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New Zealand’s Stuff riporta una massiccia ondata di americani, più di 40.000,
hanno visitato il sito web dell’immigrazione del governo negli ultimi giorni
dopo la prospettiva di altri quattro anni sotto una presidenza Trump,
oppure, al contrario, perchè temono la sua dipartita.

Una situazione difficilmente contestabile visto il clima di tensione crescente negli USA.

A questo punto, alcuni americani potrebbero prendere in considerazione la mossa a prescindere da chi vincerà, soprattutto perché la scritta è sul muro.

Il paese sembra socialmente sull’orlo dell’implosione, quindi perchè non andare in un posto dove l sicurezza sociale è elevata,
la densità di popolazione bassa, la lingua parlata più o meno la medesima?


Anche prima delle elezioni gli USA erano fornitori di immigrati in Nuova Zelanda:





Oltre al disagio economico e all’allarmante disuguaglianza dei ricchi,
la pandemia virale ha formato la seconda ondata di virus, con un carico di casi che questa settimana ha superato i 100,000.

Nel frattempo, il ministro della Salute neozelandese Chris Hipkins ha recentemente dichiarato che nel paese
è stata raggiunta una pietra miliare importante, poiché la pandemia del virus è stata “schiacciata” a causa delle loro azioni collettive per mitigare la diffusione.


Stuff ha intervistato il texano Valentino Johnson, che sta cercando di trasferirsi in Nuova Zelanda
perché sembra essere un “luogo dove le persone si preoccupano abbastanza l’un l’altro” per seguire le regole di salute pubblica.

“Il Paese sta diventando così diviso”, ha detto. “Voglio crescere mio figlio in un posto dove possa essere rispettato”.


Il medico del pronto soccorso Rob Brandt di Grand Rapids, Michigan, vive da sei mesi in una capanna della piscina a casa sua, mentre si isola dalla sua famiglia.

Brandt ha detto che molti americani credono che la pandemia sia una bufala.
Ha detto che il suo ospedale sta iniziando a vedere aumentare i casi di virus,
dato che la seconda ondata spinge i casi giornalieri a livello nazionale oltre i 100.000 casi.


Naturalmente medici ed investitori ottengono il visto in modo assai semplice in Nuova Zelanda, che, comunque non può essere la soluzione per tutti.
 
Per i Democratici USA, come per gli italici piddini, la Democrazia, quella con la “D” maiuscola,
fatta di veri voti di persone vere, di conteggi verificabili, di onestà, è sempre stata una sorta di intralcio burocratico da aggirare.

Quando del resto ci si sente investiti di una sorta di missione superiore, il volere popolare è una formalità burocratica da aggirare in ogni modo.

Negli USA i Democratici sono stati sempre molto abili in questo tipo di attività.

Un caso clamoroso, che ha influenzato profondamente la storia americana, è quello delle elezioni di Lyndon B. Johnson a senatore del Texas.


Questo super broglio avvenne nel 1948, quando LBJ si candidò per i democratici al Senato degli Stati Uniti
contro il governatore del Texas Coke Stevenson, fra i più ammirati e rispettati nella storia dello Stella Solitaria.

Al primo turno elettorale Stevenson superò Johnson di 70.000 voti, ma non avendo la maggioranza assoluta dei voti,
fu costretto al ballottaggio che si tenne un sabato.

La domenica mattina dopo il ballottaggio, Stevenson era in testa per 854 voti.

il giorno dopo lo spareggio elettorale fu “scoperto” che non erano ancora stati conteggiati i dati di una determinata contea
e la maggioranza dei nuovi voti era a favore di Johnson.

Poi il lunedì, dopo due giorni, arrivarono dei dati dalla Rio Grande Valley.


Nonostante tutte queste aggiunte tardive il martedì, l’Ufficio elettorale di Stato annunciava che che Stevenson aveva vinto per 349 voti.

