vincesse la Cina non ci sarebbe rivincita, mai.
Per questo siamo stati e siamo ancora con Trump, non perché ci sia simpatico o amico del cuore,
ma perché da presidente degli States ha voluto e vuole l’America per prima, unica su tutti e specialmente sulla Cina,
perché nella difesa del pensiero di destra liberale ha combattuto e combatte una guerra non convenzionale:
parliamo di Covid, che è una sfida alla Cina per il controllo mondiale.
Insomma, esattamente l’opposto del pensiero di sinistra, scellerato, incosciente, ipocrita
e soccombente, che pur di vincere ha superato Pirro e spaccia per successo un mondo consegnato alla Cina e sottomesso.
Comunque vada, noi combatteremo ancora, non ci piegheremo, resisteremo come auspicava Winston Churchill sempre e ovunque,
non ci consegneremo all’ammasso del cervello.
Perché il nostro simbolo è sempre quello: libertà, democrazia, solidarietà, pluralismo e garanzia.