Nulla cambiò il mercoledì e il giovedì, ma il venerdì i distretti della Rio Grande Valley apportarono “correzioni” ai loro conteggi, riducendo il vantaggio di Stevenson a 157.


Il venerdì arrivò la sorpresa: la contea di Jim Wells, che era governata come feudo personale da un potente allevatore del Sud del Texas di nome George Parr,
presentò delle “correzioni” per quello che diventò famoso come “Box 13” che diede a Johnson altri 200 voti.


Alla fine, Johnson “Vinse” le elezioni con 87 voti.

In seguito si è scoperto che uno degli uomini di Parr aveva cambiato il conteggio totale di Johnson da 765 a 965, semplicemente correggendo il 7 in un 9.


Da dove erano venuti i 200 voti in più?


Gli ultimi 202 nomi presenti sul registro elettorale nel riquadro 13 erano in un inchiostro di colore diverso dal resto dei nomi,
erano in ordine alfabetico ed erano tutti scritti con la stessa calligrafia.

Un giornalista del NYT che scriveva un libro sulla faccenda registrò una dichiarazione di Luis Salas,
un giudice elettorale della contea di Jim Wells, che riconobbe la frode e ha confessò il suo ruolo nella sua realizzazione.


Naturalmente Stevenson protestò e fece indagini in cui si avvalse dell’assistenza di Frank Hamer,
il Texas Ranger che aveva intrappolato e ucciso Bonnie e Clyde.

Non servì a nulla: Johnson ottenne che un giudice di stato amico emettesse un’ingiunzione
per preservare lo status quo e non ci fosse riconteggio, dopo di che il comitato esecutivo democratico,
con un solo voto, ha dichiarato Johnson vincitore.


Stevenson portò la questione alla corte federale, ma la Corte Suprema si astenne dal pronunciarsi,
dichiarando che non aveva alcun diritto di interferire con un’elezione statale.


Pensiamo alle conseguenze di questo broglio elettorale.

Se LBJ non fosse diventato senatore per il Texas non si sarebbe fatto notare a Washington,
non sarebbe stato scelto da Kennedy come vicepresidente e quindi non sarebbe diventato presidente
prima al posto dei John Fitzgerald, quindi facendosi eleggere.


Non avremmo avuto le politiche sociali, ma probabilmente non avremmo avuto neppure neanche l’ampio intervento nel Vietnam.


L’unica vera differenza fra Trump e Stevenson è che Trump ha nominato tre giudici della Corte Suprema.


Per il resto i brogli saranno anche peggiori che nel 1948.
 
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Oggi insieme ai cittadini circola la malavita:

«La conseguenza è che non c'è nessun segnale di affievolimento dei trend delle attività crminali - spiega Pianese -
i colleghi sul territorio devono confrontarsi ogni giorno con una situazione criminale della stessa intensità dell'epoca prima del Covid.

Anzi, ancora peggiore, perché la modifica recente dei decreti sicurezza ha aperto le porte a un'ondata di flussi incontrollati,

come le migliaia di ingressi in un mese dalla frontiera slovena, che inevitabilmente si trasformano in problemi di ordine pubblico e di sicurezza pubblica.


È chiaro che non si può pretendere che un poliziotto si moltiplichi per due o per tre, dando la caccia tanto al rapinatore e allo spacciatore quanto a chi esce di casa».
 
Un corpo fragile in una mente fragile, fagocitato dal sistema.


Nella visione del conservatorismo russo, la sinistra radicale post-moderna con la sua teoria del pensiero unico gender
evolve velocemente in un nichilismo sociale e morale che sta portando l’intero Occidente all’irrilevanza politica e geopolitica.

Come stanno peraltro dimostrando “le elezioni farsa” statunitensi, dicono i politologi russi.


In un dibattito nella tv russa del 4 novembre, il politologo Vyacheslav Nikonov commentando a caldo la situazione di stallo
successiva alle elezioni Usa ha parlato di declino irreversibile:

“Lo spettacolo della fine storica della Superpotenza è ammaliante”.


Sempre il 4 novembre, il presidente della Duma di Stato dichiara che gli Stati Uniti hanno rivelato di non essere un modello democratico,
vedendo nel Gop e nei Dem due volti di una medesima medaglia.

Il leader di Ldpr Vladimir Zhirinovsky ha invece sostenuto che il conservatorismo trumpiano

proteggerebbe meglio lavoratori e maggioranza silenziosa,

mentre la sinistra radicale post-moderna ha la missione di distruggere famiglia, tradizione, lavoro.



Alexander Dughin considera Trump vincitore nel voto popolare e dice che la Russia dovrebbe riconoscerlo come legittimo presidente.

Volovodin, presidente della Duma, ha sostenuto che la democrazia sovrana e presidenziale russa è più efficiente di quella occidentale,
il ministero degli Esteri ha diramato una nota in cui afferma che i voti statunitensi dovrebbero essere contati correttamente, cosa che non starebbe avvenendo.

Vladimir Putin, appena due settimane fa, riferendosi all’Occidente post-moderno in tutte le sue sfaccettature,
veva affermato che “la nostra unica preoccupazione è non prendere il raffreddore al vostro funerale”.


Il Commersant del 5 novembre sostiene che non vi è stata quell’onda blu prevista dai sondaggi:
il trumpismo è ormai un fenomeno stabile nella scena, gli Stati Uniti sono divisi e polarizzati come mai era avvenuto e continueranno a esserlo nei prossimi anni.


Il quotidiano si sofferma con un certo stupore nel caso controverso dei 180mila voti assegnati in fretta e furia, nel giro di pochi minuti, a Biden nel Michigan.


Vari analisti tra cui Kostantin Kosachev, influente membro del putiniano Russia Unita,
in Ria Novosti considerano inevitabile una lunga instabilità e rivolte popolari trumpiane,
descrivendo un quadro politico molto polarizzato e mutevole,
i militanti che sostengono Biden vanno sempre più verso l’anarchismo di estrema sinistra
che sta seppellendo la stessa sinistra radicale alla Sanders,
i trumpiani potrebbero esser scavalcati da un ultra-tradizionalismo neo-ruralista del Sud
che potrebbe puntare alla Secessione dalla metropoli centrale.

Rossiyskaya Gazeta arriva a conclusioni similari, mettendo in forte dubbio la legittimità del voto postale.

Nei programmi televisivi a carattere politologico del 4 e 5 novembre la nota dominante è che

l’elite dello Stato profondo statunitense vicina a Biden punterà a un Nuovo ordine mondiale, dovrà essere di nuovo la Russia

– come già avvenne con il neo-clintoniano Obama – a stoppare questo progetto di Grande Reset mondiale.


Varie voci nei canali russi, in queste ore, difendono Trump come autentico conservatore, nemico, per quanto troppo moderato in tal senso, della russofobia egemone nella sinistra radicale postmoderna occidentale. Altre sostengono invece che con Biden alla Casa Bianca sarebbe più facile il grande summit globale delle 5 Potenze nucleari (G5), definitivo avvento del nuovo ordine multipolare e la fine storica degli Usa come prima superpotenza. Vari analisti russi parlano in proposito di un G5+1 (India), altri addirittura di un G5+2 (India, Pakistan) ma ciò pare oggettivamente prematuro.


Kostantin Malofeev scriveva il 4 novembre riguardo al quadro post elezioni Usa:

“Quattro anni fa quando Trump vinse, noi dicemmo: meglio avere a che fare con un bullo che con un maniaco.
Sì, incoerente in politica. Ora arrivano i maniaci? Solo i maniaci possono portare il mondo a conflitti terribili:
gli strateghi statunitensi delle “rivoluzioni colorate” hanno già portato la dittatura nelle case con il Covid.
Vediamo una tale rivoluzione negli Usa con Blm, gli strateghi del caos continueranno su questa strada, che nemmeno si può definire liberale ma satanica.
Ci attende una affascinante osservazione del sistema funzionale della democrazia Usa.
Trump ha di nuovo vinto con il voto popolare ma la "democrazia Usa" non ha accettato la sua vittoria.
E questa è un’altra lezione per quelli che amano l’occidente.
Esistono due occidenti, non uno, due Americhe non una.
Gli schiavisti di ieri, quelli che sino al 1964 legittimarono lo schiavismo,
oggi si inginocchiano e baciano i piedi di coloro che fanno vandalismo, distruzioni, teppismo.

Noi non vorremo mai divenire come l’occidente, la Russia non è un occidente, non venite a farci la morale sull’occidente. Cristo salvi la Russia!”.


Il quadro definitivo che emerge è che lo Stato-Civiltà di natura ideocratica è stato dato,
dopo la fine della seconda guerra mondiale, troppo presto per seppellito
nel divenire storico.

La sua nuova centralità è evidente e sotto gli occhi di tutti.

L’impasse strategica dell’Unione Europea è proprio questa, priva del resto di una sovranità tecnologica e militare
e ancora immersa nel sogno economicistico scavalcato negli stessi Usa da una lotta di frazione,
nel disperato tentativo di difendere un primato mondiale che pare comunque ormai sfuggito di mano.
 
La surreale vicenda del voto USA dovrebbe mettere la parola fine sulla questione delle famose fake news,
della post-verità e di tutti i dibattiti sul pericolo della falsa informazione.

Finora ci era sempre stata raccontata una storia edificante che aveva questa trama:

ci sono i buoni e affidabili diffusori delle notizie serie e verificate, da una parte.

Ed i populisti, sovranisti, qualunquisti, spacciatori di bufale, dall’altra.

La sfida Trump-Biden ci dimostra come la faccenda stia esattamente al contrario
.


Un po’ come in una bella serie di Netflix, dal titolo “Stranger things” dove i protagonisti scoprono l’esistenza di un “sottosopra”:
un universo parallelo a quello quotidiano, di una bella cittadina americana anni Ottanta, dove ci sono esattamente le stesse cose di quello vero,
ma immerse nelle tenebre anziché nella luce, nel caos invece che nell’ordine, nell’orrore anziché nell’armonia.

Ecco, il voto per le presidenziali 2020 ha strappato il velo sul “sottosopra” di giornali, tv, breaking news e affini.


La cosiddetta “informazione ufficiale” – a quasi tutti i livelli, in quasi tutto il mondo, a reti quasi unificate
– ci ha mentito in modo spudorato, almeno tre volte.

Prima raccontandoci la storia nera di un Trump rincoglionito, goffo, pasticcione, inadatto,
buono a muoversi solo come un elefante bolso nella cristalleria argentata dell’establishment mondiale;
dove tutti i “presidenti”, i “premier”, i “leader” marciano sempre compatti, e come un solo automa, verso la realizzazione del Nuovo Ordine Mondiale.


E così non è stato mai raccontato, e tantomeno evidenziato,

il fatto che Trump abbia conseguito risultati strabilianti sul piano economico interno
(fino all’era Covid, almeno),

il fatto che abbia rimesso al primo posto l’interesse della sua nazione come dovere primo di ogni politico degno di questo nome,

il fatto che non abbia scatenato un solo conflitto in giro per il mondo (smentendo l’equazione: interesse nazionale=imperialismo guerrafondaio),

il fatto che abbia avviato relazioni di pace tra i belligeranti del medio oriente,

il fatto che si sia rifiutato di cedere alla manipolazione della varie “Grete” prefabbricate dal globalismo green,

il fatto che abbia mostrato i denti a una dittatura conclamata come la Cina.



Ma i nostri menestrelli della menzogna seriale e pianificata hanno poi mentito una seconda volta spacciando sondaggi da querela
dove Trump era sistematicamente in svantaggio di dieci, ma che dico, quindici punti sul suo avversario,
sperando così di inquinare per bene, anzi “per male”, la campagna elettorale.


Infine – di fronte all’accusa devastante di Trump sui brogli pacchiani, recidivi, programmatici avvenuti non nelle elezioni kazake,
ma in quelle della democrazia più “rappresentativa” del mondo – stanno facendo spallucce.


Cioè, di nuovo, se ne fregano, applicando alla lettera i consigli del Conte Zio manzoniano al padre provinciale:

“A voler trovarne il fondo, o non se ne viene a capo, o vengon fuori cent’altri imbrogli. Sopire, troncare, padre molto reverendo: troncare, sopire”.

E ciò anziché scatenarsi come segugi alla ricerca di prove che dimostrino – o, se del caso, smentiscano – le terribili accuse di “The Donald”.

Ad ogni buon conto, non ci resta che sperare nella giustizia americana, di certo più celere e affidabile della nostra.

Questo per quanto riguarda l’America.


Per quanto riguarda l’Italia, invece, ma anche tutto il resto del mondo, teniamo a mente un solo promemoria.


Il mainstream media è come quella serie di Netflix: il “Sottosopra” della verità.
 
La pandemia ha impoverito centinaia di milioni di persone ma allo stesso tempo ha fatto arricchire molto alcune centinaia di paperoni già super ricchi.

Secondo lo studio Riding the storm (Cavalcando la tempesta) recentemente pubblicato dalla banca svizzera UBS insieme a Price Waterhouse Coopers,
il consulente contabile delle grandi multinazionali, la ricchezza di 2.189 persone più ricche al mondo
è aumentata dagli 8.000 miliardi di dollari dell’inizio di aprile ai 10.200 miliardi di luglio.

In meno di quattro mesi, e nel mezzo dello stravolgimento economico, sociale e sanitario più grande della storia umana
se non si contano le due guerre mondiali, la loro ricchezza è cresciuta di oltre un quarto!

Sbalorditivo e allucinante.

Il rapporto ha evidenziato che la ricchezza succitata era alla fine del 2017 di 8.900 miliardi di dollari
e aveva subito una riduzione significativa nel 2019 e soprattutto nei primi mesi del 2020.

Poi la “giostra” è ripartita alla grande a seguito dell’inondazione di liquidità da parte delle banche centrali e dei governi.

Tra questi plurimiliardari primeggiano quelli dei settori delle nuove tecnologie, con un aumento medio del 42,5%,
della sanità, con un aumento del 50,3%, dell’informatica e, naturalmente, della vendita online.


Geograficamente, in Cina la loro ricchezza è aumentata del 1.146%, in Francia del 439% e negli Usa del 170%.

In merito, l’ong internazionale Oxfam calcola che nel mondo i duemila mega miliardari detengono il 60 di tutta la ricchezza globale.

Una ricchezza più grande di quanto possiedono i 4 miliardi e 560 milioni di persone, pari a oltre la metà della popolazione mondiale.

Secondo la ong, le 32 maggiori multinazionali del pianeta nel 2020 aumenteranno i profitti di ben 109 miliardi di dollari.


Secondo l’Institute for Policy Studies americano, da marzo a ottobre 2020
la ricchezza di 644 paperoni statunitensi è aumentata di 931miliardi di dollari.

Per esempio, il patrimonio personale di Jeff Bezos, l’amministratore delegato di Amazon, è arrivato a 193 miliardi di dollari, con un aumento del 70% in sette mesi,
mentre quello di Elon Musk, il padrone dell’impero tecnologico di Tesla e SpaceX, ha superato i 91 miliardi con un aumento pari a circa il 273%!

È contemporaneamente rilevante, invece, notare che le azioni delle quattro maggiori banche americane,
la JP Morgan Chase, la Bank of America, la Citigroup e la Wells Fargo, sarebbero del 20-50% sotto i livelli di 12 mesi fa.

Ciò rivela un grave problema di tenuta del sistema bancario, nonostante che le borse più importanti siano state, molto artificialmente, mantenute ai livelli più alti di capitalizzazione.

Ne è preoccupato anche il Fmi. Nel suo ultimo rapporto The world economic outlook riconosce che il Covid
«ha provocato una crisi economica globale senza precedenti» e che nel 2020 si registrerà una fenomenale contrazione economica mondiale.

Pur apprezzando il fatto che le banche centrali abbiano immesso liquidità per 7.500 miliardi di dollari,
cui si aggiungono 12.000 miliardi di stimoli fiscali e aiuti di vario tipo da parte di tutti i governi,
il Fondo monetario internazionale teme l’andamento della gigantesca «bolla del debito»,
sia quello esso sovrano degli Stati e sia quello cosiddetto corporate debt delle imprese.


Ovviamente sono i più deboli ed esposti a farne le spese: le decine di milioni di persone che hanno perso il lavoro
e le numerosissime piccole medie imprese a rischio fallimento negli Stati cosiddetti avanzati.

Per non dire dei numerosi Paesi poveri e delle economie emergenti che sono davanti al collasso e alla bancarotta.

L’aumento della ricchezza di pochi si scontra inevitabilmente con la crescita esponenziale della povertà nel mondo.

La Banca mondiale stima che, per la prima volta in venti anni, nel 2020 c’è un notevole aumento della povertà estrema,
che potrebbe colpire il 9% della popolazione mondiale.

Com’è noto, si definisce povertà estrema quando un individuo vive con meno di 1,90 dollari al giorno.
 
Ecco 10 manipolatori "democratici".

10 persone che hanno la maggiore influenza sulla politica economica nel circolo che circonda Joe Biden :

Il nome in cima alla lista è Michael Linden, direttore esecutivo della Groundwork Collaborative,
la cui missione è quella di “sviluppare e far progredire una visione progressista del mondo economico”.
Linden, laureatosi nel 2003 alla Brown University, “attualmente si concentra sulla difesa”,
dice il Baron Public Affairs in un riassunto di due pagine dei suoi risultati.


La società di consulenza classifica Linden come “riformatore”, insieme a Heather Boushey,
amministratore delegato del Washington Center for Equitable Growth, che ha co-fondato nel 2013;

Heidi Shierholz, economista senior e direttore della politica presso l’Economic Policy Institute;

e Matt Stoller, direttore della ricerca presso l'American Economic Liberties Project, che combatte il “potere aziendale concentrato”.


I “portabandiera” del tradizionale Partito Democratico che ha fatto la lista, dice il Baron Public Affairs,

sono Jared Bernstein, che è stato il capo economista di Biden dal 2009 al 2011 quando era vice presidente;

l’economista di Harvard Jason Furman, che ha lavorato nell’amministrazione Clinton ed è stato presidente del Consiglio dei consiglieri economici di Obama

e Gene Sperling, che è stato direttore del Consiglio economico nazionale sia per Bill Clinton che per Barack Obama.


I “tecnici economici” della lista sono

Ernie Tedeschi, amministratore delegato ed economista politico di Evercore ISI, una società di ricerca indipendente;

l’australiano Justin Wolfers, economista dell’Università del Michigan;

e Martha Gimbel, senior manager per la ricerca economica di Schmidt Futures,
un’organizzazione dedicata al progresso scientifico fondata da Eric Schmidt, il miliardario ex amministratore delegato di Google.


I 10 influencer sono stati scelti attraverso l’analisi degli scritti e delle osservazioni di 33 consiglieri,
funzionari della campagna e membri del comitato della piattaforma che circondano Biden, tra cui Kamala Harris.

Ciò ha prodotto un elenco dei pensatori che queste persone hanno citato più spesso.

Tre delle persone che sono entrate nella top 10 erano tra i 33 originali di cui sono state rintracciate le citazioni: Boushey, Sperling e Bernstein

Il Baron Public Affairs ha valutato solo le persone che esercitano un’influenza pubblica, escludendo gli operatori dietro le quinte.
 

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